martedì 19 marzo 2013

La rabbia dei bulgari contro l'austerità e la corruzione.

da Offnews, Bulgaria.

Le proteste contro l'aumento del prezzo dell'elettricità, cominciate a metà febbraio, sono diventate in breve il detonarore che ha fatto esplodere un'insoddisfazione diffusa. 

Le manifestazioni si sono radicalizzate in tempi rapidissimi: nel giro di 12 giorni si è passati dal rogo delle bollette in piazza al rifiuto totale dell'establishment politico. E il 20 febbraio il governo di Boiko Borisov si è dimesso in blocco.

Borisov ha preso questa decisione per cogliere di sorpresa l'opposizione ed evitare di assumersi la responsabilità della difficile situazione in cui versa il paese, guidato negli ultimi quattro anni  dal Gerb, il suo partito. Così ha anche evitato lo scontro frontale con i manifestanti.

Le elezioni anticipate, fissate per metà maggio, porteranno forse a una normalizzazione della situazione politica, ma saranno anche un'altra tappa in un lungo processo di destabilizzazione che avrà pesanti conseguenze economiche. 

Le proteste attuali si contraddistingiono per alcune caratteristiche, prima tra tutte il contesto europeo. Quanto succede oggi in Bulgaria ricorda da vicino quello che è avvenuto ultimamente in molti paesi dell'Europa Occidentale, in particolare in Spagna. Il paradosso è che la politica d'austerità più rigorosa è stata applicata nel paese più povero dell'Unione Europea. Oggi i bulgari protestano contro una politica economica che ha prodotto solo miseria. A differenza degli altri paesi europei, però, qui la rivolta non è stata causata da un crollo repentino, ma da un declino lento e progressivo. Dietro alle proteste, che prendono di mira l'intera classe politica, c'è anche un forte risentimento contro le élite.

Stabilità e povertà di massa.

Il risultato è che oggi il fallimento di Borisov sta spingendo i bulgari non a cercare un nuovo "salvatore della patria", ma a mettere in discussione l'idea stessa del politico messia in grado di guidare le masse.
Un'altra particolarità di questa ondata di proteste è la mancanza di un'ideologia. Nel paese non c'è più posto per "l'utopia europea" legata all'ingresso nell'Unione nel 2007. Le manifestazioni hanno fatto proprie alcune delle richieste della sinistra radicale, anche se i protagonisti delle proteste non si considerano militanti o simpatizzanti di quest'area politica. Per la prima volta in Bulgaria c'è un movimento che si ribella contro i monopoli, chiedendone la limitazione o addirittura la nazionalizzazione.

La politica di austerità è di destra è neoliberista, mentre le manifestazioni spingono per una svolta a sinistra. E' una tendenza europea. Per i partiti di sinistra, però, tutto questo non si traduce in un successo automatico. E' piuttosto una sfida. 

La Bulgaria è in una situazione critica. Gli indicatori economici dimostrano che la "stabilizzazione fiscale attraverso la povertà di massa", voluta dal governo Borisov, sta per fallire. Il testimone è ora passato al Presidente della Repubblica, Rosen Plevneliev, che il 12 marzo ha nominato un governo tecnico di transizione. Spetterà a lui assumere il ruolo di mediatore e favorire il dialogo tra i manifestanti e le istituzioni.





 

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