C'è qualcosa di profondamente strano
in quello che succede. Come se ci fosse una distorsione della realtà
talmente potente da rendere incapaci le persone di comprendere quello
che ci circonda.
Qualcuno in un film bellissimo, l'ha
chiamata la Matrix.
L'inganno. La mistificazione.
L'irrealtà che diventa realtà
attraverso uno schermo televisivo, un monitor, il display di un
cellulare ultramoderno.
Ed è così che folle impensabili (non
per il numero, bensì per il contesto), si ritrovano a fare la fila,
di notte, per acquistare l'iPhone 5. Prodotto di punta
dell'ultratecnologica “mela morsa”.
Ed è così che nello sciopero contro
la modifica dell'articolo 18 si ritrovano in piazza 40.000
manifestanti, e solo qualche giorno dopo 400.000 per lo scudetto
della Juventus. In un rapporto di 1:10.
Assurdo no?
O forse no.
Perchè probabilmente “tutta”
questa crisi non c'è. E forse allora aveva ragione Tremonti.
E forse aveva ragione Berlusconi, quando parlava dei
ristoranti pieni.
Giri e trovi i locali ancora pieni di
gente. Paesi che sperperano decine di migliaia di euro in un mese per
festeggiare, per pagare gruppi, cantanti, artisti, fuochi
d'artificio.
E poi vedi le file davanti agli Apple
Store.
Gli Store. I modernissimi Store. Che
solo a pronunciarli ti metti imbarazzo ad entrare.
E ti convinci che allora, dai, dai ce
la possiamo fare! Non ci vuole molto. Dobbiamo sperare. Tutto
ritornerà come prima, dove saremo liberi di continuare a comprare
vaccate.
La finzione delle notizie, delle
testimonianze, dei filmati, la manipolazione delle immagini di
lontani teatri di guerra, ma così lontani che il “tanto da noi non
succederà mai” ci consola a tal punto da farci sfuggire dettagli
che sarebbero fondamentali. Ed ora, dopo anni di bombardamento
mediatico, di rincoglionimento generale, subìto ma voluto,
ampiamente voluto, anche quando ci ripropongono la stessa immagine
toccante per una notizia sull'Iraq e un'altra (dopo molto tempo)
sulla Siria, chi vuoi che se ne accorga? Se nessuno dice niente, nel
mondo dell'informazione, chi vuoi che se accorga?
E in questa finzione cinematografica
che è la realtà che ci circonda, in molti, perdiamo la capacità di
riconoscerci l'un l'altro, attratti dalle luci scintillanti della
tecnologia moderna.
La cosa più triste è che ci saranno
ragazzi, giovani, meno giovani, che per comprare l'ultimo iPhone
faranno le rate, anche se hanno uno stipendiuccio da call-center,
magari con la busta paga (o la pensione) di papà. Quanti ce ne
saranno che pur di acquistare le meraviglie di questo telefono che
non è più un telefono, ma, dicono, un'esperienza,
rinunceranno ad un'altra cosa più importante?
Ma, in definitiva, cos'è veramente
importante?
Eppure è così che va.
Finchè una parte dei redditi
continuerà a circolare, il sommerso darà il suo ausilio, i doppi
lavori daranno possibilità, le pensioni e soprattutto i pensionati
reggeranno, il popolino, quello disprezzato, forse perchè a volte
pusillanime a volte perchè ipocrita e invidioso, altre volte solo
perchè non si ha un cazzo da dire, quella gente avrà di che
spendere, illudersi, continuare a tirare. E dopo?
E quando il peso della disoccupazione
comincerà a premere sempre di più?
Chi, in questo momento, ha DAVVERO una
ricetta per l'occupazione? O quanto meno per il rilancio dei consumi?
O cosa ancor più assurda, per gli investimenti?
Poi però scopriamo che c'è una
profonda responsabilità della società italiana in quello che sta
succedendo! E' inutile starnazzare contro i politici e le loro
ruberie!
Cosa ci aspettavamo? Chi avrebbe dovuto
vigilare sulle porcherie della politica? Chi si è fatto sottomettere
al ricatto della promessa di un posto? Al vincolo del “favore”?
E poi quando ci hanno fatto credere,
che la scalata sociale non solo era possibile per tutti, ma
necessaria, cosa abbiamo fatto? Ci siamo iscritti in massa
all'università, nella speranza di diventare qualcuno, perchè
avere il titolo di studio incorniciato ti fa essere un uomo
migliore a prescindere. La fregatura è stata che non ci avevano
detto che la scuola non ci avrebbe aiutato in alcun modo a
selezionare le nostre attitudini e garantirci le scelte più
ponderate nel prosieguo del nostro percorso formativo. Perchè o
avevi una famiglia con una certa esperienza, o t'arrangiavi.
E ora migliaia e migliaia di ragazzi
vagano con o senza il titolo di studio universitario, sicuramente
senza un futuro.
La nuova frontiera per questa pletora
di giovani ormai più non troppo in forma, è il lavoro sottopagato.
Alternative?
O ti aiutano in famiglia, o non hai un
cazzo.
E allora l'iPhone?
L'iPhone è il feticcio, è
l'aspirazione, è lo status symbol del momento. E' l'orologio d'oro
degli anni '80. E' lo si vuole (e molti si convincono assolutamente
del contrario) non perchè piaccia davvero, ma perchè consente di
“entrare” nel mondo dove “circola il denaro”. Nella piccola
stanza del potere, nel salotto buono dei poveri, nel circolo elitario
della libreria di fine '800 di una città senza importanza.
E non importa la reale utilità di
quello che compriamo. L'importanza reale è data dal vantaggio
sociale dell'emulazione. Perchè ad essere anticonformisti ci voglion
le palle.
E poi ci ritroviamo ad un tavolo dove
dopo un po' già due quinti dei presenti sono ipnotizzati dalle
mollicce carezze da indice sul piccolo schermo a cristalli liquidi.
Con quella presenza-assenza non tanto
snervante, quanto incomprensibile.
Cosa sarà?
Cosa rende così indispensabile
l'inutile?
Molti giù a dire, si, ma sai, per
lavoro è utilissimo. “In ogni cosa che fai durante la giornata,
credimi, può ritornarti utile. Ha migliaia di applicazioni!”. E
così per risolvere i problemi quotidiani diventa quasi
imprescindibile.
Ma mi domando: un telefono del genere
sarà davvero (o è già) capace di sostituirsi a carta e penna come
fece a suo tempo la calcolatrice per far di conto?
Sarà davvero una rivoluzione?
Probabilmente in un mondo sempre più
integrato via web, avrà vantaggi enormi!
Allora perchè lo vedo così lontano?
Perchè immagino questo mondo così distante? Questo frenetico mondo
sfavillante di luci e vetrine, di rumore di tasti, di sussurri velati
nei caffè di una città caotica, questo mondo di contatti virtuali,
di strette di mano per email, di messaggi d'amore scritti in un bit,
di fotografie che non sbiadiranno mai, perchè non lo vedo?
Sono davvero così tradizionalista?
Mi diranno, no, invidioso!
E mi domando ancora: ma ci sarà posto
per tutti?
Chi porterà il caffè?
Ma se non riusciamo a gestire nemmeno i
rifiuti, tanto da morirne di cancro come mosche, possiamo aspirare a
cosa?
Al sabato sera in disco... alla pizza
con gli amici... al film in pantofole... alla gita fuori porta...
Avremo ancora voglia di farlo?
O fingeremo di trovare risposta in
qualcosa che ci sorride da uno schermino a cristalli liquidi?
Davvero una generazione X. Quella che
si è fottuta il futuro per una X su una scheda elettorale.
Non è quella del posto fisso. Nè
quella delle droghe. Nè quella del matrimonio.
Non lo sarà certo delle pensioni.
Chi vivrà di noi, con l'iPhone ultimo
modello in tasca, dopo i settant'anni?
Troveremo un'applicazione che ci dirà
come scendere dal letto?
Non lo so.
Sono molto confuso.
Probabilmente sono domande stupide. O
forse domande che in molti si fanno. Ma qualcuno si è dato una
risposta.
Forse oggi, in questa vita o
nell'altra, non lo so.
(Francesco Salistrari)
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