giovedì 20 giugno 2013

La Grecia sull'orlo della catastrofe.

Da RussEurope di Jacques Sapir un'analisi approfondita sulla situazione in Grecia, con particolare attenzione al problema della liquidità e ai mezzi di pagamento alternativi, e un confronto con i fenomeni simili avvenuti durante la crisi in Russia



Traduzione a sei mani di Ugo Sirtori, Henry Tougha e Carmen G.
15 giugno 2013

La situazione della Grecia è oggi catastrofica, un fatto sottolineato dalla decisione senza precedenti del governo di chiudere i servizi della radio e televisione di stato per "motivi economici". Questa situazione non è che l'esempio più lampante dell'effetto delle politiche di austerità attuate dal 2010 nell’eurozona con lo scopo di 'salvare' l'euro. Esse hanno portato a un vero e proprio disastro.


La chiusura, decisa dal governo greco, dei canali della radio e della televisione pubblica (ERT) ha causato un'emozione enorme, sia in Grecia che all'estero. I canali pubblici italiani hanno inserito il logo dell'azienda dello stato greco nel proprio, e movimenti di solidarietà si sono verificati in tutta Europa. Manifestazioni importanti hanno avuto luogo ad Atene, e le legittime emozioni causate da queste gesta non sono ancora spente. Questo atto, che in realtà è in violazione alle regole dell'Unione europea in base alle quali ogni paese deve avere una radio e una televisione pubblica, è la reazione isterica del governo al crollo delle entrate fiscali. La Grecia è in realtà sul percorso irreversibile tipico di tutte le economie dove si tenta di imporre una brutale austerità.
FONTE: FMI, Grecia, STAFF REPORT FOR THE 2013 ARTICLE IV CONSULTATION, 20 maggio 2013, Washington DC, p. 37. 2013 = stime, 2014 = previsioni

Questa politica, infatti, dimostra di essere auto-distruttiva e non è dissimile da quella condotta in Russia dal 1992 al 1998. Si vedono le stesse patologie. Da qui l'idea che la Grecia sta diventando, se le cose non cambiano, una "piccola Russia". Questo pone anzitutto il problema dei fondamenti delle politiche di austerità e quindi quello del "moltiplicatore della spesa pubblica", ma anche della reazione delle banche e degli effetti della forte contrazione della liquidità osservata in questi paesi. La situazione ora è segnata da una forte contrazione del credito e dei depositi nelle banche. Questo fenomeno colpisce sia le famiglie sia le aziende. La sua importanza aumenta dall’estate 2010 e sembra prendere una svolta tragica fin dall'inizio dell'anno 2012.

I. Le dinamiche delle politiche di austerità

E’ ormai riconosciuto, anche dall’FMI [1], che le politiche di austerità hanno avuto e ancora hanno impatti molto negativi sui livelli economici. Questa ammissione di una situazione di fatto non evita però imprecisioni e illusioni, che sembrano profondamente radicate nella cultura ideologica di questa organizzazione [2].

I.I. La questione dei moltiplicatori della spesa pubblica.

La questione ha invaso lo spazio politico dominato dagli economisti con la pubblicazione del testo di Olivier Blanchard, il capo economista del FMI. Ma era ovvio da parecchi anni che le stime del moltiplicatore della spesa pubblica erano false. Autori che si trovano all'interno del circuito "mainstream" avevano stabilito che, quando un'economia è sull'orlo della recessione (con una crescita inferiore all’1%), il moltiplicatore della spesa pubblica è sensibilmente superiore a 1 (compreso tra 1,7 e 2,5) [3].

  • (i) Il valore del moltiplicatore della spesa pubblica, cioè la variabile che misura il rapporto tra queste spese (o l'aumento/diminuzione delle tasse) e l'attività economica è ovviamente cruciale per giudicare l'efficacia di una politica di austerità. Se il valore di questo moltiplicatore supera 1, ne segue che un aumento della spesa pubblica si tradurrà in un aumento più che proporzionale dell'attività, ma nel caso di contrazione, anche la contrazione dell'attività sarà più che proporzionale. Fino a luglio 2012, l’opinione degli economisti che lavorano all'interno delle organizzazioni internazionali era che questo moltiplicatore è inferiore a 1, stimato vicino al valore di 0,5 nei modelli di previsione [4] e quindi che una contrazione della spesa pubblica avrebbe un impatto meno che proporzionale sul prodotto interno lordo. Questa è stata la base teorica delle politiche di austerità, con alcuni autori che sostenevano che questo moltiplicatore era in realtà molto piccolo. L'evoluzione dei paesi soggetti a piani di austerità drastici ha invertito questo risultato, che spesso non era altro che un postulato. Un calcolo recentemente pubblicato dal servizio di ricerca NATIXIS ha stimato il valore di questo moltiplicatore a 1,7 per la Spagna e a 2.2 per l'Italia [5]. Tali valori comportano il fallimento delle politiche di austerità. Queste, messe in atto per ripristinare l'equilibrio delle finanze pubbliche (o per conseguire un avanzo di bilancio), hanno causato cadute più che proporzionali dell’attività economica che si sono tradotte in entrate fiscali inferiori alla fine dell'anno. Alla fine, si è ottenuto lo stesso deficit di bilancio (o addirittura un deficit aggravato) che prima del piano di austerità!

  • (ii) in realtà, il moltiplicatore della spesa pubblica è instabile nel tempo e in gran parte dipende dal contesto in cui vengono implementati i piani di austerità, o le misure di stimolo fiscale. Il già citato studio di NATIXIS (n°686) insiste sulla simultaneità degli aggiustamenti fiscali e di spesa. Ma sapendo che le preferenze degli operatori economici sono in gran parte influenzate dal contesto, è lecito pensare che altri fenomeni si manifestino. Per gli autori appartenenti alla corrente keynesiana, quando un'economia è a un livello basso di produzione e i redditi delle famiglie sono ridotti (e il sistema finanziario non funziona bene) i consumi e gli investimenti dipendono molto più dal reddito immediato che da quello futuro. In queste condizioni il moltiplicatore è necessariamente piccolo [6]. Questo è stato dimostrato nel caso degli Stati Uniti [7]. In un periodo di ripresa, se gli agenti economici possono essere portati a pensare che questo stimolo sarà solo transitorio, non cambieranno necessariamente i loro comportamenti. Se questi stessi agenti non sono in grado di prevedere la fine di questo piano di austerità e non possono che aspettarsi ulteriori futuri inasprimenti, cambieranno sostanzialmente i loro comportamenti. Il trasferimento di una parte del loro reddito dal consumo a un risparmio precauzionale aggraverà considerevolmente gli effetti dell'austerità e aiuta a capire perché la contrazione dell'economia è più che proporzionale a quella della spesa pubblica.
  • (iii) Questa è la situazione che si verifica oggi in Spagna, Grecia e Portogallo. I vari piani di austerità hanno avuto scarso effetto sui deficit di bilancio (9% in Spagna), perché si sono riflessi in maniera più che proporzionale sul gettito fiscale, che a sua volta dipende dal livello dell’attività economica.
I modelli di tipo DGSE furono introdotti negli anni ottanta come risposta ai molti problemi teorici posti dai modelli della generazione precedente[8]. Essi derivano in gran parte dal lavoro di Robert Lucas e utilizzano massicciamente le aspettative razionali e la loro costruzione. Questi modelli hanno molte caratteristiche che in realtà rappresentano altrettanti problemi. Prima di tutto, schematizzano l'economia come un insieme di mercati che coprono tutti i campi possibili. Quindi assumono che il vincolo di bilancio inter-temporale degli agenti economici è sempre rispettato, cioè che non esiste possibilità di alcun fallimento o bancarotta [9]. Questa ipotesi, che nega, tra l'altro, la possibilità di un razionamento del credito sostenuta da J. Stiglitz [10,] dà luogo a quella che viene chiamata la "clausola di trasversalità" [11], attraverso una manipolazione matematica. Questa "clausola" conduce a negare la specificità dell'impresa bancaria e a considerare la finanza come un grande mercato di fondi scambiabili ai quali qualsiasi attore ha accesso [12], sia per offrire dei finanziamenti che per riceverli [13].

Nella misura in cui sono stati imposti dei piani di austerità di cui non si intravvede la fine, o senza che questa sia prevedibile, era scontato che il moltiplicatore della spesa pubblica fosse ampiamente superiore a 1. L'impatto dell'austerità sull'attività economica è quindi più che proporzionale, il che spiega perché due dei paesi interessati (Grecia e Portogallo) siano piombati in depressione e che il terzo (Spagna) sperimenti una recessione che dovrebbe portare, a logica, a una depressione nel quarto trimestre del 2012.
I.II. La scomparsa della liquidità.
Nei paesi considerati (Spagna, Grecia, Portogallo e, in parte, Italia) osserviamo una forte contrazione della disponibilità di credito, legata alle seguenti questioni:
  • (i) La previsione di un possibile ritorno alle valute nazionali crea una tendenza delle banche a utilizzare i capitali raccolti nei paesi considerati come potenzialmente 'deboli' (se dovessero ritornare alla propria sovranità monetaria) per prestarli in paesi considerati come potenzialmente 'forti', come la Germania, la Francia, l'Olanda, ecc...Questo porta nella migliore delle ipotesi ad una scarsità del credito (è il caso del Portogallo e della Spagna) e nel peggiore dei casi alla sua quasi estinzione (Grecia). Tuttavia, la scomparsa di questo credito bancario, che gioca un ruolo importante nella liquidità dei fornitori di credito e nell’alimentazione del capitale circolante delle aziende, provoca una contrazione delle attività ANCHE quando esiste una domanda solvibile.
  • (ii) Una fuga di capitali provenienti dai paesi considerati come aventi valute potenzialmente "deboli" verso i paesi a valuta potenzialmente "forte". Questo si vede nei saldi TARGET2 della BCE [14]. Questo fenomeno, che è molto evidente a partire dal 2011, si traduce anche in una carenza di liquidità e di credito nelle economie considerate.
  • (iii) Il rischio bancario elevato in Grecia, Spagna e Portogallo, spiega infine la riluttanza delle banche ad assumersi rischi aggiuntivi. In Spagna, dove si stima che le sofferenze (crediti deteriorati o inesigibili) raggiungano i 180 miliardi di euro (agosto 2012) ossia il 10,5% del patrimonio delle banche [15], questa reazione ha causato un forte calo dell'attività di credito bancario interno. In Grecia, le stesse ragioni si sono combinate con i due fattori sopra citati per arrivare ad un arresto totale delle operazioni di credito. In Portogallo, il fenomeno tende attualmente al livello osservato in Spagna.
Ciò causa la corsa di queste economie verso la depressione, con una crisi di liquidità (non ammessa per quello che è) che si aggiunge alla forte riduzione della domanda. Di fatto, in Grecia e Spagna si vive una situazione simile a quella che si avrebbe se le banche fossero fallite. Il fatto che le banche sono "tecnicamente" vitali non cambia la situazione. Questo significa che la fornitura di liquidità all'economia dipenderà sempre di più dallo stato e dalla parte del sistema bancario che esso continua a controllare.
Questo implica che l’attività economica dipenderà dalle spese pubbliche su una scala molto più grande di quel che era originariamente previsto, perché alla dimensione 'domanda' di queste spese si aggiunge l’"alimentazione” di liquidità. Tuttavia, le spese pubbliche sono le prime interessate dalle politiche di austerità. Possiamo allora capire perché stiamo assistendo ad un crollo degli investimenti in questi paesi. Ora, questo riduce la produttività oraria del lavoro (rilevata in Grecia e Spagna), aumentando il divario con i paesi che non sono soggetti a queste politiche, così tendendo a ridurre l'effetto del declino del costo reale del lavoro.
Questo rende ancora più problematica la stabilizzazione e l’uscita dalla crisi. Con questo crollo degli investimenti, sono le condizioni di competitività nel medio termine che sono in discussione. Tuttavia, se la competitività di questi paesi s’abbassa nel medio termine, gli sforzi che hanno reso possibili le politiche di svalutazione selvaggia interna non saranno serviti a niente. Da questo punto di vista, la situazione di Spagna e Grecia, dove la caduta degli investimenti è stata più forte, appare come la più pericolosa.

II. La tragedia greca: un tipico esempio di applicazione delle politiche di austerità.
Se si tende a concentrarsi sulla violenza dell'aggiustamento di bilancio e fiscale che la Grecia sta cercando di raggiungere, c’è invece la tendenza a nascondere gli effetti della contrazione brutale della liquidità. Tuttavia questa contrazione ha precisi effetti specifici sulla tendenza dell'economia greca. Uno di questi effetti è lo sviluppo, indiscutibile, del baratto, che d'altra parte è difficile da quantificare. Ora, questo sviluppo del baratto ha, a sua volta, degli effetti economici e sociologici. Esso induce lo sviluppo di una economia non tanto "duale" quanto funzionante in due settori relativamente separati.
Grafico 2
Fonte : Banca Centrale Greca.


II.I. Le conseguenze della mancanza di liquidità

Questo collasso è in parte il risultato di una restrizione di liquidità a disposizione delle famiglie; restrizione che si è fortemente aggravata fin dall’inizio della cosiddetta crisi «debitoria» in Grecia. Il risparmio depositato si è ridotto di oltre un terzo dal gennaio 2010.

Grafico 3
Fonte : Banca Centrale Greca.


Fonte: Banca Centrale Greca.
Tuttavia, l’inasprimento del vincolo della liquidità non spiega tutto. L’evoluzione del credito disponibile è, da questo punto di vista, molto interessante ma anche molto inquietante. Il credito disponibile, per le famiglie come per le imprese, mostra una netta diminuzione fin dalla primavera del 2010. Tuttavia vi è un’accellerazione di tale processo a partire dall’inizio del 2012. I depositi aziendali al contrario si sono ridotti rapidamente dall’inizio del 2010, con un andamento abbastanza costante. Si potrebbe pensare che le imprese abbiano spostato parte dei loro depositi in banche di paesi dell’Eurozona meno esposti alla crisi. Ciononostante, un calo brusco come questo può solo voler dire che le aziende hanno dei seri problemi di liquidità.
II.II. Lo sviluppo del baratto e di sistemi alternativi di pagamento
Infatti, come evidenziato da numerose fonti, in Grecia siamo di fronte ad un vero e proprio ritorno all’economia del baratto [16]. Una simile trasformazione può essere considerata parte di una strategia di sopravvivenza messa in atto dalla popolazione per fronteggiare l’austerità selvaggia che le è stata imposta. Comunque, lo sviluppo di sistemi alternativi di pagamento (in greco TEM) indica che una strategia del genere è in corso di consolidamento. La città di Volos (la quinta maggiore città greca) è diventata il laboratorio di tali sviluppi: già da questa primavera si è visto che molti commercianti, ed anche piccoli produttori, hanno iniziato ad accettare sistemi alternativi di pagamento [17].
Sia ben inteso, questi sistemi alternativi non possono sostituire in toto lo spazio monetario attualmente dominato dall’Euro. Tuttavia il loro rapido sviluppo può essere alla radice delle forme di resilienza mostrate da parte di piccoli produttori e commercianti [18]. L’aspetto negativo è che la base imponibile su cui lo Stato raccoglie le tasse va in questo modo scomparendo, a meno che lo Stato non accetti di riconoscere validi i TEM (sistemi alternativi di pagamento). D’altro canto, questo vorrebbe dire riconoscere che una parte dell’economia greca è effettivamente già fuori dall’Eurozona.
Ad un livello più profondo, questi sistemi alternativi, pur salvaguardando la resilienza dell’economia locale, non sono in grado di assicurare il finanziamento delle attività esportatrici di cui la Grecia avrebbe disperatamente bisogno. Infatti, lo sviluppo del baratto e dei TEM espone le imprese rimaste dentro l’economia «in Euro» a dei mancati pagamenti sempre più frequenti e ripetuti, che non solamente rendono più fragie la loro posizione, ma scoraggiano le banche dal conceder loro dei prestiti. Un simile sistema di sopravvivenza è incapace di avviare una dinamica positiva per l’economia greca. All’inizio del mese d’ottobre 2012, un sondaggio realizzato dagli economisti della Banca Centrale Greca stimava che un terzo delle imprese (e più del 50% delle PMI) avevano fatto ricorso al baratto o al TEM. A sua volta, la parte di popolazione che ha fatto ricorso al baratto o al TEM arriva al 40%, con importanti differenze su base regionale [19].
II.III. La situazione delle imprese
L’analisi dei movimenti dei crediti aziendali per settore è, da questo punto di vista, molto istruttivo. La disponibilità del credito alle imprese del settore commerciale si è ridotto in maniera regolare lungo tutto il periodo. Vi è, tuttavia, un accellerazione del processo a partire dall’estate del 2011. La disponibilità del credito alle imprese del settore industriale (in senso allargato) mostra una relativa stabilità fino all’estate del 2011. A partire da quel momento, però, il calo è stato molto brusco. L’ammontare del credito, mettendo insieme tutte le scadenze, si è ridotto del 15% in un anno.
Grafico 5
Fonte : Banca Centrale Greca.
Se si prendono in considerazione i crediti con scadenza a oltre un anno, si vede che la riduzione del credito riguarda maggiormente quello a breve termine, quello che però è il più importante per i cicli produttivi delle imprese. Questo punto è d’importanza capitale. Infatti se le imprese greche non riescono più a finanziare in misura soddisfacente i loro cicli di produzione, è del tutto illusorio sperare che possano approfittare dell’abbassamento dei salari che è stato reso possibile dai piani di austerità. In altri termini, la svalutazione interna messa in atto dal governo greco non servirà a neinte in queste condizioni.
II.IV. L’impatto di tali effetti sull’andamento economico della Grecia
Una verifica immediata la si ha sul processo di produzione e d’investimento. Per quanto riguarda la produzione industriale, si può constatare il crollo generalizzato in vari settori, che comincia a rendersi visibile nell’estate 2012. La produzione è qui mostrata in termini percentuali rispetto ai mesi del 2005. Non sorprende che i valori siano decisamente al di sotto del 100. Ma ciò che è più significativo è la svolta che la maggior parte dei settori industriali hanno subito a partire dall’estate 2012.
Grafico 6 (a)

                                       Fonte : Servizio Ellenico di Statistica (HELSTAT).

Grafico 6 (b)
I dati confermano che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio crollo della produzione industriale. Alcuni settori, come quello che produce beni d’investimento o beni di consumo durevoli, sembrano quasi essersi fermati del tutto, con quantità di produzione mensile pari (se non di meno) al 30% dei rispettivi valori del 2005. In aggiunta, mentre gli investimenti crollano, la disoccupazione è in continuo aumento ormai da anni.
Grafico 7
Fonte : Servizio Ellenico di Statistica (HELSTAT).
Si tratta, sia ben chiaro, della conseguenza diretta della contrazione del credito che flagella le casse delle imprese greche. La contrazione del credito, che colpisce anche le famiglie, ha indirettamente un effetto serio sugli investimenti.

Grafico 9
 
Fonte : Servizio Ellenico di Statistica (HELSTAT).
Le imprese investono di meno non soltanto perché la loro situazione finanziaria è più difficile e perché è più difficile ottenere credito, ma anche a causa dell’abbassamento della domanda di beni e servizi da parte delle famiglie, il che implica una contrazione della domanda interna, che appunto a sua volta disincentiva qualsiasi investimento. Le previsioni delle imprese non possono essere che negative. Ciò spiega l’allontanamento di molte grandi imprese dalla Grecia, a dispetto dei costi di produzione ora più bassi.
Il crollo del commercio, il cui indice (su una base 2005 = 100) è passato dal 148 del secondo trimestre del 2008 al 90 del secondo trimestre del 2010 (riduzione del 40%), non può che raffrorzare le pessime aspettative che gli imprenditori hanno rispetto alla situazione in Grecia. Si deve notare che la la combinazione di fattori oggettivi (l’uscita di alcuni attori dall’economia monetaria, la stretta creditizia e la riduzione dei depositi, il forte calo dell’attività d’investimento) con fattori soggettivi (le aspettative degli imprenditori, ma anche di gran parte della popolazione), può avere effetti disastrosi sulla situazione economica e sociale.
Tutto ciò impedisce alla Grecia di «godere» degli effetti della svalutazione interna messa in atto. Se guardiamo al commercio, è evidente che le esportazioni, dopo una lieve ripresa nel 2010, sono rimaste alquanto insensibili ai cambiamenti del contesto interno. Il guadagno in termini di scambio commerciale con l’estero si spiega in realtà quasi solo con il crollo delle importazioni.
Grafico 10
Fonte : FMI, World economic outlook, aprile 2013, database.
Si può pensare che le imprese greche potenzialmente esportatrici siano adesso limitate dal lato dell’offerta a causa della contrazione del credito, ma anche per il rapido invecchiamento dell’apparato produttivo dovuto alla caduta degli investimenti.

III. La Grecia è una «piccola Russia»?
Questi cambiamenti inevitabilmente ricordano quelli osservati in Russia, in particolare dal 1995 al 1998. [20]

III.I. Le Convergenze.
La transizione in Russia è stata infatti segnata da fenomeni relativamente simili, con lo sviluppo del baratto e l'incipiente frammentazione dello spazio monetario. Oltre alle transazioni in natura, o con l'intermediazione di strumenti finanziari (i Veksel) non convertibili in denaro, abbiamo visto svilupparsi l'uso di mezzi monetari alternativi alla valuta nazionale: l'uso del dollaro, ma anche dei Veksel, emessi questa volta da banche regionali e circolanti come una vera moneta alternativa. Questi fenomeni si ritrovano in altri paesi dell'ex Unione Sovietica, come l'Ucraina.

                                       Grafico 12
La demonetizzazione dell'economia russa, nel periodo 1993-1998, è stato il fenomeno più spettacolare della prima fase della transizione. Per la prima volta abbiamo assistito allo sviluppo del baratto e delle monete alternative, mentre l'inflazione scendeva e l'economia si normalizzava. Man mano che l'inflazione rallentava, le aziende gradualmente cessavano di usare il rublo per le loro transazioni. Questo è stato probabilmente il fenomeno più corrosivo per quanto riguarda le basi teoriche della macroeconomia standard. [21]

Ricordiamo che, in questo periodo, che corrisponde in realtà alla prima fase della transizione, la politica del governo russo è stata quella di combattere a tutti i costi l'inflazione, identificata come di origine essenzialmente monetaria [22], e di cercar di ripristinare appena possibile un equilibrio di bilancio. Le misure utilizzate, tagli alla spesa, aumenti dei tassi di interesse, ancoraggio nominale del rublo al dollaro, mancato pagamento da parte dello Stato dei suoi impegni contrattuali, hanno precipitato il paese nel caos economico e hanno provocato un effetto opposto a quanto desiderato. Se l'inflazione è scesa, il calo del PIL è stato spettacolare, e il deficit si è ripetuto anno dopo anno, mentre il crollo del PIL trascinava con sé anche le entrate fiscali. [23] Il debito del paese è divenuto presto insostenibile, mentre la produzione crollava di quasi il 50%. Nel 1998, la Russia non ha avuto altra scelta che dichiarare default sul suo debito e svalutare pesantemente [24]. Parte degli eventi di quel periodo ricorda stranamente quello che sta accadendo oggi in Grecia, e in qualche modo anche in Spagna. La Russia ha conosciuto in quel momento una fase di disintegrazione regionale, in gran parte prodotta dagli effetti disastrosi dell'austerità. [25]
III.II L’economia della frammentazione monetaria.
Il baratto e frammentazione monetaria possono essere analizzati congiuntamente come un segno importante del malfunzionamento dell'economia sotto l'impatto delle cosiddette politiche di "stabilizzazione", la cui violenza non aveva nulla da invidiare alle politiche di austerità messe in atto in Grecia. [26] Se sommiamo il baratto e i Veksel, è probabile che questa forma di scambio, in forma diretta o indiretta, rappresentasse tra il 60% e i tre quarti degli scambi commerciali, alla vigilia della crisi finanziaria. Questo fenomeno è stato doppiamente spettacolare.
In primo luogo per l'inizio del suo manifestarsi e per l'ampiezza del fenomeno; in effetti nell'economia sovietica l'uso del baratto non era sconosciuto, tutto al contrario. Negli ultimi anni del regime, abbiamo stimato il mercato illegale che lo utilizzava negli scambi da impresa a impresa, pari a quasi il 50% del mercato ufficiale. [27] La liberalizzazione dei prezzi nel 1992 aveva, tra le altre cose, proprio lo scopo di interrompere questo sistema e consentire la monetizzazione dell'economia. E sembrava sulle prime aver ottenuto lo scopo, perché nel gennaio 1993 la quota del baratto nel mercato appariva debole e francamente residuale. Pertanto, il successivo aumento, che si verifica alla fine del 1993, è ancora più sorprendente. La costanza e la velocità del fenomeno tra la fine della primavera del 1995 e l'inizio del 1997 è la seconda sorpresa.
Grafico 13
 
Anche l'analisi per settori sullo sviluppo del baratto rivela alcune tendenze interessanti. In primo luogo, e contrariamente alla credenza popolare, il fenomeno non è partito dalla ex roccaforte dell'industria sovietica, l'industria meccanica. Si ricorda qui che l'esplosione del debito tra le imprese, nel 1992, era causato principalmente dal settore delle industrie del consumo e non, come era stato affermato, dal "complesso militare-industriale." Un secondo punto, sul quale si ritornerà, è la correlazione relativa tra la percentuale di transazioni realizzate col baratto da un lato e dall'altro in Veksel, cioè in titoli di pagamenti che sono anche essi oggetto di baratto, con la notevole e interessante eccezione del settore dei combustibili. Vediamo oggi gli stessi fenomeni in Grecia, dove il baratto è in crescita, insieme con i sistemi di pagamento alternativi locali, che non sono altro – in realtà - che degli embrioni di nuove monete. 
Lo sviluppo del baratto implica necessariamente la creazione di una rete per cui la vendita di prodotti può essere realizzata senza che siano utilizzati i mezzi di pagamento in denaro. È chiaro che questa forma di regolazione dei pagamenti ha dei costi di transazione elevati e che l'iscrizione delle imprese in una rete stabilizzata può portare a ridurne la crescita in modo significativo. I dati disponibili confermano immediatamente questa intuizione.
Lo sviluppo del baratto non ha rappresentato quindi una mera sopravvivenza del sistema sovietico. I dati del 1993 sono molto inferiori a quelli del 1997. Ma è chiaro che esso ha potuto contare su delle strutture ereditate dal periodo precedente, come gli accordi informali tra i direttori di stabilimento all'interno della stessa catena di subappalti.

Le conseguenze di una tale fuga dall'economia "ufficiale" gestita in Rubli sono state di un impatto drammatico sulla riscossione delle imposte. Con lo Stato che doveva indebitarsi in misura sempre più importante, questa situazione ha portato al default della Russia sul suo debito sovrano e a una svalutazione massiccia nell'agosto 1998. Ma è sorprendente constatare che questo non ha portato al collasso dell'economia russa, ma al contrario alla sua ripresa. Con i prezzi del petrolio rimasti bassi (e lo rimarranno fino all'estate 2002), la Russia nel 1999 riparte, con una forte crescita [28].

La storia della Russia contiene pertanto sia delle informazioni su cosa potrà accadere alla Grecia in tempi relativamente brevi, ma suggerisce anche che questa crisi potrebbe infine rivelarsi positiva per la popolazione greca.

Note:
[1] Blanchard O., et D. Leigh, « Growth Forecast Errors and  Fiscal Multipliers »  IMF, Working Paper, WP/13/1, Washington DC, janvier 2013.
[2] Spilimbergo, A., Symansky, S., et M. Schindler, 2009, “Fiscal Multipliers,” IMF Staff Position Note, SPN/09/11, Mai 2009, FMI, Washington DC.
[3] Hall, Robert E., 2009, “By How Much Does GDP Rise If the Government Buys More Output?” Brookings Papers on Economic Activity, Fall, pp. 183–249. Christiano, Lawrence, Martin Eichenbaum, and Sergio Rebelo, 2011, “When Is the Government Spending Multiplier Large?” Journal of Political Economy, Vol. 119, pp. 78–121
[4] Questi modelli sono in generale del tipo  DSGE, Kydland, F.E. ; Prescott, E.C., “Time to build and aggregate fluctuations”, Econometrica: Journal of the Econometric Society Vol. 50, 1982 (N°6), pp : 1345–1370 ; Michael Woodford, Interest and Prices: Foundations of a Theory of Monetary Policy. Princeton University Press, 2003.
[5] Artus, P.  D’où vient le multiplicateur fiscal anormalement élevé de l’Espagne et de l’Italie ? FLASH-Economie n° 686, NATIXIS, 10 octobre 2012, p. 7.
[6] Eggertsson, Gauti B., and Paul Krugman, 2012, “Debt, Deleveraging, and the Liquidity
Trap,” Quarterly Journal of Economics, pp. 1469–513.
[7] Auerbach, Alan, and Yuriy Gorodnichenko, 2012, “Fiscal Multipliers in Recession and
Expansion,” in Fiscal Policy after the Financial Crisis, edited by Alberto Alesina and
Francesco Giavazzi (Chicago: University of Chicago Press) ; Auerbach, Alan, and Yuriy Gorodnichenko, 2012, “Measuring the Output Responses to Fiscal Policy,” American Economic Journal – Economic Policy, Vol. 4, pp. 1–27.
[8] Robert E. Lucas, Jr. (1976), « Econometric policy evaluation: a critique. » Carnegie-Rochester Conference Series on Public Policy’ 1, pp. 19–46.
[9] On suppose qu’à un horizon infini la valeur actualisée de la richesse réelle est positive. Voir : O. Blanchard et S. Fischer,.Lectures on Macroeconomics, MIT Press Books, The MIT Press, Cambridge, Mass., 1ère édition, Avril 1989.
[10] J.E. Stiglitz et A. Weiss, « Credit Rationing in Markets with Imperfect Information », American Economic Review, Vol. 71, 1981, n°3.
[11] La condition de transversalité est la forme mathématique prise de la condition d’optimisation en anticipations rationnelles. Dans un problème d’optimisation sur un horizon infini (comme dans les anticipations rationnelles), il s’agit de la frontière qui détermine une solution aux conditions de premier ordre dans le respect des conditions initiales. T. Kamihigashi, « Transversality conditions and Dynamic economic Behaviour », in S. Durlauf et L. Blume (edits.), The New Palgrave Dictionary of Economics 8 volume, 2ème édition, Macmillan, 2008, Londres. http://www.rieb.kobe-u.ac.jp/academic/ra/dp/English/dp180.pdf
[12] W.A. Brock. « Money and growth: the case of long run perfect foresight ».
International Economic Review, vol. 15, 1974, pp. : 750–777.
[13] Goodhart, C.A.E., “The Continuing Muddles of Monetary Theory: A Steadfast Refusal to Face facts”, paper presented to the 12 th Conference of the Research Network macroeconomics and Macroeconomic Policy , Berlin, Germany, October 31 st – November 1 st , 2008.
[14] Sapir J.,  Pour l’Euro, l’heure du bilan a sonné : Quinze leçons et six conclusions , FMSH-WP-2012-12, juin 2012. Sur Russeurope, à l’URL : http://russeurope.hypotheses.org/66
[15] Penty C., « Spain Banks Faces More Losses as Worst-Case Scenario Turnes Real », Bloomberg, 17 octobre 2012, URL : http://www.bloomberg.com/news/2012-10-17/spain-banks-face-more-losses-as-worst-case-scenario-turns-real.html
[16] Poggioli S., « Modern Greeks return to ancient system of Barter », NPR, 29 novembre 2011, URL : http://www.npr.org/2011/11/29/142908549/modern-greeks-return-to-ancient-system-of-barter
[17] Lowen M., « Greece bartering system popular in Volos », BBC-News Europe, 11 avril 2012, URL : http://www.bbc.co.uk/news/world-europe-17680904?print=true
[18] Tachibana Y., « People need some way out’:Bartering takes hold in austerity-wracked Greece », NBC News, 15 juin 2012, URL : http://worldnews.nbcnews.com/_news/2012/06/15/12234560-people-ne…e-way-out-bartering-takes-hold-in-austerity-wracked-greece?lite
[19] Communication privée de deux économistes de la BCG, 18 octobre 2012.
[20] Sapir J., “Russia’s Crash of August 1998: Diagnosis and Prescriptions”, in Post-Soviet Affairs, vol. 15, n°1/1999, pp. 1-36. Idem, “A l’épreuve des faits…Bilan des politiques macroéconomiques mises en oeuvre en Russie”, in Revue d’études comparatives est-ouest, vol.30, n°2-3, 1999, pp 153-213.
[21] Sapir J., “A l’épreuve des faits…Bilan des politiques macroéconomiques mises en oeuvre en Russie”, in Revue d’études comparatives est-ouest, vol.30, n°2-3, 1999, pp 153-213.
[22] Aglietta M. & Sapir J. (1995), “La nature de l’inflation dans la transition en Russie et les politiques pour y faire face”, Bulletin de la Banque de France – Supplément études, 2ème trimestre, pp. 227-264. Pitiot H. & Scialom L. (1993), “Système bancaire et dérapage monétaire”, Économie Internationale, n° 54, 2ème trimestre, pp. 137-156.
[23] Rosati D. K. (1994), “Endogeneous budget deficits during transition: The mechanism and policy response”, in H. Herr, S. Tober and A. Westphal (Eds.), Macroeconomic Problems of Transformation , Aldershot : Edward Elgar.
[24] Sapir J., Le Krach russe, La Découverte, Paris, 1998. Traduction en russe avec une postface originale, Rossijskij Krah, Interdialekt, Moscou, novembre 1999.
[25] Sapir J. (1995b), “Transition, Stabilization and Disintegration in Russia: The Political Economy of Country Unmaking”, Emergo , Vol. 2  n° 4, pp. 94-118
[26] Sapir J., “Le consensus de Washington et la transition en Russie: histoire d’un échec”, in Revue Internationale de Sciences Sociales, n°166, décembre, pp. 541-553.
[27] Freinkman L. (1992), “Shaping a market environment and analysis of the enterprise interaction mechanism”, Studies on Soviet Economic Development, Vol. 3, n° 2, Avril, pp. 101-107
[28] Sapir J., “The Russian Economy: From Rebound to Rebuilding”, in Post-Soviet Affairs, vol. 17, n°1, (janvier-mars 2001), pp. 1-22.


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