Il Presidente della Bolivia, Evo Morales, ha annunciato che dal 21 Dicembre 2012, in corrispondenza della "fine" segnata dal calendario Maya, la vendita della bibita statunitense sarà vietata nel paese. Oltre alla forte valenza simbolica, dietro l'operazione c'è una questione di sopravvivenza e di economia: la protezione delle piantagioni di coca e la commercializzazione di prodotti locali simili alla Coca-Cola.
di Andrea Degl'Innocenti
C'è
chi sostiene che finirà il mondo, chi annuncia l'invasione degli
alieni, chi predice sciagure e cataclismi. Per adesso, l'unico
effetto concreto della fine del calendario Maya è stato tutt'altro
che pernicioso. Almeno per i boliviani. Il presidente indigeno Evo
Morales ha
infatti annunciato che a partire dal 21 dicembre 2012 la Coca-Cola
sarà bandita dal paese. La multinazionale statunitense segue così a
ruota le sorti toccate al connazionale McDonald's, costretto
a chiudere
i battenti in
Bolivia lo scorso gennaio a causa dello scarso successo dei suoi
prodotti.
In
Sud America – come d'altronde in gran parte del mondo - la
Coca-Cola ha una lunga storia di sfruttamento, inquinamento,
condizionamenti politici. Emblematico è il caso della
Colombia. Qui l'azienda, per mano della sua filiale Panamco S.A.,
sfrutta da oltre vent'anni la corruzione del governo nazionale e la
tensione sociale del paese per imporre condizioni inumane ai propri
lavoratori e attuare strategie di repressione verso le organizzazioni
sindacali.
Mai
nessun paese però, fino ad ora, era arrivato a bandire la bevanda
dal proprio territorio. La data del 21 dicembre, poi, non è casuale.
Essa coincide con la fine del calendario Maya. In quel giorno Morales
ha convocato la Riunione Mondiale degli Indigeni, che si terrà nella
Isla del Sol. Il ministro degli Esteri David Choquehuanca ha
dichiarato che l'evento farà parte delle celebrazioni in occasione
della fine del capitalismo e l'inizio della cultura della vita.
“Il 21 dicembre 2012 – ha detto - sarà la fine dell'egoismo,
della divisione. Quel giorno segnerà anche la fine della Coca-Cola e
l'inizio del Mocochinchè (tipica bevanda tradizionale del posto a
base di nettare di pesca). Tutto questo, per amore di Pachamama, la
nostra Madre Terra”.
È
innegabile che la decisione abbia una forte valenza simbolica ed
etica. La Coca-Cola è da anni il simbolo del capitalismo made
in Us, la sua cacciata simboleggia, nelle intenzioni dei
boliviani, la fine di un'epoca storica. Il governo ha
inoltre motivato la propria scelta con i danni che la bibita gassata
e zuccherina produrrebbe alla salute: i suoi presunti collegamenti
con infarti ed ictus.
Ma
è altrettanto lampante che le motivazioni che vi stanno alla base
sono anche di tipo economico. Innanzitutto vi è la volontà
dipreservare la coltivazione di foglie di coca dallo
sfruttamento da parte di aziende straniere; esse sono infatti sempre
più utilizzate nella produzione di prodotti di largo consumo fra
cui, afferma il governo nonostante le plurime smentite della
multinazionale, proprio la Coca-Cola. Già nella nuova costituzione
indigenista voluta proprio da Morales e approvata con un referendum
nel gennaio 2008 la coca era definita "patrimonio culturale
della Bolivia" e "fattore di coesione sociale".
Un
anno fa fu lanciata la Coca Colla,
bevanda prodotta localmente a partire dalle foglie di coca, che
prendeva il nome dalle “Collas”, popolazioni indigene andine.
Intanto nel vicino Perù spopola ormai da tempo la Inka Cola,
diffusasi in molti paesi dell'America Latina e venduta persino nei
supermercati statunitensi.
Insomma,
l'uscita di scena della nota bevanda nordamericana potrebbe lasciare
un vuoto che i prodotti locali si affretterebbero a riempire. Alcune
ricerche mostrano come l'ascesa
dei prodotti dei paesi emergenti sia
uno dei fenomeni economici più rilevanti del nuovo millennio.
Un articolo a
riguardo di Repubblica: “I primi dieci anni del nuovo millennio ci
hanno consegnato una rivoluzione epocale: l' ascesa delle aziende
dell' ex Terzo Mondo e l' affermarsi di nuovi logo commerciali,
improbabili fino a ieri, ma che stanno, invece, sovvertendo le
gerarchie del secolo scorso”. I prodotti dei paesi emergenti si
rivolgono soprattutto al mercato interno e a quello degli altri paesi
in via di sviluppo limitrofi; qui mirano a soppiantare i
corrispettivi occidentali.
Ad
ogni modo, quali che siano le motivazioni alla base della scelta, la
scomparsa dal mercato boliviano della bibita statunitense non può
che essere accolta con un sorriso. Meno danni
all'ambiente, alla salute, meno sfruttamento del lavoro, più
valorizzazione della cultura e delle tradizioni alimentari locali.
Sono ragioni sufficienti. Gli amanti boliviani della bevanda scura e
gassata si consoleranno con una Coca-Colla, oppure con una Inca Cola,
a partire dal 21 Dicembre. Non sarà poi la fine del mondo.
fonte: http://www.ilcambiamento.it
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