lunedì 30 novembre 2009

Solo se fossimo un piatto di lenticchie.


Oh mio Dio. Dove ti celi? Dove celi il tuo sguardo?

O Dio. Non rispondi. Non senti le mie parole. Come potresti? Perchè dovresti prestare attenzione proprio alle mie?

I pensieri del mondo, della vita tutta, è quello l'unico messaggio che cogli. Perchè Dio, tu sei tutti noi. Sei un albero millenario, sei le sue rughe sulla corteccia, sei il bruco che si arrampica sul ramo. Sei tutti noi, sei la foglia che cade e che darà modo di vivere a tanti piccoli esserini. E tu sarai tra loro, a banchettare di felicità insieme a loro. Mangiamo la tua carne ogni giorno e beviamo il tuo sangue ad ogni sorsata. Sei la vacca che mungiamo e la donna che ci ama, l'uomo nelle nostre coperte, il tarlo nel legno della trave, che spia e mormora il suo canto; sei lì tra noi ogni istante, simbolo dell'amore e dell'odio, acqua da bere, cielo da respirare. Sei la piccola particella d'ossigeno che ci scorre nel sangue, sei l'elettrone gentile e la luce delle lampadine. Sei la stella che brilla, il sole che brucia e arde il sangue dell'universo, l'elio, minuscolo, atomo ed essenza. Sei l'atomo, Dio. E' lì che si annida l'energia dell'universo.

Non ha senso dividersi in materialisti e non, in atei e devoti, in credenti e miscredenti. Non ha senso discriminare la fede e viceversa. Non può esistere divisione più stupida. Dio è noi stessi. E' le nostre cellule, i nostri nervi, i nostri neuroni, la nostra intelligenza. Come avrebbe potuto mai scrivere la Bibbia o il Corano, l'uomo se non fosse Dio stesso a scriverle? Dio è l'inchiostro sulla pagina antica, è il calcolo matematico sotteso al movimento del braccio della mano della mente del pensiero della fantasia dell'amore. Dio è l'equazione universale. E' l'universo in cui siamo, è la curvatura dello spazio-tempo, è la luce che viaggia a 300 milioni di metri al secondo.

Sei tu Dio. Perchè dovresti ascoltarmi se sei tu stesso a parlare?

La voce che si alza dal mondo è già la tua. Sei la vita, Dio mio. Sei il DNA che ricorderà per sempre chi ero, chi sono e chi sarò. L'immortalità esiste. E siamo tutti immortali, perchè immortale è la vita, capace di viaggiare nel tempo e nello spazio, di nascere sempre, ovunque e nelle forme più diverse. La vita non ha confini, perchè è l'Universo a non avere confini. L'infinità dell'universo è la ragione per la quale la vita è immortale.

L'inizio ed una Fine. Il continuum spazio tempo. L'energia. La massa. Sono tutte facce dello stesso prisma.

Dio sei tu quello che mi guardi da laggiù. Sei tu il granello di polvere controluce. Il pulviscolo e la polvere interstellare. Sei la molecola organica di qualcosa di inorganico.

Per comprenderci, dovremmo solo smettere di vederci diversi e di sentirci unici. Per capire il mistero dell'esistenza, dovremmo essere in grado di comprendere che l'esistenza non è un mistero, ma una rivelazione. Siamo identici, uomini e animali, piante e batteri, identici fin negli atomi, nell'unità, fin nella più piccola particella, fino all'antimateria, identici e necessari. L'organismo perfetto dell'universo è un meccanismo talmente complesso da essere semplicissimo. Per comprenderlo, bisognerebbe smettere di credere di poter trovare una spiegazione.

Sono le idee la nostra realtà da cambiare. La nostra rivoluzione da intraprendere, il nostro nemico. Sono le idee quelle che fanno la realtà. E questo anche se la realtà fattuale delle cose è assolutamente tutt'altro. L'idea che un uomo con la pelle nera ed uno con la pelle bianca abbiano qualcosa di diverso è una realtà osservabile, immediata, sicura, non contestabile. Un italiano ed un maliano sono due uomini diversi. L'idea che la pelle bianca sia anche sinonimo di superiorità, è una realtà inesistente, creata appunto da un'idea, sbagliata. Fin quando non abbracceremmo la convinzione che le differenze sono unità, saremo costretti ad una schiavitù schiacciante, umiliante. Il nostro libero arbitrio, il trucco attraverso cui Dio ci ha messo dinnanzi la realtà, ci ha illuso sulla verità più semplice e immediata da accettare. Come potrebbe esistere un Dio con la pelle di colore? E uno bianco? Dio non ha colore, è il bianco e il nero, nello stesso istante e in luoghi e tempi diversi. E' la terra su cui camminano. Ed è i piedi che usiamo. L'energia del muscolo che muove la gamba. Come potrebbe esserci diversità tra Dio e se stesso? E' Dio l'unica realtà.

Se facciamo qualcosa di sbagliato, Dio non può fermarci. Non può fermare la mano dell'assassino che uccide suo fratello, violenta sua sorella, sostituisce il denaro ad una persona. Come potrebbe fermare se stesso?

L'istinto è fuorviato dalle nostre creazioni mentali, dalle proiezioni che realizziamo al di fuori di noi stessi di quello che vorremmo essere. Quando un ingegnere realizza un'opera architettonica meravigliosa lo fa perchè è così che vede la realtà, la materia, è così che vede se stesso. La proiezione di un sogno. Ma anche quando un uomo uccide un altro uomo è la stessa cosa. Perchè quell'uomo vede se stesso meno importante di un pezzo di carta stampato da un altro uomo, una creazione mentale e materiale che da realtà e consistenza a qualcosa che non ce l'avrebbe se solo quell'uomo si rendesse conto che uccidendo un suo simile sta uccidendo se stesso, Dio, la vita, la realtà, negando la sua stessa esistenza, rinnegando una verità talmente semplice da essere troppo stupida per essere considerata consapevolmente. Libero arbitrio.

La materia che plasmiamo è un'opportunità, non un fine. Le cose che creiamo sono solo proiezioni. Anche l'odio lo è. Dovremmo solo comprendere che è inutile. Un'inutile spreco di energia. Talmente stupido come lasciare la porta spalancata nel bezzo di una nevicata e tenere il riscaldamento al massimo. Come inquinare un lago con i nostri rifiuti, come scrivere il proprio nome sulla corteccia di un albero. Un'inutile, assurdo, stupido e marchiano spreco di energia cosmica. La stessa energia che permette alla nostra stella di sfolgorare e darci il calore di cui abbiamo bisogno. Siamo esseri stupidi, solo perchè non ci rendiamo conto di esserlo. Sappiamo essere stupidi, solo perchè ci crediamo troppo importanti.

Gloriando noi stessi, facciamo un cattivo servizio allo scopo per cui siamo qui.

Dio è la Vita.

Ma non pensa, se non attraverso i suoi esseri. Non parla, se non attraverso la bocca degli animali. Non decide se non attraverso il libero arbitrio di ogni singolo essere vivente.

E' questo ciò che ci rende ciechi. E' questo che a noi esseri umani, i più complessi tra gli esseri viventi, ci fa credere di essere speciali.

Dovremmo essere fatti a immagine e somiglianza di Dio?

Dio non ha bisogno di un aspetto. Perchè è tutti gli aspetti. Tutti gli angoli, vividi e convessi, tutte le sfumature cromatiche, tutte le tonalità della musica.

Dio è Tutto. Dovremmo rispettare e glorificare ogni singolo granello di questo pianeta per rendere grazie a Dio. Dovremmo essere in grado di amarci ed amare Tutto, per poter amare Dio.

Qualcuno si affaccia ad un balcone e monita, qualcun'altro si inginocchia ad oriente ad ore stabilite, qualcuno si perde nei meandri della propria testa per anni. Come possiamo pensare di adorare ognuno il proprio Dio e additare l'altro di sacrilegio? Chi fa la classifica delle divinità? Chi determina chi sia nella ragione e chi nel torto?

Guerre in nome di Dio, morti nel nome di Dio, distruzione nel nome di Dio.

Guerra, morte, distruzione.

Negazione di Dio.

Come possiamo pensare di essere nel giusto, in una guerra, in una lite, in una disputa finanziaria? Come possiamo credere di avere ragione, quando tutti abbiamo torto?

Dio non può piangere, se non è un bambino a farlo. Quando muore di fame, quando viene abbandonato, violentato, maltrattato. Dio non piange, se non siamo noi tutti a farlo guardandoci negli occhi e riconoscendo la nostra viltà.

Siamo illusi dall'idea di essere migliori. Siamo migliori del vicino di casa, del presidente del consiglio o del poliziotto di quartiere, siamo migliori della madre di un amico, dell'allenatore di calcio, del cane che abbaia, dell'immigrato clandestino. Crediamo di essere migliori dei nostri antenati, dei popoli antichi, dei nostri genitori. Crediamo di essere più intelligenti della popolazione di uno stato a pochi chilometri da noi, di un paese a poche centinaia di metri in linea d'area. Crediamo di essere divisi da confini immaginari tracciati solo su cartine geografiche disegnate con il sangue dei morti e la distruzione delle guerre. Crediamo di essere diversi l'uno dall'altro e ci togliamo il cibo dalla bocca come se fosse naturale. Perchè la selezione naturale decide chi è il migliore.

Se la selezione naturale decidesse davvero per noi, già da tempo la Terra non si vedrebbe popolata da esseri umani.

La selezione naturale è un'invenzione scientifica che ha fondamento solo nei contesti in cui non entrano le illusioni.

L'illusione del denaro, del progresso, dell'economia, del benessere. L'illusione del consumismo, dello spettacolo, della televisione, del cinema, della letteratura. La selezione naturale non può operare in contesti innaturali, sarebbe assurdo se ciò avvenisse davvero.

Come potrebbe operare un meccanismo eminentemente chimico, biochimico, genetico, in un contesto come quello economico che è basato su una creazione umana fittizia, il denaro?

Come può essere scelto dalla selezione naturale chi muore e chi vive in una guerra cominciata per fini economici e di potere politico?

Come potrebbe operare la selezione naturale in un piatto di lenticchie?


(Francesco Salistrari, 2009)


venerdì 27 novembre 2009

Civiltà.




Le civiltà vanno e vengono...

La storia è un narratore di luoghi ed eventi,
è il mito di idee e ideali,
è la leggenda di desideri inespressi;
novelle da raccontare intorno a un falò,
cose di uomini e donne,
insomma.

Vicende che si consumano
su di una terra ignara di possedere inquilini,
o forse dolo noncurante
che quando cambia pelle
uccide.

Uccide?

La morte è rigenerazione,
la morte è ciclicità,
la morte è trasformazione,
la morte è...immortalità!

Ma noi siamo umani;
Umani!
Carne e sangue che pulsano,
consumandosi nel miraggio di un'eternità inafferrabile.
Per noi la morte è distacco,
oscurità,
paura,
fine.

La morte...è morte.

E lo spettro della morte
il preludio della comprensione del miracolo della vita,
beffardamente,
quando il miracolo sta terminando
e il sipario sta calando.

Accadrà.

Che il cielo si oscurerà di nuovo,
che il Sole non scalderà più,
che la terra tremerà.

E allora gli uomini vedranno morire altri uomini,
ma attraverso i loro stessi occhi,
e non dal comodo sofà di una vigliacca indifferenza;
e si stringeranno l'uno all'altro,
e cercheranno le briciole di una umanità dimenticata
lottando per il cibo e la sopravvivenza
come bestie tra le bestie,
nel ricordo delle loro antiche origini.

La fine del mondo è cominciata tanto tempo fa,
quando l'umanità è stata smarrita;
quando è diventato troppo tardi per ritrovarla.
E terminerà
quando,
dal fango,
un'altra civiltà annasperà per ricostruirla.

(Sabrina Mugnos, 2009)



prefazione a libro "I Maya e il 2012" di Sabrina Mugnos,Macro Edizioni, 2009.

giovedì 26 novembre 2009

2012: Apocalisse.




2012. Una corsa contro il tempo.

Per l'umanità intera, giurano i Maya. Che da millenni hanno predetto la fine dei tempi attraverso il loro calendario.

Ma la data del 21 dicembre 2012, come apogeo della civiltà, non è una peculiarità dei soli Maya. Non ci crederete ma anche la Bibbia rimanda a questa data. Infatti negli ultimi anni è stato “scoperto” un codice “segreto” contenuto nella Bibbia originale in ebraico (Torah) che tra le tante profezie (come ad esempio i nomi e le date di nascita e di morte di 90 rabbini) contiene anche come indicazione della fine dei tempi, “la fine della terra” letteralmente, la data del dicembre 2012.

Ma non è tutto, anche nell' I' Ching, il libro cinese dei mutamenti della filosofia orientale, esiste l'indicazione dell'anno 2012 come data della fine dei tempi. E questo avviene allo stesso modo anche per la filosofia induista e per altre filosofie orientali, come ad esempio la Maori neozelandese.

Se poi prendiamo in esame la cosmologia sumera e il “mito” di Nibiru, (il cosiddetto Decimo Pianeta tra l'altro scientificamente scoperto nel 2005 e denominato Eris, sigla astronomica 2003UB313), e del calcolo sotteso alla comparsa di Nibiru nei nostri cieli con conseguenti sconvolgimenti naturali, ci accorgiamo che da quando se ne andò per i Sumeri a quando questi ultimi predissero sarebbe tornato, Nibiru dovrebbe far sentire i suoi effetti sulla terra intorno al 2012. Seppur scientificamente è un qualcosa di assolutamente non tenuto in considerazione per la ragione che il Planet X pur avendo un orbita molto ellittica e irregolare ed inclinata di 44 gradi rispetto a quella degli altri pianeti del sistema solare, non sarebbe in grado di compromettere o influenzare la Terra in nessuna delle sue rivoluzioni intorno al Sole. Pur tuttavia qualcuno ipotizzerebbe che Nibiru potrebbe essere responsabile di un'alterazione magnetica sulla Terra e sul Sole, nonché sugli altri pianeti.

Quello che mi preme sottolineare comunque, aldilà di Nibiru, è la coincidenza dei cicli di scomparsa/ricomparsa di questo strano e misterioso Pianeta di ghiaccio, sconosciuto fino a solo quattro anni fa e solo ipotizzato, che sarebbero pressocchè identici a quelli stilati nel proprio calendario dai Maya. Ed ecco la coincidenza del 2012. In effetti, il Decimo Pianeta farebbe sentire i suoi effetti devastanti sul sistema solare a intervalli regolari di 5126 anni.

Proprio come i cicli del calendario Maya, della durata di 5126 anni.

Una coincidenza davvero notevole, se si pensa che Sumeri e Maya non hanno mai avuto possibilità di contatto.

Dunque questa data fatidica del 2012, come fine dei tempi, fine del mondo, catastrofe globale, cambiamento, nuova era o semplice paranoia stile “fine millennio”, trova molto spazio in molte culture, contesti religiosi e tempi diversi.

Sarà solo un caso?

Ed è solo un caso se anche la Scienza, o almeno una parte di essa, sarebbe d'accordo che il 2012 segnerà l'anno in cui l'attività solare raggiungerà un picco come mai è stato registrato dal 1615, vale a dire da quando Galileo puntò sulla nostra stella il suo telescopio? Gli effetti che una maggiore attività solare può avere sulla biosfera sono ancora tutti da accertarsi, ma gli scienziati sono concordi sul fatto che nella migliore delle ipotesi sono a rischio tutte le infrastrutture elettriche, le infrastrutture satellitari e della comunicazione. In pratica rischiamo di ritornare ai piccioni viaggiatori e alle candele nel giro di tre anni. Ma nella peggiore delle ipotesi, l'accrescersi come non si è mai registrato dell'attività solare, potrebbe causare danni ben più gravi di quelli che rischiano i nostri ritrovati tecnologici e i nostri lussi. Infatti è ormai accertato come l'attività delle macchie solari sia in qualche modo collegata alla formazioni di tempeste e uragani sulla terra, terremoti ed eruzioni vulcaniche. In altre parole le scariche di radiazioni che arrivano dal sole direttamente alla Terra sarebbero responsabili di influenzare il funzionamento della tettonica a zolle che sottende ai movimenti della crosta terrestre (quindi delle faglie laviche e dei terremoti ad esse correlati), influenzare l'atmosfera terrestre nei modi più svariati (dalle aurore agli uragani). Non a caso l'anno che ha registrato l'attività solare più intensa degli ultimi 50 anni, il 2005, ha visto il formarsi di tre dei più grandi uragani mai osservati sulla Terra (uno di questi “Katrina” ha spazzato via New Orleans, “Stan” ha devastato il centroamerica). Ma non è tutto, perchè l'attività solare potrebbe avere anche effetti (e li sta già avendo a detta di alcuni scienziati) sul nucleo stesso del nostro pianeta, alterando, deformando e destabilizzando (fino ad invertirne i poli), il campo elettromagnetico della Terra, che è la risorsa attraverso cui il nostro pianeta ci difende appunto dalle radiazioni solari. Ma se l'attività solare sprigionasse un'energia troppo alta da essere sopportata dal campo elettromagnetico terrestre? Sarebbe la fine di tutto. Almeno per quanto riguarda le forme di vita più evolute sulla Terra.

Bene, la ricerca scientifica in altre parole ci sta dicendo che tra il 2011 e il 2012 il sole farà i capricci. Coincidenza anche questa?

Non credo. Anche perchè i Maya sono riconosciuti da tutti come un popolo di straordinari astronomi, e nella loro cosmologia il Sole è tenuto, naturalmente, in gran conto. La chiusura del “ciclo del lungo computo” nel loro calendario potrebbe riferirsi a ciò di cui la scienza solo oggi sta accorgendosi?

E l'allineamento planetario e del Sole con il centro della Galassia, previsto con matematica precisione dai Maya, e dalla moderna astronomia, per il dicembre 2012, ha qualcosa a che fare con l'attività solare e del campo elettromagnetico terrestre? In altre parole, tale allineamento potrebbe essere alla base dell'accresciuta attività solare in grado di spazzarci via dalla faccia della terra in 30 minuti?

Sono tutte domande a cui dovremmo dare risposta. E nel caso essere preparati a lottare per la sopravvivenza o morire tutti almeno decorosamente.

Personalmente non credo che il mondo finirà nel 2012, così come non l'ho creduto nel 2000 con il “baco del millennio”, o nel 2008 secondo le previsioni del fantomatico John Titor. Ma questa data del 2012 è troppo ricorrente in troppi luoghi, epoche e culture, da non significare nulla.

E' questa l'unica certezza che posso darmi.


(Francesco Salistrari, 2009)

Il senso e lo scopo.


Se si è soli pensare alla morte è più semplice, vivere la vita è più facile.

Le aspettative ed il futuro sono più pesanti quando vicino abbiamo qualcuno.

Soli, si pensa alla morte come ad una conquista, come al raggiungimento dello scopo per il quale siamo nati, appunto morire.

Soli, si pensa alla morte come ad un momento, non ad una tragedia ed il tempo appare meno tiranno, splendido regalo di questa magnifica vita.

Avere qualcuno al fianco, amare, dedicarle la vita, fa della morte uno spauracchio, una tragedia, un venir meno alla propria promessa.

Se si ama si ha paura della morte e del dolore che resterebbe.

Dell'incertezza in cui resta chi sopravvive.

Il paradosso è che tutti siamo nati per morire.

Averne paura è stupido.

Tutti dovremmo essere in grado di comprendere che morire è lo scopo, il fine ultimo dell'esistenza.

Quindi perchè averne paura?

E' più facile vivere da soli perchè siamo codardi.

E' più facile odiare che non amare, perchè la morte ci atterrisce.

Saremmo sicuramente persone migliori se riuscissimo ad accettare la morte e a vivere la vita amando.

Se lo scopo della vita è quello di morire, vivere amando è il modo migliore per arrivare alla morte.

La morte non deve farci paura, ma incoraggiarci ad amare.

Di noi resterà il ricordo e nient'altro.

E solo i destinatari del nostro amore potranno conservarlo con sé.

Amore e Morte.

Il senso e lo scopo.


(Francesco Salistrari, 2009)

martedì 24 novembre 2009

Quella canzone imparata anni fa.


Aspettando il momento di partire,
cullan
do la speranza di riuscire,
cantando una canzone ascoltata anni fa.

Si chiama cuore quello che batte nel petto,
si chiama amore la sua linfa vitale.

Una carezza, un sorriso,
un bacio lanciato al cielo sereno,
un abbraccio rubato,
un sogno regalato alla notte.

Cantando una canzone ascoltata chissà dove,
cullando la speranza di poter ricordare,
aspettando il momento di cominciare a sognare.

Si chiama vita quella che stiamo vivendo,
e amore ciò che le dà un senso.

Una carezza, un sorriso,
un bacio lanciato al cielo sereno,
un abbraccio rubato,
un sogno regalato a chiunque.

Cantando una canzone ascoltata anni fa,
aspettando qualcosa che ci ucciderà.

(Francesco Salistrari, 2009)

lunedì 23 novembre 2009

Vagare.


A volte mi trovo ad affrontare ciò che non vorrei,

ed è per questo che il mio sorriso sfuma ogni qualvolta si affaccia alle labbra.

Mi sento trasportato nei luoghi più lontani dell’emisfero boreale,

ma poi apro gli occhi e vedo la mia stanza.

Per costituzione, sono portato a considerare ciò che mi capita con serenità,

ma è pur vero che a volte mi sento il sangue pulsare più forte.

Vorrei non avere sentimenti,

per evitare di affondare ogni volta nelle loro stupide illusioni.

Vorrei essere libero da ogni freno morale,

per poter guardare il mondo dall’alto in basso, lui che di morale sa ben poco.

Faccio questo ogni volta che mi sveglio,

ma poi mi rendo conto che quelle pie illusioni che mi cullano,

non sono altro che i miei sentimenti e la mia coscienza.

Essenzialmente sono così, libero e scevro da ogni limitazione,

ma in realtà sento i piedi piantati a terra dal piombo delle ingiustizie.

Sento il canto degli uccelli, la voce del vento calmo, e mi cullo con loro;

guardo le stelle nel cielo, osservo il sole con dignità,

bacio la luna come se mi fosse sorella,

guardo negli occhi il ghiro affaccendato, la volpe scaltra e veloce,

ascolto il rumore calmo delle onde, o la voce straripante del mare in tempesta,

mi piago la pelle al gelo della neve, ma riesco solo ad apprezzarne la candida bellezza,

guardo gli occhi della gente e riesco a vivere di loro,

mi commuovo per tutto ciò, ma nessuno vede le mie lacrime.

Vago per il mondo, ma nessuno si accorge di me….


(Francesco Salistrari, 2009)

domenica 22 novembre 2009

Voce meschina.


Voce meschina che mi parla nella testa, stupida coscienza immorale che mi si agita dentro, non hai ragione di tormentarmi con le tue stupide invettive, non hai motivo di giudicarmi con la tua falsa morale.
La tua voce è quella di un prete pedofilo, è quella di un politico corrotto, è quella di un assassino pentito, è quella di un crumiro venduto, è la falsa voce di un popolo che non ha coscienza.
Smettila di tormentarmi e di dirmi chi sono, perché non lo sai, perché non lo so nemmeno io, perché nessuno può sapere chi è se non in punto di morte. Lasciami perdere, addormentati per sempre e smetti di farmi ascoltare i tuoi stupidi giudizi. Non sopporto più di essere giudicato da una banda di meschini come te.
Voce nella mia testa, taci per sempre, perché ormai ho capito che ciò che hai da dirmi non sono altro che le parole che ascolti quando cammino per strada, quando mi affaccio alla finestra, quando guardo la televisione, quando vado al lavoro o in chiesa, quando pago le tasse, quando mi racconti di un mondo che altro non è se non una prigione.
Tu voce sei la mia catena, la mia cella e il mio aguzzino, sei il boia delle mie emozioni, sei colei che mi uccide ogni giorno per farmi rivivere il giorno dopo.
Smetti di parlare. Smettete tutti di parlare.
Il silenzio è quasi sempre una virtù.

(Francesco Salistrari, 2009)

venerdì 13 novembre 2009

Un punto e vado via.*


Metto un punto e vado a capo.

Una virgola e mi riposo. Un punto esclamativo e mi commuovo. Due punti e pretendo di spiegare.

La vita, la morte, non hanno punteggiatura. Scriverne è vano. Ma non insensato. Leggerne è perdere tempo. Ma non avventato.

Punto.

Che non è un'auto che ci porta in qualche posto. Ma un addio.

Virgola. Che non è un ricciolo scomposto sulla fronte. Ma un saluto.

Vita. Che non è una parola. Ma un mistero.

Morte. Che non è un mistero. Ma una tetra realtà.

Le mie parole non dette. Che non sono un vaneggiamento. Ma una perdita di tempo.


(Francesco Salistrari, 2009)


*Estratto da "Le cose non dette".

mercoledì 11 novembre 2009

Amico mio.


Penso a te ed il rimpianto mi collassa. Penso a te ed una lacrima mi attraversa il ventre, penso a te che ti ho allontanato, rivedo il tuo sorriso, la tua affabilità, i tuoi occhi sinceri e la tua simpatia. Sono stato io a cancellarti dalla mia vita, perché non volevo che vedessi la mia meschinità, la mia paura di crescere, perché non scorgessi in me ciò che avresti potuto vedere in te stesso, perché non provassi la mia stessa inquietudine a guardare il cielo e a sentirsi troppo piccoli.
Amico mio, unico e solo della mia vita, mi dispiace averti fatto male, mi dispiace aver inventato mille scuse per tenerti lontano, alimentando la tua rabbia e il tuo risentimento, facendoti credere di avere colpe che non hai.
Amico mio, unico e solo, l’unico che mi ha sempre capito, l’unico che ha sempre intuito i miei pensieri, che ha sempre condiviso le mie gioie e le mie passioni, l’unico che ha davvero saputo apprezzare quello che ho dentro. Perdonami per il male che ho fatto e detto, perdona se puoi questo bimbo che non vuol diventare uomo. Perdonami se ho paura del mondo e di quello che mi nasconde, perdona la mia paura di vivere. Perdonami se non ho mai avuto paura di morire.
Amico mio, se ora non ci sei, è solo perché non ho voluto farti guardare il precipizio insieme a me.
Spero un giorno avrai la forza ed il coraggio di capire, magari solo guardandomi negli occhi. Come hai sempre fatto, anche quando non c’era nulla da capire.

(Francesco Salistrari, 2005)

martedì 10 novembre 2009

Compostamente educate.



Ti aspetti sempre qualcosa,

dai perchè dai però.

E sei lì, angelo nel cielo,

viso tra la folla,

sogno nel sonno.


Apri gli occhi e tutto cade,

tutto precipita,

nel mare dell'ego.


Cerchi e non trovi,

e qualcuno trova in te, qualcosa che non hai.

Vuoi o non vuoi vivi.

Vuoi o non vuoi muori.

Angelo nel cielo,

viso tra la folla,

sogno nel sonno.


Hai un senso di vago sentore di qualcosa,

nei perchè nei però.

Sempre, ogni volta, ogni dove.

Come un'ombra che ti segue,

felina, tra le luci.

Apri gli occhi e ogni cosa è lì,

in ordine,

compostamente educata.


Guardi visi che ti guardano,

odori che non vedi, qualcosa che non sai.

Sai o non sai è sempre meglio non sapere.

Vuoi o non vuoi vivi.

Sonno nel sogno,

folla tra i visi,

uomo tra gli uomini.


Perdi cose che non trovi,

trovi cose che non hai perso,

tra le tue risposte, tra le tue domande,

nella tua rubrica, sulla tua bacheca.

Tra i saldi di fine stagione.

In ordine,

compostamente educate.


(Francesco Salistrari, 2009)

lunedì 9 novembre 2009

Schizofrenie d'amore.


Dolce abbraccio gentile.
Amore carnale, passionale, disperato.
Dolce carezza di notte.
Amore speciale, disordinato, surreale.
Dolce, dolce, dolce,
sollievo del cuore, dell’anima.
Dolce, dolce, dolce,
passione d’amore, passione irreale.
Sento le dita graffiarmi la pelle,
sento la lingua passarmi sul collo,
sento le gambe stringersi alle mie…
Sento il tuo respiro sul collo,
i tuoi occhi incollati ai miei,
sento la tua voce soffusa in un vento.
Amore, dolce, carnale, passionale,
mi sono sciolto nel tuo abbraccio,
ed ora mi sento perduto.
Aiutami a lasciarti,
mostrami subito il tuo viso roso dai vermi,
le tue orbite infossate e senza luce,
mostrami subito ciò che diventerai.
Ora sei giovane e bella,
attraente e sinuosa,
ma un giorno diventerai vecchia e cadente,
sporca e maleodorante,
dispettosa e indisponente...
Per cui, dolce amore
Aiutami a guardarti,
aiutami a perdonarti e a lasciarti.
Lo chiedo a te,
amore,
che sei l’unica che non sarà mai capace di ascoltarmi.

(Francesco Salistrari, 2007)

venerdì 6 novembre 2009

Follia.


Mi sento come se avessi un vuoto nello stomaco, e non so il perchè. Non sono i miei "vorrei" o i miei "farò", è qualcosa di più, è come se ci fosse qualcosa che non colgo, in fondo alle mie aspirazioni o agli obblighi non rispettati. E' come se avessi squarciato per una attimo il velo di un'altra dimensione, ne avessi sbirciato uno scampolo e poi fossi ritornato alla realtà. Adesso sento di non riuscire più a dare la stessa importanza alle cose, a dare senso alla vita, alla nostra vita, ed ogni cosa perde i suoi contorni, sfuma in qualcosa di indistinto che non si può accettare, non si può più giustificare.

Ho guardato per un secondo un altro mondo e ho perso la mia verginità nei confronti del nostro.

Sono diventato sospettoso di tutto e tutti, leggo malizia in ogni angolo, vedo ipocrisia in ogni sguardo, anche guardando lo specchio, sento la puzza delle illusioni. Vedo ciò che gli altri non vedono, di cui non si accorgono, ma non ne ho paura, perdo solo fiducia nelle cose del mondo, non capisco nè voglio più capire tante storture, nè mi interessa combatterle, perchè è come se lo reputassi inutile, vano, senza importanza, non mi interessa più comprendere i meccanismi del nostro stare assieme, nè pensare al modo per farlo meglio. Non ha più senso ormai dal mio punto di vista sprecare del tempo a combattere contro i mulini a vento, ma forse l'unica cosa importante è rimandare il dolore. Aspettare di star male lottando contro l'ineluttabile non ha senso. Forse è meglio stare fermi ad aspettare, fino ad annoiarsi, fino a perdere il senso delle cose, stordirsi per non pensare, pensare e non agire, agire ma senza fare molto. Aspettare di soffrire e forse morire, senza sapere neppure perchè.

Che senso ha affannarsi fino a distruggersi per poi morire ugualmente? Che senso ha dare tutto se stesso per qualcosa di irrealizzabile, perchè illudersi di essere amato quando non è vero? Perchè amare fino alla follia, quando poi svanisce tutto?

Stare fermi, attendere il momento, significa essere rivoluzionari.

La realtà non può essere capita, se non attraverso la follia.


(Francesco Salistrari, 2005)


martedì 3 novembre 2009

Le cose che già sapete.


Vorrei scrivere fiumi di parole e condensare in esse il significato dell'esistenza.

Vorrei descrivere con forme taglienti i sentimenti che si agitano nell'animo umano e colorarle d'arcobaleno.

Vorrei saper dire le parole giuste per ogni singolo essere umano della terra, toccargli il cuore e renderlo felice. Vorrei essere utile al mondo, pur solo scrivendo, cantando la canzone della vita come solo pochi sanno fare.

Vorrei descrivere i sogni della gente ed essere in grado di farli avverare, pur solo per un attimo.

Vorrei parlare dell'animo umano e conoscerne i segreti, incuriosendo, solleticando, pungolando.

Vorrei poter essere in grado di parlare al vento e far giungere la mia voce il più lontano possibile.

Vorrei poter parlare al cielo e riceverne risposta.

Vorrei riuscire a descrivere il colore di un'emozione e darle il nome che mi piace.

Vorrei scrivere di tempeste e di schiarite, di uragani e di giornate di sole, di morte e di solitudine, di noia e di passione, d'amore e di tristezza, con la commovente semplicità di un bambino.

Vorrei poter guardare negli occhi di mio padre ed essere fiero di me stesso.

Vorrei poter guardare l'orizzonte ed esser sicuro che aldilà di esso ci sia qualcosa.

Vorrei poter toccare con un dito l'arcobaleno e regalare a chi mi legge le stesse emozioni.

Vorrei poter vedere con gli occhi di un uccello e regalare la mia visione a tutti quanti, senza chiedere nulla in cambio.

Vorrei vorrei vorrei.

Sarei capace di ogni cosa se la mia mano fosse mossa da magia, se il mio cuore fosse sostenuto da incantesimo, se i miei occhi fossero accesi da meraviglia.

Sarei capace di guardare le cose e regalarne ad ognuno, se la mano non tremasse, se il cuore non fosse pavido, se il sole nascesse con le stelle.

Vorrei capire ogni cosa e spiegarla agli altri. Vorrei essere il maestro più bravo, l'allievo più promettente, il bidello che pulisce. Vorrei essere il camionista annoiato, il banchiere sommerso dai numeri, il poliziotto dalle scartoffie. Vorrei essere il clown del circo e far ridere i miei bambini, regalare a tutti un sorriso e averne in cambio un applauso. Vorrei essere il bimbo che ride e la madre contenta, il delinquente di strada e l'ubriacone del bar.

Vorrei essere tutti e nessuno. In un attimo. Che si allunghi per sempre.

Solo così sarei in grado di vedere, di comprendere, di accettare, il mondo e le sue leggi. Solo così sarei capace di regalare a tutti un attimo di verità. Solo così potrei essere in grado di scrivere davvero.

Spero vi accontentiate semplicemente di me, che scrivo per voi e per nessun'altro. Che non posso comprendere il mondo e capire le emozioni, comprendere l'uomo e l'anima sua, toccare il cielo e parlare dalle nuvole, scrivere e dimenticare.

Spero vi accontentiate semplicemente di me. Così come sono.

Che scrivo di cose che già voi tutti sapete.


(Francesco Salistrari, 2009)

Cosa sarà.


Sento gli scrosci di pioggia, furiosi, come se avessero qualcosa da recriminare. Sento il rumore della pioggia e mi sciolgo insieme ad essa, simile a sale.

Provo a ricordare, a ripercorrere una strada, un passaggio, un momento, ma non ci riesco, sono come impedito da una mano invisibile che mi tiene legato.

Ma cosa sarà?

E intanto fuori i lampi e i tuoni si inseguono, come piccoli giocosi. E la pioggia cade bagnando il mondo col suo pianto sincero.

Vorrei parlare, pensare, sperare, sognare. Ma non mi è concesso, non oggi almeno. Non in questa giornata di pioggia.

La pioggia mi riporta ad un'insolita solennità e ad un contegno che non sono miei, vicino, troppo vicino, alla noia. Cosa sarà? Perchè non posso capire il segreto di questa esistenza grama, di questo corrersi intorno senza trovarsi, troppo simili a bambini che giocano a nascondino senza saperlo. Perchè non posso spiegare cos'è questa sensazione, quest'emozione senza tempo che mi si agita dentro. E' come provare rabbia, con un formicolio alla base del collo, senza consistenza. Non so e provo a capire. Come tutti in fondo.

La pioggia cade ed il tempo va e penso alle persone per strada, rannicchiate sotto gli incerti ripari, disperatamente aggrappate a quel poco di asciutto che rimane. Penso a chi non ha casa, non ha amici, non ha futuro. E forse comprendo cos'è questa sensazione d'angoscia che mi scuote.

Guardo dalla finestra il mondo scuro e vedo solo tetti, finestre.

Il calore della stanza mi avvolge come una coperta e la pioggia di fuori sembra solo un'immagine in tv, ma non per tutti è così. Perchè per alcuni la pioggia è una sventura. Mentre per molti è solo un gioco. O al massimo una seccatura.

Ascolto i rumori del mal tempo, ma non riesco ad amarli. Non oggi, almeno.

Non posso non pensare ai brividi di freddo di un bambino, alla sua pelle come buccia d'arancia, alle sue labbricine violacee.

E' forse questa la mia angoscia.

Ne scrivo per condividerla con voi. Per non essere solo, almeno per un attimo, a maledire questo tempo.


(Francesco Salistrari, 2009)

lunedì 2 novembre 2009

F(o)iglio mio.


Quante volte questo foglio si è colorato di nero!

Il colore delle mie paure, delle mie angosce, dei miei tormenti più reconditi.

Quante volte esso è diventato il mio confidente,

il mio amico più sincero a cui raccontare i miei segreti.

Mi ha fatto compagnia durante le notti trascorse nella paura del buio e del domani,

mi ha accompagnato nei momenti più tristi ed in quelli più belli,

mi ha permesso di guardare al futuro con occhi meno ostili,

di pensare ai giorni a venire con meno angoscia.

Foglio dell'anima mia,

pergamena dorata persa nel tempo,

un giorno sarai solo tu a testimoniare in mio nome.

Quel giorno ci sarai solo tu

e sarai l'unica cosa che non morrà insieme a me.

Lo faranno i miei ricordi e le mie illusioni,

la mia anima ed il mio corpo,

la mia mente e le mie emozioni,

i miei sentimenti e le mie paure.

Insieme a me morirà ogni rimpianto ed ogni rimorso,

spazzati nel vento come inutili foglie cadute,

perduti nel tempo, senza pietà.

Resterai solo tu,

figlio mio.

Non resterà altro di me che ciò che hai da dire.


(Francesco Salistrari, 2005)

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