giovedì 30 ottobre 2014

Un futuro a Caste e Strisce.

Il disegno neoliberista di dominio sociale che porterà all'implosione della democrazia come sistema politico. 


di Francesco Salistrari



Certo, il Potere è geniale.

Dopo aver progressivamente azzerato le conquiste operaie degli anni ’70, spazzato via ogni velleità di cambiamento nel mondo occidentale ed occidentalizzato (globalizzazione, sic!) l’intero pianeta, inebetito gran parte della popolazione mondiale attraverso la distruzione della scuola, la tv e il cinema, dopo aver convinto la maggioranza silente che è più desiderabile possedere uno smartphone luccicante che usufruire dei propri diritti, dopo tutto questo e molto altro, il disegno è compiuto.

Prendiamo l’Italia.

Un paese che solo agli inizi degli anni ’80 era tra i primi 4 paesi più ricchi del mondo, seconda potenza industriale d’Europa, come si ritrova oggi?

Con una democrazia azzerata, il welfare state sventrato, un Parlamento e una Costituzione smantellati e un popolo governato da tre, e dico tre, governi consecutivi NON eletti democraticamente.

Il “Piano di Rinascita Democratica” piduista si è trasformato in realtà, senza colpo ferire, senza la minima opposizione, in maniera scientifica e indolore. Ed il tutto con il beneplacito della “sinistra” italiana, cioè di quella parte politica che avrebbe dovuto rappresentare proprio l’unico baluardo di difesa di democrazia, diritti e giustizia.

Com’è andata? Che le peggiori riforme, quella che hanno dato avvio allo sfacelo a cui assistiamo, sono state varate proprio da governi borghesi spalleggiati dalla nostra pseudo sinistra politica e sindacale. E’ un caso secondo voi che il primo governo Prodi, quello che ha dato via alla precarizzazione del lavoro nel nostro paese, distrutto scuola e sanità, che ha smantellato il comparto pubblico a suon di privatizzazioni (meglio dire svendite), è stato anche il governo che ha registrato il più basso numero di ore di scioperi della storia repubblicana?

E che cos’è oggi il PD, con il suo “leader” Renzi? Non è forse un partito connotato da politiche padronali, di destra, con quella patina di “sinistra” che gli assicura il consenso proprio in quelle fasce sociali da cui naturalmente sarebbe avversato?

Il disegno è geniale. Mettere un uomo (ed un gruppo dirigente) profondamente di destra a guida del partito di maggioranza della sinistra italiana, perseguire programmi e obiettivi delle elite finanziarie e politiche europee ed di oltreoceano (USA) con il minimo possibile di opposizione reale.

Ma in tutto questo esiste un aspetto sociologico davvero incomprensibile, o per meglio dire inconcepibile, ma che pur si sta verificando e sta dipandando pienamente i suoi effetti deleteri sulla società italiana in maniera indelebile. Tale aspetto è quello che ha portato una fetta importante di popolazione, quella che si rifaceva alla vecchia tradizione comunista italiana incarnata dal PCI, ad appoggiare incondizionatamente un progetto simile. Ripeto di DESTRA.

Un intero gruppo sociale inebetito e rimbecillito a tal punto da non rendersi conto che le politiche portate avanti da questo PD, da questo gruppo dirigente, imbeccato ed eterodiretto dalle elites finanziarie, bancarie e politiche occidentali, sono esattamente le stesse politiche, gli stessi disegni e gli stessi obiettivi che hanno combattuto per decenni a colpi di scioperi, serrate, manifestazioni, raccolte firme, scontri con la polizia, subendo arresti, persecuzioni, interdizioni, umiliazioni.

Tutto quello che gli anni ’70 avevano conquistato alla classe subalterna italiana in tema di tutele, diritti e benessere, viene oggi smantellato proprio con il benestare di chi per quelle conquiste ha lottato duramente. Un’intera generazione di italiani, oggi, sta facendo la figura di un branco di cerebrolesi.

E a subirne le conseguenze disastrose saranno proprio le future generazioni. I figli dei figli di quel ’68 che verrà ricordato come l’anno in cui ebbe inizio la più grande sconfitta della storia di quella possibilità (allora soltanto accarezzata e sussurrata) di rendere il mondo un posto più vivibile e libero.

Mentre attraverso il Job Act, avviene il definitivo cambiamento del mercato del lavoro italiano portandolo agli standard di quello statunitense e tedesco, e di concerto viene completamente azzerato il ruolo e la stessa ragione d’esistenza della rappresentanza sindacale, mentre vengono ratificate e attuate le politiche volute e imposte dalle elites finanziarie europee e americane, ci si prepara ad entrare, sotto la guida di questo partito reazionario che si fregia del nome di “democratico”, in una nuova era di rapporti internazionali ed economici attraverso la sottoscrizione del T.I.I.P, mentre quello che restava della legittimità democratica nel nostro paese e degli strumenti di difesa sociali nei confronti della distruttività del neoliberismo economico vengono cancellati, il popolo italiano “dorme” sonni tranquilli.

Con quel minimo di benessere che rimane, con la ricchezza che continua a polarizzarsi verso l’alto, con la forbice sociale che si allarga sempre più, i segni del risveglio sociale stanno praticamente a zero. E questo perché la stragrande maggioranza della base di consenso del partito designato al governo del paese, appoggia in maniera acritica qualsiasi decisione piova dall’alto.

In questo fenomeno sociologico tanto strano, c’è sicuramente un’eco della più becera tradizione comunista occidentale, direttamente ereditata da oriente: la dirigenza ha sempre ragione. In questo modo vengono azzerate le discussioni e tutto viene accettato in maniera acritica.
Che manna!

Ma c’è anche un aspetto più inquietante nella nostra situazione attuale: ed è il fatto che, tutte quelle formazioni politiche e sociali che si schierano apertamente contro questo disegno, contro il governo, contro i sindacati marci e filogovernativi (nonostante la manfrina dell’ultima manifestazione di parata a contenuto politico pari a zero), tutto quel marasma di società e di politica attiva di alternativa, hanno due problemi fondamentali da affrontare e risolvere (e alla luce dei fatti sono ancora molto lontani sia dalla comprensione di tali problemi, sia ovviamente dalla loro risoluzione).

Punto uno: sono frammentarie e non riescono a coordinarsi e unirsi in vista di obiettivi comuni non solo di breve, ma anche e soprattutto di lungo periodo.

Punto due: non possiedono alcuna proposta politica complessiva di reale alternativa.

Una bella fregatura.

Anche perché, nel mondo del nuovo accordo di partnership economica che passa sotto il nome di T.I.I.P. che vedrà la luce nel 2015, senza un’alternativa credibile, radicale e complessiva di società, di economia, di democrazia, in una parola senza una vera prospettiva di cambiamento, le possibilità di opporsi al disegno di dominio sociale che passa sotto il nome di neoliberismo, saranno praticamente nulle.

Non ci meravigliamo se poi tra qualche decennio ci troveremo a vivere in un sistema di caste indiane dove la parola “dittatura” sarà solo un termine obsoleto che descriverà un vecchio e superato, quanto ingenuo, modo di gestione sociale, ormai sorpassato in maniera brillante.

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