La
“Grillonomics”. Analisi del programma economico del MoVimento 5
Stelle
Beppe
Grillo ha sostenuto che l’Italia è sull’orlo della bancarotta.
Questa verrebbe raggiunta fra sei mesi o un anno, quando la spesa per
interessi, arrivando a 100 miliardi di euro, ci costringerebbe a non
pagare più le pensioni. A quel punto, in assenza di una
rinegoziazione del debito, l’Italia “vorrebbe uscire dall’euro”.
La musica è la solita: “I costi della casta corrotta hanno fatto
lievitare il debito pubblico cattivo, costringendoci a lasciare
l’euro” (che quindi, par di capire, sarebbe cosa buona). Vediamo
il senso e il non senso della Grillonomics.
L’idea
che la crisi sia stata causata dal debito pubblico è fasulla e in
linea con l’approccio del precedente governo, che usava questa idea
per giustificare l’austerità. La Commissione europea però ci dice
che il debito pubblico in Italia è sempre stato sostenibile, sia a
breve che a lungo termine, e quindi che le pensioni non sono a
rischio (Rapporto sulla sostenibilità fiscale, settembre 2012).
Prima della crisi in tutti i Paesi, incluso il nostro, il debito
pubblico stava diminuendo in rapporto al Pil, ma aumentava quello dei
privati. L’austerità montiano-grillina equivale allo zelo del
chirurgo che amputa la gamba sana, trascurando la cancrena dei
mercati finanziari privati (in Italia ben rappresentata da Mps).
Nella follia montiana c’era metodo: raggranellare 40 miliardi di
euro da dare a spagnoli e greci perché li restituissero ai loro
creditori tedeschi. Il “salvataggio” di Monti ha salvato la
Germania, affossando via Imu gli italiani. Se Grillo parte dalla
stessa diagnosi, c’è da temere che arrivi alla stessa terapia.
Inoltre
non c’è nulla che indichi in 100 miliardi di interessi l’orlo
del baratro finanziario. Secondo gli ultimi scenari del Fmi, lo Stato
italiano arriverà in effetti a pagare questa cifra, ma nel 2017,
cioè fra 57 (non sei) mesi. A quella data 100 miliardi
corrisponderanno a meno del 6% del Pil, un carico sostenibile, pari a
quanto lo Stato pagava nel 2000. Insomma: pare Grillo abbia
rapidamente appreso l’arte di terrorizzare gli elettori con cifre
“simboliche” ma prive di significato economico. La Grillonomics
offre anche intuizioni corrette. La più importante è che uno
sganciamento dell’Italia dalla moneta unica avrebbe l’effetto
collaterale di alleviare l’onere del debito. Il motivo lo ha
ricordato Bank of America: “I Paesi periferici fronteggiano tassi
elevati perché l’assenza di politica monetaria indipendente
rafforza la percezione del rischio di default”. Un governo italiano
che tornasse “liquido” nella propria valuta nazionale farebbe
molto meno paura ai mercati. Qualcosa di simile accadde nel 1992,
quando lo sganciamento dal cambio fisso determinò una rapida discesa
degli interessi sul debito. Il nesso svalutazione-inflazione-alti
tassi non ha riscontro nelle esperienze europee passate e recenti.
Pare
di capire che la politica del Movimento verrà decisa
democraticamente, utilizzando la “piattaforma”, uno spazio web
dove “ognuno veramente conterà uno”, come ha ribadito Grillo.
Possiamo solo sperare, per il bene del paese, che gli “uno” che
la pensano come Grillo sulle cause della crisi siano in minoranza nel
Movimento. L’Italia ha bisogno soprattutto di buon senso:
austerità, dilettantismo e demagogia hanno già fatto troppi danni.
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