di Sergio
Cararo – Contropiano
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I
“gendarmi” dell’Unione Europea e il “capitalismo dal volto
umano”
Dopo
aver stabilizzato l’euro servono
le armi e una politica militare comune.
Per farsi sentire nella competizione globale, ma anche per mettere in
riga i “riottosi” che contestano le misure antipopolari. L’Unione
Europea del XXI Secolo non sarà più il “capitalismo dal volto
umano” impropriamente ritenuto in questi decenni.
“Accertato
che l’euro è un processo irreversibile, credo sia necessario
rafforzarlo con un salto di qualita’ e rivalutare quella visione
politica di chi ha voluto e perseguito l’ideale europeo. E di
quella visione politica è a mio avviso componente
indispensabile la dimensione di difesa e sicurezza” lo afferma oggi
il Ministro della Difesa del governo Monti, Giampaolo
Di Paola,
in una lettera pubblicata dal ”Corriere della Sera”, nella quale
sottolinea quanto sia importante ”un’Unione della difesa per la
sicurezza della Ue”.
Il
ministro intervenendo su una questione sollevata ieri da un’ampia
analisi di Massimo
Franco sempre
sul Corriere [1], mette i piedi nel piatto: “Credo che sia giunto
il momento di alzare lo sguardo verso una riflessione più profonda
sul ruolo della costruzione europea”. L’Europa, dice il ministro,
è come ”un condominio di 27 piani con una scala in comune, quella
monetaria”, che ”ha bisogno di un tetto che protegga la
costruzione e la difenda dalle avversita”’. Il tetto è
”rappresentato da una Unione della difesa come parte del processo,
una componente importante dell’Unione politica”. E ”il governo
si sta muovendo in questa direzione”.
Il
ministro Di Paola (non certo casualmente ex comandante della Nato)
indica le priorità sulla riorganizzazione
delle forze armate italiane per renderle più funzionali agli
standard e alle missioni della Nato,
ma soprattutto porta alla luce un ulteriore passaggio in corso nella
formazione di una “Europa politica” che dopo aver stabilizzato la
propria moneta unica e i meccanismi decisionali in termini di
bilancio e finanziari, deve dotarsi di un apparato militare che ne
certifichi e imponga gli interessi strategici nella competizione
globale con gli Usa e i Brics.
Nulla
avviene per caso. Ieri il Corriere della Sera aveva occupato
un’intera pagina con una analisi che segnalava le preoccupazioni
della Nato per eventuali rischi di instabilità in Europa dovuti ai
problemi economici interni. L’Unione
Europea non può permettersi di tagliare o risparmiare sulle spese
militari e le ambizioni geopolitiche.
Lo “spread strategico” è stato definito quello che appare come
una asimmetria che va assolutamente raddrizzata.
Ad
esempio una caduta della Grecia, la piccola Grecia da mesi sull’orlo
del fallimento, viene considerata “più pericolosa di quella di un
Portogallo e di un’Irlanda, nazioni saldamente incapsulate nella
geografia occidentale”. La
catastrofe economica sarebbe accompagnata e aggravata da una
destabilizzazione regionale.
“La bancarotta del governo di Atene avverrebbe infatti in un
contesto di inimicizia nei confronti della Germania, la più tenace
nel centellinare gli aiuti. E questo avrebbe una serie di effetti
collaterali in tutta l’area compresa fra l’Egeo e i Balcani. «Si
chiuderebbero le prospettive a breve e medio termine di un ingresso
di Serbia e Montenegro nell’Ue», ha scritto sulla
rivista Survival, Francois
Heisburg, presidente
dell’IISS, l’International Institute for Strategic Studies di
Londra e della Fondazione per la ricerca strategica di Ginevra.
Anche
le rigidità sulla concessione di prestiti da parte delle istituzioni
finanziarie europee ai paesi della periferia della Ue viene valutata
con una certa preoccupazione. Un caso tra questi è quello di Cipro.
A giugno, il governo di Cipro ha chiesto infatti un prestito di 5
miliardi di euro alla Russia e non alla Ue per tirarsi fuori dai guai
almeno a breve termine, “a Bruxelles ci si è chiesti perché non
si fosse rivolto all’Unione Europea. Era chiaro che i vincoli
chiesti dalla Commissione e dalla Bce costituivano un ostacolo. Ma
era altrettanto evidente che quella mossa poteva segnare l’inizio
di una penetrazione strategica della Russia”. Non
solo, le politiche di riduzione delle spese militari nei paesi
europei vengono vissute come una jattura da evitare da diversi
analisti.
“Un capitolo della «sfida dell’austerità» viene analizzata in
un rapporto della Rand Corporation riguarda proprio la Nato. Gli
autori John Gordon, Stuart Johnson, Stephen Larrabee e Peter Wilson,
ritengono che questi tagli “mostrano un indebolimento inesorabile e
inevitabile dal punto di vista della proiezione internazionale
dell’Europa; di più, dell’intero Occidente”.
Ma
se sul piano delle ambizioni e della proiezione
internazionale l’Unione
Europea sembra aver avviato solo recentemente una definizione
strategica, sul piano del “fronte interno” contro lavoratori,
movimenti sociali, oppositori alle misure antipopolari e ai diktat
della Bce,
le cose sono andate molto più avanti. Da sempre regolare i conti e
tenere sotto controllo i propri cittadini è la prima preoccupazione
di chi magari pensa di andare a imporre regole sui prestiti o
royalties più vantaggiose sui rifornimenti energetici ad altri
popoli. È il caso della Eurogendfor,
la gendarmeriaeuropea di
cui Contropiano si è già occupato in altre occasioni, un
apparato di polizia europeo con pieni poteri e con target espliciti
sul “fronte interno”.
Non
ci vorrà molto per vedere i droni o i marines “europei” fare
esattamente quello che fanno quelli statunitensi. Nel
frattempo abbiamo già cominciato a vedere in azioni i gendarmi
“europei” nelle nostre piazze, strade, abitazioni.
Per molti anni, troppi a nostro avviso, ci è trastullati con l’idea
che l’Unione Europea sarebbe stato un “capitalismo dal volto
umano”, non è così, non poteva esserlo.
(11
settembre 2012)
Note:
[1] Così
la crisi della moneta mette a rischio la sicurezza,
Massimo Franco – Corriere della Sera, lunedì 10 Settembre 2012.
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