Appare davvero difficile
scorgere all'orizzonte la possibilità di veder nascere, crescere e
radicarsi un soggetto politico, una forza politica o una formazione
sociale, anche pur eterogenea, che abbia la capacità di dettare
un'agenda politica ed un programma nazionale di emergenza per
tirare fuori il paese dal pantano.
Nelle speranze di molti
tale forza avrebbe potuto (e dovuto) essere il Movimento 5 Stelle.
Ma aldilà di qualsiasi considerazione di carattere organizzativo,
seppur importante, che consta la democrazia interna al movimento, i
chiaroscuri dei suoi “padrini”, l'incapacità di filtraggio
dell'ingresso nelle proprie file da parte di opportunisti e riciclati
o soggetti portatori di interessi diversi da quelli che il Movimento,
pur nei suoi limiti, vorrebbe rappresentare (popolari e democratici),
l'aspetto decisivo è la mancanza da parte del Movimento (e
soprattutto del suo leader) di una chiara posizione, netta, recisa,
politica e programmatica sui temi dell'Europa, dell'Euro,
del debito pubblico, della crisi del sistema economico.
Su questi temi, cruciali,
il leader Grillo, si barcamena nel “dire e non dire” e
benchè li affronti di sfuggita nei suoi comizi in giro per
l'Italia, una posizione chiara non è stata ancora espressa.
Una capacità di
elaborazione programmatica compiuta, da parte del movimento, sui temi
davvero dirimenti l'attuale situazione politica ed economica, non è
purtroppo ancora venuta a galla e a pochi mesi di distanza dalle
elezioni, dubito possa farlo.
Inoltre, come le elezioni
siciliane hanno confermato, nonostante la grande affermazione del
movimento, oltre il 50% degli aventi diritto al voto non si è
recato alle urne. Dal momento che alle “politiche”, credo,
l'astensionismo rimarrà altissimo, il problema di rappresentanza
resterà aperto e da non sottovalutare. In effetti rimarrebbe fuori
dalla rappresentanza politica una fetta davvero consistente e
importante dell'elettorato e a cui andrebbe al contrario offerta la
possibilità di trovare espressione ai propri interessi, alle proprie
aspirazioni, risoluzione ai propri problemi. Che sono certamente
quelli dell'intero popolo italiano, ma che evidentemente non trovano
espressione politica in nessuno dei raggruppamenti oggi attivi nel
panorama politico italiano. E non trovano espressione in questi
ultimi semplicemente perchè i partiti che si presenteranno alle
prossime elezioni, non sono in grado di affrontare i problemi e
proporre quelle soluzioni decisive e incisive che, al contrario, sono
assolutamente necessarie.
Il Centrosinistra,
nemmeno a nominarlo. Trainato dal Partito Democratico,
l'agglomerato ex ulivista rappresenta la deriva di una finta sinistra
riformista, responsabile, all'epoca di Prodi, della nostra entrata
nell'euro e di parte degli attuali sfaceli. Oggi in realtà il
Centrosinistra si presenta (neanche tanto velatamente) come
espressione dei poteri forti, degli interessi della finanza
internazionale, degli interessi e delle politiche europeiste
neoliberiste, non discostandosi per questo, se non nella retorica
verbale, dal centrodestra (allo sfascio).
Manca dunque una forza
politica o sociale capace di elaborare quella proposta di governo che
affronti in maniera coraggiosa e rivoluzionaria i temi fondamentali
senza la discussione dei quali è inutile proporre soluzioni ai
problemi del paese, promettere miglioramenti, lasciar intravedere un
futuro migliore dinnanzi a noi.
E' chiaro che il paese
vive una serie di problemi strutturali figli diretti di gestione
criminale, di corruttele, sprechi, incapacità. E' chiaro che essi
siano dovuti a politiche fallimentari, a scelte scriteriate, a
situazioni di malaffare, a connivenze innominabili e che investono
anche le alte cariche dello Stato, situazioni tutte che hanno pesato
e pesano sul benessere collettivo come macigni ormai da troppo tempo.
Ma il problema non sta
tanto nell'analisi. Perchè potremmo esser tutti bravi a dire, ad
esempio: “recuperiamo i 130 miliardi di evasione fiscale e
risolleviamo il paese”. Innanzitutto: come? In secondo luogo
ammesso che trovassimo gli strumenti e la volontà politica (Grillo
l'avrebbe se prendesse il governo del paese?) di recuperare i 130
miliardi all'anno di evasione, il paese paga ogni anno quasi 100
miliardi di interesse sul debito. Si, certo, sarebbe meglio di
niente e darebbe ossigeno al paese e alle casse dello Stato. Pur
tuttavia i problemi legati alle possibilità di investimento
derivanti dal debito pubblico non sarebbero risolti, ma solo diluiti.
Inoltre il paese avrebbe assoluto bisogno di sostegno alle imprese e
alle famiglie in difficoltà. Ammesso sempre che una qualche delle
forze politiche che si presenteranno l'anno prossimo alle elezioni,
riuscisse a recuperare tutta l'evasione fiscale e a redistribuirla
(abbassando il carico fiscale e/o attraverso politiche direttamente
redistributive e di sostegno sociale), resteremmo comunque sempre
sotto il capestro degli interessi sul debito (che continuerebbe a
crescere) e dei trattati economici sottoscritti con l'Europa.
Poniamo un'altra ipotesi.
Vince Grillo. Prende la maggioranza in Parlamento e in Senato, azzera
i benefit di parlamentari, manager pubblici e politici. Abolisce
rimborsi elettorali, taglia tutte le province ecc ecc. Nella più
ottimistica delle previsioni, quanto recupererebbero le casse dello
Stato? 30 miliardi? 40? 50?
Ok, bene. Aggiunti a
quelli dell'evasione fiscale sarebbero quasi 200 miliardi.
Avremmo risolto il
problema del debito?
Lo Stato italiano sarebbe
in grado di avviare l'indispensabile politica di investimenti, unica
capace, di far ripartire l'economia?
La risposta è NO!
Semplicemente perchè per
farlo dovrebbe nuovamente aumentare il debito (e gli interessi sul
debito) e questo trascinerebbe di nuovo il paese sull'orlo del
default.
Il problema è semplice:
l'Italia avendo ceduto la propria sovranità monetaria (nonché
economica) non ha la possibilità di ripartire.
Allora quale sarebbe, nel
quadro attuale, la strada che intraprenderebbero le forze politiche
uscite vincitrici dalla tornata elettorale del prossimo anno?
Senz'altro la svendita
del patrimonio pubblico.
Verrebbero svendute le
restanti quote di controllo pubblico delle imprese strategiche del
paese (Eni, Finmeccanica, Enel, Ferrovie ecc), verrebbe svenduto il
patrimonio immobiliare pubblico (compresi musei e centri d'arte),
verrebbero privatizzati settori cruciali come la Sanità e via di
questo passo.
Il paese vivrebbe qualche
anno di respiro, riuscirebbe a onorare gli impegni finanziari
sottoscritti con l'Europa (Fiscal Compact, ESM ecc), riuscirebbe a
pagare gli interessi sul debito e allevierebbe i pericoli derivanti
dal default.
E poi?
E poi ci troveremmo come
popolo e come paese, con un bel mazzo di ravanelli in mano.
Impossibilitati a
condurre una qualsiasi politica di investimenti, una qualsiasi
autonoma politica economica, monetaria, sociale, del lavoro.
Perchè?
Molto semplice: l'Italia
sarebbe bloccata in una situazione di crescita zero e tutte le
operazioni sopra elencate servirebbero solo ad evitare il default del
debito, non altro. Ben presto però, in assenza di crescita
economica, gli interessi sul debito ricomincerebbero a galoppare e il
debito a crescere e ci ritroveremmo di nuovo punto e a capo, senza la
benchè minima possibilità di fare altre operazioni economiche.
Potremmo sperare negli
investimenti stranieri? A delocalizzazioni industriali in Italia
capaci di far diminuire la disoccupazione e far ripartire una quota
dei consumi?
Spereremmo in altre
parole di diventare una nuova Polonia.
Perchè, nel quadro
appena tracciato, qualora venissero svendute le aziende pubbliche,
dovremmo sperare solo ed esclusivamente nel settore privato.
Italiano? Quale? Certamente internazionale. Più propriamente
multinazionale. E cosa chiedono le multinazionali? Esattamente quello
che sta facendo il governo Monti: smantellamento dello stato sociale,
della contrattazione collettiva nazionale (incominciata da
Berlusconi), eliminazione delle tutele, precarizzazione selvaggia del
mercato del lavoro, abbassamento dei salari, ridimensionamento della
funzione sindacale ecc.
Chiaro il progetto no?
Sapete trovare una
qualche forza politica che abbia un progetto diverso da questo?
A parte il Movimento 5
Stelle che, ripeto, risulta ancora evidentemente acerbo da questo
punto di vista, non esiste nessuna forza politica che sappia dire UNA
sola parola su questi temi, che sappia anche solo tentare una
proposta.
Conniventi? Incapaci?
L'uno e l'altro.
Ecco la necessità,
urgente, imprescindibile, per il popolo italiano di sapersi dotare
nel più breve tempo possibile degli strumenti necessari, politici e
sociali, adatti ad affrontare le questioni in maniera vigorosa,
chiara, netta e decisa.
Come?
Più facile a dirsi che a
farsi.
Ma una serie di idee
potremmo pure cercare di buttarle giù.
Esistono in Italia una
serie infinita di movimenti, associazioni, più o meno territoriali,
più o meno radicate, più o meno radicali. Esistono grandi masse di
cittadini disgustate dalla politica tradizionale, giovani
disinteressati, che ormai non vanno nemmeno più a votare. Esistono
tante intellettualità (economisti, filosofi, professori
universitari, giuristi ecc.) senza appartenenza, ma che hanno tanto
da dire. Migliaia di attivisti sbandati e senza casa. Centinaia di
migliaia di operai, disoccupati, disperati, imprenditori, studenti,
tutte categorie sociali che la crisi che viviamo la stanno pagando a
carissimo prezzo e ancor più a caro prezzo la pagheranno.
Bisognerebbe organizzare
territorialmente delle Assemblee democratiche (Consulte Popolari)
capaci di raccogliere tutte queste soggettività, tutti i movimenti e
le associazioni e fare in modo che, elaborando un programma
nazionale, organizzando forme nuove di protesta e di resistenza
sociale, forme nuove di riappropriazione del territorio,
sperimentando forme innovative di consumo critico ecc, comunichino
tra di loro in maniera costante e siano, nel breve periodo, in grado
di giungere ad una Assemblea Costituente Nazionale nella quale
stabilire un programma e una struttura democratica condivisa ed
efficiente.
Le Consulte Popolari di
base dovrebbero diventare il centro dell'attivismo
locale, capaci di fungere da rappresentanza attiva per tutte
quelle fasce di popolazione che, per un motivo o per un altro,
restano al margine della rappresentanza politica e dell'attivismo
democratico. Come organi territoriali le Consulte sarebbero in grado
di affrontare in maniera efficace e democratica i temi locali,
proponendo soluzioni, iniziative e attività che fungerebbero da
esempio e da traino per tutte le altre vicendevolmente, ma
diventerebbero anche la cinghia di trasmissione delle istanze che dal
basso salgono verso l'alto (gli organi nazionali sorti dalla
Assemblea Nazionale).
E' urgente comprendere
che la marea montante della protesta sociale che sta
cominciando a esondare in questi mesi in Italia (ma anche in tutta
Europa), senza una guida democratica, politica, che la indirizzi
nelle direzioni giuste, sprecherebbe un'enorme potenziale di
rivendicazione democratica e popolare e verrebbe schiacciata sia
dalle divisioni interne che, ancor più grave, dalla repressione
violenta del potere, che, lo voglio ricordare, non ha solamente il
manganello come strumento di divisione e intimidazione sociale. E'
pertanto assolutamente fondamentale favorire l'emergere di un nuovo
soggetto politico democratico che elabori anche nuove forme di
protesta, forme di boicottaggio, di messa in discussione
del sistema nel suo complesso, attraverso tutta una serie di
strumenti collettivi di solidarietà sociale, di difesa, di
resistenza e di proposta. E le Consulte Popolari, se pensate e
realizzate nella maniera corretta, possono assumere questa funzione
attraverso modalità, seppur eterogenee, comunque efficaci.
Esiste realmente la
volontà di farlo?
Sarebbe senz'altro utile,
quantomeno, discuterne.
(Francesco Salistrari)
Buon pomwriggio Francesco, condivido le tue idee sopra esposte....
RispondiEliminaInfatti è da febbraio del c.a. 2012 che sono su Facebook col Gruppo "IDEE PER NUOVA CLASSE POLITICA CHE NASCA DAL BASSO ED OPERI PER IL POPOLO".
Dacci uno sguardo (come io ho fatto adesso con te)
Cordiali saluti
Salvatore Bruno Bossio (sono su FB)