Questa è la sintesi di un'intervista a Leonardo Boff che affronta i temi cruciali del sistema nel quale viviamo e del ruolo della Chiesa nelle dinamiche sociali e politiche odierne.
Buona lettura.
Ci
sono due gruppi di minacce davanti a noi. Una viene dalla macchina di
morte che è la nostra cultura militarista che ha creato un tale
numero di armi nucleari, chimiche e biologiche, che possono
distruggere ogni forma di vita sul pianeta. Queste armi sono molto
deleterie: sono in sicurezza, ma non in assoluta sicurezza. Lo
abbiamo visto a Chernobyl e Fukushima. Inoltre abbiamo le
nanotecnologie.
La guerra cibernetica
può essere ad elevata distruzione. Si tratta di una guerra non
dichiarata, di violenza estrema e che punisce gli innocenti. Il
secondo gruppo di minacce deriva da quello che il nostro sviluppo
industriale ha fatto negli ultimi 300, 400 anni, con la sistematica
aggressione alla Terra, ai suoi beni, le sue risorse. Siamo arrivati
al punto di avere destabilizzato totalmente il sistema Terra, e
l’evidenza di questo è il riscaldamento globale. Per ricostruire
quello che prendiamo alla Terra in un anno, essa abbisogna di un anno
e mezzo. Quindi la Terra è già sterminata.
Stiamo
arrivando a una temperatura vicino ai 2º C e la comunità
scientifica nord-americana ha lanciato l’allarme sul fatto che, con
l’ingresso del metano, del disgelo delle calotte polari e altri
fattori, la Terra si sta scaldando piano e, improvvisamente, la
febbre può sbalzare da 37º C a 45º C. Con questo repentino
riscaldamento, la vita che conosciamo oggi non sopravviverà, né
quella animale, né vegetale, né umana. Dato che abbiamo la
tecnologia, siamo in grado di creare piccole oasi refrigerate per
gruppi di esseri umani, che sicuramente invidieranno quelli che sono
morti prima, tanto la vita sarà miserabile. Questo incomberà
sull’umanità nei prossimi decenni, e nessuno lo crede, perché va
contro il sistema di accumulazione, contro il capitalismo, contro le
grandi aziende. Gli intellettuali che hanno un senso etico devono
parlare di questo.
Il
capitalismo è anticristiano perché in primo luogo è contro la
vita, assassina le vite umane per accumulare. Per permettere ad
alcuni una vita di qualità, molti devono avere una pessima qualità
di vita. E questo è ingiusto. E tutto quello che va contro la vita
finisce per essere contro colui che ha detto: «Io sono venuto a
portare la vita, e una vita in abbondanza». Per questo è
anticristiano. Riconoscerlo è costato molto ai cristiani, dato che
le chiese si sono collocate molto bene dentro il sistema capitalista.
La Chiesa ha difficoltà a condannare perché il capitalismo non nega
la Chiesa o la religione. Al contrario, difende la Chiesa e la
morale. Solo che, nella pratica, nega tutto questo. E questa è la
grande illusione della Chiesa, dal momento che il capitalismo si
estende in tutto il mondo, senza solidarietà. Con lui, solo il forte
guadagna.
Gli
Stati Uniti? Sono in “grande terrorista mondiale”, poiché in
America Latina hanno appoggiato tutte le dittature e partecipato
attivamente agli attentati, ai sequestri di persona, fornendo
informazioni. E continuano con questa strategia, che è la strategia
dell’Impero. Dove c’è una opposizione, la distruggono. Solo, mi
meraviglio che non siano ancora riusciti ad eliminare Hugo Chávez in
Venezuela, né Fidel Castro, pur tentando 17 volte, senza risultato.
Gli Usa utilizzano
sempre la violenza militare per imporsi e lo fanno dappertutto, come
hanno fatto in Libia, ad esempio, con i droni. Credo che dopo
le elezioni interverranno
con i droni anche in Siria. Indipendentemente dal fatto che Obama
venga rieletto o meno: perché gli Usa non
riusciranno a trattenere Israele e, inoltre, non risolveranno i
problemi con l’Iran.
Quindi
l’arma non è la diplomazia e la ricerca di percorsi di pace, ma è
la sottomissione. Sono forti, oggi: non nell’economia,
perché la Cina lo è di più, né nella tecnologia (Giappone e altri
paesi lo sono di più). Loro hanno il dominio militare del mondo, con
la possibilità di ammazzare tutti. In nome di questo, sottomettono
tutto il mondo. Nessuno si oppone all’Impero, tranne il Venezuela,
Cuba e la Corea del Nord. Tutti gli altri, compreso il Brasile, si
inchinano agli Stati Uniti. Si tratta di un impero il cui imperatore
è afroamericano, ma con la stessa perversione di Bush e altri,
perché il progetto non è cambiato.
Un
vecchio detto della tradizione cristiana dice: “Dove c’è il
povero, lì c’è Cristo”. Oggi dobbiamo guardare in tutte le
città del terzo mondo, le grandi cinture di miseria, le baraccopoli.
Il cristiano che prende sul serio la consapevolezza che Cristo è là
dove sta il povero deve andare a visitarlo. Non basta sapere che là
c’è uno slum. Bisogna andare lì, parlare con le persone, vedere
come si può aiutarli a organizzarsi meglio. Un altro detto dice:
“Dove ci sono i poveri c’è Cristo, e dove c’è Cristo sta la
Chiesa”. Solo che non è vero che dove ci sono i poveri c’è la
Chiesa. Essa è più vicina al Palazzo di Erode che alla grotta di
Betlemme. La Chiesa deve rivedere quale è il suo posto nella
società. Riconoscere la Chiesa di Roma come l’unica vera è un
errore teologico, perchè suppone un concetto di Dio riduzionista,
come se Lui dicesse: «Questi sono i miei figli e quelli non lo sono;
queste sono le mie creature care e quelli sono figli abbandonati».
Questo non esiste per Dio. Tutti siamo nati dal suo cuore. Dio crede
in tutti gli esseri umani. Tutti sono figli e figlie, non solo i
battezzati, che per caso sono nati in Occidente. Quindi una Chiesa
che non fa questo, si oppone a Dio.
La
Teologia della Liberazione parte dal grido degli oppressi, che oggi
sono i poveri. Fino al 2008 c’erano 860 milioni di poveri al mondo
e la crisi economica
e finanziaria ha elevato questo numero a un miliardo e 200 milioni. I
gridi sono diventati boati. Fino a quando ci saranno persone al mondo
che gridano, siano donne, afrodiscendenti, indigeni, persone
discriminate, sempre ha senso – partendo dalla fede – parlare e
agire in forma liberatrice. È una teologia permanente, perchè, per
la condizione umana, tutti – perfino i più ricchi e equilibrati –
portano la propria croce: é la paura della morte, l’esposizione a
incidenti, la perdita del figlio o della sposa; non abbiamo una vita
sicura. La condizione umana è questa e deve essere costruita ogni
giorno, con la sua angustia e oppressione.
Oltre
la metà dei cristiani e dei cattolici vive nel terzo mondo. Di fatto
è una religione del terzo mondo, sebbene sia nata nel primo. E se
parliamo di creatività, di presenza, vedremo che la creatività non
è presente nel primo mondo, dove abbiamo culture agonizzanti, che
lentamente “stanno scivolando dalla rampa” della vita. Sono
civiltà che non coltivano la speranza, perchè non vedono quale
speranza ci sia per loro. In fondo hanno conquistato tutto quello che
volevano, hanno dominato il mondo, imposto le loro idee, le loro
filosofie, i loro valori, la loro musica, e ora dicono che sono
infelici. Questo significa che l’essere umano non ha solo fame di
pane, di beni materiali, ma anche di bellezza, di comunicazione, di
amore di solidarietà. E questi valori sono presenti soprattutto tra
i poveri.
Se
c’è una cosa che i poveri proteggono è la cultura della
solidarietà, l’allegria di vivere con il poco che hanno. Lo si
vede perfino nelle telenovele di “Globo”, come quella chiamata
“Avenida Brasil”: dove stanno la vita, la solidarietà e
l’allegria? Non nell’alta borghesia; stanno nella favela del
Divino. In questi luoghi dell’Asia, dell’Africa, dell’America
Latina, il cristianesimo si dimostra creativo. Qui abbiamo la donna
povera che non vuole entrare nel mondo dei ricchi, ma vuole essere
solidale. Quindi c’è una teologia femminile differente. Esse
litigano perfino con le americane, per esempio, criticandole, dicendo
che non si deve continuare a fare teologia solo per integrare le
donne, che poi contribuiranno solo a ingrossare il mondo degli
oppressori. Le latinoamericane chiedono a loro solidarietà come
donne e come oppresse. Se non ci sarà questo, non sarà una
vera Teologia della Liberazione.
La
teologia é seria quando si prende sul serio la testimonianza degli
invisibili, dei disprezzati, di quelli che non contano niente. Ogni
persona è unica al mondo, ha qualcosa da dire, da mostrare.
Ignorante é quello che pensa che il popolo è ignorante. Il popolo
conosce molto della vita, della sua lotta. É un sapere, come dice
Camões, “fatto di esperienza”. Siamo seri quando diamo valore a
quello che dice il popolo, che non sono parole, ma drammi e gridi. In
secondo luogo, dobbiamo saper formulare questo in maniera rigorosa e
universale, in modo che tutti possano capire. Per prima cosa, la
teologia e le Chiese ammettano di essere complici del mondo a cui
oggi siamo arrivati. Questo significa che c’è stato qualche errore
nella nostra trasmissione di fede, nella nostra esperienza biblica,
per cui non siamo riusciti ad evitare la crisi ecologica
e la crisi economica
mondiale.
Non
abbiamo la chiave della salvezza, siamo parte del problema. E con
molta umiltà, dobbiamo rinunciare a ogni arroganza tipo “abbiamo
la parola della rivelazione e quindi sappiamo”. Noi non sappiamo.
Quando la Chiesa è stata arrogante e ha assunto il potere,
è stato un fiasco. Ha governato male, fino al 1890 c’era ancora la
pena di morte nello Stato del Vaticano, oltre ad aver commesso grandi
errori storici contro la modernità e i diritti umani. Quindi non può
presentare titoli di credibilità. Per prima cosa, bisogna
riconoscere che si può imparare dialogando e che si può dare un
contributo partendo dall’esempio di Gesù. La nostra sfida non è
quella di creare cristiani, ma creare persone oneste, umane,
solidali, compassionevoli, rispettose della natura degli altri. Se
realizziamo questo si realizza il sogno di Gesù.
(Leonardo
Boff, sintesi dell’intervista “La teologia della liberazione”
rilasciata a “Ihu on line” e ripresa da “Megachip”
il 19 ottobre 2012).
fonte: stampalibera.com
Nessun commento:
Posta un commento