Traduzione
di Alex
fonte: Voci dall'Estero
Di
Thomas CATAN e Marcus WALKER, Wall Street Journal
La disoccupazione
in Spagna ha raggiunto il 27%. I giovani sono in fuga da
Portogallo e Irlanda. Un greco su quattro ha difficoltà nel
comprarsi da mangiare.
Nonostante
lo stato di Depressione, l'Europa non dispone di un piano di
emergenza per ridare lavoro alla gente. Nell’ottica della strategia
di uscita dalla crisi dell’Euro, di matrice tedesca, per
sfuggire alla crisi dell'euro gli stati dell'Europa
meridionale devono continuare a tagliare la spesa pubblica, abbassare
i salari, limare al ribasso i prezzi fino a quando saranno di
nuovo competitivi. In base ad alcuni studi di Goldman
Sachs, al ritmo attuale, ci potrebbe volere un decennio o più per
completare il processo.
Tutta
questa prolungata sofferenza fa nascere una domanda: esiste un punto
di rottura oltre al quale gli europei diranno semplicemente:
"Basta"?
Certamente gli
europei hanno contestato l’austerità. Ma nonostante i
timori, nessun paese ha abbandonato l'euro. Il
supporto alla moneta comune rimane alto, nonostante il diffuso
disincanto nei confronti dell'Unione europea. Secondo un sondaggio
pubblicato questo mese dal Pew Research Center, oltre il 60% degli
spagnoli, greci, italiani e francesi vogliono mantenere la moneta
comune. (1)
Gli
Europrofeti di sventura, che prevedevano che la Grecia sarebbe uscita
dalla moneta unica l’anno scorso, hanno apparentemente
sottovalutato la volontà degli europei di sopportare anni di
difficoltà, piuttosto che scommettere sull’uscita. Ma i funzionari
europei che contano sulla stabilità del sentimento pro-euro
potrebbero fare l'errore opposto.
Le
riserve di pazienza degli Europei sono grandi, ma non infinite.
"Solo
l’assoluta enormità dell’idea di un abbandono dell'euro
ha finora agito da deterrente all’abbandono", dice
Simon Tilford, capo economista presso il Center for European Reform,
un think tank con sede a Londra.
Una
volta però che le persone percepiranno che non c'è luce in
fondo al tunnel "probabilmente si inizierà ad assistere
ad un dibattito più aperto sui costi e sui benefici di
mantenere la moneta unica e una volta avviato il dibattito, le cose
potrebbero evolversi abbastanza rapidamente."
E’
già successo. Esattamente come per i paesi che hanno aderito
all’Eurozona, l'Argentina nel 1990 rinunciò al controllo sulla
propria moneta, fissando il cambio uno a uno con il
dollaro USA.
Ciò
permise di domare l’iperinflazione, ma ha anche
permesso un euforico indebitamento in dollari che ha spinto al rialzo
i salari ed i costi aziendali .
Come
l'Europa meridionale oggi, l'Argentina diventò profondamente
non-competitiva e la valuta del paese non poté più rendere i
suoi beni attraenti all'estero.
Come
i membri dell'eurozona oggi, l'Argentina avrebbe dovuto “far
smorfie e sopportare” fino a quando i salari e i prezzi non
fossero scesi abbastanza da rendere di nuovo competitivo il paese. La
saggezza popolare del tempo voleva che gli argentini dovessero
sopportare qualsiasi difficoltà pur di continuare ad utilizzare il
dollaro statunitense, talmente erano rimasti scottati da decenni di
caos politico ed economico che avevano comportato anche periodi di
inflazione a quattro cifre.
"La
svalutazione non è un'opzione per l’ Argentina", disse ai
tempi un economista della Banca Mondiale. "Con un
livello così alto di dollarizzazione, una svalutazione sarebbe
troppo costosa."
Tecnicamente, l'Argentina disponeva
di una propria moneta (N.d.t. al contrario di noi oggi),
ma l’abbandono della parità con il dollaro era ritenuto troppo
dirompente da intraprendere in quanto quasi tutti i debiti ed i
contratti di lavoro erano in valuta statunitense. Tuttavia,
dopo tre anni di recessione, gli Argentini decisero in massa
che qualunque cosa fosse venuta dopo non poteva essere peggiore della
depressione senza fine necessaria per mantenere i loro pesos
intercambiabili con i dollari.
In
una mite serata nel dicembre 2001, la classe media, in un'esplosione
di rabbia, prese le strade di Buenos Aires. Delle rivolte in
tutto il paese spazzarono via il governo dal potere. L'Argentina fece
default poco dopo, e il paese abbandonò l’aggancio al
dollaro.
In che cosa è simile oggi la
situazione nel sud Europa? L'economia argentina si era contratta di
circa l'8% nei tre anni precedenti la rivolta. Secondo il Fondo
Monetario Internazionale entro la fine di quest'anno le economie
di Italia e Portogallo si saranno contratte di circa l'8%
rispetto al picco massimo, la Spagna di circa il 6% e la Grecia
di oltre il 23%.
I
politicanti dell'UE che si crogiolano nell’apparente
popolarità dell'euro dovrebbero considerare che anche gli
argentini avevano ampiamente sostenuto l’ancoraggio del cambio al
dollaro fino al momento dell’esplosione. In un
sondaggio pubblicato nel dicembre 2001, lo stesso mese in cui gli
argentini si rivoltarono, solo il 14% aveva sostenuto che il
regime monetario doveva essere dismesso, mentre il 62% aveva
dichiarato di volerlo mantenere. Il che praticamente
coincide con la percentuale di spagnoli e greci che oggi dicono di
voler mantenere l'euro.
L'Argentina,
da quando ha svalutato e per via dei suoi alti e bassi, non può
rappresentare un modello per l'Europa. Piuttosto, un monito.
Alla
fine del 2001, il ministro dell'economia argentina aveva definito
l’ancoraggio al dollaro "un'istituzione
permanente", il cui crollo impensabile avrebbe
causato "la dissoluzione delle istituzioni di base
dell'economia e della società". Un mese dopo non
c’era più.
Coloro
che sostengono che il rischio di dissoluzione dell’Eurozona è
scomparso, dovrebbero ricordarsi di altri periodi in cui le
persone avevano considerato un regime monetario sacro,
fin tanto che non è stato spazzato via.
(1) N.d.t.
That is the real issue! La popolazione tutt'ora non ha ancora
diffusamente compreso
a)
che si scrive Euro ma si legge Marco!
b)
il fatto che, essendo per definizione la moneta espressione
della Forza in senso ampio dell’area che la genera, non esistendo
una robusta struttura politica soggiacente che però eventualmente
doveva essere studiata e fatta PRIMA e non attaccata posticcia dopo,
l’Euro finisca per rappresentare solo gli interessi del più
forte dei suoi membri, la Germania. Ciò non
l’hanno ancora largamente compreso né
i lavoratori, né i piccoli e medi imprenditori; categorie che
infatti sono state prima cloroformizzate dai media con panzane di
vario genere e natura, per venire, tutt’ora,
massacrate con la complicità dei loro prezzolati rappresentanti.
Nessun commento:
Posta un commento