DI
MARCO DELLA LUNA
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L’UE
dall’integrazione paritaria alla complementarità subalterna: lo
“sporco lavoro” della moneta unica e il ruolo dei
“tecnici”
Sotto
i colpi della globalizzazione e dei competitori manifatturieri
emergenti, a massimo sfruttamento di lavoratori ed ambiente,
l’insieme dei paesi industrializzati si è diviso in due gruppi che
sia allontanano sempre più, sviluppando interessi diversi e
contrastanti tra loro; ciò avviene anche entro l’UE ed entro
l’Eurozona, per effetto dell’Euro come sistema di cambi fissi
generante crescenti squilibri commerciali tra i due gruppi, debitori
e creditori:
Gruppo
A: Germania,
Olanda, Lussemburgo, Austria, Scandinavia, Svizzera: questi paesi
mantengono o ampliano le quote di mercato e realizzano attivi delle
bilance commerciali attraverso la competizione in tecnologia e
qualità, la ricerca e l’innovazione, i forti investimenti
pubblici, spesi bene, in capitale sociale: scuola, welfare,
sicurezza, ambiente; i salari sono elevati; gli interessi moderati;
popolazione e imprenditoria sviluppano un’alta
progettualità.
Gruppo
B: PIIGS,
USA, Regno Unito: questi paesi lottano per mantenere quote di mercato
attraverso la competizione sui costi di produzione, tagliando salari,
welfare, investimenti pubblici e privati, accumulando disavanzi
commerciali e indebitamento, quindi esponendosi agli attacchi
speculativi sui debiti pubblici, e dovendo difendersi con
inasprimenti fiscali che deprimono ulteriormente consumi e
investimenti, nonché le aspettative della popolazione e degli
imprenditori.
USA
e Regno Unito reggono meglio, avendo conservato una forma di
sovranità nazionale sulla moneta, così che l’acquisto del loro
debito pubblico è sempre assicurato e ciò tiene bassi i tassi e
scoraggia la speculazione ribassista. Gli USA hanno, in aggiunta, due
atout: la predominanza militare mondiale e il signoraggio globale
(comperano risorse stampando Dollari). Nondimeno, in USA e Regno
Unito aumentano povertà e diseguaglianze, al contrario che nei paesi
del gruppo A.
Quindi
è falso che lo Stato sociale europeo sia finito: anzi, esso è
vincente rispetto al modello neoliberista angloamericano, ma a
condizione che la spesa pubblica sia fatta efficacemente sia in
quanto a obiettivi che in quanto a esecuzione, come avviene in
Germania; e che la pressione fiscale non superi il 40% (studi
empirici). E’ finito dove la spesa pubblica è fatta in modo
inefficiente, clientelare e parassitario, e la pressione fiscale è
al 60%, come in Italia.
La
divisione tra Gruppo A e Gruppo B è la divisione dell’UE. I paesi
A accumulano crediti verso i paesi B; attirano i loro capitali, gli
imprenditori, i tecnici di punta; si prendono loro quote di mercato.
Come detentori delle risorse finanziarie, hanno l’iniziativa e sono
determinanti entro le istituzioni e per le politiche comunitarie.
Sono in posizione di controllo rispetto alla BCE, mentre i paesi B
sono sottomessi. Perseguono i propri interessi di creditori, non
l’integrazione.
La
BCE interviene nell’interesse dei paesi A, quando il deflusso di
risorse da B ad A diviene tanto veloce, che i mercati, prevedendo
l’uscita dei paesi B, li shortano, onde il trasferimento potrebbe
interrompersi a seguito di una uscita dall’Eurosistema o di una
ribellione dei paesi che subiscono il trasferimento, o all’interno
di essi (populismo). L’informazione viene data in modo allarmante,
colpevolizzante (cicale), e solo sugli aspetti finanziari, contabili:
tassi, spread, deficit.
Gli
interventi di “aiuto” sono sempre sui sintomi (spread) e mai
sulle cause, ossia sugli effetti del blocco dei cambi tra paesi a
diversi livelli di produttività, sullo spread del costo del denaro,
dell’energia, del fisco, della p.a., sui conseguenti declino
economico e squilibri commerciali, sui possibili rimedi (clearing
union, tassazione comunitaria degli avanzi commerciali,
trasformazione della BCE in una vera banca centrale, che assicuri
l’acquisto dei titoli del debito pubblico).
Si
costruisce così una complementarità subalterna tra paesi A e paesi
B, nel senso che i paesi A hanno i capitali, i crediti e decidono le
policies per tutti, e i paesi B pagano interessi, svolgono la fase
povera dei cicli di produzione dei paesi A, per beni di pregio
destinati ai mercati che possono e potranno assorbirli (BRICS).
Quindi i paesi B avranno salari bassi, bassi standard sociali,
scolastici, assistenziali, sanitari, di sicurezza. Ospiteranno gli
impianti a maggiore impatto ambientale.
Causa
di ciò è la combinazione tra il fatto che i paesi dell’Eurozona
hanno diversi tassi di produttività e il fatto che l’Euro blocca
gli aggiustamenti dei cambi; quindi i paesi più efficienti
accumulano crediti verso quelli meno efficienti, divenendo così
ancora più efficienti e potenti rispetto ad essi, fino a
riorganizzare anche istituzionalmente l’Eurozona secondo una
gerarchia, dove essi comandano e commissariano, mentre gli altri
obbediscono e pagano gli interessi.
Se
non vi fosse il blocco dei cambi, lo squilibrio commerciale si
bilancerebbe con la svalutazione della divisa dei paesi
commercialmente in passivo, che spingerebbe le loro esportazioni e
ridurrebbe le importazione, consentendo ai paesi B di non indebitarsi
e non deprimersi rispetto ai paesi A, fino a che questi si possono
“comperare” i paesi B coi crediti accumulati verso di essi e coi
capitali ricevuti da essi, e che l’unica via di riequilibrio sia la
svendita dei beni nazionali.
Molti
sognavano che il socialista Hollande imponesse a Berlino di cambiare
rotta, di fare più spesa pubblica, di spendere nei paesi deboli, di
sostenere solidalmente le loro economie e di riformare la BCE. Invece
Hollande si è alleato con Berlino per beneficare di una posizione
favorita entro la nuova gerarchia europea, di conquista e
lottizzazione degli eurodeboli. Il governo italiano ha fatto il
resto, accelerando e rendendo irreversibile la recessione e la
deindustrializzazione del paese.
Monti
proclama l’avvenuto risanamento dell’Italia grazie alle sue
manovre. Ma queste, oltre agli effetti recessivi, hanno distrutto
aspettative e progettualità di famiglie e imprese, hanno spinto
verso l’estero capitali e imprese e lavoratori qualificati, hanno
sottomesso, anche formalmente, l’Italia alla Germania. I suoi tagli
lineari hanno rispettato la grande spesa parassitaria senza la quale
i partiti non lo voterebbero. Quindi la produttività del paese va
peggiorando, e il futuro si è chiuso.
Gli
interventi della BCE che acquista titoli del debito pubblico italiano
per calmierare i tassi non aiutano l’Italia, perché in effetti
finanziano e sostengono il suo sistema politico, il suo governo, con
tutte le sue inefficienze, clientele, corruzioni, consentendogli di
non riformare e risanare il paese, di non renderlo competitivo, di
sottrarlo al take-over tedesco. L’annunciato Monti-Napolitiano bis
è assicurazione che l’Italia continuerà ad essere diretta verso
la suddetta complementarità subalterna.
Cambiare
le cose ed elevare l’efficienza del sistema è impossibile perché
la politica italiana, per consuetudine e mentalità, è parassitaria
e clientelare, nonché disinteressata all’efficienza; nei partiti,
nei sindacati, nella burocrazia si fa carriera in quella prassi;
altre mentalità vengono stoppate e non emergono; la partitocrazia
controlla bene anche i meccanismi elettorali. I fatti degli scandali
confermano che la partitocrazia prospera e festeggia coi soldi delle
tasse mentre il paese affonda.
Questa
classe dirigente non lascia emergere alternative, non molla la
poltrona, quindi la si potrebbe sostituire solo con una Rivoluzione
Francese, eliminandola fisicamente. Ma un popolo di pecore
anarchiche non lo farà mai, e se lo facesse non servirebbe, perché
quella classe dirigente è espressione della mentalità prevalente
nel paese in fatto di politica e potere, per la quale
l’elettore-sostenitore sostiene il politico perché questo
spartisca poi con lui le risorse pubbliche.
Inoltre
in Italia non vi è fiducia sociale, ossia aspettativa che gli altri,
soggetti pubblici o privati, rispettino le regole; quindi si cerca,
per sopravvivere, di fregare più di quanto si sia fregati. A
ragione, si diffida di ogni promessa di politica, istituzioni,
padronato. Per contro, la Germania è risorta dalla crisi degli anni
’90 proprio grazie all’alta fiducia sociale e nei progetti, tra
Stato, sindacati, padronato, maestranze. La fiducia sociale non
si può imporre né decretare.
La
fiducia sociale sussiste entro società che condividono valori,
consuetudini, mentalità, soprattutto in fatto di lavoro e di
rispetto delle regole. Lo Stato italiano racchiude popolazioni
estremamente diversificate, da questo punto di vista, e una classe
dirigente oscena. Perciò non può esistere, in esso, fiducia
sociale. Esso potrà essere disciplinato solo dall’esterno,
attraverso il potere economico-finanziario, il che pare l’obiettivo
della Germania, con la sua nuova gerarchia europea.
L’alternativa
sarebbe l’indipendenza delle aree abbastanza omogenee da poter
avere fiducia sociale, come il Lombardo-Veneto. Ma ciò è
contro gli interessi sia della Germania, che della classe dirigente
parassitaria interna, che prospera e sopravvive sui trasferimenti da
Nord a Roma e Sud. Escluse indipendenza e rivoluzione, resta la terza
via, come suggerito da un mio libro del 2008, in cui previdi quanto
ora avviene: Basta
Italia: Secessione, Rivoluzione o Emigrazione?
Il
male sinora descritto non è ovviamente il solo. La contrapposizione
tra creditori e debitori esiste anche a livello mondiale, e si
traduce in squilibri delle bilance dei pagamenti, tensioni sul
Dollaro come valuta di riserva, interventi anche militari per
sostenerlo, distorsioni economiche. E’ un meccanismo che aumenta
costantemente la carica esplosiva e spinge il mondo verso un
riassetto traumatico in tempi non lunghi.
A
un livello più generale vi è il problema del debito infinitamente e
inarrestabilmente crescente. Il totale del debito nel mondo è circa
4 milioni di miliardi, e richiede – per non implodere in un global
meltdown della finanza – il pagamento di interessi per 400.000
miliardi l’anno. Essendo il prodotto lordo globale circa 74.000
miliardi, è ovvio che quell’interesse viene pagato contraendo
nuovo debito, in un grande schema Ponzi, che, anch’esso, non potrà
reggere molto.
Queste
distorsioni non sono accidentali ma frutto e strumento dell’oggi
prevalente business finanziario, legato alla gestione cartellistica
del credito, della moneta, dei mercati finanziari, del rating. Non è
possibile una correzione legislativa di tale sistema, perché la
dozzina di soggetti componenti il cartello condiziona o guida
direttamente la legislazione, come dimostrato dalle diverse riforme
pro-speculazione e pro-bolla varate negli USA per arrivare alla
presente crisi.
Fonte:
http://marcodellaluna.info
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