giovedì 12 aprile 2012

Democrazia immaginaria.




L’intento di questo scritto, aldilà degli accenti marcatamente polemici in esso contenuti, si rivolge al pubblico italiano nel suo complesso con la pretesa (forse esagerata) di aprire una breccia nel muro delle certezze sulla nostra storia più recente. Certezze volute e costruite ad arte dal potere politico nostrano e che hanno determinato la fisionomia del nostro sistema paese in ogni aspetto. Il dibattito sulla democrazia italiana, sui suoi sviluppi (storici e sociali), sulla sua tenuta, sulla sua bontà, va avanti ormai da decenni senza però minimamente affrontare gli eventi più torbidi che hanno caratterizzato in maniera decisiva l’evoluzione del sistema rappresentativo e istituzionale italiano dal dopoguerra ad oggi. Il dibattito politico, culturale, e di riflesso sociale, sulla reale consistenza della nostra democrazia, sulla sua effettività, sull’applicazione della Costituzione Repubblicana del 1946, sulla reale e incondizionata fruizione dei diritti inviolabili da parte di tutto il corpo sociale, ha evitato (e quindi travisato anche le conclusioni e i giudizi di valore) di indagare e portare alla luce quegli episodi significativi che hanno reso la democrazia italiana quello che è oggi, nel nuovo millennio, precludendo in questo modo altre vie allo sviluppo e alla stabilizzazione del sistema democratico.
A questo proposito sarebbe utile sottolineare come il sistema politico/istituzionale italiano nel corso degli anni sia stato sottoposto a tutta una serie di ingerenze (anche e soprattutto straniere) che ne hanno determinato una certa evoluzione e non un’altra, rendendo la democrazia italiana una democrazia incompleta, parziale, mistificante. Ingerenze che non solo hanno indirizzato in una certa direzione la stessa vita istituzionale e sociale del paese, ma che hanno rappresentato una sorta di “guida dall’alto” della classe politica italiana. E’ giusto sottolineare come alcuni settori della politica italiana siano rimaste quasi “immuni” da queste ingerenze, o se non lo furono, lo sono state in maniera funzionale ai propri interessi specifici (finanziamenti). Quello che però conta, è che in Italia, l'ingerenza straniera ed il configurarsi nel nostro paese di uno scenario politico da “scacchiere internazionale”, in un mondo ormai diviso in blocchi contrapposti, determinarono una distorsione profonda della dialettica democratica, inficiando fin dalle prime battute quello che è il cardine e il puntello essenziale della democrazia come sistema di governo: l’alternanza politica e programmatica tra le forze. Il pluralismo democratico come alternanza di governo, vanto e orgoglio degli esegeti della democrazia rappresentativa intesa come sistema complessivo di gestione politica di un paese, in Italia, fin dai primi momenti della vita della Repubblica, ha subito una limitazione così marcata che in effetti fino agli anni ’90 del XX secolo non è mai stato operante.
La “conventio ad excludendum”, tacito accordo non scritto delle forze politiche di centro-destra e sinistra non marxista che impediva al Partito Comunista Italiano e al Partito Socialista (almeno fino all’abiura del marxismo come programma politico di fondo) di giungere al potere per via democratica, rappresentò a livello costituzionale un’anomalia del sistema che ne caratterizzerà e ne indirizzerà in maniera decisiva l’evoluzione, il funzionamento ed in definitiva la democraticità.
L’osteggiamento nei confronti del PCI e della sua pretesa di prendere il potere in Italia per via rivoluzionaria, rappresentava, dal punto di vista degli equilibri di Yalta, una necessità e una prerogativa sacrosanta per il sistema politico e militare italiano e la salvaguardia del sistema repubblicano democratico, del sistema rappresentativo, conquistati con il sangue della resistenza all’occupazione nazifascista, era una priorità irrinunciabile per una paese inserito nel contesto occidentale. Ma la fortissima resistenza alla “presa” del potere per via legale da parte di un partito comunista, rappresenta qualcosa di più della difesa del sistema democratico e dell'economia di mercato in senso largo, rappresenta in altri termini una pregiudiziale politica di enorme portata ed una limitazione del diritto democratico di un popolo nel suo complesso a scegliersi i propri rappresentanti. Il partito comunista, che tra l’altro aveva contribuito fattivamente e decisivamente alla costruzione delle repubblica sia nella resistenza, sia nei primissimi governi di unità nazionale e soprattutto nella stesura della Carta Fondamentale della Repubblica, la Costituzione, si trovò l’intero sistema politico italiano non marxista schierato contro, pur avendo una base di massa nella società italiana di enorme portata.
I motivi di questa “preclusione” andrebbero certamente ricercati nel fortissimo legame (almeno fino agli anni ‘70) che il PCI mantenne con il PCUS russo, legame non solo ideologico, ma anche e soprattutto operativo e finanziario. Da questo punto di vista certamente la conventio rispondeva ad una necessità oggettiva di difesa della collocazione italiana nel conteso occidentale, ma soprattutto rispondeva a precisi interessi economici. Non a caso la prima clausola per l’ottenimento dei finanziamenti per la ricostruzione post bellica del Piano Marshall, era proprio l’assoluta esclusione dalla gestione del potere del Partito Comunista. Ma sono convinto che oltre a questa motivazione, ve ne sia un'altra, ben più profonda e determinante. Questa spiegazione va ricercata in ben precisi interessi statunitensi la cui tutela ed il perseguimento dei quali, potevano non tenere in nessun conto (e non lo hanno fatto), il grado di democraticità del sistema italiano.
Quello che occorre sottolineare in merito a questo aspetto, è che, all'interno dell'equilibrio internazionale venutosi a creare con gli accordi post-bellici, l'Italia, liberata dagli Alleati, rappresentava un avamposto eccezionale e di cruciale importanza nella strategia Statunitense. Terra di confine, penisola circondata per due terzi dal mare, collocata in una posizione strategica all'interno del Mediterraneo, l'Italia era essenziale da un punto di vista militare sia come collocazione di postazioni missilistiche nucleari (basi NATO), sia come primo baluardo ad una possibile invasione sovietica dell'Europa Occidentale. Se infatti l'invasione coordinata delle forze sovietiche, che gli americani paventavano il più delle volte propagandisticamente, fosse realmente cominciata (evenienza che la storia ha dimostrato più che infondata), essa avrebbe certamente preso le mosse dall'Italia e dalla Germania (Berlino). Pertanto, nelle menti degli strateghi militari di Washington, l'Italia era un paese fondamentale, che avrebbe dovuto restare indissolubilmente legata al mondo occidentale dal punto di vista militare, ma anche politico. Questa particolare condizione, faceva dello scenario politico italiano un teatro di scontro molto importante a livello ideologico (contro le forze di sinistra), ma anche e specialmente di tattica e strategia degli apparati di informazione. Strategie che rivestivano profonda importanza, dal momento che il sistema politico italiano, benchè esistesse una forza tanto fedele a Washington e ottimamente radicata nella società come la Democrazia Cristiana, era caratterizzato da una persistente instabilità.
I difensori della democrazia rappresentativa italiana, hanno sempre visto nell'instabilità del sistema politico italiano principalmente un problema di assetti istituzionali (con varie argomentazioni il più delle volte tecnicamente anche valide). Ma la vera ragione di questa instabilità, a mio avviso, va ricercata essenzialmente nella mutilazione del sistema democratico, nella sua non effettività e nell'inapplicazione dei principi contenuti in Costituzione. La pregiudiziale “comunista”, in definitiva, sebbene giustificata il più delle volte non solo da motivazioni ideologiche bensì pratiche e strategiche, rese il sistema italiano fragile e dunque più incline a quelle che possono essere definite con un eufemismo le “soluzioni forzate”, proprio per tentare di risolvere le enormi contraddizioni nel quale il paese e la società erano profondamente immersi.
Questo e non altro ha determinato la storia politica del nostro paese dal dopoguerra ad oggi. Questo e non altro, in definitiva, ha reso possibile il verificarsi, in Italia, di alcuni degli episodi più torbidi e tragici di tutto l'occidente europeo.

(Francesco Salistrari)




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