domenica 9 giugno 2013

Sapir: il miglioramento immaginario dell'area euro.

Jacques Sapir fa la radiografia ai pretesi miglioramenti delle economie del sud dell'eurozona, e l'esito è chiaro: un grave deterioramento della situazione


Traduzione di Ugo Sirtori 
 
 
Una serie di affermazioni sembra accreditare l'idea di una lenta, ma reale, uscita dalla crisi nei paesi del "Sud" dell'area dell'euro. Esse si basano principalmente sulla forte riduzione del deficit commerciale di questi paesi, vista la loro capacità di registrare un surplus commerciale. Ma questa visione delle cose è evidentemente a breve termine, accompagnata da una formidabile miopia per quanto riguarda gli effetti reali della crisi.


Dati OCDE                      



 
Infatti, se guardiamo il valore delle importazioni e delle esportazioni, constatiamo che in Grecia e il Portogallo le importazioni si sono fortemente ridotte, e che in Spagna e in Italiasono in declino. Quanto alle esportazioni, anche esse erano nel frattempo diminuite molto nel 2010 e, tranne che in Spagna, ancora non hanno riacquistato il loro livello del 2008. È quindi a causa della fortissima contrazione della domanda interna che la bilancia commerciale è migliorata.

Grafico 2 (a) e (b)



Il miglioramento della bilancia commerciale è avvenuto quindi, principalmente, per questo effetto meccanico di compressione della domanda e non da un miglioramento dell'efficienza della produzione, che si tradurrebbe in un miglioramento forte e sostenibile della competitività internazionale. Per provare a vedere come evolve l'apparato produttivo, occorre quindi guardare agli investimenti.

Ora, in tutta l'area Euro, vediamo che la crisi provoca un importante taglio degli investimenti. Questo taglio riguarda anche paesi ritenuti in "buona salute" come la Germania o l'Olanda. In realtà, su questo punto particolare, la Francia appare qui invece in una buona posizione.

Grafico 3 (a)
Dati: FMI
World Economic Outlook, aprile 2013, Washington DC.


Se ora consideriamo gli investimenti detti "non residenziali", vale a dire che non riguardano la costruzione di case, il cambiamento è marcato nei paesi che hanno fornito i dati. Il divario tra la Francia e la Germania è particolarmente marcato e serve a correggere un certo numero di idee sbagliate riguardo il confronto tra i due paesi. In realtà, queste cifre riguardano soltanto gli investimenti sul proprio territorio. All’estero, le imprese tedesche investono più delle aziende francesi, ma essi investono massicciamente fuori dalla Germania, nei paesi dell'Europa centrale che sono diventati la "base produttiva" dell'industria tedesca, o nei paesi emergenti o negli Stati Uniti per sfruttare il cambio relativamente basso del dollaro rispetto all'Euro.
 
Grafico 3 (b)


 
Naturalmente, questa caduta è ancor più pronunciata nei paesi che sono in crisi. Così, per i paesi dell'Europa meridionale, il crollo degli investimenti è davvero impressionante se si guarda la formazione lorda di capitale fisso a prezzi correnti. La caduta è particolarmente forte per la Spagna, la Grecia e il Portogallo. È significativa per l'Italia.

Grafico 4

Se guardiamo ora gli investimenti in euro a prezzi costanti l’abbassamento è spettacolare in Grecia, Irlanda e Portogallo (Figura 5a). nel caso della Grecia, la caduta dell'investimento supera il 60%. È di circa due-terzi in Irlanda. È anche molto significativa (oltre il 40%) in Spagna ed è forte in Italia (figura 5B).
                                     
                                    Grafico 5 (a) e (b).





È quindi chiaro: sia l'investimento immobiliare si è fortemente contratto sia il rinnovamento dell'apparato produttivo è stato colpito permanentemente fin dall'inizio della crisi. Esso non solo si è ridotto in senso assoluto, ma dal 2008 lo scarto dai "paesi nordici" (Germania e Francia) si è ampliato. Tutto converge pertanto nell’indicare che l'attuale recupero degli equilibri commerciali non può essere sostenibile e che la competitività dei paesi dell'Europa meridionale si è deteriorata fin dall'inizio della crisi. Da questo punto di vista, un calo della produttività rischia di rendere insufficiente il calo dei salari (o dei costi salariali) che si sta verificando attualmente a causa delle politiche di austerità.

Questo calo della produttività del lavoro è probabile si verifichi a causa del deterioramento dell’apparato produttivo, ma anche a causa del forte aumento della disoccupazione che distrugge brutalmente le competenze accumulate nelle fabbriche e nei laboratori. Questo fenomeno, se prolungato, richiederebbe molto tempo per recuperare il ritardo di produttività perché la ricostruzione della capacità produttiva, quando essa è stata distrutta massicciamente, richiede tempo.

Grafico 6

Dati: FMI, World Economic Outlook, op.cit..

Non si annuncia così nulla di buono per l’area Euro e possiamo vedere, dai dati del primo trimestre del 2013, che i paesi in crescita sono molto rari. In generale il primo trimestre è stato caratterizzato da un approfondimento della crisi.

Tableau 1
Tasso di crescita (nei dati corretti per variazioni stagionali) rispetto al trimestre precedente.
  






Germania
0,1%.
Spagna
-0,5%
Estonia
-1,0%
Francia
-0,2%
Italia
-0,5%
Malta
0,0%
Belgio
0,1%
Portogallo
-0,4%
Slovacchia
0,2%
Olanda
-0,1%
Grecia
-1,2%
Slovenia
-0,7%
Finlandia
-0,1%
Cipro
-1,3%




Austria
0,0%
Irlanda
0,0%




 
Dati : OCDE e Eurostat.

Questo si riflette sia sul debito sia sulle risorse fiscali del paese. Per quanto riguarda il debito, è chiaro che l'austerità imposta nei paesi dell'Europa meridionale non ha calmato l’aumento del rapporto debito-PIL.

 Dati: FMI, World economic outlook, op.cit.

Ma più preoccupante è l'evoluzione delle risorse fiscali in un certo numero di paesi in crisi. Il declino è particolarmente spettacolare nel caso della Grecia, dove è stato stimato dall'FMI a - 17% dal 2008. Inoltre, le cifre del 2013 sono stime, e sulla base delle ultime informazioni provenienti dalla Grecia, possiamo considerare che la caduta sarà ancora più marcata. Le entrate dovrebbero essere di 76 miliardi di euro, o anche meno, per il 2013, perché, oltre alle aziende, anche i nuclei familiari sono nell’impossibilità di pagare le tasse. Anche il ribasso del Portogallo è stato sensibile. Lì, ancora una volta, le previsioni del FMI per il 2013 sono probabilmente ottimistiche.
 
Grafico 8



Dati: FMI, World economic outlook, op.cit..


Per la Spagna e l'Italia (figura 9) la situazione, senza essere così drammatica come in Grecia, è molto preoccupante.

Grafico 9

  Dati: FMI, World economic outlook, op.cit..

In Spagna, le entrate fiscali a prezzi correnti ristagnano nonostante gli sforzi del governo per migliorare la riscossione delle imposte. In Italia, dopo un lieve aumento, in gran parte attribuibile al governo Berlusconi, le entrate sono progredite molto meno di quel che era stato detto. Inoltre, il governo sarà obbligato a restituirne una parte alle piccole e medie imprese per evitare la chiusura massiccia delle attività nell'estate del 2013.

Il quadro che quindi emerge è quello di un peggioramento della crisi dell'eurozona e dell’inefficacia complessiva delle politiche che sono state adottate fino ad ora. L'unico successo, il miglioramento della bilancia commerciale per i paesi dell'Europa meridionale, è stato ottenuto in modi tali che non può essere sostenibile. Tutti gli indicatori indicano un profondo deterioramento della situazione che dovrebbe segnare la seconda metà di quest'anno e l'inizio del prossimo anno. Dato l'aumento di opposizione politica all’attuale funzionamento e ai principi stessi dell'area Euro, questo prevedibile peggioramento della crisi potrebbe portare a una rottura dalle fondamenta dell’euro. Questa rottura deve considerarsi desiderabile. Infatti, più sarà lunga la crisi e più profondi saranno le conseguenze strutturali sull'occupazione (con la perdita di capacità produttiva), fiscale (con l'istituzione di sistemi di deviazione dei flussi di individui e aziende) ma anche sugli investimenti (con una preferenza per le attività di breve termine come commercio e negozi anziché per quelle realmente produttive). Si spera quindi che l'ormai prevedibile peggioramento della situazione spinga un certo numero di paesi a smantellare la zona euro, dato che la sua sopravvivenza può portare solo più miseria e sofferenza per i popoli d'Europa.
 
 

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