Jacques Sapir fa la radiografia ai pretesi miglioramenti delle economie del sud dell'eurozona, e l'esito è chiaro: un grave deterioramento della situazione
Traduzione di Ugo Sirtori
Una serie di
affermazioni sembra accreditare l'idea di una lenta, ma reale, uscita
dalla crisi nei paesi del "Sud" dell'area dell'euro. Esse
si basano principalmente sulla forte riduzione del
deficit commerciale di questi paesi, vista la loro capacità di
registrare un surplus commerciale. Ma questa visione delle cose è
evidentemente a breve termine, accompagnata da una formidabile miopia
per quanto riguarda gli effetti reali della crisi.
Dati OCDE |
Infatti, se
guardiamo il valore delle importazioni e delle esportazioni,
constatiamo che in Grecia
e il Portogallo le importazioni si sono fortemente ridotte, e che in Spagna e in Italiasono in declino. Quanto
alle esportazioni, anche esse erano nel frattempo diminuite molto nel
2010 e, tranne che in Spagna, ancora non hanno riacquistato il loro
livello del 2008. È quindi a causa della fortissima contrazione
della domanda interna che la bilancia commerciale è migliorata.
Grafico 2 (a) e
(b)
Il miglioramento
della bilancia commerciale è avvenuto quindi, principalmente, per
questo effetto meccanico di compressione della domanda e non da un
miglioramento dell'efficienza della produzione, che si tradurrebbe in
un miglioramento forte e sostenibile della competitività
internazionale. Per provare a vedere come evolve l'apparato
produttivo, occorre quindi guardare agli investimenti.
Ora, in tutta
l'area Euro, vediamo che la crisi provoca un importante taglio degli
investimenti. Questo taglio riguarda anche paesi ritenuti in "buona
salute" come la Germania o l'Olanda. In realtà, su questo punto
particolare, la Francia appare qui invece in una buona posizione.
Grafico 3 (a)
È quindi chiaro:
sia l'investimento immobiliare si è fortemente contratto sia il
rinnovamento dell'apparato produttivo è stato colpito
permanentemente fin dall'inizio della crisi. Esso non solo si è
ridotto in senso assoluto, ma dal 2008 lo scarto dai "paesi nordici"
(Germania e Francia) si è ampliato. Tutto converge pertanto
nell’indicare che l'attuale recupero degli equilibri commerciali
non può essere sostenibile e che la competitività dei paesi
dell'Europa meridionale si è deteriorata fin dall'inizio della
crisi. Da questo punto di vista, un calo della produttività rischia
di rendere insufficiente il calo dei salari (o dei costi salariali)
che si sta verificando attualmente a causa delle politiche di
austerità.
Questo calo della
produttività del lavoro è probabile si verifichi a causa del
deterioramento dell’apparato produttivo, ma anche a causa del forte
aumento della disoccupazione che distrugge brutalmente le competenze
accumulate nelle fabbriche e nei laboratori. Questo fenomeno, se
prolungato, richiederebbe molto tempo per recuperare il ritardo di
produttività perché la ricostruzione della capacità produttiva,
quando essa è stata distrutta massicciamente, richiede tempo.
Grafico 6
Dati:
FMI, World
Economic Outlook,
op.cit..
Non si annuncia così
nulla di buono per l’area Euro e possiamo vedere, dai dati del
primo trimestre del 2013, che i paesi in crescita sono molto rari. In
generale il primo trimestre è stato caratterizzato da un
approfondimento della crisi.
Tableau 1
Tasso di crescita
(nei dati corretti per variazioni stagionali) rispetto al trimestre
precedente.
Dati : OCDE e Eurostat.
Questo si riflette
sia sul debito sia sulle risorse fiscali del paese. Per quanto
riguarda il debito, è chiaro che l'austerità imposta nei paesi
dell'Europa meridionale non ha calmato l’aumento del rapporto
debito-PIL.
Dati: FMI, World
economic outlook, op.cit.
Ma
più preoccupante è l'evoluzione delle risorse fiscali in un certo
numero di paesi in crisi. Il declino è particolarmente spettacolare
nel caso della Grecia, dove è stato stimato dall'FMI a - 17% dal
2008. Inoltre, le cifre del 2013 sono stime, e sulla base delle
ultime informazioni provenienti dalla Grecia, possiamo considerare
che la caduta sarà ancora più marcata. Le entrate dovrebbero essere
di 76 miliardi di euro, o anche meno, per il 2013, perché, oltre
alle aziende, anche i nuclei familiari sono nell’impossibilità di
pagare le tasse. Anche il ribasso del Portogallo è stato sensibile.
Lì, ancora una volta, le previsioni del FMI per il 2013 sono
probabilmente ottimistiche.
Grafico 8
Dati: FMI, World economic outlook,
op.cit..
Per la Spagna e
l'Italia (figura 9) la situazione, senza essere così drammatica come
in Grecia, è molto preoccupante.
Grafico 9
Dati: FMI, World economic outlook,
op.cit..
In Spagna, le
entrate fiscali a prezzi correnti ristagnano nonostante gli sforzi
del governo per migliorare la riscossione delle imposte. In Italia,
dopo un lieve aumento, in gran parte attribuibile al governo
Berlusconi, le entrate sono progredite molto meno di quel che era
stato detto. Inoltre, il governo sarà obbligato a restituirne una
parte alle piccole e medie imprese per evitare la chiusura massiccia
delle attività nell'estate del 2013.
Il quadro che quindi
emerge è quello di un peggioramento della crisi dell'eurozona e
dell’inefficacia complessiva delle politiche che sono state
adottate fino ad ora. L'unico successo, il miglioramento della
bilancia commerciale per i paesi dell'Europa meridionale, è stato
ottenuto in modi tali che non può essere sostenibile. Tutti gli
indicatori indicano un profondo deterioramento della situazione che
dovrebbe segnare la seconda metà di quest'anno e l'inizio del
prossimo anno. Dato l'aumento di opposizione politica all’attuale
funzionamento e ai principi stessi dell'area Euro, questo prevedibile
peggioramento della crisi potrebbe portare a una rottura dalle fondamenta
dell’euro. Questa rottura deve considerarsi desiderabile. Infatti,
più sarà lunga la crisi e più profondi saranno le conseguenze
strutturali sull'occupazione (con la perdita di capacità
produttiva), fiscale (con l'istituzione di sistemi di deviazione dei
flussi di individui e aziende) ma anche sugli investimenti (con una
preferenza per le attività di breve termine come commercio e negozi
anziché per quelle realmente produttive). Si spera quindi che
l'ormai prevedibile peggioramento della situazione spinga un certo
numero di paesi a smantellare la zona euro, dato che la sua
sopravvivenza può portare solo più miseria e sofferenza per i
popoli d'Europa.
fonte: Voci dall'Estero
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