Mentre
vi scrivo, ricevo una nuova chiamata da parte della Polizia Postale
di Milano che mi invita a presentarmi, portando opportuna
documentazione circa qualcosa che mi verrà spiegato. Confesso che la
cosa mi logora, mi estenua e non mi consente di fare il mio lavoro
serenamente. Chi si sarà sentito offeso, questa volta, da
ragionamenti e informazioni che in questo blog sono sempre proposti
in maniera mai volgare e sempre comunque argomentata? Certo, mi si
obietterà che per un giornalista di carta stampata (che raramente,
tra l’altro, si arrischia a prendere posizioni nette) questa è la
norma. Tuttavia lui può contare sul supporto del suo editore, su un
team di avvocati che si occupano di tutto e, spesso, anche sul
contributo economico a copertura delle spese, che in certi casi è
anche totale. Qui invece si rischia il culo tutti i giorni, e il culo
non è metaforico o virtuale, ma è proprio quello che sta nelle
mutande. Rotto quello, non se ne può tirar fuori uno di scorta dal
cassetto degli atrezzi. Non c’è garanzia o assicurazione per chi
fa informazione indipendente. E’ come fare il trapezista senza
rete. Anche la sola intimidazione rischia di farti cadere. Ma andiamo
avanti, finché non sarò costretto a chiudere baracca e burattini e
ad emigrare in Islanda, per la gioia di molti. Avrò fatto perlomeno
quello che dovevo..
Si
parlava di Mes. Oggi, nel video, commentiamo insieme l’articolo di
Federico Fubini sul Corriere di questa mattina, a pagina 9. Vale
proprio la pena di leggerlo, e chiedersi se noi, quelli che vogliono
più informazione, più democrazia, più dibattito, più risposte,
eravamo i complottisti, o se piuttosto non lo siano i togati della
Corte Costituzionale tedesca, il cui presidente, in apertura di
relazione sulla sentenza emessa ieri sul MES, prima di cassare le
pretese di liquidità infinita e incondizionata messe nero su bianco
sul trattato, si è lasciato perfino sfuggire che i ricorsi erano
fondati (sempre sul Corriere di questa mattina, pagina 8). Sappiate
che in Germania, contro il MES, sono stati presentati 37mila
ricorsi.
In Italia zero. E’ questa la vera partita che dovrebbe
entusiasmare milioni di tifosi, ma che in Italia interessa solo a chi
si avvale delle forze dell’ordine per annullare anche il fischio di
inizio, impedendo così perfino di giocare.
Ecco le vere Condizioni di Berlino su Spese e Acquisti dello Scudo Euro
di
Federico Fubini
Un
tempo per queste cose c’era Wikileaks, presto ci sarà il
Bundestag. Finiremo
tutti per navigare sul sito web della Camera Bassa del Parlamento
federale tedesco per scovare i segreti che i governanti d’Europa
non vorrebbero che noi sapessimo.
Quelli che ancora oggi sono i vincoli di riservatezza dei ministri
europei, i protocolli sigillati, l’epica da Trattato di Versailles
degli accordi in stanze piene di fumo, tutto spazzato via con una
sentenza ieri a Karlsruhe.
Le
toghe (letteralmente) rosse della Corte costituzionale tedesca hanno
stabilito che il
Parlamento deve sapere tutto ciò che viene deciso per salvare l’euro
e i suoi Paesi più indebitati, perché lì è la sede della
sovranità popolare.
Nessun rischio di perdite patrimoniali affrontato dal governo tedesco
per salvare gli altri Paesi dell’euro è ammissibile senza un via
libera, per niente formale, da parte dei deputati. Per questa
ragione, questi ultimi devono poter disporre di un quadro chiaro
della situazione.
In
realtà già in passato il Bundestag, nel votare il salvataggio
dell’Irlanda e poi quello delle banche spagnole, aveva diffuso sul
web dettagli vitali che i governi di Dublino e Madrid stavano
nascondendo ai loro elettori. Ma stavolta è tutto più formale e
soprattutto in
contraddizione con il dettato dell’Esm,
il fondo europeo per i salvataggi sulla cui costituzionalità la
Corte di Karlsruhe era stata a pronunciarsi da molti ricorsi.
All’articolo 34 il trattato dell’Esm fra i 17 Paesi dell’euro
fissa quello che definisce il «segreto professionale» dei
negoziatori europei. Ministri e ex ministri, membri presenti o
passati dell’Esm che avrà un capitale sottoscritto da 700 miliardi
di euro, «sono
tenuti a non divulgare informazioni protette dal segreto
professionale».
Per esempio: quanti titoli spagnoli avranno comprato, a quali prezzi,
di quanto saranno in perdita o in profitto ai prezzi correnti.
Ma Karlsruhe
puntualizza che questi sono soldi dei cittadini contribuenti, non una
liberalità dei governi.
Al punto 5/5 (130) della sua sentenza di ieri conferisce alla
commissione bilancio del Bundestag il potere di eliminare a
maggioranza il «segreto professionale» dei ministri, e non è
difficile immaginare come finirà.
Chi
non ama l’idea che per saperne di più dipenderemo da un palazzo
prussiano in pietra nera, dal tetto bombardato e rifatto in
cristallo, può riflettere a quanto segue: il massimo
dell’esposizione tedesca sull’Esm è di 190 miliardi, quella
totale sui salvataggi è di 420 (inclusi il primo pacchetto Grecia,
più il primo fondo europeo Efsf) e i firmatari di ricorsi contrari
alla Corte costituzionale di Karlsruhe sono stati 37 mila. E
l’Italia? La soglia di esposizione all’Esm è di 125 miliardi,
quella totale è di 277 e i firmatari di ricorsi alla Consulta sono
stati zero. Lo furono anche nel 2008, quando nella distrazione
generale la Banca centrale europea prestò 130 miliardi alla Germania
per salvare la banca EuroHypo. Anche per questo, da ieri il
Parlamento italiano ha meno prerogative del Bundestag.
Ma
appunto se il controllo dell’informazione conferisce centralità e
potere, quel passaggio della sentenza di ieri ne è la sintesi
perfetta. La
Corte tedesca conferma che in democrazia non si può ignorare la
sovranità del popolo.
Poiché la cancelliera Angela Merkel si è battuta perché in luglio
i due terzi del Bundestag votassero per il fondo, la Corte su questa
espressione della volontà popolare ha basato il suo via libera. Ma
ha anche avvertito che qualunque sfondamento del tetto di esposizione
tedesca sull’Esm oltre i 190 miliardi dovrà passare per un nuovo
voto del Bundestag. [continua sul Corriere, a pagina 9]
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