E' indubbio che il momento che stiamo
vivendo rappresenta uno spartiacque della Storia.
I cambiamenti profondi subiti dal
sistema sociale ed economico dalla caduta del muro di Berlino
ad oggi stanno rapidamente ridisegnando gli assetti complessivi del
mondo moderno in maniera irreversibile e ancora ampiamente
imprevedibile.
L'ingresso sulla scena mondiale di
quella follia collettiva che è passata alla Storia con il nome di
globalizzazione ha rappresentato una vera e propria
rivoluzione economica che non ha ancora esaurito i suoi effetti,
molti dei quali ancora imprevisti e imprevedibili.
La partita che si sta giocando in
questi anni è immensa.
E la posta in gioco altrettanto
importante.
Da un lato assistiamo ad una
concentrazione della ricchezza e del potere economico (che
corrisponde con quello militare e politico) in pochissime mani. Si
stima che attualmente il 2% della popolazione mondiale detenga il 58%
della ricchezza complessiva del pianeta. Una mostruosità che nemmeno
i più ferventi e integralisti sostenitori del capitalismo all'inizio
del 900 potevano neanche immaginare e sognare. Dall'altro oggi la
disparità sociale e l'esclusione sono
una caratteristica portante del mondo della grande finanza, delle
multinazionali e delle banche.
Con la progressiva erosione della
“funzione” degli stati nazionali, delle prerogative e della
sovranità di questi ultimi a vantaggio di organismi
sovranazionali (politici ed economici), quello che restava
delle regolamentazione dei mercati e dell'intervento statale
nell'economia, ha finito per essere polverizzato nel corso
dell'ultimo trentennio.
Ci è stato detto per anni e anni,
incessantemente, con martellante perseveranza, di quanto dannoso
fosse l'intervento statale in economia, di quanto dannosi fossero i
lacci e lacciuoli di controllo sul mercato, di quanto improduttivo e
nefasto fosse lo stato sociale e le sue garanzie. E questo mantra è
stato recitato con una perseveranza che ha dello stakanovista fino a
convincere tutti, dai cittadini agli addetti ai lavori, che il
mercato fosse una entità quasi mistica, sovrannaturale, perfetta di
per sé e che l'intervento di qualsivoglia attore nei magnifici e
progressivi suoi meccanismi avrebbe rappresentato un intromissione
sacrilega e blasfema e ne avrebbe minato la perfezione divina,
rendendolo inefficace, iniquo e soprattutto destinato ad incepparsi.
E l'illusionismo di massa
è riuscito alla perfezione. Perchè si è riuscito a far passare
come naturale un concetto aberrante che è quello che una maggiore
libertà e indipendenza dei mercati avrebbe significato una maggiore
libertà e indipendenza dei popoli. Per tutti i popoli, anche quelli
più poveri, che con il liberarsi finalmente delle portentose forze
del mercato libero, anche laddove fino a poco tempo prima regnava
l'ateismo pianificatore socialista, avrebbero giovato di una
ricchezza e di una prosperità senza precedenti.
Guardatevi intorno.
Dal 1989 in poi abbiamo assistito
silenti e completamente inconsapevoli alla più grande rapina
collettiva della storia. Uno sparuto gruppo di illuminati (il
termine non è a caso) si sono gradualmente impossessati della
ricchezza mondiale defraudando l'intero pianeta di risorse, denaro e
opportunità. Per non parlare dei danni all'ambiente che il divin
mercato ha causato e causerà fino a condurci sull'orlo di una crisi
ecologica ben più grave e drammatica di quella economica che
stiamo vivendo.
E come al solito l'inganno è avvenuto
attraverso le parole. Attraverso l'ideologia.
Paradossalmente, in quello che ci hanno descritto come il mondo post
ideologico, è proprio attraverso un gioco di parole (quello
che è appunto una ideologia) che ci hanno rubato il futuro da sotto
il naso.
Ci hanno parlato dello Stato come di
qualcosa di malvagio, di corrotto, di corruttore, come un freno
all'economia, come un usurpatore, un incallito rapinatore delle
fortune private e allo stesso tempo ci hanno descritto il mondo dei
privati e delle aziende, come il mondo delle opportunità, della
libertà, della giustizia e del benessere e che dare in mano a questi
incalliti filantropi del genere umano le banche, le aziende, i
servizi, la moneta, il territorio, le nostre vite, tutti i problemi
si sarebbero risolti da sé. Ci hanno descritto il mondo del libero
mercato come il mondo ideale e ci hanno convinto a consegnare in mano
ai privati via via sempre più servizi, più infrastrutture, più
aziende, via via sempre più fette della sovranità statale (da
quella monetaria a quella del territorio). Ci hanno convinto che
statale significava spreco, ruberia, clientelismo, inefficienza,
illibertà, galera. E sfruttando l'impatto emotivo sulla popolazione
dei danni reali delle inefficienze e degli squilibri causati da
apparati burocratici statali (alimentati dal cancro della
partitocrazia e delle mafie), hanno convinto tutti che decretare la
fine degli stati sarebbe stata la soluzione di tutti i mali della
società. E oggi ci ritroviamo a subire tutte le inefficienze e le
brutture dei sistemi burocratici statali, senza il benchè minimo
vantaggio. Perchè le cosiddette privatizzazioni, in
tutto il mondo, non hanno mai rappresentato una reale opportunità
per i cittadini per aumentare il proprio benessere e la propria
libertà, ma soprattutto non hanno mai risolto i veri problemi
rappresentati dai quei carrozzoni burocratici e lottizzati che sono
gli apparati statali.
Sull'altare della libertà e del libero
mercato sono state sacrificate solo le proprietà
e le ricchezze pubbliche, mentre sono rimaste sul
groppo delle popolazioni tutte le inefficienze e gli sprechi degli
apparati statali.
Si perchè nell'illusionismo
delle parole si sono dimenticati di dirci e noi abbiamo
colpevolmente dimenticato di ricordarci che Pubblico, Statale,
significa prima di tutto popolare, di proprietà
collettiva. Un patrimonio pubblico è di tutti, non di
qualcuno. Un'azienda pubblica è di tutti, non di un dirigente, ma
anche di chi vi lavora.
Ci siamo dimenticati (e ci hanno
convinto a farlo) che lo Stato sono i cittadini che vivono
all'interno dei suoi confini. E ci siamo dimenticati (e ci
hanno convinto a farlo) che se uno Stato è inefficiente, sprecone,
clientelare, che fa funzionare male le proprie aziende, che distrugge
il proprio territorio con politiche assurde, se è uno Stato
oppressivo, antidemocratico, che scende a patti con la mafia, che
uccide i propri cittadini in stragi impunite, che dichiara guerre
senza autorizzazioni parlamentari, che viene travolto dagli scandali,
dalla prepotenza partitica, non vuol dire che è lo Stato in quanto
tale che non funziona, ma è la democrazia così come
l'abbiamo conosciuta fino ad oggi che non funziona. Che
è di democrazia reale che ci sarebbe bisogno e non di smantellare
l'istituzione che dovrebbe incarnarla e renderla operante.
Ci hanno così convinto che bisognava
limitare l'invadenza statale nella nostra vita (economica e sociale)
per risolvere i problemi della nostra vita quotidiana. Mentre veniva limitata proprio la democrazia.
Se solo qualcuno ci avesse spiegato che
bastava riformare la democrazia, forse avremmo evitato tanta
sofferenza.
Ma forse mi sbaglio. Forse tanti lo
hanno detto, ma nessuno l'ha capito. O forse nessuno ha mai suggerito
le soluzioni adeguate per riformare la nostra democrazia. O forse non
si è avuto il coraggio di farlo. O forse l'opportunità.
O forse non è nemmeno della parola
riformare che avremmo avuto bisogno. Ma di una parola ancora più
chiara e inequivocabile.
Rivoluzione.
Ma forse anche questo ci era stato
suggerito.
Diciamocelo chiaro.
Abbiamo seguito i maestri sbagliati.
Ma, i cattivi maestri, rappresentano
solo il 2% di tutti noi. Vogliamo continuare a seguirli?
(Francesco Salistrari)
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