di
Francesco Salistrari.
Tutti
i più grandi giornali internazionali vedono nell’affermazione del
Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche italiane, una
chiara espressione del popolo italiano contro le politiche di
“austerity” imposte dalla Germania. Che poi tali
politiche siano pienamente avallate da decenni da tutta la classe
politica italiana ed in qualche modo, da un punto di vista
sostanziale, siano perfettamente confacenti alle scelte obbligate a
cui il paese si trova di fronte permanendo nel sistema monetario
unico, questo conta poco. Perché si, è vero che questa classe
politica è la principale responsabile dello sfacelo in cui ci
troviamo, ma il punto nodale è che tale sfacelo non è determinato,
così come ciancia Grillo da anni, semplicemente da
corruzione, rimborsi elettorali, privilegi di casta e vitalizi. Certo
si tratta di cose assolutamente inaccettabili e a cui andrebbe
trovato un rimedio in tempi rapidi. Ma il problema del debito
pubblico italiano è tale, e questo Grillo non lo spiega
né lo ha mai detto, principalmente perché il paese si trova
nell’Euro ed essendo costretto a vincoli di bilancio (3%
deficit-Pil con il Trattato di Maastricht, pareggio di
bilancio dal 2013 con il Fiscal Compact), l’unica strada
percorribile, nella condizione data è in poche parole “l’agenda
Monti” (svalutazione salariale, armonizzazione del mercato del
lavoro agli standard tedeschi, limitazione dei diritti e delle
tutele, innalzamento età pensionabile, tagli a scuola e sanità,
(s)vendita del patrimonio pubblico ecc. ecc.).
Infatti
anche secondo quanto afferma in un’intervista
allo Spiegel,
Peter Bofinger,
economista e consulente del Governo Tedesco: “Rispetto ad altri
paesi (gli interessi, ndr) sono troppo alti.[Nonostante]
il deficit di bilancio è il
secondo piu' basso dopo quello
della Germania. Il deficit
britannico è 4 volte quello italiano, tuttavia gli interessi sul
debito pubblico sono solo al 2%, mentre l'Italia deve pagare il 6%”.
Allora
perché l’austerity e le politiche restrittive? Semplice: (sempre
con le parole di Bofinger) “la Gran Bretagna è indebitata in
Sterline e ha una banca centrale che è disposta
ad acquistare titoli di stato in maniera illimitata.
L'Italia a causa della sua appartenenza all'unione monetaria non lo
può fare. E' in una situazione fondamentalmente diversa, che anche
con le drastiche misure di risparmio e con le riforme strutturali del
governo Monti non potrà essere cambiata. Il problema è sintomatico
della crisi Euro. Il governo tedesco fino ad ora ha sostenuto che i
governi dei paesi in crisi devono risparmiare in maniera ferrea: i
mercati avrebbero riconosciuto lo sforzo e fatto scendere il tasso di
interesse. E' una illusione. Anche se gli stati della zona Euro
risparmiano, avviano le riforme strutturali e fanno quanto viene loro
richiesto, restano a rischio fallimento”.
E’
quindi facile intuire come il problema non è tanto dovuto ad una
situazione disastrosa dei conti pubblici, ma quanto al fatto che
l’Italia è agganciata ad economie più forti, più competitive,
con una maggiore produttività del lavoro, una maggiore flessibilità
del mercato del lavoro e un’inflazione più bassa. Il tutto si
ripercuote negativamente sulla bilancia dei pagamenti e questo genera
una spirale di indebitamento privato (aziende e famiglie) che si
ripercuote successivamente sul debito pubblico (la storia economica
del nostro paese degli ultimi 10 anni).
Di
questo il Signor Grillo e il suo “guru” Casaleggio
non parlano. E non ne parlano nemmeno i neo eletti deputati e
senatori “grillini”, né tantomeno chi ha votato il Movimento
5 Stelle a queste ultime elezioni. Il sentimento più comune che
ha spinto quasi 9 milioni di italiani a scegliere i 5 Stelle,
non è dunque la consapevolezza della dannosità intrinseca della
“moneta unica” e del capestro determinato dai Trattati, quanto un
sentimento di protesta e di rifiuto nei confronti della classe
politica che ha governato l’Italia fino a questo momento.
Pertanto appare evidente come in realtà
il rifiuto delle politiche di austerity, è un sentimento implicito,
sepolto sotto il cumulo di terra del dibattito sulla “casta” e
sui privilegi di politici e classe dirigente. In questo modo non solo
Grillo raccoglie consensi, ma tiene a bada e lontani dalla
discussione pubblica i veri temi scottanti che potrebbero generare
un’ondata antieuropeista molto consistente nel nostro paese.
L’elusione del dibattito sui temi dell’Europa, comprensibile nelle forze politiche che hanno determinato la condanna di questo
paese alla destrutturazione del mercato del lavoro e del welfare con
le scelte scellerate di fine anni ’90, appare impensabile in un
Movimento che a parole si autodefinisce per il cambiamento. Il fatto
eclatante, per esempio, che anche azzerando completamente i “costi
della politica”, vale a dire eliminando totalmente dalle voci
di spesa statali tutti i corrispettivi economici destinati al
personale politico del paese , il risparmio sarebbe talmente ridicolo
che con esso non si riuscirebbero a pagare nemmeno gli interessi sul
debito di un anno (che sfiora attualmente gli 80 miliardi), non solo viene taciuto da Grillo e dai suoi attivisti, ma non viene
preso nemmeno in considerazione.
Il
problema dunque è sistemico, macroeconomico e non è pensabile
proporre di risolverlo con piccole operazioni come quelle sbandierate
da Grillo, per quanto condivisibili da un punto di vista etico
e della giustizia sociale. I problemi perduranti della crisi
mondiale, infatti, sono ingigantiti dall'appartenenza ad un sistema
rigido come quello europeo per un paese con i fondamentali
dell'Italia e questo nel dibattito pubblico, a destra come a
sinistra, sopra o sotto (come dicono i 5 Stelle) non compare. E
benchè il “volpone” del comico genovese in campagna elettorale
abbia lanciato qua e là qualche slogan contro l'Europa, benchè
sbandieri ai quattro venti una politica economica diversa per
l'Italia, niente di concreto, in quanto a proposte, appare
all'orizzonte.
Se
a questo aggiungiamo che la quasi totalità dell'elettorato italiano
ha votato per formazioni politiche palesemente pro-Euro che hanno
annichilito per anni e anni il dibattito sulla questione, paventando
disastri economici inimmaginabili per il paese se si uscisse dalla
moneta unica (e questo quantunque la storia
economica semmai dimostra il contrario), appare abbastanza
chiaro come le elezioni politiche di questo fine febbraio 2013 non
hanno rappresentato dal punto di vista della percezione popolare
nessun sostanziale cambiamento in quanto a considerazione,
comprensione e consapevolezza delle risultanze sociali ed economiche
della crisi. Il tutto viene completato da un quadro europeo, che
proprio grazie ai ritmi imposti da crisi e mercati, continua ad
erodere dalle fondamenta la sovranità dei paesi aderenti
soprattutto in materia di bilancio e di politica economica. Infatti,
con l'implementazione del cosiddetto two-packs,
ogni “Legge di Stabilità”
dovrà essere approvata (vidimata) dalla Commissione
Europea e da un parere
consultivo del Consiglio
Europeo, che, nel caso
non fosse aderente alle direttive orchestrate nei piani alti di
Bruxelles o aderente ai
Trattatui, può essere
respinta.
In
Europa, anche in Germania, il dibattito sui costi dell'Euro comincia
a diventare montante. Da questo punto di vista le elezioni italiane
hanno certo dato un segnale. Ma non è quello che tutti si
aspettavano. Perchè se in paesi come Spagna
e Portogallo,
i movimenti di protesta sono perfettamente orientati contro
le politiche della Troika,
i Trattati europei e la moneta unica, in Italia, l'unico movimento
politico di “protesta” è rappresentato appunto dal Movimento
5 Stelle, che a parte
qualche vago richiamo ad un
“Referendum sull'Euro” (peraltro incostituzionale), non affronta
i temi cruciali della crisi. Anche quando Grillo
parla di “rinegoziazione del debito”, non spiega in che modo il
Governo italiano possa operare in tal senso legato com'è mani e
piedi dai Trattati europei e dagli accordi internazionali.
E
proprio mentre i disastri delle politiche della Troika
mostrano i propri funesti effetti sulla Grecia
(che è il destino di tutti i paesi della cintura mediterranea),
proprio mentre anche la Francia
comincia
ad accusare i colpi della crisi,
proprio mentre si comprende quanto difficilmente attuabile è una
qualche politica di crescita (sola capace nella logica perversa del
sistema di garantire respiro alle economie nazionali), ancora in
Europa non esiste una sola forza politica capace di portare alla
ribalta i temi che riguardano integrazione europea, democraticità
del sistema, moneta unica, sui binari che un serio dibattito sociale
e politico meriterebbe, vista l'urgenza delle risposte da dare.
Il
dato oggettivo più evidente che l'austerity sta servendo gli
interessi dei mercati finanziari, delle banche e delle multinazionali
(pronte a spartirsi il bottino pubblico degli stati in difficoltà e
a rischio bancarotta), viene completamente sottaciuto.
Il
risultato è un
paese come l'Italia,
fino a poco tempo fa la terza economia del continente, piegato al
ricatto dei mercati finanziari e strozzato dagli interessi
(internazionalizzazione del debito), che perde quote di mercato e
comparti industriali, in piena recessione (Pil a -2,4%, dato 2012),
con la disoccupazione in piena ascesa e
che si
vede costretto dalle
politiche di bilancio europee (Fiscal
Compact) a misure
restrittive di spesa e di
investimento pubblico per i decenni a venire, senza la benchè minima
possibilità di implementare una politica economica capace in qualche
modo di attenuare gli effetti della crisi e di sostenere consumi e
fasce deboli della popolazione
pesantemente colpiti.
Il
2013 appena iniziato a detta di molti commentatori ed analisti, sarà
l'anno più duro
di quelli vissuti fino ad oggi dal 2007 e all'orizzonte le soluzioni
prospettate e le azioni già intraprese vanno nella direzione di
consentire ai paesi più forti dell'eurozona di non crollare e di
mantenere alta la competitività sui mercati internazionali, in
attesa di una ripresa mondiale (?) e che dopo le riforme strutturali,
i sacrifici lacrime e sangue, la deindustrializzazione e la svendita
dei patrimoni pubblici, l'armonizzazione dei mercati del lavoro e del
sistema fiscale dei paesi
della cintura mediterranea, consentano alla locomotiva tedesca e
francese (?) di trainare il continente in un nuovo periodo di
crescita o quantomeno di stabilizzazione competitiva.
Il
tutto, detto en passant,
in vista del mega accordo
di “libero scambio” con gli USA di cui si sta discutendo in
questi giorni, che prospetterebbe un “blocco occidentale”
rinnovato in piena competizione con i paesi BRIC una volta che
l'Europa si sia messa al passo.
A
quale costo? Chi dovrà pagare il conto salato di questa
trasformazione epocale?
La
risposta è semplice: quando piove a bagnarsi è sempre chi sta
sotto.
Mi sembra un`analisi molto lucida e argomentata. Resto convinto cmq del fatto ke uscire dall`euro non é una passeggiata, anzi. Sarebbe auspicabile una uscita dalla moneta unica man dall'europa dei 27. Almeno questa è la mia opinione. Cmq complimenti per il pezzo.
RispondiEliminaAdrian
Il mov5stelle è un pompiere sociale. Condivido quello che è sostenuto nel pezzo, che tra l'altro parte dal presupposto di analisi economiche autorevoli, rappresentate in Italia da ALberto Bagnai. SOno convinta che il sistema euro vada abbattuto e l'Italia deve ritornare alla propria sovranità economica e monetaria.
RispondiEliminaUn saluto, Giada Marino.
Non penso sia possibile stabilire in base a qualche dato che l'uscita dall'euro sia nel momento attuale, la scelta migliore per l'Italia. Ci sono molti dati che confermano il contrario. Secondo me Grillo e il Mov 5 Stelle sono coerenti nel voler avviare il dibattito. Non si può dire da un giorno all'altro usciamo dall'euro e basta.
RispondiEliminaE' da irresponsabili.
Girondino Nero
UN referendum sull'euro è incostituzionale? Da dove proviene questa STRONZATA?
RispondiEliminaInformatevi prima di sparare minchiate!
Caro maleducato anonimo, innanzitutto ti invito ad essere più rispettoso delle persone che leggono e del sottoscritto che scrive gli articoli. Non condividere un qualcosa non significa offendere e denigrare chi la pensa diversamente. E' un atteggiamento insopportabile.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il referendum sull'Euro ti inviterei a leggerti la Costituzione Italiana, impararla per bene e poi fare le tue considerazioni.
L'Euro e i Trattati che l'hanno istituito fanno parte dei Trattati Internazionali e secondo la nostra Costituzione NON sono sottoponibili a referendum. Per questo motivo PRIMA di proporre un referendum popolare sull'uscita dell'Italia dall'Euro bisognerebbe MODIFICARE la Costituzione e poi ottenere (per evitare il referendum confermativo) il 65% nelle votazioni parlamentari.
Ma per quale motivo mi senta in obbligo di informarti di queste cose non lo so nemmeno io. Di solito alla maleducazione si risponderebbe con l'indifferenza. Ma sono troppo educato anche per questo.