di Sergio di Cori Modigliani.
Il
lapsus del titolo non è retorico, ma è reale.
Quando scrivo un
mio post, l’input dell’ispirazione mi viene sempre da un fatto
della cronaca, da notizie che ricevo dalla realtà, da qualche
elemento della quotidianità che suscita in me una reazione
istintiva. E prima viene sempre il titolo, che mi regala la sintesi
del testo. Ieri stavo, per l’appunto, seduto a un bar a prendere un
caffè, elaborando alcuni pensieri. Mi è venuto in mente il titolo e
ho preso subito degli appunti, con la penna stilografica, in
automatico, preso dai miei pensieri. Mi sono accorto che avevo
scritto 1922 e il fatto mi ha colpito. Invece di correggere subito la
data, mi sono fermato a riflettere e l’ho interpretato come un
lapsus calami, evento al quale Freud attribuiva un significato
decisivo, che si manifesta quando si è preda di un rigurgito emotivo
istintivo.
E
così, invece di scrivere il post, ho deciso di rimandarlo. Una volta
a casa, ho scelto di fidarmi del mio inconscio, invece che
considerarmi una persona distratta. Mi sono divertito ad andare in
rete a spulciare negli archivi attendibili, per andare a vedere che
cosa stava accadendo in Italia nel 1922, di che cosa parlavano, di
che cosa discutevano, quali erano i temi collettivi di allora che
appassionavano i nostri antenati di quattro generazioni fa.
Soprattutto qual era il linguaggio usato, per cercare di comprendere
quale fosse stato il meccanismo collettivo di consenso che aveva
coagulato così tante simpatie ed appoggi al programma politico del
socialista Benito Mussolini, “sovranista per eccellenza” come lui
stesso si definiva allora. Fatta la tara di alcuni elementi
inevitabilmente obsoleti, perché la struttura attuale della società
italiana è molto cambiata ed è diversa da quella di 80 anni fa,
sono rimasto davvero molto colpito da un numero di similitudini e
accostamenti con l’attuale situazione italiana, in misura, direi,
addirittura strabordante. Ma è stato il linguaggio usato allora, che
mi ha colpito davvero.
Una modalità di approccio (e qui mi
ripeto, riproponendo un post di qualche giorno fa) che in Italia non
è stata mai nè affrontata, né discussa, né tantomeno elaborata,
alchemizzata, e quindi superata, ragione per cui ci troviamo 80 anni
dopo a vedercela, nella loro versione aggiornata post-moderna, con i
fascisti di allora.
Qui intesi come sostantivo, ovverossia, gli
eredi dell’ideologia sovranista nazional-socialista populista, che
ha distrutto la nazione portandola allo sfracello. Un’idea della
vita, dell’esistenza, e di conseguenza anche una modalità
dell’attività politica e delle scelte economiche, che hanno
bloccato ogni forma di modernità e di progresso, facendo arenare la
nazione, costretta –da quel momento in poi- ad essere
inevitabilmente serva di interessi terzi. Nelle decadi a seguire, i
fascisti sono sempre stati in prima linea a fare il lavoro sporco per
impedire il progresso del paese, alleandosi con la criminalità
organizzata e con i servizi segreti stranieri per gestire una
stagione di stragi e assassinii, iniziata con Portella delle ginestre
in Sicilia, 60 anni fa, per proseguire con Enrico Mattei, Mauro de
Mauro, Mino Pecorelli, Pio La Torre, Giuseppe Fava, due tentativi di
golpe militare, la strage degli innocenti di Piazza Fontana, di
Piazza della Loggia, del treno Italicus, della stazione di Bologna,
il giornalista Siani, il generale Dalla Chiesa, per arrivare infine
ai giudici Falcone e Borsellino.
E
mi scuso per quelli non citati. A questa mattanza militare nostrana
(tutta italiana) da sempre gestita dai fascisti, si è accompagnata
una lenta espoliazione intellettuale del libero pensiero, a garanzia
della tenuta economica della grande rendita fondiaria, aristocratica
e oligarchica del paese. Non a caso, la stessa di oggi, degli
anni’50, degli anni’60, ecc.
Le 200 più importanti famiglie
italiane nel 1922 sono le stesse di oggi.
Era così nel 1952, era
così nel 1962. Ma non era più così nel 1972, anno decisivo e
fondamentale per tutto l’occidente, perché in Italia, Francia,
Germania, Gran Bretagna (e di conseguenza in tutte le loro colonie
sudamericane) il gigantesco progresso economico mescolato al successo
delle grandi conquiste sociali, stava –e in Italia per la prima
volta dal 1861- modificando la spina dorsale del potere. Con la scusa
della guerra fredda, la cupola oligarchica planetaria iniziò una
campagna di destabilizzazione internazionale che nell’arretrato
Sudamerica vide l’affermazione di dittature criminali efferate, ma
che in Europa e in Usa, poco a poco, pur mantenendo l’apparente
tenuta dell’assetto democratico, vide l’inizio costante di un
processo di omologazione verso il basso, accompagnato da un
sistematico, pianificato e voluto sistema di corruzione della classe
politica, che ha avuto gioco facile nella compra-vendita di menti e
anime colte, imbavagliando in maniera permanente le classi
intellettuali, pronte e prone a servire il sovrano di turno.
La
Spagna, questo passaggio epocale non lo ha vissuto, perché la
penisola iberica è stata l’unica zona del continente europeo che
ha attraversato l’intero arco degli anni’60 e ’70 senza vivere,
vedere e sapere ciò che accadeva nel resto del continente e del
mondo, una società totalmente chiusa, ingessata, e terrorizzata
dalle autoritarie dittature criminali dei generali Salazar in
Portogallo e Francisco Franco in Spagna. Quando alla fine degli
anni’70 sia il Portogallo che la Spagna si liberano delle loro
dittature ed entrano a pieno titolo tra le democrazie europee, inizia
in quelle due nazioni, immediatamente, un fragoroso processo di
consapevolezza collettiva. Per un decennio, in Spagna, si producono
film, romanzi, saggi, documentari, editoriali, che ruotano tutti
intorno al dibattito il cui tema principale è “perché siamo stati
franchisti per 40 anni?”. In Italia (ma è comprensibile) di tutto
ciò arriva poco o niente, era parte del loro psicodramma culturale
nazionale, e a noi poco interessava Ma quei dieci anni di lacerazione
hanno prodotto un sistema auto-immunitario di coscienza di popolo e
di nazione in forma evoluta, finendo per partorire anche una classe
dirigente e una classe intellettuale locale di pretta marca moderata
e conservatrice ma allo stesso tempo solidamente anti-franchista e
fortemente democratico-liberale: quella che in Italia non è mai
nata. Da noi c’erano i fascisti. E non sono mai andati via.
Questa
premessa era necessaria per introdurre la giornata di ieri
nell’Europa mediterranea, che ha visto due teatri contrapposti e
direi “specularmente identici in maniera capovolta a quelli del
1972”: a Madrid il popolo in piazza in massa, a Roma una modesta
pattuglia di fascisti (qui intesi come sostantivo) alcuni a loro
insaputa.
E’ una gigantesca differenza.
Con delle aggiunte,
va da sé, tutte italiane.
Ed è questo il vero titolo del post
odierno, sparato a caratteri cubitali sulla prima pagina del mio
consueto quotidiano surrealista:
“A Roma i nazi-fascisti tentano
di coagulare il disagio sociale, manipolando persone in buona fede,
con il dichiarato intento di costruire un fronte antagonista di
opposizione ma usando parole d’ordine, modalità e comportamenti
del fascismo storico degli anni’30”
L’organizzazione “catena
umana circondiamo il parlamento” è una organizzazione fascista
(sostantivo) ben identificata, ben collaudata, che sta andando a
situarsi nel Vuoto Culturale Perenne, approfittando della tragica
latitanza degli intellettuali e delle menti pensanti italiane (troppo
prese, ahinoi, dallo sfavillio farfalleggiante della loro continua e
inutile presenza nei talk show televisivi e sulla stampa della cupola
mediatica) e cerca di manipolare il disagio reale collettivo. Non a
caso si insiste “a tambur battente” nel far passare la linea
della omologazione del pensiero unico che abolisce la distinzione tra
destra e sinistra. E’ un Falso.
L’intento, più o meno
consapevole, è quello di appiattire il dibattito, di provocare caos
sociale, di far passare il principio qualunquistico fascista
dell’identificazione del sistema di corruzione attuale come
elemento collettivo della nazione, senza operare dei distinguo, in
modo tale da far passare il principio tale per cui “sono tutti
corrotti e sono tutti ladri” il che equivale a dire che nessuno è
corrotto e nessuno è ladro.
Perché
il punto è il seguente: “come è possibile che le parole d’ordine
della destra fascista (sostantivo) finiscano per essere le stesse di
chi ha sempre combattuto e combatte contro il fascismo italiano?”.
E,
ancora oltre: “è possibile davvero che si abbia lo stesso
nemico?”
E, inoltre: “esiste una modalità di interpretazione
tale per cui si possa comprendere la differenza?”.
La differenza
si deve capire.
Il nemico è diverso. Come sempre. Da
sempre.
Punto primo: mentre i fascisti sostengono “il nemico
sono le banche”; gli anti-fascisti hanno molto chiaro in mente che
le banche non sono affatto il nemico. Affatto. Non solo, ci aggiungo
anche che “chi sostiene che le banche siano il nemico, è un
fascista a sua insaputa”. Perché sostenere che le banche siano il
nemico vuol dire ridurre lo scontro a un fattore
economico-ragionieristico. Mentre, invece, lo scontro è e deve
essere, squisitamente politico.
Il
nemico è una classe politica dirigente di stampo fascista che non ha
mai voluto, non vuole, e non vorrà mai che le banche lavorino sotto
stretto controllo istituzionale del parlamento, dello Stato, il quale
impone specifiche leggi che obbligano le banche ad una trasparenza
sull’uso dei loro fondi e li obbliga (per Legge) a produrre credito
alle imprese che lavorano sul territorio e producono merci.
“Perché
è arrivato il momento di dire e chiarire una volta per tutti, che il
popolo italiano ha il diritto di eseguire la propria assoluta,
indomabile e incrollabile sovranità; quella idea di popolo che oggi
ci viene negata dalle banche asservite ai poteri forti
giudaico-massonici, sorretti da un parlamento che non è in più in
grado di funzionare, che è inutile, che non serve, e che va abolito
per dar vita alla luminosa rimonta del popolo in arme, ormai pronto
ad assicurarsi il dispiego verso il nuovo orizzonte sociale che lo
attende, garantiti dall’eroica presenza dei fasci da combattimento
che davanti a nulla si fermeranno, mai” Benito Mussolini, 24 maggio
1924, nel suo discorso preparatorio quando spiega e annuncia
l’inutilità del parlamento, la sua definitiva futura chiusura, e,
di fronte alla ferrea opposizione del deputato socialista Giacomo
Matteotti che in aula sta denunciando i brogli elettorali, dà
l’ordine (eseguito) di farlo assassinare il 31 maggio 1924.
Il
nemico è la criminalità organizzata che si è infilata dentro i
partiti e si è fatta eleggere in parlamento per avere la garanzia
che le banche avrebbero avuto semaforo verde per fare ciò che
volevano senza nessuna forma di controllo: quello è il nemico in
Italia.
Come mai tutti coloro che parlano sempre di fermiamo le
banche, le banche sono il nemico, odio le banche, ecc., non parlano
(e soprattutto non scrivono) mai una parola contro la criminalità
organizzata? Facendo nomi e cognomi?
E’
molto facile prendersela con le banche: tutti oggi hanno bisogno di
soldi.
E’ molto più complesso combattere e lottare affinchè il
parlamento faccia varare delle ferree leggi che obblighino le banche
a rispettare l’esigenza finanziaria degli imprenditori che creano
lavoro e occupazione.
Non è vero che noi stiamo nelle mani delle
banche.
Noi stiamo nelle mani di un gruppo molto ristretto di
oligarchi finanziari che paga una classe politica corrotta affinchè
garantisca loro l’esecuzione di un mercato libero da leggi, senza
nessun controllo da parte dello stato. La banca è uno strumento, è
un mediatore. Ciò che conta è –e deve essere- la collettività
che fa le leggi: le promulga e, SOPRATTUTTO, si avvale di una classe
politica e di una classe di funzionati governativi che provvedono a
controllare che tali leggi vengano rispettate.
Il nemico, in
Italia, non sono le banche.
Il
nemico è la mancanza di quelle leggi che impediscono il
consociativismo tra diversi istituti finanziari obbligandoli a non
poter avere cariche cumulative. In questo modo si allargherebbe lo
spettro della concorrenza e il sistema bancario si aprirebbe al
mercato.
Se si fermano le banche, vince l’aristocrazia che senza
banche può operare.
Il grande imprenditore Del Vecchio, in una
bellissima intervista rilasciata qualche mese fa (sulla quale avevo
fatto un post) ricordava come “il cancro dell’Italia è che non
esiste più una classe di dirigenti bancari che fa gli interessi
della banca stessa e finanzia le imprese, perché sono funzionari che
non rispondono alle leggi dello stato e agli interessi dei loro
azionisti, bensì seguono ordini che provengono dalle segreterie dei
partiti. Quando, negli anni’70 ho capito che era arrivato il
momento di espandermi, sono andato a parlare con il direttore della
Banca Commerciale Italiana e gli ho detto che mi servivano svariate
centinaia di milioni di dollari per andare all’attacco del mercato
Usa. Mi chiese: fammi leggere il business plan. Mi chiamò e mi
disse: l’abbiamo letto, può funzionare. E mi diede i soldi
necessari che mi hanno permesso di conquistare il mercato mondiale”.
Del
Vecchio parlava di quel dirigente bancario con nostalgia. Faceva
intendere che oggi, persone del genere non esistono più, perché
sono state sostituite da funzionari burocrati corrotti. L’obiettivo
non è andare contro le banche. Ma fare in modo che le banche
funzionino per chi lavora e non soltanto per chi ricicla.
Punto
secondo: come si fa a capire quando parlano i fascisti (sostantivo e
aggettivo) essendo oggi il sistema dello scambio linguistico
omologato e appiattito?
La discriminante dovrebbe essere la
comportamentalità e l’uso del linguaggio.
I gruppi fascisti che
hanno organizzato la cosiddetta catena umana intorno al parlamento
hanno una pagina su fb dove molti, come me, avevano messo un “mi
piace” distratto (non ricordo, infatti, quando l’ho fatto), forse
attratti da un post condivisibile (la cosa inquietante che mi ha
indotto a queste riflessioni) su una pagina anonima come tante altre
su fb. Ricordo, però, molto bene, perché mi colpirono, i toni usati
alla fine di luglio, quando il tentativo di organizzare la stessa
manifestazione fallì miseramente. Questa volta idem. Hanno
pubblicato l’immagine di un gregge di pecore per insultare chi non
aderiva alla manifestazione.
La discriminante è tra chi pratica
la comprensione umana, la solidarietà tra simili e coloro che,
invece, si ritengono migliori della massa che merita invece
disprezzo.
Un’altra
discriminante è la trasformazione di qualsivoglia forma di teoria in
un evento che ben presto diventa un totem religioso, e che in
pratica, nel sociale, si traduce nella impossibilità di dialogo e/o
confronto: o si è d’accordo o si è inferiori.
Eccone alcuni
attivissimi in rete:
“Lo
sviluppo.it”
“Pas-fermiamolebanche.it”
“Marra.it”
“Signoraggio,it”
“Salvatore
Tamburro”
“la scala di cristallo”
“Fronte di
liberazione dei banchieri”
“Lega Italica”
“Regione
Capitanata”
“Padre Pio”
“Il complotto”
Molti
di questi siti si sono organizzati accorpandosi. Un certo Salvatore
Tamburro (uno dei leader fascisti) si presenta come un fiero
sostenitore di Keynes e della MMT. Nel suo sito i commentatori ci
spiegano la necessità di eliminare presto gli ebrei dall’Europa,
veri responsabili dell’attuale sconquasso, e le ragioni di base per
cui la libertà in Europa passa attraverso la loro eliminazione.
Recentemente ha pubblicato due lunghi articoli, uno dal titolo
“Istituzione dei campi di concentramento dei banchieri” (sempre
nel nome di Keynes) e l’altro, invece “Hitler e Chavez” con
l’intento di far presa sull’elettorato italiano venezuelano,
molto alto, presentando il leader venezuelano come un nazista.
Sia
chiaro che il sottoscritto non auspicherà mai l’apertura di campi
di concentramento per rinchiuderci nessuno.
Se qualcuno è
contento all’idea livorosa di lanciare i campi di concentramento è
meglio che non frequenti questo blog.
Tutti
questi gruppi dichiarano (di solito in alto a destra) che “non più
destra non più sinistra non più etichette ma solo movimento di
lotta diretta per colpire l’oligarchia del privilegio che si
manifesta nel rito del voto”. Il linguaggio è chiaramente
fascista, perchè per loro è sempre reiterativo e ossessivo sia il
richiamo alla ritualità e ai simboli sia quello che deve spingere a
non votare, a considerare il parlamento come un luogo da eliminare e
da abolire.
Questi siti di destra si sono impossessati dei miei
articoli e alcuni li pubblicano senza far riferimento alla fonte
originaria del mio blog; in tal modo, la mia firma viene presentata
come automatica adesione ai loro programmi, facendo intendere, in
maniera surrettizia, che condividiamo la stessa idea.
Questi
blog e siti hanno, pare, una gestione comune legata all’avvocato
Marra, a Sara Tommasi e a Scilipoti. Non a caso, le poche volte che
parlano di politica, fanno intendere che Berlusconi è il candidato
migliore, presentato di recente come il nuovo vate della politica
keynesiana, nemico giurato dell’euro e nemico delle banche.
Invito
tutti a una riflessione e, in conclusione, aggiungo un mio fatto
personale con i fascisti, perché sia chiara la mia posizione di
netta distanza, di opposizione totale e perenne.
Siamo su fronti
opposti e lo saremo sempre. E non voglio essere mescolato a gente del
genere, di cui denuncio qui la loro perdurante attività di
falsificazione e di continuo ladrocinio dei miei post. Lo faccio qui
in pubblico per dare ai lettori la possibilità di andare a vedere
questi siti e rendersi conto come oggi i fascisti si stanno
organizzando.
Non fatevi incantare dagli slogan e dallo
schieramento keynesiano.
I
fascisti, sono sempre fascisti. And nothing more.
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