L’intento di questo
scritto, aldilà degli accenti marcatamente polemici in esso
contenuti, si rivolge al pubblico italiano nel suo complesso con la
pretesa (forse esagerata) di aprire una breccia nel muro delle
certezze sulla nostra storia più recente. Certezze volute e
costruite ad arte dal potere politico nostrano e che hanno
determinato la fisionomia del nostro sistema paese in ogni aspetto.
Il dibattito sulla democrazia italiana, sui suoi sviluppi (storici e
sociali), sulla sua tenuta, sulla sua bontà, va avanti ormai da
decenni senza però minimamente affrontare gli eventi più torbidi
che hanno caratterizzato in maniera decisiva l’evoluzione del
sistema rappresentativo e istituzionale italiano dal dopoguerra ad
oggi. Il dibattito politico, culturale, e di riflesso sociale, sulla
reale consistenza della nostra democrazia, sulla sua effettività,
sull’applicazione della Costituzione Repubblicana del 1946, sulla
reale e incondizionata fruizione dei diritti inviolabili da parte di
tutto il corpo sociale, ha evitato (e quindi travisato anche le
conclusioni e i giudizi di valore) di indagare e portare alla luce
quegli episodi significativi che hanno reso la democrazia italiana
quello che è oggi, nel nuovo millennio, precludendo in questo modo
altre vie allo sviluppo e alla stabilizzazione del sistema
democratico.
A questo proposito
sarebbe utile sottolineare come il sistema politico/istituzionale
italiano nel corso degli anni sia stato sottoposto a tutta una serie
di ingerenze (anche e soprattutto straniere) che ne hanno determinato
una certa evoluzione e non un’altra, rendendo la democrazia
italiana una democrazia incompleta, parziale, mistificante. Ingerenze
che non solo hanno indirizzato in una certa direzione la stessa vita
istituzionale e sociale del paese, ma che hanno rappresentato una
sorta di “guida dall’alto” della classe politica italiana. E’
giusto sottolineare come alcuni settori della politica italiana siano
rimaste quasi “immuni” da queste ingerenze, o se non lo furono,
lo sono state in maniera funzionale ai propri interessi specifici
(finanziamenti). Quello che però conta, è che in Italia,
l'ingerenza straniera ed il configurarsi nel nostro paese di uno
scenario politico da “scacchiere internazionale”, in un mondo
ormai diviso in blocchi contrapposti, determinarono una distorsione
profonda della dialettica democratica, inficiando fin dalle prime
battute quello che è il cardine e il puntello essenziale della
democrazia come sistema di governo: l’alternanza politica e
programmatica tra le forze. Il pluralismo democratico come alternanza
di governo, vanto e orgoglio degli esegeti della democrazia
rappresentativa intesa come sistema complessivo di gestione politica
di un paese, in Italia, fin dai primi momenti della vita della
Repubblica, ha subito una limitazione così marcata che in effetti
fino agli anni ’90 del XX secolo non è mai stato operante.
La “conventio ad
excludendum”, tacito accordo non scritto delle forze politiche
di centro-destra e sinistra non marxista che impediva al Partito
Comunista Italiano e al Partito Socialista (almeno fino all’abiura
del marxismo come programma politico di fondo) di giungere al potere
per via democratica, rappresentò a livello costituzionale
un’anomalia del sistema che ne caratterizzerà e ne indirizzerà in
maniera decisiva l’evoluzione, il funzionamento ed in definitiva la
democraticità.
L’osteggiamento nei
confronti del PCI e della sua pretesa di prendere il potere in Italia
per via rivoluzionaria, rappresentava, dal punto di vista degli
equilibri di Yalta, una necessità e una prerogativa sacrosanta per
il sistema politico e militare italiano e la salvaguardia del sistema
repubblicano democratico, del sistema rappresentativo, conquistati
con il sangue della resistenza all’occupazione nazifascista, era
una priorità irrinunciabile per una paese inserito nel contesto
occidentale. Ma la fortissima resistenza alla “presa” del potere
per via legale da parte di un partito comunista, rappresenta qualcosa
di più della difesa del sistema democratico e dell'economia di
mercato in senso largo, rappresenta in altri termini una
pregiudiziale politica di enorme portata ed una limitazione del
diritto democratico di un popolo nel suo complesso a scegliersi i
propri rappresentanti. Il partito comunista, che tra l’altro aveva
contribuito fattivamente e decisivamente alla costruzione delle
repubblica sia nella resistenza, sia nei primissimi governi di unità
nazionale e soprattutto nella stesura della Carta Fondamentale della
Repubblica, la Costituzione, si trovò l’intero sistema politico
italiano non marxista schierato contro, pur avendo una base di massa
nella società italiana di enorme portata.
I motivi di questa
“preclusione” andrebbero certamente ricercati nel fortissimo
legame (almeno fino agli anni ‘70) che il PCI mantenne con il PCUS
russo, legame non solo ideologico, ma anche e soprattutto operativo e
finanziario. Da questo punto di vista certamente la conventio
rispondeva ad una necessità oggettiva di difesa della collocazione
italiana nel conteso occidentale, ma soprattutto rispondeva a precisi
interessi economici. Non a caso la prima clausola per l’ottenimento
dei finanziamenti per la ricostruzione post bellica del Piano
Marshall, era proprio l’assoluta esclusione dalla gestione del
potere del Partito Comunista. Ma sono convinto che oltre a questa
motivazione, ve ne sia un'altra, ben più profonda e determinante.
Questa spiegazione va ricercata in ben precisi interessi statunitensi
la cui tutela ed il perseguimento dei quali, potevano non tenere in
nessun conto (e non lo hanno fatto), il grado di democraticità del
sistema italiano.
Quello che occorre
sottolineare in merito a questo aspetto, è che, all'interno
dell'equilibrio internazionale venutosi a creare con gli accordi
post-bellici, l'Italia, liberata dagli Alleati, rappresentava un
avamposto eccezionale e di cruciale importanza nella strategia
Statunitense. Terra di confine, penisola circondata per due terzi dal
mare, collocata in una posizione strategica all'interno del
Mediterraneo, l'Italia era essenziale da un punto di vista militare
sia come collocazione di postazioni missilistiche nucleari (basi
NATO), sia come primo baluardo ad una possibile invasione sovietica
dell'Europa Occidentale. Se infatti l'invasione coordinata delle
forze sovietiche, che gli americani paventavano il più delle volte
propagandisticamente, fosse realmente cominciata (evenienza che la
storia ha dimostrato più che infondata), essa avrebbe certamente
preso le mosse dall'Italia e dalla Germania (Berlino). Pertanto,
nelle menti degli strateghi militari di Washington, l'Italia era un
paese fondamentale, che avrebbe dovuto restare indissolubilmente
legata al mondo occidentale dal punto di vista militare, ma anche
politico. Questa particolare condizione, faceva dello scenario
politico italiano un teatro di scontro molto importante a livello
ideologico (contro le forze di sinistra), ma anche e specialmente di
tattica e strategia degli apparati di informazione. Strategie che
rivestivano profonda importanza, dal momento che il sistema politico
italiano, benchè esistesse una forza tanto fedele a Washington e
ottimamente radicata nella società come la Democrazia Cristiana, era
caratterizzato da una persistente instabilità.
I difensori della
democrazia rappresentativa italiana, hanno sempre visto
nell'instabilità del sistema politico italiano principalmente un
problema di assetti istituzionali (con varie argomentazioni il più
delle volte tecnicamente anche valide). Ma la vera ragione di questa
instabilità, a mio avviso, va ricercata essenzialmente nella
mutilazione del sistema democratico, nella sua non effettività e
nell'inapplicazione dei principi contenuti in Costituzione. La
pregiudiziale “comunista”, in definitiva, sebbene giustificata il
più delle volte non solo da motivazioni ideologiche bensì pratiche
e strategiche, rese il sistema italiano fragile e dunque più incline
a quelle che possono essere definite con un eufemismo le “soluzioni
forzate”, proprio per tentare di risolvere le enormi contraddizioni
nel quale il paese e la società erano profondamente immersi.
Questo e non altro ha
determinato la storia politica del nostro paese dal dopoguerra ad
oggi. Questo e non altro, in definitiva, ha reso possibile il
verificarsi, in Italia, di alcuni degli episodi più torbidi e
tragici di tutto l'occidente europeo.
(Francesco Salistrari)
(c) Riproduzione Riservata.
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