venerdì 30 agosto 2013

L'ESCALATION DI UNA GUERRA IN SIRIA SERVE A COPRIRE UN CRIMINE DI GUERRA ?

DI WILLIAM BOWLES
informationclearinghouse.info

Secondo le fonti, l’ambasciatore russo presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Vitaly Churkin, ha presentato delle prove esclusive – basate su documenti e su immagini di un satellite russo – di due razzi trasportanti prodotti chimici tossici, lanciati da Douma (1), controllata dai “ribelli” siriani e atterrati nel Ghuta orientale. Centinaia di “ribelli”, così come civili – tra cui i bambini finiti sulle copertine dei media occidentali – sono stati uccisi. La prova, dice la fonte russa, è definitiva.
Pepe Escobar (2) 



È una notizia sconvolgente se vera, il fatto che sono stati due missili lanciati dai ribelli da un posto chiamato Douma nei sobborghi di Damasco, che è di certo sotto il controllo ribelle, a fare il danno. Non c’è da stupirsi che l’Impero che sta per fare una guerra vada nel panico se esce fuori che è stato davvero lo schieramento che sta armando e sostenendo a causare una tale orrenda perdita di vite!

Il folle desiderio di distruggere espresso da USA e GB potrebbe essere la ragione per la voglia di andare in guerra, in quanto (si spera) questo oscurerà e relegherà nel passato ciò che veramente è successo.

La minaccia di una guerra contro la Siria è un terribile e psicopatico diversivo, oltre che una reminescenza dei barbari, dal momento che non si fermeranno di fronte a nulla per raggiungere i loro obiettivi. A meno che non vengano fermati.

Se ciò che riporta Escobar (e anche l’altra fonte – vedi sotto) è davvero la verità, allora significa che i ribelli hanno veramente ucciso centinaia di persone, compresi i loro stessi soldati! Forse anche un migliaio o più. Non c’è da stupirsi che l’Occidente non voglia investigare! La squadra d’ispezione ONU non ha le competenze per cercare di scoprire il vero responsabile, solo se ci sia stato un qualche tipo di attacco chimico.

Tutte quelle stupidaggini sul fatto che “è troppo tardi, Assad si è liberato delle prove” o “avreste dovuto farci entrare prima”, sono solo una copertura. Quello che l’Occidente DEVE fare è cercare di coprirlo, come hanno fatto quando le migliaia di truppe irachene sono state schiacciate nelle loro trincee e sepolte vive.

Altre conferme

Di seguito, uno spezzone di un’intervista ad un attivista siriano che conferma quanto riportato da Pepe Escobar. È sul blog Boiling Frogs, ma bisogna pagare un’iscrizione per vedere l’intero video, che è un po’ una rottura. Mi piacerebbe vedere le immagini del satellite e qualsiasi informazione relativa. 

Perché i russi non danno più spazio alle informazioni che dicono di avere? 

QUESTO potrebbe fermare questa cosa della guerra sul nascere!









Fonte: www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article36000.htm
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO 

1) http://en.wikipedia.org/wiki/Douma,_Syria
2) https://www.facebook.com/pepe.escobar.77377/posts/10151840247251678

giovedì 29 agosto 2013

TRA VENERDI E SABATO INIZIA L'ATTACCO ANGLO-AMERICANO ALLA SIRIA ?


DI ALFATAU
clarissa.it

Secondo fonti israeliane, gli Stati Uniti hanno programmato l'inizio dell'attacco aereo alla Siria per la notte fra venerdì 30 e sabato 31 agosto prossimi.

I preparativi comprendono anche il rafforzamento, effettuato nelle ultime ventiquattro ore, delle forze aeree dislocate nella base americana di Al Udeid nel Qatar, dove sarebbero stati posizionati bombardieri B-1 e cacciabombardieri "invisibili" F-22 Raptor, provenienti dalla base aerea di Masirah nell'Oman e dalla grande base aero-navale di Diego Garcia nell'Oceano Indiano. 

Significativamente, queste forze non sono destinate all'attacco contro la Siria, che, più probabilmente, scatterà dalle unità navali che stazionano da alcuni giorni nel Mediterraneo orientale e dalle basi saudite e giordane: questi velivoli sono pronti per non meglio specificate complicazioni che si potrebbero produrre nel corso delle operazioni contro la Siria.

A seguito, "GLI OCCIDENTALI SONO PRONTI A BOMBARDARE LA SIRIA ?" ( Thierry Meyssan, voltairenet.org); 

A nostro avviso, il rafforzamento descritto potrebbe costituire una forza di intervento aereo non solo a copertura di Israele, Turchia e Giordania, ma, assai più probabilmente, è rivolto contro eventuali reazioni o coinvolgimenti dell'Iran, che offrirebbero agli Usa ed a Israele un'ottima occasione per colpire i siti "nucleari" del paese. 

Si tratta quindi di un elemento di ulteriore preoccupazione, rispetto al possibile allargamento delle operazioni Usa in Medio Oriente, che aprirebbe la via ad un conflitto di maggiori proporzioni.

La certezza dell'imminenza di un attacco contro la Siria viene anche dai primi provvedimenti presi da Israele, che ha ordinato una parziale mobilitazione delle proprie forze, in particolare difesa aerea e anti-missile, intelligence e difesa civile, iniziata con la massiccia distribuzione di maschere anti-gas, con evidenti effetti anche di natura psicologica sulla popolazione.

Per parte sua, pare che la Siria, consigliata anche dal personale militare russo, stia disperdendo in rifugi protetti le proprie forze aeree, unità di élite come la 4a armata e le divisioni della guardia repubblicana, adottando quindi una strategia di difesa passiva, senza che perciò si debba escludere la possibilità di impiego di armi anti-aeree di fabbricazione russa.

Interessante sarebbe conoscere, in questo contesto, che valore abbiano le ripetute affermazioni dei politici italiani circa la non partecipazione alle attività militari degli alleati, tenuto conto del fatto che le principali basi Usa in Italia, anche a seguito di protocolli di intesa tuttora coperti da segreto militare, operano in condizioni di sostanziale extra-territorialità. Per questo, il fatto che l'Italia voglia restare al di fuori di questa nuova, pericolosa dimostrazione di forza occidentale, non esclude affatto che gli alleati utilizzino invece intensivamente il nostro paese come linea logistica essenziale per alimentare il loro sforzo offensivo. 


martedì 27 agosto 2013

"INTERVENTO MILITARE IN SIRIA" L'ADDESTRAMENTO USA DEI "RIBELLI" DAL 2011 E IL GRANDE PIANO AL COMPLETO (IL LEAK DEL MARZO 2012)


DI TYLER DURDEN
zerohedge.com

Per tutti coloro rimasti scioccati dallo “sviluppo degli eventi” in Siria, ecco il resoconto completo di come tutto è stato orchestrato nel 2011, divulgato nel marzo 2012 da WikiLeaks.

APPROFONDIMENTO – intervento militare in Siria, stato delle forze dopo il ritiro

Rilasciato il 6 marzo 2012 alle ore 07:00 GMT





Ci sono alcuni punti degli incontri di oggi che voglio sottolineare –

Ho passato la maggior parte del pomeriggio al Pentagono con il gruppo di studi strategici dell’United States Air Forces (USAF) – ragazzi che passano il loro tempo cercando di capire e spiegare al capo dell’USAF il panorama nel quale stanno operando. C’ero solo io e altri quattro ragazzi di rango colonnello luogotenente, tra cui un rappresentante inglese ed uno francese che al momento mantengono contatti con gli USA fuori da Washington.

Volevano torchiarmi sulla situazione strategica in Siria, quindi dopo ho dovuto torchiarli io sulla situazione militare. Il livello di comprensione della posta in gioco in Siria, quali sono gli interessi strategici, il ruolo della Turchia, il ruolo dell’Iran, etc. è ancora molto basso. Dopo un paio d’ore di discussione, hanno detto senza davvero dirlo che sul posto ci sono già squadre (presumibilmente americane, inglesi, francesi, gioradane, turche) di Forze Speciali (SOC) mirate a missioni di ricognizione e di addestramento delle forze dell’opposizione. Un ragazzo interno all’USAF ha dichiarato, con molta cautela, che al momento non esiste un vero e proprio Esercito Siriano Libero da addestrare, ma che le operazioni che si stanno svolgendo ora vengono eseguite per “prudenza”. A me l’hanno posta in questo modo: “Vedila così: il livello di informazione sull’ordine di battaglia in Siria di questo mese è il migliore dal 2011”. Gli è stato detto di preparare contingenti e di essere pronti ad agire entro 2-3 mesi, ma insistono ancora sul fatto che si stia agendo secondo un piano di contingenza, non come una mossa verso l’escalation.

Ho continuato a fare pressione chiedendo lo scopo operativo di queste squadre SCO e se questo avrebbe portato ad un’eventuale campagna aerea per fornire copertura al gruppo ribelle siriano. Hanno immediatamente scacciato quest’ipotesi, dicendo che “ipoteticamente” l’idea è quella di commettere attacchi di guerrilla e campagne di omicidi, di cercare di spezzare le forza alawite provocando un collasso dall’interno. Non ci sarebbe stato bisogno di copertura aerea e comunque non si sarebbero aspettati che questi ribelli siriani si sarebbero messi a marciare in colonna. 

Hanno posto l’accento su come la campagna aerea in Siria facesse sembrare la Libia un gioco da ragazzi. Le difese aeree siriane sono molto più robuste e molto più fitte, specialmente intorno a Damasco e ai confini con Israele e Turchia. Sono più preoccupati delle difese aeree mobili, in particolare i missili SA-17 di cui si stanno rifornendo di recente. È ancora un’operazione fattibile, solo che non è una facile. 

La base principale di appoggio sarebbe Cipro, senza dubbio. Inglesi e francesi decollerebbero da lì. Hanno insistito su quanto c’è immagazzinato a Cipro e di quante ricognizioni partano da lì. Il gruppo si è diviso sull’eventuale coinvolgimento della Turchia, ma ha affermato che sarebbe fondamentale come base di appoggio. Anche se la Turchia ha avuto un problema politico con Cipro, hanno detto che inglesi e francesi avrebbero comunque usato Cipro come loro base aerea principale. Il ragazzo dell’USAF sembra abbastanza convinto del fatto che i turchi non parteciperanno (sembrava alquanto arrabbiato con loro).

Sembra ci sia ancora molta confusione riguardo all’obiettivo di un intervento militare con una campagna aerea. Diversamente dalla Libia, non c’è chiarezza geografica e non si può creare semplicemente una no-fly zone sulle regioni di Homs e di Hama. Questo comporterebbe campagna SEAD (Suppression of Enemy Air Defenses) a livello nazionale che durerebbe quanto la guerra. Non credono che ci sarà un intervento aereo a meno che i media non si interessino abbastanza ad un massacro, come la mossa di Gheddafi contro Bengasi. Pensano che gli USA tollererebbero un gran numero di uccisioni finché non raggiungono lo scenario pubblico. Stanno anche discutendo delle abilità delle forza siriane che al momento stanno operando sulle difese aeree del Paese e sull’importanza della presenza dell’Iran. Il ragazzo dell’USAF non è ossessionato dalla sfida di far fuori le capacità dei missili balistici e delle armi chimiche in Siria. Con Israele a fianco e il regime in crisi esistenziale, il ragazzo la vede come una grande complicazione per qualsiasi intervento militare.

L’Accordo sullo Status delle Forze Armate del post 2011 in Iraq è ancora in fase di negoziazione. Questa gente sperava che durante la sua visita Biden avrebbe annunciato un accordo con Maliki, ma niente da fare. Scommettono sul fatto che gli iracheni si ricordano della guerra con l’Iran e che Maliki non vorrà affrontare la minaccia dell’entrata di jet iraniani nello spazio aereo iracheno. Affermano che la maggior parte dei caccia americani sono fuori dell’Iraq e sono stati trasferiti in Kuwait. Hanno spiegato che questo è il bello dell’aeronautica: la base in Kuwait è a due passi dalle loro basi europee, cioè facile da rafforzare quando ne hanno bisogno. Non sembrano preoccupati dal fatto che la capacità degli USA di riorganizzare le sue forza sia un messaggio per l’Iran. Hanno fatto l’esempio della portaerei USS Enterprise che doveva già essere disarmata, ma la cui operatività è stata estesa per altri due anni per inviarla nel Golfo. Quando gli americani si ritireranno, avremmo almeno due portaerei nel Golfo all’interno del Comando Centrale e una nel Mediterraneo all’interno del Comando Europeo. Ho chiesto se la riorganizzazione in Kuwait e il dispiegamento di portaerei sarebbero stati necessari per far capire all’Iran che gli americani non vanno da nessuna parte. Hanno risposto che l’Iran recepirà il messaggio consultando il sito del Comando Centrale: dal 1° gennaio dovrebbero pubblicare ovunque dove gli USA si stanno riorganizzando.

Un’altra delle loro preoccupazione riguarda la possibilità che un’operazione in Siria potrebbe essere ostacolate dall’Iran dalla base aerea di Balad, in Iraq.

Il rappresentante francese era dell’idea che la situazione in Siria non sarà come la Libia, dove la Francia sarebbe fiera di intervenire. Non nell’anno elettorale. Anche il rappresentante inglese ha sottolineato la riluttanza del Regno Unito, ma ha affermato che la rinegoziazione del trattato UE indebolisce il ruolo della Gran Bretagna e che vorrebbe cercare un modo di riaffermarsi nel continente (non credo che una campagna in Siria sia il modo migliore). Il tipo inglese ha poi menzionato per inciso che il comandante della base aerea di Cipro è stato sostituito da uno che pilota Raptors, cioè qualcuno che sa cosa vuol dire iniziare a sganciare le bombe. Ha scherzato dicendo che probabilmente si trattava di una coincidenza. 

Prima di questo, ho avuto un altro incontro con un diplomatico kuwaitiano (nome in codice KU301). Il diplomatico sembra si stia ancora ambientando a Washington (il nuovo team è arrivato meno di due settimane fa), ma ha fatto capire chiaramente che il Kuwait stava aprendo le porte per permettere agli USA di riorganizzare le sue forze come necessario. Contavano già una presenza notevole e molti di loro saranno lì per un periodo di 90 giorni a rotazione. Ha inoltre affermato che l’Accordo sullo Status delle Forze Armate che gli USA firmano con Baghdad all’ultimo momento verrà preso talmente alla lettera che persino l’ingresso di una addestratore nel Paese può essere interpretato come indice di ciò che gli USA hanno intenzione di fare in termini di mantenere le forze in Iraq. In complesso, non mi ha dato l’impressione che il Kuwait stia dando di matto perché gli americani se ne vanno.

Tutto viene riorganizzato. I kuwaitiani gestivano molto meglio le loro relazioni con l’Iran, ma da quando è venuta a galla quella storia di spionaggio un anno fa, sono peggiorati. Non crede che l’Iran abbia significative competenze clandestine nei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, sebbene ci stia provando. L’attività dell’Iran è concentrata soprattutto sulla propaganda. Il diplomatico ha poi detto che mentre l’Arabia Saudita e il Bahrein possono affrontarlo quando necessario e oscurare i media, il Kuwait è molto pià aperto e quindi fornisce all’Iran maggiori opportunità di plasmare le percezioni (lavorava in un’unità d’informazione in Kuwait). Dice che un notevole numero di kuwaitiani seguono molti media iraniani, specialmente al-Alam. 

Riguardo alla scena politica, il governo kuwaitiano sta passando un duro periodo affrontando un’opposizione più coraggiosa, benché ancora estremamente divisa, specialmente tra gli islamisti. Ora i parlamentari devono tornare alle loro tribù per raccogliere sostegno per le elezioni di febbraio. Capita di frequente che un membro del parlamento di Kuwait City scopra di aver perso l’appoggio della tribù una volta tornano a casa e viene distribuito molto denaro. Il governo spera che con una lista pulita possa calmare l’opposizione. Secondo il diplomatico, un buon modo per gestire l’opposizione è quello di rinviare i casi ai tribunali, dove possono restare per sempre. È un buon modo per il governo di guadagnare tempo. Non crede che la Lega Araba prenderà significativi provvedimenti contro la Siria – a nessuno interessa l’intervento militare. Lo dicono solo per minaccia.


Fonte: www.zerohedge.com
Link: http://www.zerohedge.com/news/2013-08-25/military-intervention-syria-us-training-rebels-2011-and-complete-grand-plan-march-20

mercoledì 14 agosto 2013

Accordo USA-UE: integrale liberalizzazione dei rispettivi mercati (TTIP). La catastrofe dietro l’angolo.

di Mimmo Porcaro

La TTIP, ovvero come si prepara la guerra globale

La Transatlantic Trade and Investment Partnership (meglio nota col brutto acronimo di TTIP), ossia l’accordo Usa-Ue per l’integrale liberalizzazione dei loro rispettivi mercati, è un importante punto di svolta (o, se si vuole, di accelerazione) nella storia sociale dell’Europa e quindi dell’Italia. E ciò per due ordini di motivi.
Prima di tutto perché l’accordo mira all’eliminazione delle barriere commerciali non tariffarie, ossia di tutte quelle norme di tutela ambientale, sanitaria e sociale che limitando il libero traffico dei prodotti nocivi, delle informazioni riservate e dei servizi equivalgono, secondo l’Economist, a dazi multipli rispetto a quelli attuali e, secondo noi, alla tenuta di un minimo di civiltà nella gestione dell’economia europea. Una volta conclusi i negoziati, la TTIP renderà più “accettabili” gli OGM e le emissioni inquinanti, sfalderà la tutela delle filiere agroalimentari (con grave danno per le produzioni italiane), ingloberà le nostre vite nei computer della CIA, limiterà seriamente il raggio d’azione delle imprese pubbliche, e quindi di ogni politica industriale. E molto probabilmente condurrà alla privatizzazione integrale dei servizi pubblici. In ogni caso la TTIP accentuerà, come tutti i processi di libero scambio, la concentrazione della potenza produttiva e tecnologica nei poli dominanti, la divaricazione fra nazioni dentro l’Unione Europea, e l’uso di questa divaricazione per approfondire le differenze di classe: ossia quello che è da tempo il “core business” dell’ Unione stessa. Tutto ciò renderà scarsamente rilevanti per le classi e per i Paesi deboli gli incrementi del PIL che (anche se non nella misura strombazzata dai gazzettieri pro-market) deriveranno dall’attuazione della TTIP: perché questi incrementi avverranno nel contesto di un peggioramento dei rapporti sociali e geopolitici e delle condizioni della stessa politica “spicciola”. Infatti chi proverà a contrastare questo andazzo verrà rimandato non solo da Roma a Bruxelles, ma anche da Bruxelles a Washington: con tanti saluti all’ Europa “sociale”.
Ma c’è di più: dopo il trattato di partnership transpacifica, che tenta di costruire una zona di libero mercato tra quasi tutti i Paesi dell’area, Cina esclusa, la TTIP è la seconda mossa della strategia di accerchiamento (oggi economico, domani militare) della Cina e dei Brics da parte degli Usa. Essa infatti sancisce la fine della globalizzazione perché registra il fallimento dei trattati multilaterali e punta sui trattati bilaterali, ossia sulla costruzione di poli economici ad egemonia occidentale che mentre liberalizzano gli scambi al proprio interno, ostacolano i flussi provenienti dall’esterno, ossia dai Brics. E perché, unita al rimpatrio di molti capitali ed alle continue svalutazioni competitive, riporta al centro della scena il conflitto tra poli economico-politici, mandando definitivamente in archivio, tra l’altro, la possibilità della “globalizzazione dal basso”. Quando scriveva che “non si fa una guerra senza acronimi” il grande romanziere Don De Lillo non pensava certo alla futura TTIP, ma noi siamo tenuti a capire che quest’ultimo acronimo è il primo passo di una guerra economica che tenderà a trasformarsi in un conflitto militare.
Come reagire a questa prospettiva? A mio parere bisogna schierarsi decisamente contro la costruzione di un polo anti-Brics, puntare ad un Europa che sia almeno “terza forza” tra Usa e Brics, e non agente dei primi, unire le esigenze di sopravvivenza dei Paesi e delle classi deboli d’Europa alle esigenze generali della pace e della gestione razionale dei conflitti. Ma per farlo bisogna capire che un’Europa di pace nasce solo sulle ceneri dell’attuale Unione Europea, che quest’ultima è un vettore decisivo della TTIP e che non si può combattere contro questa accentuazione del neoliberismo se non si disarticola (come da tempo ci chiede Samir Amin) il sistema di potere di Bruxelles e Francoforte, iniziando col rivendicare la sovranità nazionale e costruendo, su questa base, una nuova Europa confederale. Questo è il punto decisivo del momento, e rispetto ad esso la stessa sacrosanta battaglia contro l’Euro appare come una questione tattica, di notevole importanza ma non certo risolutiva.
Come affrontare tutto ciò è questione aperta, che può essere affrontata solo da una libera ed ampia discussione collettiva. Ma il presupposto di tale discussione è il riconoscere che la rottura dell’Unione Europea è il nostro problema storico: se non lo si affronta rischia di essere inutile tutta la discussione intorno al nuovo soggetto politico di sinistra e comunista: nella misera periferia italiana della zona transatlantica di libero scambio (ma forse nell’intera Europa) la politica diventerebbe inutile, e la costruzione di un partito equivarrebbe più o meno alla creazione di un meritorio ma innocuo movimento d’opinione.

P.S. Dimenticavo: i negoziati della TTIP dovrebbero concludersi nel novembre 2014. Per bene che ci vada, il tutto inizierà a marciare a metà del 2015, ossia dopodomani. Che si fa?
Fonte: Controlacrisi

lunedì 12 agosto 2013

La Sovranità Monetaria come chiave di lettura Geopolitica.


DI MARCO SABA
facebook.com

"We have now done what the Romans did when they started to commit suicide: we have shifted from an army of citizen soldiers to an army of mercenaries, and those mercenaries are being recruited in our society, as they were in Roman society, from the twenty per cent of the population which does not have the internalized controls of the civilization. "
Carroll Quigley, WEAPONS SYSTEMS AND POLITICAL STABILITY, UPA 1983, pag. 1049 [1]

Ferdinando Imposimato, Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, durante la recente presentazione a Napoli del suo nuovo libro "La Repubblica delle stragi impunite", ha affermato: “Il Gruppo Bilderberg è uno dei responsabili della strategia della tensione, e quindi anche delle stragi”.[2]

Imposimato riferisce di aver trovato per la prima volta menzione della parola Bilderberg nelle carte delle indagini del giudice Emilio Alessandrini che "venne assassinato durante gli anni di piombo da un "commando" del gruppo terroristico Prima Linea." [3] Tra gli Italiani componenti del Gruppo Bildenberg e della Trilateral Commission compaiano: Mario Monti, ex presidente del Consiglio, John Elkann, Presidente del gruppo Fiat, Pier Francesco Guarguaglini, ex presidente di Finmeccanica, Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli, ed Enrico Letta, vicesegretario del Partito democratico e attuale presidente del Consiglio. E' da notare che gli ultimi due presidenti del consiglio in Italia sono il frutto di una raffinatissima strategia del "golpe morbido" che comporta anche un dispiegamento allineato dei maggiori media italiani sulla linea "Euro fino alla morte!", che comporta la dissuasione violenta del pubblico italiano con argomenti che poco o niente avrebbero a che fare con l'economia reale di un paese cosciente del suo diritto nativo alla sovranità economico-monetaria.


In un intervento durante una conferenza alla facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Milano [4] ho individuato in un fatto ben preciso il possibile risultato ottenuto con le bombe nelle banche e la strage di Piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969: l'interruzione dello sconto alla pari dei Buoni del tesoro (BOT) da parte della Banca d'Italia (un ente privato che, all'epoca, era di proprietà di banche statali).
In sostanza sostengo che i 22 anni cosiddetti "di piombo" in Italia, iniziati con piazza Fontana, dovevano culminare con la firma del Trattato di Maastricht del 1991 che comportò l'adozione della circolazione dell'Euro come moneta legale dal 1 gennaio 2002. Il punto su cui ritengo importante soffermarsi è la valutazione dei rapporti di potere esistenti tra l'amministrazione pubblica ed il sistema monopolistico delle banche (private). Nella mia definizione di banche private rientrano anche quelle banche centrali che, ancorché apparentemente sotto controllo pubblico, come in Francia ed Inghilterra, che, mantenendo il falso in bilancio dell'emissione monetaria al passivo, nascondono i veri proprietari occulti.
Il rapporto di forza banche-stato in Italia è quindi scandito da un periodo in cui lo stato può finanziarsi ottenendo fondi illimitati scontando alla pari i buoni del tesoro, fino al 1969, ed un momento in cui la sua sovranità monetaria viene ridotta al lumicino con la rinuncia anticostituzionale del Trattato di Maastricht (1991) che lascia solo la facoltà - limitata dalle indicazioni quantitative della BCE - dell'emissione di monete metalliche in euro. A questo proposito notiamo che al Vaticano è andata meglio: secondo i patti bilaterali con la UE, l'ammontare annuale delle monete da coniare viene almeno stabilito da un comitato misto Vaticano-UE [5].

Quindi, se nel 1969 il rapporto di potere monetario stato-banche era di 1 a 1, nel 1992 - poco dopo le stragi Falcone e Borsellino e la seguente adozione in Parlamento del Trattato di Maastricht - il rapporto diventa dell'ordine di 1 a mille. In pratica, lo stato conia monete mentre il sindacato bancario (banche centrali più banche commerciali) stampa banconote e inventa depositi di denaro contabile per un importo enormemente superiore. Se la mia tesi è vera - ecco quindi l'eterodirezione del terrorismo in Italia - è chiaro che gli strumenti e le armi convenzionali di difesa dello stato democratico fino ad oggi non hanno assolutamente funzionato. Né ci sono servite - guardacaso - le armi atomiche e le basi militari che gli Stati Uniti ci hanno imposto dalla fine della seconda guerra bancaria mondiale. Un detto dice: chi ha i soldi in mano, ha vinto ! E chi ha per primo i soldi in mano se non chi li crea e può spenderli senza controllo ? Senza alcuna contropartita, ma anzi, nel caso delle banche, sottraendone l'importo dagli utili di esercizio ? Nel caso dell'Italia, ormai abbiamo visto che l'ordinamento statuale è completamente subornato fino al livello della Presidenza della Repubblica che niente ha fatto e fa per resistere agli oligarchi del credito. Questo nuovo strumento d'indagine, ovvero il rapporto stato-banche visto secondo i poteri d'emissione monetaria e ritenzione della relativa rendita, ci da anche la possibilità di effettuare una indagine retrogada sugli accadimenti geopolitici internazionali degli ultimi decenni. la chiave d'indagine è calcolare il rapporto stato-banche sulla moneta PRIMA del conflitto e DOPO il conflitto. Si noterà facilmente che, nei casi in cui tale rapporto è peggiorato o peggiora costantemente in favore dei banchieri, le rivoluzioni o guerre umanitarie avevano ben altri scopi da quelli esaltati dal circo mediatico. Infine, questa variabile può essere certamente utile per raggiungere quell'accordo unanime sul significato univoco di termini quali: terrorismo[6], criminalità finanziaria e riciclaggio di denaro, che ancora oggi manca nelle Nazioni Unite. Il rischio sarebbe infatti quello di combattere i nemici sbagliati, come affermò nel secolo scorso il generale Patton poco prima di morire [7]. Ne discende inoltre che, se le guerre e le sovversioni occidentali oggi sono indirizzate contro stati orientati verso la sovranità creditizio/monetaria, dovremo prima o poi confrontarsi con la Cina: o per combatterla, autolesionisticamente, o meglio per omologarci quanto prima.[8]




Note:

1) Il testo è online: http://www.carrollquigley.net

2) Imposimato: “Il Gruppo Bilderberg responsabile delle stragi”. 5 aprile 2013

3) http://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_Alessandrini 

4) Il video dell'intervento: http://www.youtube.com/watch?v=sUhj9rZTp58 

5) Convenzione monetaria tra l’Unione europea e lo Stato della Città del Vaticano del 17 dicembre 2009 
"Il massimale annuo (in termini di valore) per l’emissione delle monete in euro da parte dello Stato della Città del Vaticano è calcolato dal comitato misto istituito dalla presente convenzione..." 

6) In Wikipedia: Definitions of terrorism

7) General Patton Discovered the Truth

8) Rothschild targets China, July 29, 2011

La Cina può rinunciare ai prestiti dell'usura internazionale grazie alla sovranità sulla moneta che le ha permesso una crescita annuale media del PIL del 9%, dal 1980 ad oggi.

* Marco Saba, già membro dell'osservatorio sulla criminalità Organizzata a Ginevra, è il responsabile della ricerca al Centro Studi Monetari in Italia. 

Indirizzo email per contattare l'autore: info(AT)studimonetari.org 9.08.2013

sabato 10 agosto 2013

Crisi alimentare in Grecia: le famiglie rischiano la fame durante l'estate.


HELENA SMITH
theguardian.com

Le organizzazioni di carità in prima linea rivelano che il 90% delle famiglie nei quartieri più poveri deve affidarsi alla banca del cibo e alle mense dei poveri per la sopravvivenza. Ma la fine dell’austerità non è in vista, e ora anche i volontari stanno rallentando. 

"Fame" non è una parola che venga facile ad Antonis Antakis. E al 28 di Veikou Street, negli spazi ristretti e affollati del Club della Solidarietà, è una parola che non viene nemmeno pronunciata. Ma la paura di non avere abbastanza da mangiare è la forza che spinge quelli che arrivano qui - ed è quella che sostiene gli instancabili volontari che accatastano pacchi di riso, pasta e altre merci secche che i greci come Antakis si portano a casa. 

  "La verità è che, se non venissi qui, non avrei i mezzi per nutrire i miei figli," dice il padre di tre figli, recentemente rimasto vedovo, con gli occhi fissati sul pavimento. "Tre anni fa, quando io ero il capo e avevo due dipendenti, l'idea di andare da qualche parte a raccattare cibo sarebbe stata inconcepibile. Allora, guadagnavo €3.000 al mese e il frigo era sempre pieno". 

Il compito di assicurare che le famiglie come quella di Antakis abbiano da mangiare per tutta l'estate è diventato più gravoso in questo fine settimana, in cui i greci si preparano alla tradizionale pausa estiva, condizionando la fornitura di servizi di base come la distribuzione di cibo ai poveri. 

Normalmente, la prospettiva che la Chiesa ortodossa – o qualsiasi altra organizzazione caritatevole – in agosto rallenti l'attività, sarebbe passata inosservata. Ma in questa Grecia tramortita dai debiti è impossibile da ignorare. In un contesto di disoccupazione record e con il paese intrappolato nella sua peggiore crisi dai tempi moderni, il disagio emerge in modi che pochi avrebbero mai potuto prevedere. Fame e malnutrizione sono parte del quadro.  

Per Antakis e per il numero crescente di persone che dipendono dalle mense dei poveri, che ora saranno privati di ogni supporto esterno, agosto è diventato il mese più crudele.  

"Mi preoccupo seriamente che un giorno non sarò più in grado di nutrire i miei figli", ha spiegato l'ex piastrellista trentanovenne, ora diventato taxista. Prima ero il capo, ora sono fortunato se guadagno 500 € al mese. Non puoi vivere solo di questo, pagare le bollette, tutti i debiti e tutte le tasse che ti accollano e riuscire a sopravvivere."  

Con il suo personale motivato e il suo spirito positivo, il Club della Solidarietà è simile a molti altri gruppi creati dai cittadini preoccupati e afflitti dagli effetti corrosivi dell'austerità. È gestito, anche se non finanziato, dalla sezione locale del partito di opposizione della sinistra radicale, Syriza. 

Un segno rivelatore del tessuto sociale greco, è che Veikou street non si trova nella  periferia decrepita di una capitale intrappolata nel sesto anno consecutivo di recessione, ma nel centro, a pochi isolati di distanza dal viale più elegante di Atene, in vista dell'antica Acropoli. 

  "Non avevo idea – e sono rimasto scioccato nel saperlo - che la gente di questo quartiere, in queste strade, in tutti gli edifici a cui passo davanti ogni giorno, stesse soffrendo in questa maniera," dice Panaghiota Mourtidou, 54 anni, co-fondatore dell'organizzazione, mentre imballa alacremente scatole di cibo. "Dopo tutto, stiamo parlando della classe media, persone che per lungo tempo si sono vergognate troppo per poter ammettere di avere di questi problemi." 

I bambini malnutriti, alla fine, hanno svelato il segreto attraverso i rapporti sugli svenimenti di alunni nelle scuole di tutto il paese. "Gli insegnanti hanno segnalato casi di bambini che venivano a scuola da mesi con nient’altro che riso o biscotti stantii", ha ricordato Mourtidou. "E’ lì che abbiamo deciso di lavorare con le associazioni dei genitori per identificare le famiglie in difficoltà. Attraverso le raccolte di cibo fuori dal supermercato ora nutriamo circa 130 persone per due volte al mese." 

Mentre il paese vacilla elemosinando un aiuto dopo l’altro, un clima di silenziosa disperazione cresce in Grecia. La politica della povertà – causata dai tagli implacabili, aumenti di tasse e licenziamenti richiesti in cambio dei fondi di salvataggio di UE e FMI -  lascia disastri nella sua scia.  

La Chiesa greco-ortodossa da sola alimenta circa 55.000 persone al giorno; le autorità comunali distribuiscono altri 7.000 pasti presso le mense dei poveri intorno ad Atene. «Normalmente non chiudiamo, ma le volontarie che cucinano nelle cucine delle chiese in tutta Atene hanno bisogno di riposo» ha detto padre Timotheos, portavoce del Santo Sinodo, massima autorità della Chiesa. 

"A tutti i livelli, le persone stanno attraversando un periodo molto difficile. La richiesta di cibo è cresciuta enormemente" ha dichiarato al Guardian, ammettendo che se i bisognosi non potessero recarsi alla mensa centrale della Chiesa dovrebbero affrontare immense difficoltà. 

Attraversando la città fino a Neos Kosmos, un quartiere della classe operaia i cui abitanti sono visti spesso rovistare in cerca di cibo al mercato settimanale di frutta e verdura, Christos Provezis descrive i fatti senza mezzi termini. L'ingegnere civile disoccupato, che ha avviato un proprio gruppo di solidarietà nella zona lo scorso anno, dice: "In passato una persona su 10 andava alla mensa dei poveri, oggi siamo quasi a nove persone su 10." 

"Dicevano che la crisi sarebbe finita nel 2012 e ora, nel 2013, dicono che vedremo la luce in fondo al tunnel nel 2014. La verità è che la situazione continua a peggiorare. I greci hanno speso i loro risparmi, non hanno più nulla da parte".  

In un rapporto agghiacciante di quest'anno, l'Unicef stima che in Grecia quasi 600.000 bambini vivono al di sotto della soglia di povertà e che più della metà di loro non può soddisfare le necessità nutrizionali quotidiane di base. "Nelle famiglie più povere stiamo assistendo all'incapacità di garantire le necessità di salute, sociali ed educative dei bambini," ha detto Lambros Kanellopoulos, che dirige il ramo greco dell'Unicef. "L'esclusione sociale è in crescita. Lo si nota nella classe media, dove i redditi sono stati duramente colpiti da tutti i tagli." 

Nell'ambiente politico greco, sempre più teso, la politica del cibo è delicata. Negli ultimi mesi il partito di estrema destra Alba Dorata ha iniziato a tenere distribuzioni alimentari " per soli greci" al fine di guadagnare consensi. 

I politicanti hanno nascosto quello che molti temono possa trasformarsi in una crisi umanitaria nei prossimi mesi. Come la malnutrizione – ad oggi il più pernicioso sottoprodotto dell’austerità  –  anche il fenomeno dei senzatetto è in aumento. "La situazione peggiorerà ancora prima di poter vedere qualche miglioramento" ha detto Xenia Papastavrou, che gestisce la principale organizzazione di soccorso alimentare del paese, Boroume.  

"I servizi sociali dei comuni non possono nemmeno tenere il passo a registrare il numero delle persone in stato di bisogno," ha detto Papastavrou, il cui programma distribuisce le eccedenze alimentari donate da catene di negozi, ristoranti, pasticcerie e alberghi a 700 mense dei poveri in tutta la Grecia. "In quartieri borghesi tradizionali come Zographou il numero di coloro che richiedono aiuto dal 2011 è salito  da 50 a 500 persone. Ovunque andiamo  è la stessa storia, ed è il motivo per cui abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile." 



Versione originale:


Versione italiana:


giovedì 8 agosto 2013

Omero Speri e Piero Zorzi: la fusione fredda italiana è del 1974.

di Luciano Saporito.
Omero Speri si laurea in chimica nel 1952 con una tesi di elettrochimica. Nei Suoi studi fu accompagnato da un amico, l’architetto Piero Zorzi, e dall’ingegnere bergamasco Marco Todeschini.
Omero Speri durante il periodo universitario nutriva interesse per le novità. In una rivista del C.N.R. del 1937, che acquistò in una bancarella di libri usati, era stato pubblicato uno studio di Enrico Fermi dal titolo: “Produttore elettromagnetico artificiale di neutroni”. Questo era un testo che Omero Speri citava spesso, sia per un’ aspetto teorico, sia perché raccogliendo le proprie conoscenze da un lato, e grazie all’esperimento di Enrico Fermi descritto nell’ articolo, Omero Speri concepì anche la teoria secondo la quale il sole al suo interno doveva essere freddo. Le premesse fisiche della “fusione fredda”, che sarebbe poi diventata il suo studio più importante, erano già, sotto gli occhi dei ricercatori. Era opinione di Omero Speri che i fisici allora non le videro perché‚ erano troppo protesi, per ragioni belliche, verso lo studio e l’obiettivo della fissione. La strada che Enrico Fermi stesso aveva tracciato rimaneva così fuori dall’orizzonte degli interessi scientifici, come tanti altri filoni fecondi abbandonati e spesso irrisi.
Omero Speri aveva concepito l’idea, concordemente con il fisico Piero Zorzi che le fusioni nucleari potessero avvenire anche in presenza di forti scariche elettriche, anche a temperatura ambiente. Che si trattasse di fusione era inequivocabile: con sofisticati metodi per misurare il gas elio prodotto nel loro apparato (motore) si sono resi conto che vi era un incremento elevatissimo della produzione di elio.
Il motore di Speri si basava su delle potenti scariche elettriche a cui si associava un potente campo magnetico. Nessuno fino ad allora aveva mai pensato che a livello di piccole scintille elettriche vi fossero fusioni nucleari. L’idea era nata anche dalla considerazione che il deuterio, (è un isotopo stabile dell’idrogeno il cui nucleo è composto da un protone e un neutrone), decade anche autonomamente a temperatura ambiente e nella percentuale di sei atomi per litro/sec. Irraggiandolo con potenti cariche di elettroni e creando nel contempo un campo magnetico attorno alla zona di scoppio, si è postulato teoricamente che oltre agli elettroni fossero emessi dagli elettrodi anche dei neutroni, aumentandone in tal modo enormemente la resa. Infatti il motore aveva una resa molto superiore della benzina, intorno al 90%.

Nel 1974 in un paese sul Lago di Garda, due ricercatori, il prof. Omero Speri e Piero Zorzi, in un laboratorio rimasto intatto dalla loro morte, mettono a punto un motore a “fusione fredda” e depositano il brevetto relativo ad un dispositivo produttore di energia termonucleare controllata dell’Idrogeno e suoi isotopi. (Cito anche il “motore ad acqua“ di M.J .Chambrean, di quegli anni, che si basava anche quello su potenti scariche elettriche per il suo funzionamento, e partendo da una miscela di alcool metilico al 90% e 10% di acqua, diminuiva gradatamente la quantità di alcool metilico fino ad arrivare al 90% di acqua e 10% di alcool metilico aggiungendo una piccola quantità di ossigeno, mantenendo la stessa resa!).
Nel brevetto di Omero Speri del 1974, IT 1024274 (B), intitolato: “PRODUTTORE DI ENERGIA TERMONUCLEARE CONTROLLATA DELL’ IDROGENO E DEI SUOI ISOTOPI” Da estratti del brevetto possiamo leggere:
“Dispositivo meccanico; elettrico ed elettromagnetico, con I’introduzione di energia elettrica e, o elettromagnetica continua o variabile con elettrodi a distanza variabile in un volume adeguato di idrogeno, suoi isotopi e composti a variabili temperature e pressioni, ne provoca la produzione di energia derivata dalla fusione nucleare controllata degli stessi. Nessuno fino ad oggi ha mai pensato che a livello di piccole scintille elettriche vi fossero fusioni nucleari, in quanto tutti pensavano che dette reazioni dovessero avvenire solo in determinate condizioni molto difficili da ottenersi. Noi, considerando la possibilità di ottenere seppure statisticamente in quantità infinitesime condizioni determinate e caratteristiche per le fusioni nucleari degli isotopi dell’idrogeno nelle scintille elettriche, abbiamo introdotto quantità variabili di energia elettrica e, o elettromagnetica nel dispositivo in brevetto in un volume di idrogeno suoi isotopi e composti, ottenendo un incremento utile di energia che derivava con prove chimico-fisiche e stechiometriche da fusioni nucleari degli atomi di idrogeno suoi isotopi. Variando, a nostro controllo, tensioni, amperaggi, campi magnetici e d elettromagnetici continui e con frequenze variabili in miscela di idrogeno suoi isotopi e composti, da soli o con ossigeno e anche con composti di Litio, Berilio e Boro, abbiamo ottenuto ulteriori incrementi caratteristici di fusioni nucleari degli isotopi dell’idrogeno e in parti estremamente piccole, anche reazioni atomiche di questi ultimi. Il settore sul quale viene applicata I’invenzione è nella trasformazione di energia nei motori a combustione ed in tutte le combustioni in genere, che hanno come scopo la produzione di energia”.
RIVENDICAZIONI
“Rivendichiamo l’introduzione variabile di energia elettrica e magnetica che con una o multiple scariche elettriche o elettromagnetiche inducono scintille elettriche corrispondenti simultanee o a cascata frazionate nel tempo in idrogeno, deuterio, trizio e suoi composti a temperature e pressioni variabili; in benzine ed idrocarburi in genere da soli o in miscela con ossigeno od aria nei motori a combustione o nelle combustioni in genere allo scopo specifico di ottenere una parziale e singolare somma di selettive fusioni nucleari infinitesime dell’idrogeno e suoi isotopi, ottenute ad intervalli controllati o continui in frazioni di tempo piccole o grandi per l’utilizzo di calore ed energia. Rivendichiamo anche l’introduzione di composti di Litio, Berilio e Boro che con la loro presenza incomposti dell’idrogeno catalizzano la reazione termonucleare con conseguente maggiore produzione di energia. Rivendichiamo anche l’attivazione di composti di idrogeno e suoi isotopi con masse radioattive e con l’introduzione di composti radioattivi per ottenere un maggiore incremento di energia nelle applicazioni della nostra invenzione in quanto aumenta la probabilità di fusioni nucleari dell’idrogeno e suoi isotopi”.

Dr. Omero Speri Verona. 30 Settembre 1974
Da sinistra a destra, Roberto Monti, Piero Zorzi, Stefan Marinov, Umberto Bartocci, Omero Speri. Una riunione del 1989 a Garda, nell'abitazione dell'Arch. Zorzi.
Omero Speri fu invitato dallo stato di Israele a spiegare la sua invenzione, e diversi furono i viaggi di Omero Speri a Tel Aviv in quegli anni … Considerato però l’interesse di alcuni gruppi economici aventi finalità tali da non sembrar garantire un uso corretto del dispositivo, Omero Speri, con l’amico Piero Zorzi, decisero di lasciar cadere la cosa; infatti nel campo della ricerca il fascino della scoperta era frenato dall’angoscia del pericolo di un suo possibile uso scellerato.
Quanto sopra riportato ovviamente ha un valore enorme anche per il dibattito attuale sulla verità della “fusione fredda”.
Anche da quanto sostenuto e verificato coni il loro motore da Omero Speri e Piero Zorzi, le LENR (Low Energy Nuclear Reaction), le reazioni nucleari a bassa energia (LENR), in determinate condizioni, possono avvenire a temperatura ambiente!
C’è da chiedersi come mai una ricerca così importante che era arrivata anche alla realizzazione di un motore prototipo che funzionava sfruttando la nuova fisica delle LENR non sia stata ripresa e sviluppata da nessun Istituto di ricerca universitario, statale o privato, sia in Italia che nel resto del mondo?
Quindi già nel 1974 questa meravigliosa tecnologia energetica, che prometteva energia pulita, inesauribile ed economica, era stata scoperta! Ma allora a cosa si deve il suo mancato sfruttamento e il suo occultamento? Alla luce dei principi della Filosofia “open source”, probabilmente anche in questo caso è mancata la divulgazione completa, diffusa e condivisa, dei suoi principi fisici di funzionamento. Sicuramente è mancato anche il terreno culturale adeguato per la sua diffusione. Inoltre certamente qualcuno ne ha avuto paura e l’ha ostacolata, (all’ epoca come avviene oggi!?), poiché andava a cozzare con importanti interessi precostituiti, ovvero quelli delle lobbies degli idrocarburi e del nucleare sporco, ecc! Non che contro i paradigmi accademici che sostengono i baroni della vecchia fisica.
Naturalmente anche i governi sono interessati a che si utilizzino ancora degli idrocarburi per la trazione e il riscaldamento: benzina, gasolio e gas naturale, dai quali ricavano laute accise … Più difficile sarebbe tassare l’ acqua (H20) che contiene Idrogeno (e Deuterio), necessario per queste nuove reazioni LENR…

Che fare ora? Abbiamo qualche speranza che il lavoro di Omero Speri e Piero Zorzi (e di quelli che sono seguiti), possa essere recuperato e valorizzato e aiutato? Si! Ma solo nell’ ambito della Filosofia “open source”! Io penso. Che significa rivelare totalmente i principi fisici e le modalità di funzionamento di questa meravigliosa tecnologia energetica LENR, (di tutti i reattori sperimentali attualmente esistenti e del motore Speri), in uno spirito di totale condivisione, in cui i benefici siano poi legati al fatto di “fare”, ovvero di realizzare produrre e distribuire le applicazioni basate su questa tecnologia.
Le tecnologie energetiche LENR, che promettono energia pulita, economica e inesauribile, contrasterebbero la povertà dei Popoli, rilanciando l’ economia, e salvaguarderebbero anche il pianeta Terra dal riscaldamento globale, (lo scioglimento dei ghiacci ne è una prova certa!), dovuto principalmente ai gas serra prodotti anche dall’utilizzo dei combustibili di origine fossile; gasolio, benzina e gas naturale, e riversati nell’atmosfera.
Concluderei con un appello rivolto a Michelangelo Speri, figlio di Omero Speri, e a Leonardo Zorzi, figlio di Piero Zorzi, ad abbracciare il toto la Filosofia “open source e a condividere quanto eventualmente ancora in loro possesso relativamente agli studi, ai documenti, e alle realizzazioni di loro padri, dando la possibilità a ricercatori indipendenti di lavorarci su, nell’interesse della Scienza e dell’Umanità tutta!

Agosto 2013
Fonti:

Licenza: Creative Commons - Questo articolo può essere riprodotto e pubblicato liberamente, ma solo se integralmente

mercoledì 7 agosto 2013

The Dark Side of the Boom.



Un interessante articolo sul boom dei mini-job in Germania arriva dal dal Wall Street Journal. Flissibilità necessaria oppure lavoro nero legalizzato? Il dibattito prosegue. Da Wall Street Journal

Il mercato del lavoro tedesco è invidiato dai paesi europei in difficoltà. Molti tedeschi pero', nonostante il Jobwunder, si sentono esclusi dal successo economico del loro paese.

Il tasso di disoccupazione tedesco anche a maggio è rimasto invariato al 6.9 %, per il settimo mese consecutivo. Ma quasi un lavoratore tedesco su cinque, circa 7.4 milioni, è impiegato con un cosiddetto "minijob", una forma di occupazione marginale che permette di guadagnare fino a 450 €  mensili esenti da tasse.

Nei diversi settori industriali, dalla distribuzione alla sanità, i minijob sono stati una manna che ha permesso agli imprenditori di tenere basso il costo del lavoro. I minijob di solito hanno una paga oraria molto bassa, e non hanno gli stessi benefit previsti dai normali contratti di lavoro.

Mentre l'Europa guarda alla potenza economica continentale per cercare di capire come rilanciare il moribondo mercato del lavoro, in Germania la diffusione di questi lavori a basso salario ha scatenato un acceso dibattito: i lavoratori tedeschi stanno beneficiando dei frutti della crescita economica?

I fautori sostengono che i minijob offrono ai genitori, ai pensionati e agli studenti una possibilità legale di guadagnare soldi esentasse, e danno alle imprese la flessibilità per regolare la forza lavoro in base alle necessità del momento. "I Minijob sono ideali per chi vuole lavorare solo per un numero ridotto di ore alla settimana o al mese", dice Oliver Stettes, esperto di mercato del lavoro del Cologne Institute for Economic Research. Sono molto attraenti anche per i ristoratori e i commercianti che devono far fronte ai periodi di picco, ci dice: "All'ora di pranzo, quando i locali sono pieni, c'è bisogno di piu' forza lavoro. Ed è quando i minijobber arrivano e danno una mano, anche per poche ore".

I critici sostengono invece che il ricorso ai minijob non faccia altro che ampliare il divario fra ricchi e poveri, una tendenza che minaccia il contratto sociale alla base dell'economia sociale di mercato.

Mentre i redditi piu' alti dei lavoratori a tempo pieno che contribuiscono al sistema di sicurezza sociale sono cresciuti del 25% tra il 1999 e il 2010, i salari nel quintile piu' basso sono cresciuti di circa il 7.5%, secondo i dati della Arbeitsagentur. Considerando nello stesso periodo un'inflazione pari al 18%, i redditi piu' bassi hanno perso decisamente terreno.

L'economia tedesca nello stesso periodo è cresciuta del 13.5%, lasciando a molti tedeschi la sensazione di non aver beneficiato della crescita.

I partiti di opposizione hanno rilanciato il tema in vista delle elezioni di settembre. I social-democratici vorrebbero migliorare le garanzie e aumentare il potere di contrattazione collettiva dei minijobber. I Verdi vorrebbero introdurre un limite massimo di 100 € al mese esentasse, al fine di creare piu' posti di lavoro regolari. I politici di governo criticano la proposta dei Verdi bollandola come populista. Questo piano eliminerebbe per molte persone "la porta di ingresso verso il mercato del lavoro", cosi' Pascal Kober, membro dei liberali (FDP), in una recente dichiarazione alla stampa tedesca. 

"I minijob non hanno centrato l'obiettivo", dice Werner Eichhorst, il vice direttore dell'istitutuo indipendente IZA. "Sono strutturati in modo da non fornire al datore di lavoro alcun incentivo per la trasformazione di questi contratti in un  regolare lavoro full-time, anche i dipendenti non hanno alcun incentivo a lavorare di piu'. E' un 'dead-end-job'".

I minijob erano stati pensati come un trampolino per qualcosa di meglio, ma molti esperti sostengono che troppi lavoratori restano a lungo bloccati in impieghi marginali con il solo obiettivo di rimpiazzare posti di lavoro regolari e full-time. La retribuzione oraria dei minijob di solito è fra i 5 e i 10 € lordi. Circa due terzi dei minijobber non hanno nessun'altra forma di impiego.

Il numero dei minijob è cresciuto molto rapidamente durante lo scorso decennio, a seguito delle riforme varate per rendere la Germania piu' competitiva. Ma il trend sembra essersi stabilizzato. Anche altre forme di lavoro atipico nello stesso periodo hanno vissuto un boom, come gli interinali e i contratti part-time.

I minijob sono molto comuni nella ex Germania occidentale, dove erano stati pensati per dare ai genitori che stanno a casa - principalmente madri - un accesso al mondo del lavoro. Uno studio recente pubblicato dal Ministero per la Famiglia mostra come in particolare siano le donne a rischiare di restare intrappolate nei minijob. Il documento definisce il minijob come "un programma per la creazione di marginalità e permanente dipendenza economica delle donne".

A Brema, nel nord-ovest della Germania,  Angela Chevrollier, intorno ai 50, lavora part-time  in una clinica per pazienti in coma. Ci dice che il lavoro non le garantisce abbastanza denaro per far quadrare il bilancio, visto che deve sostenere due figli all'università. Cosi' lavora con un mini-job, per tre notti al mese, in un centro psichiatrico. La sig.ra Chevrollier ha chiesto al suo datore di lavoro principale di passare dalle 30 ore settimanali ad un impiego full-time, ma le è stato negato: "C'è qualcosa di profondamente sbagliato in Germania, se non esiste la possibilità di guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro". Il suo minijob tuttavia le piace, sebbene lo faccia essenzialmente per ragioni finanziarie.

L'agenzia di lavoro che la impiega con un minijob, MED KONTOR Personalservice GmbH, sostiene di pagare i minijobber, in base alle loro qualificazioni, quanto tutti gli altri lavoratori. Il vantaggio dei minijobber starebbe nella flessibilità, non nei risparmi dovuti ad una paga piu' bassa.

Vicino Brema, nella piccola e sbiadita città industriale di Delmenhorst, dove il centro città è pieno di negozi ormai vuoti, circa il 35% degli impieghi sono minijob. E' la percentuale piu' alta di tutta la Germania, secondo i dati compilati nel 2011 dalla  Hans Böckler Stiftung.

Qui, Kemalettin Tunç, un immigrato turco di 40 anni, ci dice che ha recentemente perso il suo lavoro nella fabbrica Mercedes di Brema. Per il momento ha trovato un minijob come conducente di taxi, con una paga di 5 € l'ora. Ma è fiducioso che la sua esperienza lavorativa gli permetterà  di trovare rapidamente un altro lavoro. "Il mercato del lavoro è kaputt" dice, perché "si guadagna troppo poco".

La vita in Germania era decisamente piu' prospera due decenni fa, aggiunge. Quando è arrivato, un lavoratore come lui poteva guadagnare abbastanza da comprarsi una bella macchina, una Mercedes o una BMW. "Ora non è piu' cosi'".


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