sabato 8 giugno 2013

Il tempo perduto.

di Gianni Tirelli
Il fatto di avere accorciato fino all’inverosimile i tempi di produzione di un qualsiasi bene di consumo e accelerato chimicamente e meccanicamente la maturazione dei prodotti della terra, non ha restituito all’individuo “moderno” quel tempo libero necessario e vitale che il Sistema impostore e cialtrone prometteva come baluardo di progresso e libertà, ma lo ha sovraccaricato e oberato di ulteriore lavoro, per relegarlo dentro una schiavitù senza catene.

Questa accelerazione sistematica di tutto ciò che concerne il lavoro e la comunicazione, ha reso la nostra vita un inferno quotidiano sottraendo all’individuo quel tempo libero e sacrosanto alla contemplazione, alla meditazione, alla preghiera, e all’osservazione del mondo esterno e dentro di noi.
Senza questo Tempo vitale, non siamo che dei numeri, meccanismi arrugginiti e consunti.
Come si possono bruciare otto ore del proprio tempo, ogni santo giorno, fra miasmi velenosi e rumore, nell’occupazione di un lavoro senza sbocchi, privato di ogni passione e di crescita umana? Sarebbe meglio farla finita per sempre. 

Il tempo, e la qualità della vita, sono i beni più preziosi che abbiamo, e li dobbiamo custodire gelosamente, e nessuno ce li può sottrarre; tanto meno ad un prezzo così alto...
Se, per fare un esempio, tutti gli automobilisti di Milano rispettassero alla lettera il codice della strada, questa città, già di per se invivibile e caotica, si bloccherebbe all’istante. Può sembrare un assurdo, ma è proprio grazie a chi elude e infrange le regole che, oggi, miracolosamente il traffico continua lentamente a scorrere, e la casse del comune ad ingrassarsi a dismisura.

Lo stesso principio e meccanismo vale anche per l’economia del nostro paese. Se dovesse attenersi a regole ferree e pene certe (come già ho detto), imploderebbe nel breve arco di una settimana. Se poi, i cittadini di un qualsiasi paese occidentale, in virtù di un risparmio ragionevole e doveroso, si astenessero dal consumare beni effimeri, contraffatti e voluttuari, orientandosi su quelli primari, durevoli e di prima necessità, il Sistema, che oggi ci governa e che ci opprime, si squaglierebbe come neve al sole.
Per tutti questi motivi, “la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società, è il dubbio che vivere onestamente sia inutile.”

“L’uomo senza radici” del ventunesimo secolo, ha demonizzato e ripudiato quello che era il suo passato, ritenendolo obsoleto, privo di dignità e poco igienico. 
 
In verità, non c’è nulla di più lercio e raccapricciante dell’uomo senza radici; un uomo che ha chiamato libertà la licenza, furbizia l’intelligenza e civiltà la sua schiavitù – una forma di vita che ha devastato il suo habitat e incenerito il suo spirito – un essere schizofrenico che espianta gli organi dai suoi simili per ricucirseli addosso – un imbecille che ingurgita le merendine della pubblicità, fatte come quelle di una volta!! – un maniaco ossessivo che sa tutto sui pesci, e tutto sui mari quando, di pesci non ce ne sono più, e i mari sono cloache a cielo aperto – sa tutto dei ghiacciai, quando gli stessi marciscono e si squagliano – tutto di ogni cosa, quando ogni cosa si estingue – un mentecatto che manda giocattolini miliardari su Marte, in nome di qualcosa che chiama progresso, e aggiunge: “Presto lo colonizzeremo” – un idiota che chiama conquiste le atrocità, e bombe intelligenti, le armi di distruzione di massa – un paranoico che viola ogni principio etico e si sottopone ad interventi di chirurgia estetica, per colmare il vuoto della sua infinita solitudine – masse di poveri invasati e idolatri sottomessi ai miti dell’intrattenimento, e operai dell’Ilva di Taranto che schiattano di tumore per mille euro al mese, nella più totale indifferenza di tutti – un sistema che sa fare tutto, tranne ciò che serve veramente all’uomo – un sistema cancerogeno che, da cinquant’anni, chiede soldi ai cittadini per la ricerca, e ti ammazza ancora con il cobalto, la radio e la chemio terapia. Nessuno vuole sconfiggere il cancro. A sti prezzi!
 
L’uomo di quest’epoca bastarda, non è che la ripetizione in serie, di una eccezionale stupidità, assunta a regola comportamentale. E’ sempre più simile a tutta quell’infinita varietà di tecnologie, ludiche e infantili, con le quali, in forma psicotica, si rapporta con allarmante quotidianità, alimentandone la dipendenza, la tossicità e lo spirito di emulazione.
Questo processo di disumanizzazione e di snaturamento, ha avuto inizio alcuni decenni dopo la rivoluzione industriale per attestarsi, in seguito (in un tempo eccezionalmente breve e con un’accelerazione impressionante), in omologazione meccanica. Mai, nella storia del mondo, si era prodotta una tale mutazione degenerativa e, in un arco di tempo così corto!

In un tale mondo, non c’è posto per la giustizia e la libertà poiché, entrambi, possono solo germogliare al sole di quelle società, epurate da ogni potere.
 
 

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