Propongo questo articolo di Giulietto Chiesa che, non lo nascondo, mi ha instillato nell'animo tantissima inquietudine. In effetti potrebbe apparire esageratamente catastrofico e pessimista e probabilmente (è la mia speranza personale) è basato solo su illazioni e provocazioni reciproche da parte sia statunitense-israeliana che iraniana. Le varie dichiarazioni ufficiali in esso richiamate, nonchè la posizione di Pieczenik riportata da vari siti, fanno certo pensare ad un esacerbarsi della situazione. Del resto le recenti esercitazioni militari nel Golfo di Hormuz, non fanno certo presagire nulla di buono.
L'importanza di questo articolo, aldilà della fondatezza o meno della reale volontà israeliana di attaccare domani il paese islamico, sta proprio nel fatto che appare certo come un attacco, prima o poi, ci sarà. Non ci sono più dubbi. Sia le reazioni iraniane, sia le manovre miliari in atto, le girandole delle dichiarazioni, le provocazioni seguite alla diffusione del "filmato" anti-islam, l'attentato di Bengasi costato la vita all'ambasciatore americano Stevens, sono chiarissimi segni che i tempi per un attacco occidentale all'Iran sono davvero "maturi". Il che pone serissimi interrogativi su quello che significherà questo ulteriore conflitto, sia in relazione alle reazioni internazionali dei paesi schierati ufficialmente di fianco all'Iran (120 nazioni del NAM), sia quelli non ufficialmente schierati con il paese islamico (Cina e Russia). Pone inoltre serissimi interrogativi sulle conseguenze economiche che questo conflitto avrà (per esempio sul prezzo mondiale del greggio) che potrebbero aggravare se non far precipitare del tutto la già fragile economia mondiale esacerbando la crisi della "domanda aggregata" globale. Pone una serissima questione sul coinvolgimento anche del nostro paese nel conflitto (che sarà sicuro) e su come esso possa influire sulle dinamiche politiche generali dei vari contesti nazionali, il che, allontanerebbe inevitabilmente sia le elezioni, sia la possibilità del popolo italiano di esprimersi democraticamente anche sulla questione della guerra. A questo proposito, la completa assenza nel dibattito nazionale della possibilità di questo attacco all'Iran, ritengo sia quantomeno scandalosa. I partiti tradizionali, compreso il Movimento 5 Stelle, sembrano ignorare completamente la situazione internazionale e la delicatezza del momento storico che si sta vivendo e questo, dal mio modesto punto di vista, aldilà dell'imminenza o meno di un attacco all'Iran, è una deficienza inaccettabile e di cui, storicamente, le forze politiche in questione saranno chiamate a rispondere.
Insomma, i prodromi di un'escalation di violenze, di pericolo per la stabilità internazionale e per la vita di milioni di individui, sembrano esserci tutti.
La preoccupazione per quello che potrebbe succedere è veramente alta.
Il silenzio generale sulla questione, fa però, ancora più paura.
Francesco Salistrari.
Vigilia?
DI
GIULIETTO CHIESA
megachip.info
Arrivano,
da più parti, forti segnali d’inquietudine. Il cui centro non è
la Siria, ma direttamente l’Iran. L’ultimo in ordine di tempo
viene da un ex importante personaggio, che sembra avere fonti
d’informazione personali e fuori dal mainstream. Si tratta di Steve
Pieczenik,
che è stato vice segretario di Stato in tre diverse Amministrazioni
americane e fa parte del Council
on Foreign Relations.
Ebbene
– e lo scrivo con un brivido misto a incredulità – Pieczenik ci
informa che Israele attaccherà l’Iran il 26 settembre 2012,
cioè dopodomani (visto che sto scrivendo queste righe il giorno 24),
in coincidenza della festa ebraica dello Yom
Kippur .
Il giorno dell’espiazione, uno dei “giorni terribili” della
religione ebraica.
Dirò
subito che non ho mai creduto a queste cose, sebbene di fanatici che
fanno cose orribili in speciali ricorrenze sia pieno il mondo in
tutte le epoche. Dubito e spero che questa previsione non si riveli
vera. Ma, al tempo stesso, è impossibile non vedere segnali
dell'acutizzarsi della tensione. Pieczenik stesso sembra
escludere che Israele possa muoversi da solo. Dunque prevede che
Netanyahu (o chi per lui) organizzi qualche gravissima
provocazione che costringa Barack Obama e venire in soccorso subito
dopo l’eventuale offensiva israeliana. Per non perdere
le elezioni.
Una
provocazione del genere, per altro, c’è già stata e ha coinciso
con lo stranissimo attacco al Consolato USA di Bengasi,
dove ha trovato la morte l’ambasciatore americano in Libia, Chris
Stevens. Per la verità molto di più che un ambasciatore: quasi
un vicerè del Nord Africa.
Al-Qa'ida?
A parte la solita storia che il “logo” è sempre lo stesso e non
si sa mai chi c’è dietro, c’è il sospetto che, anche là
dietro, ci sia qualche propaggine del Mossad. Tanto più che il tutto
è stato organizzato attraverso l’altrettanto strana, per tema e
tempistica, provocazione del film blasfemo contro
l’Islam lanciato nello stagno arabo da parte di individui
variamente connessi ad ambienti delle lobby ebraiche negli Stati
Uniti.
Ce
n’è quanto basta per sollevare una bufera di sospetti.
A diversi giorni dalla morte di Stevens il New York Times sta
ancora pubblicando ricostruzioni su ricostruzioni della vicenda (che
riferiscono di un convulso lavorio dell’intelligence americana)
giungendo alla conclusione “che molte domande sono ancora senza
risposta”. Che conferma quanto l’attribuzione dell’attentato
terroristico ad Al-Qa'ida sia considerata troppo banale, e quindi
poco credibile.
Il
tutto lascia pensare che Obama (ancora in vantaggio di due punti su
Romney) non
si lascerà trascinare tanto facilmente là dove vorrebbe Netanyhau.
A meno che i timori di Pieczenik non si rivelino fondati.
Dunque
occhi e orecchie aperti perché potremmo trovarci tutti in prossimità
di un fuoco
d’artificio mortifero.
Tanto più che sullo stesso versante dei fomentatori di guerra si
stanno già posizionando tutti i media principali del mainstream
occidentale. In questo grati ad alcune dichiarazioni
incendiarieprovenienti
dai comandi
supremi iraniani.
A
cominciare da quella del comandante del Corpo delle Guardie Islamiche
Rivoluzionarie (Pasdaran), generale Mohammad
Ali Jafari,
che nei giorni scorsi ha snocciolato l’elenco delle rappresaglie
che l’Iran metterebbe in atto in caso di attacco contro il suo
territorio.
Primo punto della ritorsione, secondo le sue dichiarazioni, sarebbe
il coinvolgimento
degli Stati Uniti con
l’attacco alle basi militari americane in tutta l’area, in
Bahrein, Qatar, Afghanistan, la chiusura dello Stretto di Hormuz, e
la mobilitazione di Hezbollah in Libano e di Hamas in Palestina.
«Penso
che – ha concluso il generale iraniano – non vi sarà un posto in
Israele che rimarrà intatto».
Perché
Teheran offra tali occasioni propagandistiche ai
suoi nemici occidentali non è chiaro. È come se i capi iraniani
pensassero che i servizi segreti e gli eserciti di Israele, Stati
Uniti e NATO non siano al corrente degli effetti di un attacco contro
l’Iran. Poiché lo sanno, dovrebbe essere inutile gridarlo.
Ancor
meno intelligente, sotto questo profilo, appare la dichiarazione del
brigadiere generale della difesa missilistica dei pasdaran, Amir
Ali Hajizadeh, che si è spinto – secondo il sito
dell’emittente francese France24.com– ad annunciare la
possibilità di un “attacco preventivo” da parte
iraniana. Un chiaro atto di autolesionismo propagandistico.
Anche
Hajizadeh ha precisato che non ci saranno paesi neutri nell’area,
che potranno restare fuori dal conflitto, perché tutti ospitano basi
americane e, dunque, diventeranno bersagli della controffensiva
iraniana (http://italian.irib.ir/notizie/mondo/item/113768).
Insomma, alza
la voce chi sa di essere nel mirino. Vedremo le prossime mosse
dell’una e dell’altra parte. Ma questa ha tutta l’aria di non
essere già più una schermaglia propagandistica. Sembra piuttosto
una “vigilia”.
Fonte:
www.megachip.info
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