Senza
la benchè minima presunzione, questo scritto si propone come fine
principale quello di favorire la riflessione collettiva.
Viviamo
un periodo in cui la qualità della vita delle persone, è
costantemente sotto attacco e da più versanti. L'inquinamento, la
gestione sconsiderata e criminale dei rifiuti, l'attacco alle tutele
e ai diritti sociali, lo sfruttamento del lavoro, la crisi economica
che cancella ricchezza, impiego, imprese, realtà produttive, sono
tutti aspetti dello stesso problema.
Inoltre
la realtà dell'Africa e delle zone del cosiddetto Terzo Mondo, dove
storicamente la vita è letteralmente uno schifo, dove si muore per
una puntura di zanzara, per fame, per mancanza di acqua potabile, è
uno schiaffo in faccia a tutti i propositi e le promesse di benessere
e felicità collettive che il capitalismo ha sempre spacciato come
giustificazioni storiche del proprio perpetuamento.
Il
mondo di oggi conosce una disparità sociale ancora più marcata che
nel passato e ripropone schemi di sfruttamento in stile
ottocentesco praticamente ad ogni latitudine del globo. Si assiste ad
una concentrazione spaventosa della ricchezza in poche mani,
tanto da configurare l'ascesa e la strutturazione di una nuova
aristocrazia (che potrebbe assumere, ed in parte già assume,
conformazione globale) i cui interessi e le cui prerogative
determinano, in uno spaventoso “disarmo” degli strumenti
democratici, le dinamiche della lotta di classe.
La
crisi economica generata da una serie di fattori di natura non solo
(e non principalmente) finanziari, ma che affondano le proprie
radici nella stessa struttura produttiva, distributiva e di
sfruttamento delle risorse disponibili, genera una serie di
contraddizioni potenzialmente esplosive e a cui le classi dirigenti
mondiali cercano di rispondere variegatamente, ma i cui effetti più
evidenti sono il peggioramento delle condizioni medie di vita della
popolazione, con serie ricadute sul versante sanitario e delle
condizioni lavorative.
In
generale si può affermare che il mondo, nel suo complesso, vive un
periodo particolarmente delicato, foriero di sviluppi funesti, di
crisi generalizzata che investe tutti gli ambiti del vivere sociale
(dalla cultura, alla salute, al lavoro, alla giustizia sociale, ai
valori condivisi ecc.).
Questo
impone, necessariamente, una risposta da parte della politica,
che resta lo strumento sociale privilegiato per il cambiamento ed il
miglioramento delle condizioni di vita collettive e ciò aldilà
dell'accezione negativa che la parola ha assunto soprattutto negli
ultimi decenni a causa degli esempi di corruttela, di malversazione e
di collusione (in alcuni casi di rapporto organico) con le
criminalità organizzate che la classe politica (globale) ha offerto
ripetutamente.
In
questo senso è assolutamente imprescindibile una nuova elaborazione
politica collettiva che sappia forgiare nuove soggettività politiche
e organizzative, nuovi strumenti difensivi per il corpo sociale.
Tutto ciò in vista di creare le condizioni migliori affinchè
affiori una nuova considerazione dell'essere umano, inteso come
genere, che sappia dare il valore che merita alla dignità umana,
alla giustizia sociale, che sappia rinnegare e combattere le
diseguaglianze, che ridia voce e speranza ai popoli oppressi da questo
neocapitalismo finanziario.
In
altre parole, l'unità dei popoli si costruisce intorno ad un
progetto, all'elaborazione di un modello sociale ed economico
alternativo al capitalismo. Nel caso contrario, si fa
sindacalismo politico. Negoziare migliori condizioni salariali o
negoziare sul terreno del liberismo e del mercato, diritti e libertà,
sono espressione di una politica fallimentare e che ha ormai segnato
il passo.
Il
riformismo, come movimento filosofico, politico e culturale,
ha esaurito la sua funzione storica.
Il
fatto che la sinistra mondiale, in quanto espressione culturale e
politica generale, abbia completamente abbandonato la propria
prerogativa anticapitalista per “approdare” a posizioni
uniformemente e sostanzialmente liberal-liberiste, dopo la caduta del
cosiddetto “socialismo reale”, rappresenta una delle ragioni
principali e fondamentali della deriva che il mondo oggi sta vivendo.
La messa al bando, da parte di quasi tutte le formazioni politiche
del mondo, di un progetto e di un programma anticapitalistico,
se ha rappresentato per molti aspetti un qualche vantaggio nel
rimuovere l’egemonia che di questa prerogativa ideologica avevano
usufruito e abusato le formazioni degenerate del socialismo reale,
dall’altra parte sono stati derubricati dall’agenda politica di
tutte le formazioni, un’analisi e una proposta di soluzioni
alternative per la costruzione di un modello sociale ed economico
sostanzialmente diverso da quello capitalista. Il fatto che dopo il
crollo del socialismo reale, tutti i partiti comunisti si sono
dissolti insieme al “monolite” sovietico o hanno cambiato pelle
riciclandosi nell’agone elettorale (soprattutto in occidente), non
ha comunque esentato le formazioni politiche e sociali che si
presuppongono un miglioramento delle condizioni di vita nel mondo,
dal proporre un modello ed un progetto di alternativa al capitalismo.
Il venir meno del comunismo come base teorica e politica per un
modello alternativo di società e di economia, non ha significato
altresì il venir meno anche della necessità di un progetto di
cambiamento delle basi socio-economiche del sistema vigente e questo
per ragioni che non hanno nulla a che fare con le idee, ma molto con
la prassi e la vita degli uomini, la sostenibilità ambientale del
sistema, la sua tenuta dal versante energetico.
Il Sud
America è vero, sperimenta situazioni diverse e potrebbe
rappresentare un esempio su molte questioni, ma nè l'Argentina nè
il Brasile, per fare due esempi, possono dirsi paesi non capitalisti.
Il
welfare e il keynesianesimo che praticano e predicano
NON è anticapitalismo, ma forme di sviluppo sociale che in Europa e
nel resto del mondo occidentale sono già state attuate e superate
dal neoliberismo dominante. Il problema è che alla lunga anche i
paesi del Sud America dovranno fare i conti con la caduta della
domanda aggregata mondiale, con la
recessione e con la crisi economica, che riproporranno in maniera
violenta le dinamiche più cruente della lotta di classe.
Bisogna
rendersi conto che è necessario creare i presupposti per
un'elaborazione cosciente di modelli nuovi di produzione e
distribuzione, utili a creare le condizioni che favoriscano l'unità
dei popoli intorno a tali progetti. Abdicare a questo compito che la
storia impone, vuol dire arrendersi al "modello unico
dominante", al dogma del mercato e dei suoi strumenti e iniquità
sistemiche, alla schiavitù perpetua della maggioranza a favore di
una esigua minoranza di potenti che governano il pianeta, che
detengono il controllo dell'energia, della produzione alimentare,
degli apparati militari e industriali, il comparto farmaceutico,
l'accesso alle risorse (acqua, petrolio, gas naturale, materie
prime).
E' questo il punto NODALE che va compreso! La politica compromissoria di partiti, movimenti e organizzazioni sociali che dovrebbero porsi come catalizzatrici di un nuovo progetto politico, con tutte quelle forze reazionarie e liberiste (esemplificate dall'esempio italiano del PD) sarà l'ulteriore pietra tombale sulle aspirazioni sociali a venire a galla, a diventare proposta politica ed il cambiamento sarà una chimera inseguita piegando il capo alle imposizioni e ai diktat di un potere sempre meno democratico e sempre più dispotico.
In questo contesto, la politica attuale (dal 1989 ad oggi) della sinistra mondiale diventa, consapevolmente o inconsapevolmente, un potente aiuto alla vittoria definitiva di quella Neoaristocrazia che governerà il pianeta per il prossimo secolo.
E' questo il punto NODALE che va compreso! La politica compromissoria di partiti, movimenti e organizzazioni sociali che dovrebbero porsi come catalizzatrici di un nuovo progetto politico, con tutte quelle forze reazionarie e liberiste (esemplificate dall'esempio italiano del PD) sarà l'ulteriore pietra tombale sulle aspirazioni sociali a venire a galla, a diventare proposta politica ed il cambiamento sarà una chimera inseguita piegando il capo alle imposizioni e ai diktat di un potere sempre meno democratico e sempre più dispotico.
In questo contesto, la politica attuale (dal 1989 ad oggi) della sinistra mondiale diventa, consapevolmente o inconsapevolmente, un potente aiuto alla vittoria definitiva di quella Neoaristocrazia che governerà il pianeta per il prossimo secolo.
I
pericoli insiti in questa nuova conformazione sociale che sta
emergendo, sono immani. E le convulsioni di questa crisi sono
essenzialmente determinati dalle forze vive in campo che spingono
verso l'affermazione definitiva di questa nuova conformazione sociale
che vede, indubbiamente, nella democrazia in quanto tale solo un
ostacolo e un impedimento.
La
compressione degli spazi democratici e lo spostamento dei centri
decisionali di rappresentanza democratica verso nuove istituzioni
oligarchico-tecnocratiche, sono un aspetto non marginale delle
dinamiche in corso e si collegano strettamente alla questione delle
sovranità nazionali. L'erosione della base democratica dei
vari contesti nazionali, diventa strumentale al funzionamento dei
meccanismi economici e finanziari, alla gestione e allocazione delle
risorse, alla circolazione e accumulazione monetaria (capitali). La
messa in discussione della modellistica dello Stato Nazione, assume
così un aspetto inquietante.
La
costruzione economica Europea, sotto il vessillo della moneta
unica, ne è l'esempio più lampante. Ma tali dinamiche si
affermano su scala globale attraverso tutta una serie di organismi
sovranazionali il cui potere decisionale (non democratico) negli
ultimi decenni si è enormemente accresciuto. Parlo dell'FMI, del
WTO, del OMS, dell'ONU, delle Banche, delle Corporations, ognuno nei
propri ambiti di intervento.
E' per
questo che la discussione intorno alla conquista democratica
della sovranità nazionale da parte dei popoli,
particolarmente in quei contesti dove la questione appare più
urgente e gigantesca (paesi della cintura mediterranea, Medio
Oriente, Sud America, Russia, Cina, Africa Centrosettentrionale, Sud
Est Asiatico), diventa il punto iniziale dal quale procedere al fine
di favorire la formazione di un movimento internazionale (e
internazionalista) capace di mettere al centro l'essere umano e la
dignità umana, proponendo soluzioni alla questione sociale e
democratica, ambientale, dei diritti sociali.
E' in
questo contesto che i termini della questione sono totalmente mutati
rispetto al passato, anche recente. Oggi la nazione, la sovranità
nazionale, si pongono nei confronti dei processi economici, politici
e sociali in atto, come una difesa, come un baluardo, nei confini del
quale proteggere tutta una serie di interessi sociali, di diritti e
di tutele, che vengono pesantemente ridimensionati e messi in
discussione.
E'
dunque a partire da una battaglia democratica nei vari contesti
nazionali che si costruisce il cambiamento più generale del sistema
socio-economico che veda la reimpostazione dei criteri con i
quali si affrontano la questione ambientale, i problemi economici;
gli obiettivi produttivi e di consumo; l'accesso alla e la
redistribuzione della ricchezza; la stratificazione sociale; la
divisione mondiale del lavoro.
Bisogna
pertanto partire dall'esistente e costruire aggregazione sociale
intorno a tutte quelle realtà associative, ai movimenti, ai partiti,
alla società civile nel suo complesso, che si pongono come
obiettivo principale il cambiamento.
E'
dunque necessario creare unione intorno ad alcuni punti fondamentali
e che si esca fuori dagli schemi classici della rappresentanza
propriamente partitica. E' chiaro che non si possono inventare forme
nuove di aggregazione dal nulla, così come per esempio nel caso
italiano, ha fatto il Movimento 5 Stelle e che da questo punto
di vista pagherà scotto in un prossimo futuro. Alcuni principi di
organizzazione, figli della “tradizione” partitica vanno comunque
salvati, ma è necessaria una elaborazione collettiva innovativa.
Infatti,
intorno ad un nucleo valoriale e di idee fondamentali, è possibile
creare attraverso l'attivismo sociale una “rete” tra tutte le
associazioni e i movimenti emergenti (o già esistenti e pienamente
radicati) in modo tale da favorire la nascita di embrioni
territoriali (“Consulte Popolari”) che ad ogni livello
elaborino e discutano l'azione politica. Queste unità territoriali,
legate tra di loro in tutte le forme possibili, potrebbero
contribuire alla nascita di un movimento nazionale con un
programma centrale, una struttura democratica definita, un
radicamento sociale che rappresenti gli interessi primari della
maggioranza delle popolazioni di tutti i contesti nazionali.
L'indizione
di quelle che potrebbero essere definite “Assemblee
Costituenti” che vadano in questa direzione, appaiono oggi,
più che mai irrinunciabili.
E' da
qui che si parte per creare i presupposti di un vero cambiamento
radicale delle forme di convivenza su questo pianeta. Un cambiamento
che presuppone la messa al bando di divisioni razziali, religiose,
ideologiche e sociali artificiali, artificiose e controproducenti.
Aldilà
di qualsiasi schema culturale, appare evidente che dinnanzi alle
sfide che l'umanità ha oggi di fronte, sia urgente mettere al centro
della discussione e dell'azione politica cosciente della società nel
suo complesso, i bisogni e le esigenze dell'uomo, attraverso la
condivisione di una serie di valori universali incontestabili che
faccia perno sui principi della conservazione, del rispetto, della
qualità e della dignità della vita umana.
(Francesco Salistrari)
Mi pare molto interessante la proposta delle "Consulte popolari" come nuovi strumenti politici di organizzazione, partecipazione e azione dal basso, fino alla costituzione di una rete nazionale e l'assemblea costituente.
RispondiEliminaSapevo Moreno che ti sarebbe piaciuta questa idea... Credo che si possa partire da questo.
EliminaUn abbraccio caro.