lunedì 30 aprile 2012

Prima che scoppi la bomba.

Togliere all'improvviso il cibo a un cane non può che generare una reazione violenta. Soprattutto se il cane è legato alla catena. Alla prospettiva di morire di fame, triplicherà le ultime forze, quando e se avrà capito della situazione in cui versa, e cercherà di liberarsi. Una volta liberatosi dalla catena, andrà alla ricerca di cibo e la sua determinazione feroce non lo fermerà di certo di fronte alla prospettiva di procurarselo con la violenza.
E' esattamente quello che succede oggi nei meandri della crisi.
Ci sono imprenditori e lavoratori disoccupati, falliti, pignorati, sfrattati, esodati che si suicidano. Per loro il fatto di essersi resi conto troppo tardi del proprio destino ha decretato il proprio arrendersi. E sono tanti, troppi.
E fa schifo, letteralmente schifo, sentire Monti parlare dei suicidi in termini di tassi di suicidio tra paesi. Ma qualcuno gliel'ha mai spiegato che la vita non si calcola in tassi, sconti, prezzi e denaro? Vergogna! Vergogna!
La responsabilità di questi suicidi è TUTTA di questa classe politica e imprenditoriale canaglia e mafiosa. Dei “bocconiani” e dei tecnici, dei banchieri e dei finanzieri. Quindi, per cortesia, caro presidente del consiglio, quando parla di morti ammazzati, un po' di rispetto! Almeno nei confronti del dolore di quelle famiglie! Capo chino e chiedete scusa!
Ritornando alla metafora del cane, nelle pieghe di questa crisi ci saranno anche coloro i quali non si lasceranno morire, ma saranno disposti ad uccidere. In ogni forma. E il terrorismo non è l'unica. Perchè l'odio sociale che monta, alimentato ad hoc, azionerà prima di ogni cosa una guerra fra poveri senza precedenti. E le catene che si spezzeranno paradossalmente non aiuteranno la gente ad essere più libera, ma daranno vita ad un gioco al massacro dove a rimetterci sarà la popolazione più debole.
Lo sfaldamento sociale è dietro l'angolo.
La soluzione sarà lo Stato di Polizia. E nient'altro.
Un'altra forma più rozza e rudimentale di catena.
Bisogna capire che la sproporzionata (e spropositata) distribuzione della ricchezza è l'estremizzazione di quella che tanti bei dotti professoroni di sociologia, politica ed economia ci hanno detto per anni essersi esaurita, la lotta di classe. Ed è proprio per evitare che la lotta di classe esploda nelle sue manifestazioni più pericolose (dal punto di vista dell'establishment) che oggi si vedono compiere operazioni di divisione sociale strategiche. Si mette una contro l'altra le varie categorie sociali, si incita alla discriminazione e alla guerra tra pari. E chi beneficerà di questo stato di cose, sarà, come al solito chi detiene il potere.
I dati, già adesso, sono allarmanti. La crescita esponenziale dei furti d'appartamento violenti, gli omicidi, le guerre tra piccole organizzazioni criminali (o paracriminali), le violenze sulle categorie sociali più deboli (donne, bambini, immigrati), le violenze legate al degrado sociale sono tutti campanelli d'allarme e indicatori chiari di quello che sta succedendo.
La politica NON ha risposte. Non ha ricette. Non propone alternative. Incapace com'è di rinnovarsi, di sganciarsi dai meccanismi che essa stessa ha creato. La corruzione, la clientela, la malversazione, lo spreco. Ed è incapace soprattutto di capire che in gioco c'è molto di più che la poltrona parlamentare.
I movimenti spontanei di cittadini che nascono, i fenomeni sullo stile dei “pirati” svedesi o degli “indignados”, o il Movimento 5 stelle italiano, sono tutti fenomeni positivi e di risveglio, ma che ad oggi non bastano ad arginare la deriva del sistema e della società.
Siamo dinnanzi ai prodromi di un crollo spaventoso. Che mette a repentaglio la vita di milioni e milioni di persone.
Non si può pensare di fermare questo semplicemente proponendosi come alternativa in una tornata elettorale.
C'è bisogno di ben altro.
L'autorganizzazione dal basso se indirizzata semplicemente alla sfera poltica, non produce risultati capaci di creare una rete sociale di difesa efficiente. C'è bisogno della creazione di strumenti di difesa sociali nella sfera economica, produttiva, energetica, di sussistenza.
E ce n'è bisogno subito.
Prima che sia troppo tardi.
Prima che scoppi la bomba e non ci sarà nemmeno tempo per nascondersi.

(Francesco Salistrari)

Il silenzio di una lacrima.















E' terribile piangere in silenzio
quando nessuno ti vede
lontano da tutto
mentre i ricordi svaniscono
e cadono come foglie
spazzate dal vento
e a rimanere è solo il dolore.

Quel dolore folle, lancinante,
che trafigge il cuore
quasi come un sorriso beffardo
proprio quando tutto si ferma
il mondo si spegne
e comincia la notte.

E' terribile rimanere da soli
chiudere gli occhi
e non sentire nessuno
se non il suono ovattato
di voci lontane nel tempo
nascoste come petali tra cespugli di rovo.

E' terribile essere soli
piangere con il sorriso sulle labbra
e far finta di niente
giocare e fingere di essere felici
quando cade la pioggia
e non si vede più il sole.

Mi sconvolge rivedere il mio dolore
negli occhi di chi amo
e non capire, non sapere
come cancellare questo supplizio
che ci uccide lentamente
mentre basterebbe solo baciarsi.

(Francesco Salistrari)

venerdì 27 aprile 2012

Non solo 5, ma milioni di stelle.



Il fenomeno Movimento 5 stelle non è assolutamente un fulmine a ciel sereno.

E non è nemmeno frutto di demagogia e populismo (aspetti peraltro presenti).
I politici, i mass media e chiunque creda e dica che Grillo raccoglie consensi solo perchè grida, perchè imbonisce le folle, racconta frottole patinate da belle parole, non ha compreso assolutamente nulla di quello che oggi in Italia rappresenta il Movimento 5 stelle.
Grillo non ha fatto altro che inserirsi in un VUOTO totale lasciato dalla politica. Un vuoto che sta proprio in mezzo alle istituzioni e alla società.
Un vuoto fatto di mancanza di proposte, di visioni, di idee, di soluzioni. Un vuoto fatto di arroganza, autoreferenzialità, ricatto, clientela.
La politica partitica ha fallito. Con essa probabilmente l'intera forma democratica parlamentare che ha dimostrato nel corso del tempo di figurarsi come un essere imperfetto. E il meccanismo che sta alla sua base (la delega) un'arma a doppio taglio che i partiti (i professionisti della politica) hanno sfruttato nella maniera più efficace per il proprio tornaconto (di potere, personale, anche semplicemente economico).
E Grillo arriva in un momento di smarrimento. In un momento drammatico, dove le aziende chiudono e le famiglie scivolano verso la povertà, dove imprenditori e disoccupati in una paradossale e tragica unione che annichilisce perfino la lotta di classe, si suicidano a dozzine.
E arriva in un momento nel quale appare chiaro che i problemi che stiamo vivendo risiedono nel meccanismo stesso del mercato. Nella composizione del potere. Nell'assenza di partecipazione democratica.
Appare evidente il problema gigantesco rappresentato dal sistema monetario (e di conseguenza bancario) non solo europeo, ma di dimensioni mondiali. Appare evidente come sempre più quote della sovranità nazionale dei vari contesti sono usurpate dal potere finanziario e bancario. E i destini di intere popolazioni vengono affidati alla scoreggia di un maneggione di Wall Street, piuttosto che della borsa di Londra, o un broker cinese o ad illusioni economiche come il debito, il Pil, lo Spread.
Grillo e il suo Movimento, nella sua confusionaria articolazione, incarnano una protesta latente che monta da decenni su queste tematiche. Una protesta che non ha mai trovato sbocco nei canali tradizionali della politica, tappati completamente dalla complicità attiva e interessata della classe politica alle dinamiche nazionali e internazionali che questa situazione hanno determinato.
Il limite più grande del Movimento 5 stelle dunque non è nel populismo, nella scurrilità, nell'antipolitica (neologismo inventato da chi l'antipolitica l'ha incarnata realmente per decenni). Il limite più grande sta nella struttura, o meglio nell'assenza di una struttura stabile e democraticamente funzionante, che il movimento presenta.
La “liquidità”, l'inconsistenza dei legami delle strutture territoriali collegate una all'altra possono solo sembrare dei vantaggi (e dei tratti distintivi) del movimento in questa fase, ma sono dei limiti oggettivi con i quali il movimento stesso dovrà fare i conti ben presto.
La stessa figura di Grillo e il suo protagonismo potrebbero essere armi a doppio taglio per il movimento. Perchè la personalizzazione involontaria che la percezione sociale fa del movimento identificandolo esclusivamente con la sua persona è un altro problema legato essenzialmente alla struttura interna del movimento stesso.
Dal punto di vista programmatico il Movimento 5 stelle, sostanzialmente, non ha nulla da invidiare a nessuno. A dire il vero rappresenta l'unico veicolo politico attraverso il quale vengono posti all'attenzione del dibattito politico italiano temi fondamentali (energia, ambiente ecc). Ma anche in questo ambito i limiti del movimento sono dietro l'angolo. Perchè è indubbio come manchi da questo punto di vista la volontà (ma soprattutto la capacità) fattiva, pragmatica, organizzativa a capire la necessità di legare tutti i movimenti e le sensibilità presenti sul territorio che dei temi trattati dal Movimento 5 stelle fanno alcune delle proprie bandiere. Parlo della stessa blogsfera, delle associazioni, dei movimenti e dei forum cittadini.
Credo (e auspico) che il Movimento 5 Stelle, non si schiacci troppo su se stesso e sulla innegabile autoreferenzialità del proprio leader “spirituale” e che sia in grado di proporsi sulla scena italiana non solo e semplicemente come un'alternativa alla merda della politica partitica tradizionale, ma anche e soprattutto come il collante politico tra tutti i movimenti presenti in Italia e che in maniera variegata (ma non troppo distante uno dall'altro) mettono in discussione il sistema nel suo complesso.
In altre parole, c'è bisogno che il Movimento 5 Stelle si faccia non solo trascinatore di folle disilluse dalla politica, ma leader e traino di un movimento complessivo di rinascita sociale e politica in questo paese.
Per farlo ha bisogno di un salto di qualità complessivo, che intervenga sulla leadership dello stesso movimento e sui modi e gli strumenti di organizzazione interna che faccia leva su forme e strutture democratiche capaci di elaborare una linea politica (strategica) unitaria capace di interagire e interloquire con tutto il panorama politico (movimentista) presente in Italia.
Ci riuscirà?


(Francesco Salistrari)






martedì 24 aprile 2012

Dalla democrazia allo Stato di Polizia.


Può accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro – In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell’abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri.
Se un individuo abile ed ambizioso, riesce ad impadronirsi del potere, in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell’ordine, è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all’altro può presentarsi l’uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei suoi affari privati, i più piccoli partiti possono impadronirsi dei loro diritti. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo, delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all’universale immobilità disponendo a capriccio, di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo – e ogni riferimento è puramente casuale” – Alexis de Tocqueville, da ” La democrazia in America “, 1840
Siamo talmente assuefatti all’illegalità, al sopruso, al ricatto, al raggiro e all’intimidazione che, da tempo, sono divenuti i tratti caratteriali della “moderna cultura liberista”, assimilati come nuove regole relazionali. La paura di ritorsioni, che va dal licenziamento del semplice operaio, fino alla minaccia di morte di un conduttore televisivo, di un giornalista, scrittore, di un pentito di mafia o di un giudice e suoi famigliari, hanno avvolto il nostro paese dentro un velo di totale omertà, degna del peggiore regime. Si sta prospettando la seria e non remota eventualità che presto, le democrazie occidentali trasfigurino in totalitarismi, essendosi venute a creare le condizioni ideali, capaci di innescare una tale degenerazione.
Pensare e tentare di rovesciare un tale sistema di cose, attraverso un’azione democratica fatta di leggi e di regole, al fine di ripristinare principi, valori e il comune buon senso, non solo è impraticabile, ma direi, semplicemente fantasiosa. Solo una sana e solerte rivoluzione popolare, è in grado di porre fine a una tale ingiustizia e ristabilire l’ordine delle cose! Ma nulla di tutto ciò potrà mai accadere, senza il sacrificio di vite umane.
Il livello di omologazione e di dipendenza al Sistema Potere sono a tal punto cronici, da vanificare ogni impulso rivoluzionario – impensabile in una società composta da individui monchi, più propensi all’inettitudine, riversi su se stessi, e tesi alla sola soddisfazione del loro bisogni particolari e alla soluzione di questioni meramente personali. Siamo popoli avulsi dal più remoto spirito di solidarietà, di fratellanza, di senso della comunità, e di condivisione di quei valori che sono alla base di quel processo di unità, il solo in grado di contrastare le perversioni del Potere.
La paura dell’uomo moderno (in quanto, elemento improprio di un habitat in cui non si riconosce, unita alla paura sociale relativa alla perdita del lavoro, della dignità e dell’impossibilità di provvedere con continuità a tutto ciò che il suo status gli impone), lo costringe alla rinuncia di ogni individualità e capacità critica, dentro un appiattimento di comportamenti e pensieri, condivisi per assuefazione, deresponsabilizzazione e come male minore. La paura poi di essere additato come “diverso” lo fa precipitare in uno stato di angoscia persistente, che solo un rientro nell’omologazione, può attenuare. Questo è lo spaccato delle nostre moderne società liberiste che per tale motivo, non sono in grado di dare forma alle loro aspirazioni, ne tanto meno di rinunciare alle seduzioni del Sistema.
Il relativismo culturale che le nuove generazioni erediteranno, è la più grande sciagura nella storia dell’umanità. Crederanno davvero che la contaminazione delle nostre acque, dell’aria e del territorio, sia il risultato del progresso? Che le bombe intelligenti, fatte esplodere sulla testa di persone innocenti, sia la giusta, sola e unica condizione per preservare e consolidare la libertà di tutti? Che il traffico di organi, l’uso di droghe sintetiche, gli abusi sistematici sui minori, la prostituzione dilagante, siano semplicemente i normali e logici effetti collaterali (male fisiologico) di quella medicina (la libertà), in assenza della quale le nostre società sarebbero in preda all’anarchia più totale; il prezzo da pagare per essere liberi? Che la propaganda populista e mediatica di prodotti inutili, inefficaci e dannosi, rientri nelle logiche di una società libera e che il lordume morale di cui trasudano i programmi televisivi, sia la connotazione (nel bene o nel male), del diritto alla libertà di informazione?
Siamo servi e schiavi di una realtà capovolta, e quel regime mediatico al quale abbiamo delegato ogni nostra scelta e responsabilità, muterà a breve in uno Stato poliziesco.


(Gianni Tirelli)






lunedì 23 aprile 2012

Menzogne supposte.


La filosofia è l'arte dell'ovvio.



E' molto facile, in questo mondo, fingere di non essere soli ed essere creduti... e di farlo credere soprattutto a se stessi.
Perchè a volte essere soli può voler dire vivere con la persona con la quale si progettava il futuro e rendersi conto “tutto a un tratto” che quella possibilità di futuro, in realtà, non è mai esistita.
O a volte può semplicemente voler dire guardarsi allo specchio e non riconoscersi. Vedere gli occhi di un estraneo sbirciare di soppiatto la propria vita.
Si perchè la vita di ognuno ha molte sfaccettature. Tanti lati nascosti e meno nascosti. Tenuti in riserbo e sbandierati con orgoglio. Eppure tutti, a questo mondo, si è soli.
Si è soli quando si stanno per chiudere gli occhi, quando l'ultimo pensiero cosciente lentamente sta sfumando in un sogno. Si è soli quando si sogna, quando si cammina e si parla in un luogo senza tempo e senza dimensione, senza morte, ma con la paura di morire. Si perchè la cosa più strana dei sogni, se ci pensate, è proprio questa. Si vive un'esperienza nella quale si è perfettamente consapevoli di non poter morire, di avere un controllo quasi totale degli eventi, di essere in grado di piegare le leggi che governano il mondo nel quale ci si trova,a proprio vantaggio, eppure nelle complicate visioni che si sviluppano si ha la costante paura di morire. Anche nei sogni più lieti, si sente il respiro della morte dietro ogni anfratto. E' come se si intuisse di possedere la capacità di lasciare il proprio corpo per sempre in qualsiasi momento. Ed è questo a spaventarci.
E' una sensazione strana che si adatta perfettamente al concetto di solitudine.
Perchè si è soli di fronte alla morte, come alla paura della morte. E' un sentimento talmente profondo da non poter essere condiviso, se non a parole, ma senza la capacità di scendere nell'immedesimazione completa.
Come la solitudine. Perchè si è soli anche nell'essere soli. Nel senso che è un sentimento incondivisibile. Che per quanto empatico per sua natura, non è mai pienamente comprensibile dall'altro. E un uomo o una donna soli, sanno si riconoscersi, ma non comprendersi. La solitudine dell'altro non è mai accettata pienamente, non se ne capiscono mai a fondo le ragioni. Ci si dice sempre tra sé e sé “al suo posto farei”... e rispetto alla nostra solitudine ci sarà sempre qualcuno che sarà pronto a pensare “al suo posto farei”. Questo è il massimo grado di empatia concentrato nel concetto di solitudine. Aldilà di questa barriera è impossibile andare.
Ed è proprio il fatto che si è soli in tanti modi, ognuno a suo modo, unico e incondivisibile, un tratto distintivo della propria unicità nel nostro essere uomini e donne. Un tratto connaturato alla nostra personalità, al nostro modo di pensare e vedere il mondo circostante. Un prisma di azioni e reazioni combinate ad una riflessione in ogni caso profonda su quello che siamo.
Si dice sempre che mentire a se stessi è impossibile.
Al contrario credo che mentire a se stessi sia la cosa più semplice da fare.

Perchè è confessare a se stessi un segreto, con l'assoluta certezza che esso non sarà mai svelato.
Nascondere un segreto dentro se stessi è facile come sbattere le ciglia. Non ce ne accorgiamo, ma sappiamo esattamente di farlo.
Non è tanto un modo per fingere con gli altri. O rappresentarsi al mondo esterno, diversi ,per trarre vantaggi. Il calcolo utilitaristico in questo caso non sussiste. Non ha ragione di farlo. Perchè nascondere a se stessi una verità è il modo più semplice che abbiamo per accettare quello che siamo.
E' in questa menzogna universale che interagiamo uno con l'altro.
Ed è a causa di questa menzogna collettiva che si autoalimentano tutte le altre menzogne della vita.
E' un fiume carsico che scava la roccia delle nostre abitudini, della nostra vita quotidiana, del nostro tempo, delle nostre reazioni, del nostro modo di pensare e di vedere il mondo.
Esiste una matrice comune alle menzogne che si raccontano nel mondo, ogni giorno.
Se smettessimo di raccontare bugie e noi stessi, smetteremmo di raccontarle agli altri.
Sarebbe un passaggio automatico. Come da un piano all'altro in un ascensore.
Ma la vita non è un meccanismo prevedibile. Non è l'ingranaggio di un congegno. E' caso e volontà mischiato in un mix eccezionale. Assolutamente imperscrutabile. Imperscrutabile quanto l'animo, umano, appunto.
Un mistero che ci accompagnerà per tutta la vita, e forse oltre, sarà quello di non sapere mai come sarebbe stata la propria vita se non ci si fosse vergognati ad ammettere a se stessi quello che siamo.
E' il complesso di Elettra dell'umanità.
Si ha sempre qualcosa che si desidera che non si ha. E a prescindere delle proprie possibilità ad ottenerla, la verità è che sappiamo benissimo che non saremmo comunque soddisfatti una volta ottenuta.
E così fabbrichiamo menzogne.
Con la naturalità propria delle tare costitutive.
Con l'efficacia straordinaria del talento.
Il talento dell'umanità a fabbricare menzogne e a costruirci intorno tutto il proprio stare assieme, in natura, non esiste.
Gli altri esseri viventi non hanno bisogno di mentirsi per vivere insieme o uno contro l'altro. Per tutti gli altri esseri di questo mondo, basta sapere dell'esistenza dell'altro, per continuare a vivere. Ognuno è al suo posto e sa esattamente cosa aspettarsi dall'altro. Se un fedele alleato o uno spietato nemico.
Gli esseri umani, non saprebbero vivere senza mentirsi.
Il mondo umano ruota intorno alla menzogna.
Alla capacità di trarre vantaggio dal nascondere la propria vera natura all'altro.
E questa peculiarità unica tra gli esseri viventi, fa dell'uomo il vero camaleonte della scala gerarchica animale.
Ammesso che scala gerarchica esista.
Perchè anche quest'ultima potrebbe far parte benissimo del lungo elenco delle menzogne che ci raccontiamo.
Ma la cosa più assurda di tutte è che non c'è assolutamente alcun modo di discernere una menzogna da una verità, nelle umane cose. Perchè tutto è menzogna e tutto è verità. Dipende tutto da quello che siamo disposti a credere.
Potremmo essere disposti a credere, per esempio, di essere innamorati di una persona e decidere di dedicare la propria cura e le proprie attenzioni a questa persona, ma non saremmo mai disposti a dire la verità nel caso non la amassimo veramente. Perchè si può mentire a se stessi ma mai contemporaneamente dire la verità all'altro.
E' un inganno globale che ha inizio fin dal principio dei tempi. Fin da quando l'Homo Sapiens ha conquistato il pianeta e si è convinto di essere il padrone incontrastato non solo di un pezzo di terra e di risorse, ma anche della realtà.
Ma la realtà è qualcosa di assolutamente diverso dalla rappresentazione che ce ne facciamo.
La realtà esiste al di fuori di quello che siamo.
Quello che vediamo è solo ciò che vogliamo credere.
E' solo la menzogna che vogliamo raccontarci.
Sappiamo di essere un granello di sabbia infinitesimale in un universo potenzialmente infinito, ma non sappiamo perchè tutto ciò esista e cosa rappresentiamo realmente in questo immenso imperscrutabile. Ci è sconosciuta la nostra funzione. La nostra provenienza. La nostra stessa consistenza materiale. Abbiamo un'idea di tutto questo. Appunto un'idea che è nata dentro di noi e che potrebbe assolutamente essere un'altra menzogna. Un'altra creazione del nostro ego. L'esperienza ci dovrebbe insegnare che non vi è nulla di certo, se non la realtà dell'incertezza.
Eppure il nostro mondo, tutto, nel suo complesso, si regge su teoremi.
Ogni cosa nel nostro modo di pensare necessariamente deve vivere in un presupposto.
In ogni più piccolo ambito della nostra esistenza presupponiamo qualcosa.
Siamo la specie della supponenza.
Nella nostra ipotetica scala gerarchica animale, nella definizione della nostra specie dovrebbe entrare di diritto la parola supponente.
Siamo esseri supponenti, più che semplicemente sezienti. Anche gli altri esseri viventi sono sezienti, ma il loro grado di supponenza è limitato a specifici ambiti della propria esistenza.
Nella nostra, al contrario, è la supponenza che regge tutto il nostro mondo.
Supponiamo la reazione di una persona alle nostre parole, per cui ci regoliamo di conseguenza. O al contrario, supponiamo le nostre parole incapaci di scatenare una reazione nell'altro. Facciamo una cosa e il suo opposto a seconda delle circostanze in cui ci troviamo, supponendo qualcosa di volta in volta.
Pensare è supporre.
Vivere è supporre.
E supporre è inventare la realtà prima che si materializzi.
E' l'atto di creazione della realtà nella nostra mente.
Ma non sempre, forse probabilmente quasi mai, la realtà corrisponde alle nostre supposizioni.
Suppongo sia vero.
Ma chi può dirlo?


(Francesco Salistrari)



sabato 21 aprile 2012

I cattivi maestri.


E' indubbio che il momento che stiamo vivendo rappresenta uno spartiacque della Storia.
I cambiamenti profondi subiti dal sistema sociale ed economico dalla caduta del muro di Berlino ad oggi stanno rapidamente ridisegnando gli assetti complessivi del mondo moderno in maniera irreversibile e ancora ampiamente imprevedibile.
L'ingresso sulla scena mondiale di quella follia collettiva che è passata alla Storia con il nome di globalizzazione ha rappresentato una vera e propria rivoluzione economica che non ha ancora esaurito i suoi effetti, molti dei quali ancora imprevisti e imprevedibili.
La partita che si sta giocando in questi anni è immensa.
E la posta in gioco altrettanto importante.
Da un lato assistiamo ad una concentrazione della ricchezza e del potere economico (che corrisponde con quello militare e politico) in pochissime mani. Si stima che attualmente il 2% della popolazione mondiale detenga il 58% della ricchezza complessiva del pianeta. Una mostruosità che nemmeno i più ferventi e integralisti sostenitori del capitalismo all'inizio del 900 potevano neanche immaginare e sognare. Dall'altro oggi la disparità sociale e l'esclusione sono una caratteristica portante del mondo della grande finanza, delle multinazionali e delle banche.
Con la progressiva erosione della “funzione” degli stati nazionali, delle prerogative e della sovranità di questi ultimi a vantaggio di organismi sovranazionali (politici ed economici), quello che restava delle regolamentazione dei mercati e dell'intervento statale nell'economia, ha finito per essere polverizzato nel corso dell'ultimo trentennio.
Ci è stato detto per anni e anni, incessantemente, con martellante perseveranza, di quanto dannoso fosse l'intervento statale in economia, di quanto dannosi fossero i lacci e lacciuoli di controllo sul mercato, di quanto improduttivo e nefasto fosse lo stato sociale e le sue garanzie. E questo mantra è stato recitato con una perseveranza che ha dello stakanovista fino a convincere tutti, dai cittadini agli addetti ai lavori, che il mercato fosse una entità quasi mistica, sovrannaturale, perfetta di per sé e che l'intervento di qualsivoglia attore nei magnifici e progressivi suoi meccanismi avrebbe rappresentato un intromissione sacrilega e blasfema e ne avrebbe minato la perfezione divina, rendendolo inefficace, iniquo e soprattutto destinato ad incepparsi.
E l'illusionismo di massa è riuscito alla perfezione. Perchè si è riuscito a far passare come naturale un concetto aberrante che è quello che una maggiore libertà e indipendenza dei mercati avrebbe significato una maggiore libertà e indipendenza dei popoli. Per tutti i popoli, anche quelli più poveri, che con il liberarsi finalmente delle portentose forze del mercato libero, anche laddove fino a poco tempo prima regnava l'ateismo pianificatore socialista, avrebbero giovato di una ricchezza e di una prosperità senza precedenti.
Guardatevi intorno.
Dal 1989 in poi abbiamo assistito silenti e completamente inconsapevoli alla più grande rapina collettiva della storia. Uno sparuto gruppo di illuminati (il termine non è a caso) si sono gradualmente impossessati della ricchezza mondiale defraudando l'intero pianeta di risorse, denaro e opportunità. Per non parlare dei danni all'ambiente che il divin mercato ha causato e causerà fino a condurci sull'orlo di una crisi ecologica ben più grave e drammatica di quella economica che stiamo vivendo.
E come al solito l'inganno è avvenuto attraverso le parole. Attraverso l'ideologia. Paradossalmente, in quello che ci hanno descritto come il mondo post ideologico, è proprio attraverso un gioco di parole (quello che è appunto una ideologia) che ci hanno rubato il futuro da sotto il naso.
Ci hanno parlato dello Stato come di qualcosa di malvagio, di corrotto, di corruttore, come un freno all'economia, come un usurpatore, un incallito rapinatore delle fortune private e allo stesso tempo ci hanno descritto il mondo dei privati e delle aziende, come il mondo delle opportunità, della libertà, della giustizia e del benessere e che dare in mano a questi incalliti filantropi del genere umano le banche, le aziende, i servizi, la moneta, il territorio, le nostre vite, tutti i problemi si sarebbero risolti da sé. Ci hanno descritto il mondo del libero mercato come il mondo ideale e ci hanno convinto a consegnare in mano ai privati via via sempre più servizi, più infrastrutture, più aziende, via via sempre più fette della sovranità statale (da quella monetaria a quella del territorio). Ci hanno convinto che statale significava spreco, ruberia, clientelismo, inefficienza, illibertà, galera. E sfruttando l'impatto emotivo sulla popolazione dei danni reali delle inefficienze e degli squilibri causati da apparati burocratici statali (alimentati dal cancro della partitocrazia e delle mafie), hanno convinto tutti che decretare la fine degli stati sarebbe stata la soluzione di tutti i mali della società. E oggi ci ritroviamo a subire tutte le inefficienze e le brutture dei sistemi burocratici statali, senza il benchè minimo vantaggio. Perchè le cosiddette privatizzazioni, in tutto il mondo, non hanno mai rappresentato una reale opportunità per i cittadini per aumentare il proprio benessere e la propria libertà, ma soprattutto non hanno mai risolto i veri problemi rappresentati dai quei carrozzoni burocratici e lottizzati che sono gli apparati statali.
Sull'altare della libertà e del libero mercato sono state sacrificate solo le proprietà e le ricchezze pubbliche, mentre sono rimaste sul groppo delle popolazioni tutte le inefficienze e gli sprechi degli apparati statali.
Si perchè nell'illusionismo delle parole si sono dimenticati di dirci e noi abbiamo colpevolmente dimenticato di ricordarci che Pubblico, Statale, significa prima di tutto popolare, di proprietà collettiva. Un patrimonio pubblico è di tutti, non di qualcuno. Un'azienda pubblica è di tutti, non di un dirigente, ma anche di chi vi lavora.
Ci siamo dimenticati (e ci hanno convinto a farlo) che lo Stato sono i cittadini che vivono all'interno dei suoi confini. E ci siamo dimenticati (e ci hanno convinto a farlo) che se uno Stato è inefficiente, sprecone, clientelare, che fa funzionare male le proprie aziende, che distrugge il proprio territorio con politiche assurde, se è uno Stato oppressivo, antidemocratico, che scende a patti con la mafia, che uccide i propri cittadini in stragi impunite, che dichiara guerre senza autorizzazioni parlamentari, che viene travolto dagli scandali, dalla prepotenza partitica, non vuol dire che è lo Stato in quanto tale che non funziona, ma è la democrazia così come l'abbiamo conosciuta fino ad oggi che non funziona. Che è di democrazia reale che ci sarebbe bisogno e non di smantellare l'istituzione che dovrebbe incarnarla e renderla operante.
Ci hanno così convinto che bisognava limitare l'invadenza statale nella nostra vita (economica e sociale) per risolvere i problemi della nostra vita quotidiana. Mentre veniva limitata proprio la democrazia.
Se solo qualcuno ci avesse spiegato che bastava riformare la democrazia, forse avremmo evitato tanta sofferenza.
Ma forse mi sbaglio. Forse tanti lo hanno detto, ma nessuno l'ha capito. O forse nessuno ha mai suggerito le soluzioni adeguate per riformare la nostra democrazia. O forse non si è avuto il coraggio di farlo. O forse l'opportunità.
O forse non è nemmeno della parola riformare che avremmo avuto bisogno. Ma di una parola ancora più chiara e inequivocabile.
Rivoluzione.
Ma forse anche questo ci era stato suggerito.
Diciamocelo chiaro.
Abbiamo seguito i maestri sbagliati.
Ma, i cattivi maestri, rappresentano solo il 2% di tutti noi. Vogliamo continuare a seguirli?


(Francesco Salistrari)

giovedì 19 aprile 2012

Fiscal (im)Pact.


Fisco.
Una parola che in Italia sembra sinonimo di ladrocinio. Ed in un certo senso lo è.
L'Italia è uno dei primi paesi al mondo per volume di evasione fiscale (calcolata intorno ai 130 mld di euro annui) ed è anche per questo motivo uno dei primi paesi in quanto a pressione fiscale.
Una pressione fiscale che dopo le ultime manovre di questo scellerato governo Monti è aumentata in maniera consistente soprattutto su lavoro dipendente e pensioni, piccole e medie imprese e che registra uno dei costi del lavoro più alti d'Europa.
Costo del lavoro e pressione fiscale, burocrazia. Sono questi i reali motivi per cui in Italia non investe nessuno, anzi le aziende delocalizzano all'estero. Altro che articolo 18 e fregnacce forneriane varie.
Parlare di tasse oggi in Italia sembra un tabù. Anche perchè una politica vera ed incisiva di recupero dell'evasione in Italia NON è mai stata fatta. Ed è inutile credere alla propaganda di regime e alla fiction della Guardia di Finanza che va a Cortina o che acchiappa i commercianti senza scontrino. La fetta consistente di evasione fiscale non è certo rappresentata dall'evasione dei commercianti o delle piccole imprese, ma risiede nel cumulo di denaro non dichiarato (e portato nei paradisi fiscali) dalle grandi imprese, dai finanzieri d'assalto, dai grandi professionisti (medici, avvocati ecc) che determinano il 65% dell'evasione totale annua.
E non è certo con la politica che adotta in questo momento il governo Monti che si combatte l'evasione o con gli scudi fiscali (riciclaggio legale di denaro) tassato al 5%.
Dopo l'approvazione del Fiscal Pact europeo, ratificato nel silenzio dell'informazione che ha sancito la modifica dell'art. 81 della Costituzione Italiana e che ha introdotto, tra le altre cose, il pareggio di bilancio, una politica sull'evasione fiscale non solo si rende necessaria, ma appare vitale.
In una situazione infatti in cui la sovranità italiana (monetaria, fiscale e politica) è stata minata dall'impalcatura europea , appare chiaro come per raggiungere il pareggio di bilancio annuale evitando disavanzi consistenti e ridurre il debito pubblico, con la situazione attuale delle casse statali è semplicemente una chimera e si trasformerà molto probabilmente in una ulteriore “tassa” da pagare all'Europa. Infatti il Fiscal Pact impone ai paesi che non raggiungessero il pareggio annuale di bilancio una “penale” pari allo 0,1% del PIL nazionale. Una piccola manovra finanziaria aggiuntiva. Dal momento che risulta evidente come l'Italia non sia in grado di onorare questa nuova imposizione europea, emerge prepotente la necessità di operare un cambio di rotta nella politica fiscale statale.
E il cambio di rotta è ancora più importante in quanto non essendo possibile caricare ancora lavoro dipendente e pensioni di nuove tasse e di compromettere definitivamente il potere d'acquisto e i consumi (oggi ai livelli del 1997!), c'è bisogno di una piccola rivoluzione fiscale.
E' necessario innanzitutto sgravare le imprese (costo del lavoro, burocrazia), il lavoro dipendente e le pensioni e aumentare la pressione fiscale su patrimoni e rendite (finaziarie e non). "Le aziende pagano più di quanto guadagnano. E la pressione fiscale punisce chi aumenta il personale e frena lo sviluppo. Ben il 55% ha versato al fisco il 50% del proprio utile anti imposte. Il 22% ha addirittura eroso più del 90% dei profitti. " (dati Unindustria Bologna).
L'aumento della tassazione delle transazioni finanziarie (con varie modulazioni ed esenzioni) dal 12,50% al 20% a partire dal gennaio 2012 appare una misura eccessivamente ridotta e iniqua se si pensa che la tassazione del lavoro sfiora il 50%.
Accanto a questo urge una politica di lotta all'evasione vera e non da sceneggiatura propagandistica. Una lotta all'evasione che vada a colpire i veri grandi evasori e dare un freno all'esportazione illegale di capitali all'estero, nonché una nuova normativa antiriciclaggio. A livello Europeo, invece di imporre nuovi balzelli e nuovi sacrifici cosa si fa per combattere il fenomeno dei paradisi fiscali? Un Fiscal Pact degno di questo nome, sarebbe proprio di questo che dovrebbe occuparsi! Di evasione, paradisi fiscali, riciclaggio del denaro, transazioni finanziarie, grandi patrimoni.
La strada che stiamo prendendo non è certo quella giusta.
E le soluzioni che ho prospettato, dinnanzi alla truffa gigantesca rappresentata dall'impalcatura europea nel suo complesso non vanno certo a colpire o a risolvere il nodo centrale di questa crisi, dei problemi legati al fisco, al debito sovrano e alla situazione sociale che stiamo vivendo.
Dico solo che in mancanza di una anche minima parvenza di volontà di risolvere i problemi reali (monetari, economici e costituzionali) legati al nome Unione Europea, che almeno i governi, come quello italiano, si impegnino in una direzione diversa e non già quella intrapresa fino a questo momento.
I costi sociali da pagare causati da questa scelleratezza saranno troppo alti.
Il corto circuito è alle porte.

(Francesco Salistrari)

Domenica... Semplicemente



Ti capita di svegliarti come sul filo di un funambulo e di dover correre al mattino inseguendo i riflessi d’argento della luna.
Non te lo aspetti, la pioggia scrosciava forte durante la notte, un vento fuliginoso bruciava le ciglia glitterate delle fate dei tuoi sogni, eppure, alzi la tapparella ed ecco che ti entrano negli occhi i raggi del sole, che illuminano l’anima, e fanno si che la polvere di sogno avanzata sulle tue palpebre si sollevi e voli verso il cielo diventando tanti piccoli batuffoli di cristallo…
Grandine che sale verso l’atmosfera anziché scenderne giù…
Corri, incessante, come una formica tra i tasti di un pianoforte…
Musica, gioia, passione lacerante…

(Mario-Luce)

mercoledì 18 aprile 2012

L'informazione "libera" dà il via alla guerra al contante.


Ieri sera su Rai Tre è andata in onda una vergognosa puntata propagandistica di Report. Il programma diretto dalla giornalista Milena Gabanelli, da molti ritenuto l’alfiere della libera informazione italiana, si è schierato apertamente dalla parte dei poteri forti.
Genuflessi alle banche, sono diventanti braccio armato del regime tecnocratico montiano.
Il titolo della puntata era “CONTANTI saluti al nero“. Ha così inizio la guerra al contante. Il male del nostro paese viene identificato nell’evasione fiscale e nella non tracciabilità della moneta cartacea.
La Gabanelli arriva addirittura ad affermare che la pressione fiscale è divenuta insostenibile a causa degli evasori. Oggi lo spauracchio italico è l’evasore fiscale, che grazie a una massiccia campagna pubblicitaria, è paragonato ai più comuni parassiti che esistono in natura.
E’ un po’ come nel famoso film di Benigni “Johnny Stecchino”, dove lo “zio” mafioso identifica nel traffico la maggiore piaga della città di Palermo.

Il compito dei media di regime, è quello di proporre facili soluzioni, è quello di imporre alla massa l’idea che con l’introduzione della moneta elettronica, si porrà fine all’evasione fiscale. Solo così potremo vivere felici e sereni, ricchi e in buona salute in uno Stato perfetto.


Problema-reazione-soluzione, una tecnica del potere vecchia come il mondo. La famosa “dittatura per gradi” è arrivata a compimento, sta per materializzarsi sotto i nostri occhi inebetiti.
Tutti i governi precedenti, da Prodi a Berlusconi, burattini del vero potere, hanno dato il loro contributo nella lotta al contante. In un brevissimo lasso di tempo la soglia dei pagamenti cash è scesa rapidamente da 12.500 euro agli attuali 1.000 euro, ultimo diktat dalla “bancocrazia Monti”.
E’ utile e necessario ricordare che il Governo in carica non è stato legittimamente eletto dal popolo, ma imposto dai poteri finanziari internazionali, per traghettare l’Italia nel prossimo futuro regime tecnocratico europea. A questo proposito, vi invito a leggere uno sfacciato e nauseabondo articolo di Curzio Maltese, uscito il 13 Aprile 2012 suRepubblica: “L’Italia laboratorio della tecnocrazia che guiderà l’Europa”.
La schiettezza con cui si incita alla “classe tecnocratica” come guida illuminata di un super stato europeo è spudorata. Risalta ancor più su un giornale come Repubblica, che si è sempre vantanto attraverso i suoi maggiori esponenti di essere in prima linea, a difesa del libero pensiero, contro l’autoritarismo del precedente governo Berlusconi. Ora abbiamo capito, almeno spero, che sia solo un fatto di padroni.
La strada è tracciata. Ora i cani di regime guideranno il gregge verso la dittatura europeista.
Da anni, io e prima di me tantissimi altri studiosi, docenti, giornalisti e blogger vanno dicendo che uno dei punti cardini della prossima dittatura mondiale sarà la moneta elettronica. Tali tesi sono state spesso etichettate come “complottiste”, quindi derise, ma oggi sembrano divenire realtà con una velocità e una facilità disarmante.
Ancora in molti si chiedono quali sarebbero i vantaggi che questa fantomatica dittatura orwelliana avrebbe nell’imporre una moneta elettronica. Presto detto.
A)    Il costo del denaro. E’ bene rammentare che stampare e gestire il denaro ha un costo per le banche. Solo per l’Italia si parla di cifre attorno ai 10 miliardi di euro l’anno. In Europa sono in circolazione oltre 14 miliardi e 418 milioni di banconote per un valore di 857 miliardi di euro. Eliminato il denaro cartaceo le banche eliminerebbero anche il valore intrinseco delle banconote, ovvero il costo di produzione.
B)    Il diritto di signoraggio. Come ovvio gli introiti derivati dal signoraggio bancario saranno ancora più cospicui e rimarranno nelle tasche dei grandi usurai che controlleranno molto più facilmente il flusso monetario.
C)    Il controllo della massa. La vita dei consumatori sarà registrata in appositi database. Con il denaro elettronico sarà possibile spiare ogni acquisto, capire i gusti delle persone, seguire i movimenti sul territorio, studiare le preferenze, tutto il loro agire, semplicemente grazie alla tracciabilità dei pagamenti. Questi dati saranno oro colato per le società dedite alle ricerche di marketing, che potranno scegliere l’apposita strategia da adottare per ogni singolo consumatore.
D)    Il controllo dell’individuo. Semplicemente premendo un bottone potranno bloccare le nostre fonti di sostentamento (la carte di credito), per qualsiasi motivo da loro ritenuto valido, impedendoci di acquistare i beni di prima necessità
Vi sembra poco? Credete non sia uno straordinario sistema di controllo? Siete disposti a sacrificare una parte consistente della vostra libertà per risolvere un falso problema creato ad arte? Procediamo per gradi.
Secondo una ricerca del KRLS Network of Business Ethics, effettuata per conto diContribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, la maggior parte dell’evasione fiscale non riguarda le piccole-medie imprese, che hanno un giro di affari modesto (8,2 miliardi di euro l’anno), bensì le grandi corporation. Parlo della grandi società per azioni, che attraverso transazioni segrete o fondi speculativi nei paradisi fiscali, nascondono al fisco la bellezza di 60,4 miliardi di euro l’anno (22,4 le Spa e Srl e 38 le Big Company).
Insomma, aziende già abituate a trattare con denaro virtuale. Mentre programmi di regime come Report lasciano passare un messaggio pericoloso, ovvero che gli evasori fiscali potrebbero essere i tuoi vicini di casa, l’idraulico, il tassista, il fruttivendolo etc.. “Divide et impera”, si da il via a una guerra tra poveri, dove tutti sono controllati e tutti sono controllori. Ricorda tremendamente la trama della distopia orwelliana “1984”.
Il governo dei banchieri tira gli interessi della banche da cui sono lautamente stipendiati. La moneta elettronica è lo strumento definitivo per il controllo di massa.
Se un domani perderete il vostro lavoro, non potrete rifinanziare il vostro conto in banca (o la carta di credito) e di conseguenza non potrete più acquistare il necessario, poichè anche il piccolo spaccio alimentare sotto casa sarà obbligato ad accettare solo pagamenti elettronici. Non ci saranno alternative, l’unica via sarà richiedere un prestito in banca, ipotecando beni reali, per chi avrà la fortuna di possederne ancora.
Spaventoso! Nessuno si indigna, nessuno protesta e nessuno grida al regime. Dove sono finiti gli alfieri della libertà? Sparito il fantoccio berlusconiano si sono dileguati come neve al sole.
Stanno per far sparire definitivamente il denaro contante, un domani chissà, per non essere considerati “evasori”, e non essere esposti alla gogna mediatica, dovremmo accettare di farci impiantare un microchip sottocutaneo per effettuare qualsiasi pagamento. Fantasie deliranti? Ripeto, fino a pochi anni fa lo erano anche le teorie che profetizzavano la scomparsa del denaro cartaceo, e invece…
In un ipotetico domani, chi non avrà il microchip sarà considerato automaticamente un “evasore”. Se questa non è dittatura, spiegatemi voi cos’è!
La moneta elettronica, che adesso spacciano come soluzione all’evasione fiscale, sarà l’ennessima vittoria dell’oligarchia bancaria sui cittadini, l’ennesimo passo verso un nuovo ordine mondiale, l’ultimo verso l’abisso.
Ma andiamo alla fonte. Immaginiamo un rubinetto che rovescia acqua in una vasca, questa dopo poco traboccherà dalla stessa. Come fare per impedirlo? Prendiamo un secchio e svuotiamo l’acqua che riusciamo a prendere nel lavandino, oppure chiudiamo semplicemente il rubinetto? Questo piccolo esempio dimostra che l’unica risoluzione reale di un problema si attua alla fonte.
Oggi noi viviamo schiacciati da un debito illegale. A causa di ciò, la pressione fiscale ha raggiunto vette per la maggior parte insormontabili. I veri padroni del mondo sono coloro i quali gestiscono la moneta, ovvero le banche. Gli Stati nazionali hanno ceduto la sovranità monetaria e si indebitano quotidianamente per poter mandare avanti la baracca. L’attuale sistema di tassazione è illegale perché perpetra e sorregge un sistema fraudolento e dittatoriale. Lo scopo ultimo è il servaggio sociale totale. L’obiettivo è creare un popolo ricattabile e soggiogabile, schiavo e fiero di esserlo, in perenne adorazione, completamente dipendente.
E’ chiaro che la macchina della propaganda non farà cenno alla vera truffa. Lautamente ricompensati, essi dispensano “panem et circenses”, plagiando le già poveri e banali menti del popolo italiota. Il loro mestiere è mentire, e lo fanno spudoratamente.
Le soluzioni per uscire da questa crisi sistemica indotta ci sono. Ma se aspettiamo che gli stessi creatori della crisi, o i loro valletti, ci diano la soluzione ad essa, sbagliamo di grosso.  Le crisi economiche sono golpe sociali preparati a tavolino, atti a schiavizzare le masse, per imporre il dominio totalitario.
La nostra economia è ferma non per assenza di opportunità o pigrizia, ne tanto meno a causa dell’evasione fiscale, ma per mancanza di denaro. Mancando questo vengono meno i beni e i servizi necessari per i cittadini, lo stato sociale viene smantellato, le aziende falliscono o vengono vendute. Il futuro di intere generazioni, che cresceranno all’ombra dell’incertezza, sarà sotto il giogo asfissiante della dittatura del nuovo ordine mondiale.
L’imposizione mondialista diventa ogni giorno più sfacciata e dichiarata, ci vogliono abituare lentamente che tutto quello che sta accadendo sia la normalità, inarrestabile e fatale.
Non facciamoci abbindolare dai falsi portatori di verità. Informiamoci in altro modo, è l’unica strada.
(Italo Romano)

fonte: http://www.oltrelacoltre.com

domenica 15 aprile 2012

Bastardi dentro.





E' stato aggredito prima verbalmente e poi picchiato, con un pugno in faccia, perché omosessuale e poi umiliato da un infermiere in ospedale, che gli ha consigliato di farsi "curare da uno psicologo". E' accaduto a Reggio Calabria, a pochi passi dal Teatro Comunale, dove è stato preso di mira Claudio, 28 anni, che, insieme al suo compagno e ad altri amici, stava trascorrendo la serata davanti ad un locale”


 (http://ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/04/14/visualizza_new.html_185380177.html).

E' questa la realtà nel Sud, ancora oggi, nel 2012, dove ai “diversi” che siano neri (i senegalesi della raccolta delle arance, ricordate?), gay, lesbiche, disabili, dawn o a chi semplicemente la pensa in maniera diversa, viene riservato un trattamento da emarginazione, discriminazione, violenza.
2012. In Calabria. L'ex “Magna Grecia” dei tempi andati. La terra che ha visto nascere il pensiero pitagorico, la terra di Campanella, di Bernardino Telesio, la terra di Fausto Gullo. La terra di tanti onesti cittadini soffocati da 'ndragheta e discriminazione, dalla disoccupazione e dalla distruzione del patrimonio collettivo (ambientale e sociale).
E' successo ieri, a Reggio Calabria, l'ennesimo episodio di inciviltà, di ignoranza, di disumanità.
Essere gay in Calabria, nel Sud, è un reato non scritto. E' un anatema, una lettera scarlatta che ci si porta addosso semplicemente perchè non c'è comprensione, solidarietà, rispetto.
La Calabria oggi assomma tutti i peggiori mali della società individualista e consumista all'arretratezza economica e culturale, alla desertificazione dei sentimenti e dei valori, in un mix esplosivo e devastante.
Essere gay oggi in Calabria è una colpa. E' una malattia. Forse contagiosa, a vedere le reazioni che la gente ha quando si trova a dover interagire con un simile così “diverso”.
Diverso in cosa? Non si comprende.
Il sesso dovrebbe essere la dimensione più intima dell'individuo. Il vero nocciolo della propria privacy. Allora perchè vi è questa costante intromissione, violazione, distruzione della privacy altrui? Perchè interessa così tanto la sfera sessuale di un gay o di una lesbica? Cosa c'è di malato (quello si!!!) in questa perversa voglia di intromettersi nell'intimo di queste persone?
La malattia non è l'omosessualità.
La malattia è l'incapacità di comprendere che gli omosessuali sono delle persone che hanno il diritto di fare della propria vita ciò che vogliono.
Ma qui, in Calabria, le persone vengono uccise per un appalto, per una tangente, per un mancato pagamento, per un affronto, per uno sguardo “storto”.
Ammettiamolo.
La vita, qui da noi, non ha poi così tanto valore.


(Francesco Salistrari)



(c) Riproduzione Riservata.

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