Ci
sono attimi in cui non posso non scrivere. Che altro farei? Con chi
parlerei?
In
questo cianciare scostante del mondo, a volte, sempre più spesso,
non c'è spazio per le tue parole, quelle che ti vengono dall'anima,
quelle che consentono di dare un senso alla tua vita. E quanti,
quanti! hanno creduto che la vita un senso non l'abbia, obnubilati
dalle proprie superstizioni.
Ci
sono attimi in cui non posso fare a meno di sconvolgere la purezza di
un foglio con i segni della mia schizofrenia. Quell'ultimo, disperato
tentativo, di sdoppiarmi, di fuggire, di correr via lontano, dove non
mi prenda nessuno, nemmeno i fantasmi, nemmeno gli uccelli, nemmeno
il vento.
E
riverso su questo foglio immacolato le colate della mia anima
disciolta, calda melassa, porpora.
E
non posso fare altrimenti. Non posso esimermi.
Non
è disperazione. Non lo è. Non capirete mai il senso del volo di un
uccello concentrandovi solo sulle sue ali, ignorando il vento, che è
la vera forza che dà loro un senso.
Non
capirete mai il senso di meraviglia di fronte ad un gioco che prova
un bambino, se non saprete cogliere che la sua gioia non è il gioco,
ma è la grazia dell'averlo ricevuto in dono.
Non
capirete mai il mio sproloquiare, se non sproloquiate anche voi.
La
quiete non è una virtù. Il silenzio, solo poche volte lo è.
L'incapacità di ascoltare, ascoltarsi, quella si che è una virtù.
Dei morti.
Ci
sono attimi che non posso non gioire del mio andar via, del mio
diventare invisibile, chiudermi nel guscio protettivo delle mie
parole e lasciarmi cullare. E parlarmi addosso, quanto è
dolce!!Quanto vano. Quanto vano è tentare di far comprendere, agli
altri, cosa vorresti dire davvero. Cosa vorresti che qualcuno
ascoltasse davvero.
Butto
questi quattro pensieri sgangherati su questo foglio e penso a quanto
tempo è passato da quando ho cominciato. Quanto tempo sprecato! A
fare niente! Perchè stare fermi davanti a un foglio è forse fare
niente. Come è fare niente qualsiasi altra cosa a questo mondo. Si
perchè la domanda vera, quella che tutti dovremmo porci è proprio
questa: cosa cazzo facciamo?
Nella
mia vanagloriosa visione del mio ego mi do una risposta e non me ne
frega niente di sembrare arrogante. Perchè lo sono e me ne vanto.
Perchè la mia arroganza è la spada con la quale mi difendo
dall'arroganza di non voler ascoltare la mia risposta.
Cosa
cazzo facciamo? Assolutamente niente.
Niente.
Il
nulla.
Lo
zero.
Niente,
niente, niente, niente, niente.
Siamo
il niente, in quello che facciamo.
Allora
perchè dovrei vergognarmi di essere qui, davanti a questo foglio a
scrivere le mie parole, che nessuno ascolterebbe, che nessuno
leggerà? Sto facendo niente, come tutti gli altri, davanti a una tv,
a un pc, o al bancone di un bar, a ripetersi parole ascoltate dove? A
dirsi cosa? Niente? Forse. O forse no, o forse si, o forse boh.
E
dovrei vergognarmi per questo tempo sprecato?
Cosa
c'è di più vergognoso di sprecare il proprio tempo? Cosa, di più
vigliacco del cavalcare un momento a discapito di quello di
qualcun'altro? Ma io a chi sto rubando?
Rubo
parole a me stesso e le metto su foglio. In realtà è chi legge che
ruba le mie parole. O no?
Ma
non è questo il punto. E allora qual'è?
Il
punto è che il niente che facciamo è la nostra vita. Ma anche il
niente è differente a sé stesso. Ed esiste niente e niente. C'è un
niente fatto di aria. Un niente fatto di sogni. Un niente fatto di
speranze. Amore. Colori. Suoni. Emozioni. E un niente fatto di ferro,
metallo, plastica, grigiore. C'è un niente fatto di acqua di mare e
un niente fatto di parole. E le parole hanno sempre un senso, anche
quando non ce l'hanno. E il mare ha un colore anche quando non
dovrebbe averne uno. Perchè il mondo è uno specchio. E nello
specchiarci, non possiamo far finta di niente.
Allora,
è niente quello che sto facendo?
E'
niente dire quello che si pensa? O è niente non ascoltare quello che
ci viene detto?
Non
parlo di quello che sto scrivendo adesso, o le mille volte che l'ho
fatto, straripando di concetti astrusi, inventati, rubati, raccolti
per strada, come ciottoli da mettersi in tasca.
Non parlo di questo.
Parlo
di quello che siamo.
Allora
perchè non ci riconosciamo?
Come
facciamo a non amarci? Solo ad amarci?
Cosa
significa l'odio? Da dove proviene? E' niente anche l'odio?
L'odio.
Una
parola che ha una certa assonanza, in questa lingua farlocca che ci
ha regalato quel burlone di fiorentino innamorato platonico, con la
parola Oddio! Ci sarà un nesso?
Sono
troppo ignorante per conoscerlo. Mi secca fare il saccente, andare su
“google” e digitare “etimologia Oddio”, “etimologia odio”,
e poi far finta di conoscerlo già da chissà quali antichi studi,
ostentando una finta cultura che non ho. Quanti di voi l'hanno fatto?
Tanti eh? Embeh? Cosa c'è da vergognarsi? E' niente. Niente. Perchè
non avreste rubato nulla. Ma avreste semplicemente chiesto alla
cultura di altri di venirvi in soccorso. Del resto dove avreste
potuto studiare se non su altri libri, su cose scritte, dette e
pensate da qualcun'altro? Ma davvero pensate che nella storia del
pensiero dell'uomo esista qualcosa di originale? Non vi rendete conto
che in realtà senza i pensatori precedenti, colui il quale a detta
di tutti avrebbe “scoperto”, inventato, formulato, il pensiero
più originale di un'epoca intera, sarebbe rimasto completamente
muto, senza parole? Senza le parole di qualcuno prima di lui, senza
quella prima sillaba pronunciata 180.000 anni fa da quella
particolare conformazione della cavità orale di quell'uomo peloso
vestito di pelli in quel di Cromagnon, non ci sarebbe stata nessuna
Divina Commedia? E fanculo a Dante e alla sua Beatrice! (Ma dico, non
potevate scopare? Mah!).
Non
vi rendete conto di questo?
Ma,
vabbè.... come posso essere convincente? Se si sono sprecati
kilometri e kilometri e kilometri di carta stampata, tonnellate e
tonnellate e tonnellate e tonnellate di Co2 trasformate in parole,
per affermare il contrario!! L'unicità del pensiero individuale. La
marginalità del pensiero collettivo.
Mah,
pippe mentali!
Alla
fine sto riempiendo questo foglio così, come mi viene e non so
nemmeno io cosa stia dicendo.
Capite
ora perchè vi dicevo prima che sarebbe complicato farsi ascoltare?
Chi
vorrebbe ascoltarmi? Chi vorrebbe leggermi?
Eppure
qualcuno sarà pur disposto a farlo, almeno se gliene fosse data
l'opportunità.
Allora
ecco un altro concetto, da buttare lì, come una pietra in un deserto
e perderla di vista subito dopo il suo arrivo a terra. Le
opportunità.
Uffffffffff,
quante volte ho parlato di opportunità? Uffffffffffff quante volte?
Opportunità sprecate. Opportunità tralasciate. Scartate. Vagliate.
Colte. Sfruttate. (Dio quant'è brutta la parola sfruttare.... ti
riporta sempre alla mente qualcosa che prima o poi si consuma e di
essa non rimane niente.... andrebbe abolita dal vocabolario....
chissà forse un giorno con essa scomparirà lo sfruttamento di
qualsiasi cosa). Opportunità.
Ma
cosa cazzo devo dire di più delle opportunità, se non che ognuno
di noi ha l'opportunità di mettersi lì e dire la sua? In qualsiasi
modo voglia. Sotto qualsiasi espressione. Sotto qualsiasi spoglia.
Dire la sua e basta.
Vi
rendete conto che nella vita di tutti i giorni questa opportunità ci
è costantemente negata da miliardi di piccoli impedimenti che fanno
della nostra vita un muto parlare?
Dio!
Oddio!
Odio!
Ecco....
questo è odio! Odio vero. Non quello finto, che spinge ad uccidere
per un piatto di fagioli (in forma di monete sonanti)... quello
dettato da un'organizzazione sociale imprescindibile dalla rapina,
qualsiasi forma essa possa assumere, a tutti i livelli.
L'odio
vero è togliere la parola a qualcuno.
E
quante forme conoscete per zittire qualcuno? Dai cazzo! Pensateci!!!
Quante, quante forme conoscete, di ogni genere, maniera, tempi,
tecnica. Quante?????? In ogni cosa che fate OGNI SANTISSIMO GIORNO
DELLA VOSTRA VITA?
Ecco......
questo foglio è qui davanti a me, e impedisce a chiunque, di
togliermi la possibilità, l'opportunità, di dire la mia. Almeno fin
che mi sarà concesso. Perchè non sempre è stato così? Vero Dott.
Magaldi? CODESTO scritto è concesso?
Eh,
come siete furbi, furbastri e furbetti. Perchè si è vero, posso
scrivere, imbrattare muri, gridare, riempire pagine di post nel mio
blog (che parola di merda.... blog.... assomiglia a qualcosa di
melmoso in cui cadi), ma in questo baillame della vita di tutti i
giorni di sei miliardi di formiche urlanti, che corrono all'impazzata
una dietro l'altra, chi, chi ha davvero il tempo di ascoltare?
Ci
avete tolto la capacità di ascoltare. Non la parola. Non è vietato
il diritto di parola, ma quello di ascolto. Ed è un divieto tacito.
Anzi, un diritto al rovescio. Abbiamo il diritto di NON ascoltare e
crediamo che questa sia libertà. La libertà di non ascoltare.
E
chi se ne frega, se in questo casino, tra orologi che corrono,
pubblicità e gente che va, c'è sempre qualcuno che ha qualcosa da
dire? E chi se ne frega se le parole di alcuni hanno più valore di
quelle di altri?
Eh...
Eh... cari miei... la posizione sociale... uhhhhhhhh il titolo....
uhhhhhhhhh gli studi......
ah
ecco, di nuovo gli studi!!! Ma chi ha scritto i libri su cui questi
soloni hanno studiato?
Ah
si? Sempre qualcuno che aveva qualcosa da dire?
Oh,
beh.... devo aggiungere altro?
Ahahahahahahahhahahaha
Caro Magaldi, sono uno sgrammaticato.... lei ha sempre avuto ragione.
E
grazie, grazie per avermi dato la libertà!
La
libertà di parlare e la libertà agli altri di non ascoltarmi.
WOW...... mi perdo nelle tue parole... e le ascolto. Ho esercitato il mio diritto al rovescio!
RispondiElimina:)
Giada.
Ti ho letto,ti ho ascoltato.
RispondiEliminaCiao
Carola