martedì 24 febbraio 2009

Prede


Il cielo a volte appare troppo grigio...come il cuore. Un cuore in tempesta che permette al sangue di scorrere con lentezza, con cinismo, simile in questo solo ad un orologio che consente al tempo di scorrere con noncuranza. E quel ticchettio continuo nella testa, il rumore del sangue, come mille lancette e ingranaggi di un orologio antico, continua e continua.

Il cielo a volte è troppo grigio, carico di acqua. Acqua sporca, nera di ingiustizie, acida come la bile, terribile. L'acqua che sgorga da sorgenti malsane, putride, puzzolenti, simile in tanfo all'olezzo di una carcassa lasciata a marcire.

Il cielo a volte è troppo grigio, triste....come i nostri occhi. Scintillanti di luce televisiva, intontiti, incapaci di riconoscere le cose, di vedere i fantasmi che siamo diventati, di comprendere il baratro delle nostre illusioni.

Il cielo a volte è nero, come il petrolio. Come il sangue di questo mondo dissanguato, senza dignità, maledetto, capovolto. Nero come le piume di un corvo che volteggia nell'aria ad attendere che i rifiuti vengano abbandonati.

Il cielo a volte è troppo nero, come le scaglie di un serpente. Velenoso, immobile ad attendere la sua preda, gelido, impassibile, temibile, fulmineo nei suoi movimenti di morte.

Il cielo a volte è troppo scuro. Come il tunnel nel quale viviamo.

Il cielo, lassù.

E noi, prede del serpente, quaggiù.


giovedì 19 febbraio 2009

Venite con me



Sento il cielo cadermi nell’anima, mentre il mondo intorno svanisce in una bolla lucida di sapone. Ascolto parole incomprensibili, forse di un’antichissima lingua caduta ormai in disuso e mentre precipito, nel mio cuore tutto sembra così assurdamente piacevole da far sembrare il più bell’orgasmo un’inezia. Il pianto dei bambini dell’Africa si è trasformato in festa ed il volo degli uccelli descrive figure bellissime, il caldo si è trasformato in abbraccio ed il freddo in carezza, la fame in compagna meravigliosa e la paura in un’ottima giocatrice di bridge, mentre la morte accarezza le sue antiche vittime come una mamma amorosa. Il mondo che conoscevo ormai non esiste più, le sue regole infrante e stravolte, i suoi colori invertiti, le sue assurde convenzioni annientate dalla forza cosmica che sento in fondo a me, che si espande, diventa immensa, inarrestabile, stupenda, ammaliante come il canto di una sirena bellissima. Il mio cuore si riempie di gioia e tutto non ha più importanza. Vedo figure indecifrabili danzare come le ombre degli alberi al vento, ammiro balletti di anime destinate a gioire per l’eternità che si avvolgono in erotici abbracci carichi di lussuria e piacere e gioisco con loro, anche se non ne faccio parte, anche se ancora il mio posto è lassù (o quaggiù), nel mondo vero, quella fantasmagorica ed inutile caccia alla lepre dove la lepre siamo noi stessi.

Solo ora, in questo meraviglioso mondo di luce e calore, di bellezza e sincerità, capisco l’inutilità della vita. Della vostra vita, di quello stupido balletto in cui ognuno si nasconde dietro un filo d’erba convinto di nascondere la propria identità. Lasciatemi che vi dica che le vostre sono solo illusioni oppure chiamate me illuso perché adesso sto sognando un mondo diverso, dove ogni cosa mantiene quel calore e quella vicinanza che solo l’amore può dare.

Si, sono un’illuso, il più grande, il più fottutamente incallito illuso di questo mondo. Se l’amore è un’illusione, allora la vita reale, quella piatta e inconsistente menzogna che ci diciamo in faccia ogni giorno, altro non è se non la più grande di esse.

Adesso, intanto, sono qui, a colorarmi di luce ed emozioni, in un mondo in cui le illusioni sono la legge e la regola di un universo d’amore e bontà. Fatevi da parte e raggiungete quest’oasi. Vi sto già aspettando.

venerdì 6 febbraio 2009

DIRITTO, MARTIRIO, AMORE


Seguo da giorni l'odissea da più parti strumentalizzata, anche la cara ELUANA serve a distrarci dai problemi sostanziali della nostra povera Italia.
Rifletto e penso che in 17 anni non l'hanno fatta risorgere, neppure i medici sanno dire oggi, all'unisono, quali condizioni lei viva o non viva.

avanzo il mio DIRITTO di malata da idenficare a tutto tondo, da ben 26 anni.
come e quando avrò il DIRITTO di gestirmi almeno nella certezza della morte?.
quali illustri medici son capaci di tranquillizzarmi di non dover subire quanto di più crudele può aggiungersi alla attuale non vita? Che conduciamo in molti , vuoi per patologie conosciute o da accertare.

Quale risorsa di DIRITTO avrò dunque se qualcosa della mia fisicità andrà a spegnersi? come potrò fare una scelta nel pieno diritto e proprietà della mia vita ?..
vi è forse una legge, può un D.L. togliermi quel poco di pace sin quando arriverò a non esprimermi?

E quale chiesa si arroga il diritto di ritenermi così tanto preziosa d'esistere? mancano martiri e crociate per riportare il gregge in squadra?
e se invece con discrezione, togliendo l'autorità che io non gli concedo si porgesse con miglior carità e rispetto a coloro che , pur frequentando la preghiera , devono fuggire dalle chiese ?.
quelle chiese dove incautamente hanno creduto nella confidenza,amicizia e dedizione nei confronti solo e soltanto di DIO PADRE.. viceversa costretti a fuggire per non subire oltre le angherie ,i pettegolezzi, le diffusioni di documenti privati , distribuiti da solerti assistenti addette a compiti non meglio identificati...
dove la malattia dell'individuo viene discussa in casa/chiesa e le sorti di un malato mutano a seconda dell'ordine o del compito che dovrebbe svolgere.
per cosa ?, per essere un buon segno di martirio?, per offrire a tempo pieno come dicono?, per apparire nel gregge?.
questo è esempio ma può capitare di peggio.
Tutto questo MARTIRIO per cosa ?
cosa servono a quella chiesa così povera di spirito che arranca alla ricerca di anime belle da far soffrire ancora e a lungo termine?

oppure noi, birbe!, che osiamo mettere in discussione l'intero creato, colloquiamo a tempo pieno con il divin amore, sollecitandolo a far chiarezza nei dolori più gravi..
NOI DA FUORI dobbiamo martirizzarci ancor più, per dare tocchi di bianco e purezza di fiore a coloro che devono mantenersi tali nelle comuni e sempre eguali alleanze tanto discusse in qualsiasi luogo e popolazione ? 

e tra DIRITTO E MARTIRIO , il comune mortale si deve districare, non solo preoccuparsi di togliersi l'onta della malattia non meglio identificata, magari anche l'udibrio del martirio aggiunto dalle solerti assistenti o peggio...

allora quale scelta deve fare prima che questi due macigni DIRITTO /MARTIRIO facciano soccombere quel poco di speranza di essere ancora un essere umano ?

o forse dopo mezzo secolo devo capire che le mie sorti appartengono alla LEGGE E CHIESA ?

direi che la ricerca scientifica dovrebbe per prima cosa studiare l'AMORE, da tutte le prospettive per scoprire che è il DOVERE principale verso ogni singolo individuo, questi sia messo in condizione di non morire di dolore anzitempo, sentendosi espropriato dalle scelte.
la chiesa si ponga interrogativi a monte, scenda piano , piano, troverà meno martiri da gestire e molti bisognoso da confortare con dedizione secondo il principio dell'AMORE UNIVERSALE., di cui,tuttavia ,non è proprietaria.
QUESTO è IL SUO DOVERE.

per quanto potrà valere da oggi cerco scrivere alla mia famiglia le mie volontà ma mi cruccia il pensiero che debbano poi seguire il calvario di questi giorni..

QUESTO è QUANTO PENSO ANCHE SE ALTRI NON SONO D'ACCORDO
                                                       (Adriana Battisti)

mercoledì 4 febbraio 2009

MAFIA, POLITICA, POTERE, ECONOMIA. Ambiti non separabili.


Mafia, termine di antichissime origini e dalle disparate tradizioni e interpretazioni, che tende a connotare nell’accezione più comune, un’organizzazione criminale, antagonista all’ordine legale imposto dallo Stato sul proprio territorio.
Le origini etimologiche del termine “mafia” sono talmente varie e disparate e talmente tanti sono i significati attribuiti nel corso della storia a tale termine, che diventa oggi difficile condensarli in un significato univoco.
In realtà, oggi, il termine “mafia” tende ad indicare quell’organizzazione che adotta comportamenti basati su un modello di economia alternativo e convergente a quello legale e governativo per definizione. 
L'organizzazione mafiosa trae profitti da numerosi tipi di attività criminali: traffico d'armi, contraffazione, contrabbando di sigarette, traffico di stupefacenti, traffico di profughi clandestini, gioco d'azzardo, prostituzione, sequestri di persona, racket delle estorsioni, furti e rapine, appalti pubblici e privati, frodi agricole ai danni della UE, usura, traffico rifiuti (tossici e ordinari), riciclaggio denaro sporco, aziende legali e società quotate in borsa, investimenti finanziari, turismo, commercio con l'estero.
Come si può ben comprendere la vastità dell’attività e degli interessi gestiti e difesi, traccia la figura di un sistema vero e proprio, più che di un’organizzazione. Non a caso, riferendosi alla mafia, molte volte si è sentito usare proprio il termine “sistema mafioso”, appunto per definire e condensare in un’espressione, una struttura molto articolata che comprende all’interno di se stessa una determinata cultura politica, economica e sociale. La difesa e la gestione dei suoi interessi peculiari, è proprio ciò che fa della mafia un modello sociale perfettamente integrato nella società in cui prospera e si evolve ed è capace, grazie ad una serie di strumenti, di influenzare (e anche di indirizzare) l’evoluzione stessa della società nel suo insieme.
Il principale di questi strumenti è senza dubbio, la capacità di interagire e soprattutto di diventare parte attiva ed influente del sistema politico di riferimento. La compenetrazione tra apparato statale ed apparato mafioso, non è tanto una “venuta a patti” tra due sistemi divergenti e antagonisti che raggiungono un equilibrio, ma è più che altro il raggiungimento di quell’equilibrio grazie alla fusione dei propri apparati proprio in direzione di alcuni fini comuni che ne caratterizzano gli interessi. Tale fusione, evidente ma non ammessa, resta il tratto caratteristico della capacità di conservazione del sistema mafioso all’interno delle varie società nel corso del tempo. Senza questa compenetrazione profonda, il potere mafioso, seppur potente, radicato e pericoloso, sarebbe senz’altro giunto (soprattutto nei momenti di profonda crisi sociale e di consenso del potere politico) ad uno scontro frontale e mortale con lo strapotere dell’apparato Statale. L’organizzazione e la presenza capillare dello Stato sul territorio, avrebbe senz’altro permesso l’eliminazione o quanto meno un fortissimo contenimento del potere mafioso (si pensi a quello che è successo con la “lotta al terrorismo” politico degli anni '70).
La capacità adattiva e la forza persuasiva del potere mafioso, ne hanno fatto e ne fanno da lungo tempo, non già un’escrescenza dello Stato e del sistema politico, ma un vincolo al quale questi ultimi devono necessariamente rifarsi. Lo stato, ed il sistema politico in particolare, per perpetuare il proprio potere in modo funzionale alla tenuta del sistema sociale, deve per forza di cose favorire, appoggiare e ad accettare il cancro della criminalità organizzata.
A questo punto è utile inserire un termine nuovo per individuare le caratteristiche ed i modus operandi del sistema mafioso. Quello di fenomeno mafioso.
Il fenomeno mafioso, a differenza del sistema mafioso, è l’humus sul quale quest’ultimo cresce e si rafforza. Questo humus, altro non può essere che la società dal quale si genera. L’emergenza del fenomeno mafioso, storicamente ha visto l’avvio proprio nei periodi di cambiamento del tessuto sociale. I periodi storicamente definiti di “crisi” hanno rappresentato in determinate aree geografiche, l’adattamento sociale ai cambiamenti più vasti del sistema economico nel corso della sua evoluzione. Tali cambiamenti, capaci di rappresentare delle sorte di fratture nella continuità del sistema economico, hanno permesso e favorito da sempre l’insorgenza e l’affermazione (e il successivo rafforzamento) del fenomeno mafioso in quanto fenomeno sociale e politico.
Il radicamento di tale fenomeno, in una determinata società, non rappresenta altro che il grado di controllo che il sistema mafioso acquista nel corso del tempo all’interno della propria società di riferimento e in relazione con il proprio sistema politico.
Il fatto che queste considerazioni di carattere generale, sono perfettamente applicabili alle diverse società e ai diversi periodi storici, rappresenta la prova che il fenomeno mafioso ed il sistema mafioso non sono, come si tende a credere, qualcosa di estraneo alla struttura sociale, ma ne sono parte integrante e in taluni contesti necessaria. In altri termini, la società e la sua evoluzione, senza un potere mafioso, strutturato in sistema e capace di influenzare e il più delle volte indirizzare la vita sociale di un paese, non potrebbe essere e non sarebbe quella che è attualmente oggi.
La compenetrazione profonda tra sistema mafioso e sistema politico comunque risponde all'esigenza primaria del primo, di controllare, gestire, inserirsi, diventare attore principale, del sistema economico e finanziario. E' evidente che senza una convergenza di interessi e una condivisione di obiettivi (anche sociali) tra potere “legale” e potere “mafioso”, il sistema economico resterebbe meno permeabile alle influenze del sistema mafioso e verrebbe condizionato in maniera evidentemente minore dai suoi peculiari interessi. 
I connotati del rapporto finanziario tra mafia e Stato possono identificarsi nella facoltà della prima di inserirsi all’interno del processo di accaparramento delle risorse pubbliche, ciò avviene attraverso delle specifiche modalità incentrate sulla capillarità e persistenza di collegamenti continuativi e rinnovabili nel tempo con i settori dell’amministrazione pubblica, in deroga palese all’ordinamento legale. Questi collegamenti consentono alla mafia, in quanto gruppo sociale di pressione, di influire attivamente sul processo di allocazione delle risorse pianificato dallo Stato. Essa si pone, così, nelle condizioni di esercitare un controllo che ben presto è divenuto la cappa – paradossalmente protettiva – di fette importanti della società.
Il rapporto di scambio, dal canto suo, si realizza grazie alla capacità delle mafie di porsi come soggetto politico. Un soggetto capace di diventare protagonista all’interno dello scenario politico nazionale, grazie alla facoltà di esercitare un potere in proprio, nel senso che esso è configurabile come una vera e propria signoria territoriale. Questo controllo territoriale si afferma, in effetti, come parziale deroga da parte dello Stato al monopolio della forza. Una deroga che si è spinta fino alla delega di compiti repressivi propri dell’autorità statuale. Il rapporto, dunque, si sviluppa e si articola nell’interazione tra due sistemi di potere che raggiungono un equilibrio attraverso l’individuazione di determinati fini comuni che ne caratterizzano gli interessi. 
E’ in questi termini che deve intendersi il processo di formazione e consolidamento, in Italia, di un blocco dominante al cui interno opera un soggetto criminale. Questa formazione è stata, in primo luogo, funzionale alla tenuta dell’assetto politico venuto fuori dalla contrapposizione Est-Ovest della “guerra fredda”, ma non di meno alla conservazione della posizione di predominio e di privilegio di determinati gruppi sociali, soprattutto meridionali. 
Alla luce di tante condivisioni e di così articolate convergenze, si può affermare che la mafia non è semplicemente un’organizzazione, è una prassi (politica, istituzionale, economica), è una cultura, è un atteggiamento condiviso.
La mafia, così, appare oggi totalmente inserita nel sistema economico dominante, capace di interpretare e sfruttare al meglio gli strumenti che questi è in grado di fornire. In questo senso, l'evoluzione del fenomeno mafioso può essere vista come un intreccio di continuità e trasformazione: aspetti persistenti, come la signoria territoriale, convivono con aspetti innovativi, come le proiezioni finanziarie internazionali, in un rapporto di apparente contraddittorietà ma, in realtà, di reciproca inclusione. 
L'inserimento sempre più massiccio della “mafia” nel sistema finanziario, attraverso investimenti legali, successivi al meccanismo gigantesco ed illegale del riciclaggio, fanno oggi dell'organizzazione criminale, un attore estremamente presente e influente nel panorama finanziario internazionale. Compartecipazioni in borsa, investimenti immobiliari, controllo di aziende e imprese anche quotate in borsa, gestione e controllo delle attività legate al turismo, sono solo alcuni degli aspetti più evidenti di questo strapotere. I “capitali mafiosi” sono parte integrante e fondamentale delle grandi multinazionali, animano i templi di un'economia finanziaria che governa il nostro mondo sfruttando rendimenti fittizi frutto di capitali virtuali. 
Ma è proprio in questo che si evidenzia, nella maniera più manifesta e non ammessa, la compenetrazione profonda che esiste tra il potere politico e quello mafioso, tra il sistema “legale” e il sistema “criminale”. Sarebbe infatti impensabile una tale preponderanza, presenza e pervasività nelle attività economiche e finanziarie, senza i dovuti e necessari collegamenti con il mondo c.d. legale, statale, politico, senza le connivenze e alleanze con i personaggi e le lobby chiave del mondo politico e finanziario. Connivenze ed alleanze che, nella loro evoluzione storica, si sono sempre più caratterizzate come “unioni organiche”, fino a diventare perfettamente funzionali e imprescindibili per la tenuta stessa del sistema politico ed economico nel suo insieme.
Questo porta ad una considerazione molto importante nella comprensione delle mafie e del sistema da esse rappresentate: il sistema economico dominante, basato sul mercato, diventa parte essenziale del potere mafioso e dell'influenza da esso esercitato, diventa cioè lo strumento necessario attraverso il quale questo potere si esprime. In altre parole, è il sistema economico stesso a fornire quesgli strumenti necessari e irrinunciabili tali da garantire e mantenere un Potere Mafioso. E' in questo che va scorta e rintracciata l'insorgenza della necessità, da parte della mafia, di un legame organico con la politica.
Legame che, oggi, dopo decenni di “ottimo” collaudo, appare fortemente strutturato e difficilmente estirpabile.
Il rapporto di scambio che così si articola, mostra come la natura delle relazioni, delle condivisioni e delle convergenze abbia creato un doppio binario di relazioni reciprocamente interlacciabili e strutturabili. Se da un lato nella dinamica dei rapporti tra mafia e politica, la prima sfrutta tali relazioni per conseguire un'influenza sempre crescente ed una occupazione di posizioni di potere sempre maggiori, garantendo l'accesso (quasi l'elezione) tra le fila della borghesia imprenditrice; dall'altro lato, la politica vede in tanta capacità di influenza la cassaforte in cui custodire i segreti di un successo che, nel caso della Democrazia Cristiana, è stato emblematico.
Ma non è tutto. Il potere mafioso si esplica e si esprime anche attraverso meccanismi e modalità operative più sottili e subdole, fino a configurarsi come parte integrante della cultura stessa di una nazione, fino a contaminarne atteggiamenti e modi di pensare, di comportarsi, di vivere. E' evidente come, date queste immense premesse, sarebbe impensabile, qui, analizzare compiutamente tutti gli aspetti e le problematiche poste dal sistema mafioso nell'economia e nell'ambito sociale di un paese come l'Italia. Alcuni aspetti non sono nemmeno stati accennati, come ad esempio il controllo del mercato del lavoro di determinate aree del paese o l'uso della minaccia armata, o ancora l'infiltrazione mafiosa nel sistema giudiziario o l'influenza e il condizionamento sull'Informazione. Aspetti, tutti, che necessiterebbero una trattazione molto approfondita. Aspetti, del resto, cruciali per la definizione e la comprensione di un potere mafioso. 
In realtà, questo scritto si propone semplicemente come spunto di riflessione.

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