sabato 30 gennaio 2010

Il vento.







Sento una carezza sulla pelle, proprio in questo momento, dolce, delicata, sincera.
E conosco queste mani ferme, gentili, leali.
Sono le dita del vento quelle che mi accarezzano adesso.
Sono le dita di quest'incantesimo che non ha nome, questo miracolo a cui nessuno fa caso.
Sono le dita di una magia, quelle che fanno volare gli uccelli, che muovono le nuvole, che accarezzano gli alberi. In un tocco d'amore infinito che si spande nel mondo.
Il vento.
Il respiro della Terra.
Adoro farmi accarezzare da loro, sentirne il solletico sul corpo, lasciare alle emozioni la possibilità di librarsi e diventare, esse stesse, uccelli.
L'incanto del vento è sapere che la Terra ancora respira.
Viva.
E che, adesso, qui, accarezzandomi, dichiara il suo amore per me.

(Francesco Salistrari, 2010)

martedì 26 gennaio 2010

La paura.









C’è stato un momento in cui ho pensato che il sole cadesse dal cielo,
un altro invece in cui ho creduto le stelle potessero scappar via,
e un altro ancora in cui ho pensato che il mare evaporasse al soffio caldo del vento.


Nulla di tutto ciò naturalmente è successo,
ma qualcosa è cambiato,
qualcosa è diventato ciò che non avrei mai voluto che fosse.


Il mondo intorno adesso mi sembra diverso,
i suoi colori e i suoi odori non sono più gli stessi,
la passione con la quale li osservavo è ormai cambiata per sempre.


Il sole, le stelle, il mare,
non sono più ciò che ho sempre creduto che fossero,
adesso quasi inutili, quasi senza senso e significato.


C’è stato un momento in cui mi sono sentito immortale,
ma anche quello è fuggito senza lasciare traccia di se
togliendo però alla vita quel senso d’incanto e di bellezza.


C’è stato un momento in cui mi sono sentito come Dio,
ma naturalmente ho solo scrutato l’illusione del mondo
di essere ciò che non è.


E’ stato tutto così bello e attraente,
ma ora ho paura,
paura di evaporare, io si, al posto del mare,
di cadere, io si, al posto del sole,
di scappare via per sempre, io si, al posto delle stelle…


Ho paura,
ma la paura è solo ciò che non si può ottenere,
è solo ciò che è falso e non può diventare realtà,
è solo ciò che si ha, ma si vorrebbe buttare via…


(Francesco Salistrari, 2010)

lunedì 25 gennaio 2010

Dignità.


A volte scrivere mi fa male, come un pugno allo stomaco.
E' come se confessassi un peccato tenuto celato per troppo tempo. E mi sento alla gogna.
Come se avessi gli occhi della gente appicicati addosso, simili a sanguisughe.
A volte scrivere mi fa sentire nudo.
Come quando si sogna di camminare in mezzo alla gente senza le scarpe, perfettamente a disagio.
Ed è così che tante volte rinuncio. Che zittisco la rabbia che mi scivola dentro. E' così che sospendo giudizi che inevitabilmente riguarderebbero anche me.
Viltà.
O qualcosa di simile.
Ho paura di scivolare nell'imprudenza, nel qualunquismo (se mai esistesse), nella maleducazione.
E taccio.
Nascondendo me stesso dietro le apparenze, come tutti, in fondo.
A volte mi trincero nel silenzio per non sembrare patetico, banale, superficiale.
Come adesso del resto.
Come sempre, forse.
Ma il più delle volte non riconosco limiti alla decenza...e grido il mio furore.
Contro quello che siamo, quello che sono.
Grido il mio dolore per le ferite che vedo comparirmi sul corpo, inferte da qualcuno chissà dove.
A volte scrivo e ammanto la mia naturale viltà con la dignità della denuncia. Una dignità che in fondo non mi appartiene, ma che fingo di avere.
Solo per sentirmi migliore.
In fondo per dimostrare a me stesso che non mi sono ancora arreso.


(Francesco Salistrari, 2010)

venerdì 22 gennaio 2010

La notte.

Meravigliosa, la notte.
Come una dolce signora che arriva in punta di piedi,
silenziosa e discreta,
gentile e sincera.

Ha per occhi le stelle e per sorriso la luna,
radioso, ammaliante,
perché melanconico.

Meravigliosa, la notte.
Perla splendente
racchiusa nella sua conchiglia di buio.

Come nenia la sua voce calma
ci conduce al mattino,
all'ennesima rinascita.
Perché nel sonno moriamo,
ma solo per gioco.

Meravigliosa, la notte.
Che ci fa tutti bambini,
vulnerabili e sinceri,
gioiosi e senza pensieri.

Com'è bella, la notte.
Amante discreta
di questa risma di pazzi che qualcuno chiama umanità.


(Francesco Salistrari, 2010)

giovedì 21 gennaio 2010

Ed io...mi volto di lato.


Mi guardo di lato e vedo lei..o forse non lo è.
Non può esserlo.
Non ha senso reincontrarla adesso, ora, dopo così tanto tempo.
Quante occasioni sciupate, quanto tempo andato a male.
Il tanfo dei giorni buttati, mentre lei era lì.
Ad aspettarmi. Ad attendere una chiamata, una scusa, una stronzata.
Come ho fatto a non capire, a non immaginare come sarebbe stata la mia vita senza di lei?
Eppure l'ho fatto.
Perchè lo volevo.
Allora.
Ma oggi?
Non ne sono sicuro, non come prima.
Mi manca la sua carica esplosiva, la sua magra follia, la sua stupidità, la sua irriverenza, la sua mancanza di stile.
Perfetta. Perchè vera.
Sempre, comunque, ovunque.
Il suo stranissimo sorriso, veniale, attraente.
Ogni centimetro della sua pelle, un'oasi di pace interiore.

Mi guardo di lato e la vedo.
Che mi sorride e si avvicina.
Ci parliamo. Come se non lo avessimo mai fatto.
Ci sfioriamo. Come se fosse la prima volta.
Ci guardiamo. Quasi come due sconosciuti.
"Usciamo qualche volta?"
"Certamente"
E mi volto di lato.
E lei svanisce.
O forse sono io a farlo al posto suo.
Ancora una volta.
Cammino, sulla strada. Tagliente come nastro adesivo cosparso di vetri.
Ma non so dove vado.
Vorrei fermarmi, tornare sui miei passi, abbracciarla, sentirne l'odore.
Il suo.
Unico.
Vorrei sentire palpitarmi il suo cuore vicino.
Ed immagino di sentirlo veloce, all'unisono col mio.
Sentirei le gambe più molli, ne sono sicuro.
Ed invece è tutto irrealtà.
Svanisco. Nei pensieri del tempo. Nelle occasioni andate a male.
In quella vita che potevo scoprire e che ho ucciso senza pietà.
Traviato o illuminato, chissà.
Dalle mie convinzioni, paranoie, ossessioni, relazioni.
Adesso, in un altro universo, ne sono sicuro, un altro me stesso è con lei che cammina.
Felice.
Sarà!
Sicuro, comunque, di non aver rinunciato al proprio destino.

(Francesco Salistrari, 2010)

mercoledì 20 gennaio 2010

Sigaretta.



Odore di tabacco.
Acre.
Aspro.
Come uva acerba.
Rude come mani di muratore.
Continuo ad assaporare il suo amaro sentore di morte come fosse miele d'acacia.
Il fumo si disperde nell'aria d'intorno in forme voluttuose. E sembra quasi di intravedervi un sorriso beffardo, tra le sue spire.
Tabacco.
L'ennesimo inganno di un mondo ingannevole e bugiardo.
Ennesima fregatura legale di un gioco al contrario.
Com'è caldo il sapore del fumo!
Simile ad una rassicurante carezza. Mano gentile che conduce alla calma.
La sigaretta si consuma e con essa la mia vita.
E non m'importa.
Chissà come mai. Chissà chi l'ha deciso.
Siamo bambini ingannati dai propri insegnanti.
A scuola non ci insegnano ad essere migliori, ma solo più stupidi.
Tabacco.
Spengo la sigaretta e la butto lontano, come sempre, schifato.
Ma solo fino alla prossima.
Che mi farà innamorare di nuvo di lei.

(Francesco Salistrari, 2010)

martedì 19 gennaio 2010

Coca Cola.


Un tempo bastava un tappo della coca cola a farmi felice.
Un giro in macchina ed un caffè.

Le Diana Rosse sempre a portata di mano.

Tutto sembrava così semplice.

Un tempo bastava grattarsi dietro l'orecchio per trovare la pace.
E sorridere placido di ogni cosa,
senza pensieri.
Bastava prendere in mano un telefono e giocherellare coi tasti.

Prendere appunti e cominciare a raccontare.
Era bello sedersi nell'erba e sentire la rugiada bagnata.
Guardare le cose e non sentirsene padrone.

Anche il lavoro sembrava accettabile. Faticoso, ma divertente.
E' ormai un tempo lontano.
Fatto ora solo da ricordi sbiaditi. Da paure dimenticate. Da sogni perduti.
Un tempo bastava un sorriso a regalarmi un raggio di sole.

Bastava un sussurro ed era un fiume di parole.
Bastava una partita alla radio per sentirsi campioni.

Oggi, tutto questo non basta.
C'è bisogno di Sky e dell'HD. Del televisore 16:9 e del dolby surround. C'è bisogno del giro del mondo per conoscerlo bene. C'è bisogno del portatile per poter navigare, chattare, perdere tempo.
Un tempo bastava il tappo della coca cola.

Oggi nemmeno l'intera bottiglia servirebbe a qualcosa.


(Francesco Salistrari 2010)

sabato 16 gennaio 2010

D'ifinito.


Se potessi mi tufferei nei suoi occhi di pece.
E lentamente affogherei.
Con un grande sorriso a disegnarmi le labbra.

Vorrei fosse qui.
Per ridere con lei, come solo noi riuscivamo.
Toccarci l'anima con le dita...
...e suonarla come un'arpa.

Insieme, siamo stati grandi musicisti...
...ed abbiamo, anche se per poco, accarezzato l'utopia.
Magnifica, sebbene fugace, sensazione d'eternità.

Quell'oscura forza magnetica che ci ha attratti,
fin dalla prima volta che, inconsapevoli, ci siamo guardati.

La sua incantevole innocenza,
che splendette come sole sui miei giorni,
...e a lei m'incatenò per sempre.

Sebbene adesso lei rimanga solo un ricordo...

Tra i più dolci che conservo,
simile al profumo di una magica pozione.

Negli occhi l'uno dell'altra scorgemmo
la luminescenza dell'infinito.
E, sebbene sopita, ancora s'intravede.

Sebbene lontani...come pianeti distanti.

Se non ci fossimo mai incontrati,
saremmo persone diverse.

Senz'altro peggiori.


(Francesco Salistrari, 2010)

venerdì 15 gennaio 2010

Compagni di viaggio.


Dopo questa ennesima lunga notte, popolata da fantasmi che ormai mi accompagnano da anni, aspetterò come sempre la prima luce, sempre uguale, magnifica e melanconica, che mi sbircia da lontano e che viene solo per frugare tra le mie cose. La prima luce, compagna di questa notte, è anche la meno discreta, è quella che arriva a mostrare alla notte che fugge chi sono, chi è stato il suo compagno silenzioso per tutte le ore passate. E mi scorgono da lontano le stelle che stanno per sparire, mi osserva anche la luna e gli altri pianeti e tutto grazie a quel piccolo ed insignificante raggio di luce che arriva dal sole, il primo, l’unico capace di mostrare a tutti i compagni inconsapevoli di questa notte che insieme a loro c’ero anch’io.

Così il cielo del mattino lentamente si rischiara ed i miei compagni di viaggio svaniscono lentamente, dandomi però appuntamento per la notte che verrà. E grande sarà la loro sorpresa quando ormai convinti che non mi sia presentato, grazie a quel piccolo raggio mattutino, come una nuvola fino a quel momento invisibile mi vedranno apparire ancora e mi sorrideranno da lontano, felici di aver trovato qualcuno che come loro aspetta che la notte si consumi.

Felici di sapere che qualcuno, nonostante tutto, si sia accorto di loro.


(Francesco Salistrari, 2010)

martedì 12 gennaio 2010

Mater.


Madre di ogni cosa.

Signora sovrana.

Il tuo utero,
centro dell'universo.

Le tue mammelle,
che danno vita alla strada lucente.

Mistico centro di potere magnetico.

Madre di tutte le cose.
Ode a te!

Signora sovrana,
dea dell'amore,
dea della vita.

Il tuo codice è la lingua
dell'Olimpo nei cieli.

I tuoi segreti
sono i segreti del tempo.

Signora sovrana,
ode a te!

Ora e sempre,
nei secoli dei secoli.


(Francesco Salistrari, 2010)

domenica 10 gennaio 2010

L'incubo del dormiente.


Il silenzio sopra di me,
spesso come catrame,
il buio simile a panna montata.
Immobile attendo qualcosa che non arriva,
all'orizzonte nulla scorgo se non la paura,
sul suo
galoppante cavallo ,
fiera e spietata.
Respiro come un'aria malsana
ed il mio corpo si ribella a qualcosa di indefinito.
Le mani fredde non toccano più nulla
ed il cuore pulsa lento una linfa vitale
di cui ignoro la verità.
Strana è la mia quiete,
nonostante senta in lontanaza rumore di zoccoli,
cavallo scuro al galoppo.
Strana calma la mia,
che mi attorciglia le membra.
Odore macchiato d'incenso e fiori appassiti,
come cimitero.
Cosa sarà tutto questo,
se non un altro scherzo della vita?
O della morte?
Ricomincio a camminare
in questo mondo stanco e desolato,
fatto di pietre e solitudine,
di silenzio e rassegnazione.
Cosa sarà tutto questo,
se non l'incubo di un dormiente?
E' calata la mezzanotte
su questo mondo strano.
Un assurdo sole
è già scomparso all'orizzonte.
C'è chi ha paura, chi sorride, chi se ne frega.
Il buio è calato, ma nessuno sa perchè.
Trema la terra ed ulula il vento,
divampa il fuoco e l'erba avvizzisce.
Siamo arrivati alla fine del viaggio,
cari miei mentecatti.
Cala lento il sipario
e c'è ancora qualcuno che si chiede il perchè.
Come me.
Sveglio o dormiente?

(Francesco Salistrari, 2010)

venerdì 8 gennaio 2010

Il cielo vuoto.

Chiodo fisso come immacolato, musica soffice, pensiero libero.

Il mistero della vita si erge dal lampo prima del tuono, che chiede aiuto quando il cielo si scurisce.

Cogli la tua mela, non aspettare perché il mondo non lo fa, e la mela va in malora.

Odore di funghi tra le righe del tempo, odore di sesso nei ricordi di chi giovane fu…non aver paura di gridare al cielo il proprio nome, perché nessuno ti risponderà.

Il cielo è vuoto, non sono certo io a dirlo. Dio non c’è lassù. Dio è qui. Dio sei tu stesso.

Fai la tua parte almeno una volta.

Il cielo è vuoto, è il pianto ad essere infinito.

E si leva fin lassù rendendolo pieno.

Pieno di ciò che non dovrebbe.

Il cielo non è quello che vedi. Ma è nei tuoi occhi uomo.

Aprili davvero e guarda aldilà delle nuvole, apri il tuo cuore e pensa a ciò che di bello sai fare.

Dio non esiste, ma esisti tu.

Fà la tua parte, maledetto animale.

Almeno una volta.


(Francesco Salistrari, 2010)



giovedì 7 gennaio 2010

L'urlo.


A volte è come se sentissi dentro me tutto il dolore del mondo, il pianto degli affamati, il freddo dei senzatetto, la sofferenza dei malati.
Come un'ancestrale malìa che mi avvolge l'anima che per un attimo mi fa dimenticare chi sono e cosa ho.
Mi sento vecchio, stanco, affamato e soffro il freddo di un inverno infinito che avvolge la storia del mondo.
Non ne ho mai compreso il perché, nè ho cercato risposta, nè giustificazione, nè comprensione.
Vorrei solo esser capace di fare qualcosa, ma mi consumo in un'inutilità accecante, senza senso e vano mi sembra ogni sforzo.
Non cerco commiserazione, nè simpatia, nè ammirazione. E la mia non è superbia. Ve lo assicuro.
Vorrei solo essere in grado qualche volta di riuscire a parlare per chi soffre, per chi non ha nulla e muore nell'anonimato di questo mondo che dimentica.
Vorrei urlare ed esser capace di farmi sentire ai quattro angoli del globo.
Per un attimo.
E regalare ad ognuno un semplice istante di comprensione.

(Francesco Salistrari, 2010)

martedì 5 gennaio 2010

Il sonno del giorno.


Vorrei non dover dormire mai.
Vivere la mia vita ogni istante, un minuto alla volta, intensamente, senza perdermi nulla.
Vorrei poter cullare i miei sogni ad occhi aperti, senza esser costretto a fuggire ogni volta in quel luogo senza luce che tutti chiamiamo sonno.
Vorrei vivere ogni singolo istante del giorno e della notte, veder nascere il sole e sparire la luna, colorarsi il mondo e poi di nuovo, fino alla prossima volta. Ad attendermi c'è una notte senza fine, sonno eterno aldilà del mondo. Non voglio dormire, non adesso, troppo breve la vita. E' assurdo lasciare tutto questo tempo per strada, dormire e sognare e non ricordare, morire ed amare ed è solo illusione. Voglio sentire la realtà, respirarla, farla parte di me, sentire le cose e la loro consistenza, amare e ricordare, lottare e vincere la propria battaglia di ogni giorno. Ma poi cado stanco ed il buio mi avvinghia e così dolce è l'alcova che mi accoglie, così rassicurante, materna miracolosa. Cado stanco della vita appena vissuta, trascorsa e consumata per sempre. Comincio a dormire ed il mondo non ha più importanza. Vorrei non dover dormire. Ma quando lo faccio non vorrei più tornare.

(Francesco Salistrari, 2010)

sabato 2 gennaio 2010

Il cielo sfuggito.






Sono stanco di parlare.
Le parole hanno senso solo se qualcuno è disposto ad ascoltare.
Ci parliamo addosso ogni giorno senza più comprenderci e ci schieriamo l'un contro l'altro, pur essendo d'accordo.
Non siamo più in grado di capire chi siamo, perchè smarrita è la nostra capacità di sognare.
I nostri sogni hanno l'odore di un negozio e degli scarichi delle auto.
Siamo rimasti soli, accecati dalle luci delle nostre città, senza più possibilità di vedere il cielo.
E' forse per questo che ci sentiamo così grandi.

(Francesco Salistrari, 2010)

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