lunedì 8 ottobre 2012

La necessità di cambiare.



Senza la benchè minima presunzione, questo scritto si propone come fine principale quello di favorire la riflessione collettiva.




Viviamo un periodo in cui la qualità della vita delle persone, è costantemente sotto attacco e da più versanti. L'inquinamento, la gestione sconsiderata e criminale dei rifiuti, l'attacco alle tutele e ai diritti sociali, lo sfruttamento del lavoro, la crisi economica che cancella ricchezza, impiego, imprese, realtà produttive, sono tutti aspetti dello stesso problema.
Inoltre la realtà dell'Africa e delle zone del cosiddetto Terzo Mondo, dove storicamente la vita è letteralmente uno schifo, dove si muore per una puntura di zanzara, per fame, per mancanza di acqua potabile, è uno schiaffo in faccia a tutti i propositi e le promesse di benessere e felicità collettive che il capitalismo ha sempre spacciato come giustificazioni storiche del proprio perpetuamento.
Il mondo di oggi conosce una disparità sociale ancora più marcata che nel passato e ripropone schemi di sfruttamento in stile ottocentesco praticamente ad ogni latitudine del globo. Si assiste ad una concentrazione spaventosa della ricchezza in poche mani, tanto da configurare l'ascesa e la strutturazione di una nuova aristocrazia (che potrebbe assumere, ed in parte già assume, conformazione globale) i cui interessi e le cui prerogative determinano, in uno spaventoso “disarmo” degli strumenti democratici, le dinamiche della lotta di classe.
La crisi economica generata da una serie di fattori di natura non solo (e non principalmente) finanziari, ma che affondano le proprie radici nella stessa struttura produttiva, distributiva e di sfruttamento delle risorse disponibili, genera una serie di contraddizioni potenzialmente esplosive e a cui le classi dirigenti mondiali cercano di rispondere variegatamente, ma i cui effetti più evidenti sono il peggioramento delle condizioni medie di vita della popolazione, con serie ricadute sul versante sanitario e delle condizioni lavorative.
In generale si può affermare che il mondo, nel suo complesso, vive un periodo particolarmente delicato, foriero di sviluppi funesti, di crisi generalizzata che investe tutti gli ambiti del vivere sociale (dalla cultura, alla salute, al lavoro, alla giustizia sociale, ai valori condivisi ecc.).
Questo impone, necessariamente, una risposta da parte della politica, che resta lo strumento sociale privilegiato per il cambiamento ed il miglioramento delle condizioni di vita collettive e ciò aldilà dell'accezione negativa che la parola ha assunto soprattutto negli ultimi decenni a causa degli esempi di corruttela, di malversazione e di collusione (in alcuni casi di rapporto organico) con le criminalità organizzate che la classe politica (globale) ha offerto ripetutamente.
In questo senso è assolutamente imprescindibile una nuova elaborazione politica collettiva che sappia forgiare nuove soggettività politiche e organizzative, nuovi strumenti difensivi per il corpo sociale. Tutto ciò in vista di creare le condizioni migliori affinchè affiori una nuova considerazione dell'essere umano, inteso come genere, che sappia dare il valore che merita alla dignità umana, alla giustizia sociale, che sappia rinnegare e combattere le diseguaglianze, che ridia voce e speranza ai popoli oppressi da questo neocapitalismo finanziario.
In altre parole, l'unità dei popoli si costruisce intorno ad un progetto, all'elaborazione di un modello sociale ed economico alternativo al capitalismo. Nel caso contrario, si fa sindacalismo politico. Negoziare migliori condizioni salariali o negoziare sul terreno del liberismo e del mercato, diritti e libertà, sono espressione di una politica fallimentare e che ha ormai segnato il passo.
Il riformismo, come movimento filosofico, politico e culturale, ha esaurito la sua funzione storica.
Il fatto che la sinistra mondiale, in quanto espressione culturale e politica generale, abbia completamente abbandonato la propria prerogativa anticapitalista per “approdare” a posizioni uniformemente e sostanzialmente liberal-liberiste, dopo la caduta del cosiddetto “socialismo reale”, rappresenta una delle ragioni principali e fondamentali della deriva che il mondo oggi sta vivendo. La messa al bando, da parte di quasi tutte le formazioni politiche del mondo, di un progetto e di un programma anticapitalistico, se ha rappresentato per molti aspetti un qualche vantaggio nel rimuovere l’egemonia che di questa prerogativa ideologica avevano usufruito e abusato le formazioni degenerate del socialismo reale, dall’altra parte sono stati derubricati dall’agenda politica di tutte le formazioni, un’analisi e una proposta di soluzioni alternative per la costruzione di un modello sociale ed economico sostanzialmente diverso da quello capitalista. Il fatto che dopo il crollo del socialismo reale, tutti i partiti comunisti si sono dissolti insieme al “monolite” sovietico o hanno cambiato pelle riciclandosi nell’agone elettorale (soprattutto in occidente), non ha comunque esentato le formazioni politiche e sociali che si presuppongono un miglioramento delle condizioni di vita nel mondo, dal proporre un modello ed un progetto di alternativa al capitalismo. Il venir meno del comunismo come base teorica e politica per un modello alternativo di società e di economia, non ha significato altresì il venir meno anche della necessità di un progetto di cambiamento delle basi socio-economiche del sistema vigente e questo per ragioni che non hanno nulla a che fare con le idee, ma molto con la prassi e la vita degli uomini, la sostenibilità ambientale del sistema, la sua tenuta dal versante energetico.
Il Sud America è vero, sperimenta situazioni diverse e potrebbe rappresentare un esempio su molte questioni, ma nè l'Argentina nè il Brasile, per fare due esempi, possono dirsi paesi non capitalisti.
Il welfare e il keynesianesimo che praticano e predicano NON è anticapitalismo, ma forme di sviluppo sociale che in Europa e nel resto del mondo occidentale sono già state attuate e superate dal neoliberismo dominante. Il problema è che alla lunga anche i paesi del Sud America dovranno fare i conti con la caduta della domanda aggregata mondiale, con la recessione e con la crisi economica, che riproporranno in maniera violenta le dinamiche più cruente della lotta di classe. 
Bisogna rendersi conto che è necessario creare i presupposti per un'elaborazione cosciente di modelli nuovi di produzione e distribuzione, utili a creare le condizioni che favoriscano l'unità dei popoli intorno a tali progetti. Abdicare a questo compito che la storia impone, vuol dire arrendersi al "modello unico dominante", al dogma del mercato e dei suoi strumenti e iniquità sistemiche, alla schiavitù perpetua della maggioranza a favore di una esigua minoranza di potenti che governano il pianeta, che detengono il controllo dell'energia, della produzione alimentare, degli apparati militari e industriali, il comparto farmaceutico, l'accesso alle risorse (acqua, petrolio, gas naturale, materie prime).
E' questo il punto NODALE che va compreso! La politica compromissoria di partiti, movimenti e organizzazioni sociali che dovrebbero porsi come catalizzatrici di un nuovo progetto politico, con tutte quelle forze reazionarie e liberiste (esemplificate dall'esempio italiano del PD) sarà l'ulteriore pietra tombale sulle aspirazioni sociali a venire a galla, a diventare proposta politica ed il cambiamento sarà una chimera inseguita piegando il capo alle imposizioni e ai diktat di un potere sempre meno democratico e sempre più dispotico.
In questo contesto, la politica attuale (dal 1989 ad oggi) della sinistra mondiale diventa, consapevolmente o inconsapevolmente, un potente aiuto alla vittoria definitiva di quella Neoaristocrazia che governerà il pianeta per il prossimo secolo.
I pericoli insiti in questa nuova conformazione sociale che sta emergendo, sono immani. E le convulsioni di questa crisi sono essenzialmente determinati dalle forze vive in campo che spingono verso l'affermazione definitiva di questa nuova conformazione sociale che vede, indubbiamente, nella democrazia in quanto tale solo un ostacolo e un impedimento.
La compressione degli spazi democratici e lo spostamento dei centri decisionali di rappresentanza democratica verso nuove istituzioni oligarchico-tecnocratiche, sono un aspetto non marginale delle dinamiche in corso e si collegano strettamente alla questione delle sovranità nazionali. L'erosione della base democratica dei vari contesti nazionali, diventa strumentale al funzionamento dei meccanismi economici e finanziari, alla gestione e allocazione delle risorse, alla circolazione e accumulazione monetaria (capitali). La messa in discussione della modellistica dello Stato Nazione, assume così un aspetto inquietante.
La costruzione economica Europea, sotto il vessillo della moneta unica, ne è l'esempio più lampante. Ma tali dinamiche si affermano su scala globale attraverso tutta una serie di organismi sovranazionali il cui potere decisionale (non democratico) negli ultimi decenni si è enormemente accresciuto. Parlo dell'FMI, del WTO, del OMS, dell'ONU, delle Banche, delle Corporations, ognuno nei propri ambiti di intervento.
E' per questo che la discussione intorno alla conquista democratica della sovranità nazionale da parte dei popoli, particolarmente in quei contesti dove la questione appare più urgente e gigantesca (paesi della cintura mediterranea, Medio Oriente, Sud America, Russia, Cina, Africa Centrosettentrionale, Sud Est Asiatico), diventa il punto iniziale dal quale procedere al fine di favorire la formazione di un movimento internazionale (e internazionalista) capace di mettere al centro l'essere umano e la dignità umana, proponendo soluzioni alla questione sociale e democratica, ambientale, dei diritti sociali.
E' in questo contesto che i termini della questione sono totalmente mutati rispetto al passato, anche recente. Oggi la nazione, la sovranità nazionale, si pongono nei confronti dei processi economici, politici e sociali in atto, come una difesa, come un baluardo, nei confini del quale proteggere tutta una serie di interessi sociali, di diritti e di tutele, che vengono pesantemente ridimensionati e messi in discussione.
E' dunque a partire da una battaglia democratica nei vari contesti nazionali che si costruisce il cambiamento più generale del sistema socio-economico che veda la reimpostazione dei criteri con i quali si affrontano la questione ambientale, i problemi economici; gli obiettivi produttivi e di consumo; l'accesso alla e la redistribuzione della ricchezza; la stratificazione sociale; la divisione mondiale del lavoro.
Bisogna pertanto partire dall'esistente e costruire aggregazione sociale intorno a tutte quelle realtà associative, ai movimenti, ai partiti, alla società civile nel suo complesso, che si pongono come obiettivo principale il cambiamento.
E' dunque necessario creare unione intorno ad alcuni punti fondamentali e che si esca fuori dagli schemi classici della rappresentanza propriamente partitica. E' chiaro che non si possono inventare forme nuove di aggregazione dal nulla, così come per esempio nel caso italiano, ha fatto il Movimento 5 Stelle e che da questo punto di vista pagherà scotto in un prossimo futuro. Alcuni principi di organizzazione, figli della “tradizione” partitica vanno comunque salvati, ma è necessaria una elaborazione collettiva innovativa.
Infatti, intorno ad un nucleo valoriale e di idee fondamentali, è possibile creare attraverso l'attivismo sociale una “rete” tra tutte le associazioni e i movimenti emergenti (o già esistenti e pienamente radicati) in modo tale da favorire la nascita di embrioni territoriali (“Consulte Popolari”) che ad ogni livello elaborino e discutano l'azione politica. Queste unità territoriali, legate tra di loro in tutte le forme possibili, potrebbero contribuire alla nascita di un movimento nazionale con un programma centrale, una struttura democratica definita, un radicamento sociale che rappresenti gli interessi primari della maggioranza delle popolazioni di tutti i contesti nazionali.
L'indizione di quelle che potrebbero essere definite “Assemblee Costituenti” che vadano in questa direzione, appaiono oggi, più che mai irrinunciabili.
E' da qui che si parte per creare i presupposti di un vero cambiamento radicale delle forme di convivenza su questo pianeta. Un cambiamento che presuppone la messa al bando di divisioni razziali, religiose, ideologiche e sociali artificiali, artificiose e controproducenti.
Aldilà di qualsiasi schema culturale, appare evidente che dinnanzi alle sfide che l'umanità ha oggi di fronte, sia urgente mettere al centro della discussione e dell'azione politica cosciente della società nel suo complesso, i bisogni e le esigenze dell'uomo, attraverso la condivisione di una serie di valori universali incontestabili che faccia perno sui principi della conservazione, del rispetto, della qualità e della dignità della vita umana.

(Francesco Salistrari)

2 commenti:

  1. Mi pare molto interessante la proposta delle "Consulte popolari" come nuovi strumenti politici di organizzazione, partecipazione e azione dal basso, fino alla costituzione di una rete nazionale e l'assemblea costituente.

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    1. Sapevo Moreno che ti sarebbe piaciuta questa idea... Credo che si possa partire da questo.
      Un abbraccio caro.

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