domenica 30 dicembre 2012

Non sorprendetevi se il prossimo anno scoppierà una guerra tra Giappone e Cina.


DI HUGH WHITE
smh.com.au

Cercasi urgentemente diplomazia creativa per trovare una soluzione salva- faccia.

Così in genere iniziano le guerre: con una lenta e inarrestabile escalation di eventi originariamente senza importanza. Perciò non stupitevi troppo se gli Stati Uniti e il Giappone entreranno in guerra con la Cina l’anno prossimo per le “rocce inabitate” che il Giappone chiama le Senkakus e che la Cina chiama le isole Diaoyu. E non pensate che la guerra possa essere breve e contenuta.

Certo, dovremmo tutti sperare che prevalga il buon senso.

Sembra davvero ridicolo pensare che le tre più ricche potenze al mondo- due delle quali dotate di apparati nucleari- vogliano entrare in conflitto per una questione del genere. Ma questo significa confondere lo scoppio della guerra con le sue cause. Lo storico greco Trucidide, spiegò la differenza già 2500 anni fa. Scrisse infatti che la guerra del Peloponneso prese il via da un battibecco tra Atene e uno degli alleati di Sparta, per un problema da niente. Ma che a causare la guerra fu qualcosa di molto più grave: la crescita in ricchezza e potere di Atene e la paura che ciò generò in Sparta.

L’analogia con l’Asia odierna è drammaticamente vicina e per niente rassicurante. Nessuno nel 431 a.C. voleva davvero la guerra, ma quando gli Ateniesi minacciarono uno degli alleati di Sparta per una colonia contesa, gli spartani sentirono di dover intervenire. Ebbero paura che, retrocedendo di fronte al potere in espansione di Atene, avrebbero compromesso la posizione di Sparta nel mondo greco, concedendo dunque la supremazia ad Atene.

La questione di Senkakus è dunque un sintomo delle tensioni la cui causa è altrove: nella crescente sfida alla lunga leadership dell’America in Asia e nella reazione americana. In questi ultimi anni la Cina è diventata sia notevolmente più forte, sia sensibilmente più assertiva. L’America ha contato sul suo alleato strategico in Asia. Adesso, la Cina sta respingendo l’appoggio a Barak Obama nel mirare al Giappone nelle Senkakus.

I giapponesi, dal canto loro, temono che la Cina diventi ancora più dominante e che cresca la sua forza, mentre la loro protezione dipende dall’America. Anche loro però temono di non poter fare affidamento su Washington, se la Cina diventa ancora più forte. La pressione costante della Cina sulle Senkakus colpisce entrambi questi timori.

Il tira e molla per le isole è entrato da mesi in un crescendo. Poco prima delle recenti elezioni in Giappone, la Cina ha sorvolato le isole con un aeroplano di sorveglianza per la prima volta, e dalle elezioni entrambe le parti hanno reiterato un dialogo serrato.

Come finirà? Il rischio è che, senza un chiaro taglio a questo circolo vizioso, l’escalation possa continuare fino ad un punto in cui si spareranno i primi colpi e sarà impossibile fermare la spirale che porta alla guerra. Nessuna delle due parti potrebbe uscirne vincente e ciò potrebbe risultare devastante non solo per loro, ma per tutti noi. Nessuno vuole questo, ma la crisi non si fermerà da sola. Una parte, o entrambe, dovranno fare dei passi indietro per rompere il circolo vizioso di azione e reazione. Sarà difficile, in quanto ogni concessione fatta da una delle parti potrà essere facilmente vista come una cessione, con enormi costi in fatto di politica interna e per le implicazioni a livello internazionale.

Saranno necessarie anche forza e capacità politiche -di cui in giro si vedono poche manifestazioni- specialmente per quanto riguarda Tokyo e Pechino, che hanno entrambe leader nuovi e non collaudati. Ogni parte inoltre spera apparentemente di non dover fare questa prova, perché si aspetta sia l’altra a fare la prima mossa.v Pechino crede che, continuando a fare pressione, Washington persuaderà infine Tokyo a fare delle concessioni per le isole contestate, per poter evitare di essere immischiata in una guerra con la Cina, che sarebbe di sicuro una grande vittoria per quest’ultima. D’altra parte Tokyo spera ardentemente che, messa di fronte al supporto statunitense per il Giappone, la Cina non abbia altra scelta se non quella di ritirarsi.

Anche a Washington molta gente sembra pensare che la Cina si ritirerà. Ritengono che questa abbia bisogno dell’America molto più di quanto l’America abbia bisogno di lei e che Pechino indietreggerà pur di non creare una rottura con gli Stati Uniti, che potrebbe devastare l’economia cinese. 

Sfortunatamente, i cinesi sembrano vedere le cose diversamente. Credono che l’America non rischierà una rottura con la Cina in quanto l’economia americana potrebbe soffrirne parecchio.

Queste convinzioni sbagliate, fatte da entrambe le parti, portano in sé un terribile errore di calcolo; entrambi infatti sottovalutano quanto è in gioco per gli altri. Per il Giappone piegarsi alla pressione cinese significherebbe riconoscergli il diritto a vessarli a suo piacimento e accettare che l’America non li possa aiutare. Per Washington, non aiutare Tokyo potrebbe non soltanto deteriorare l’alleanza col Giappone, ma potrebbe anche rendere palese che l’America non è più la principale potenza dell’Asia e che l’ “alleato” è solo di facciata. Per Pechino, infine, un indietreggiamento potrebbe significare che, anziché testare fino in fondo il suo potere in crescita, la sua scorribanda nelle Senkakus dimostrerebbe semplicemente il mantenimento della supremazia americana. Per tutti loro, dunque, le più grandi questioni di potere e status sono in gioco. Questo è proprio il genere di problemi che hanno portato le grandi potenze alla guerra. 

Quindi, come uscire da questa empasse? Forse la diplomazia creativa può trovare una formula che salvi la faccia e calmi la situazione, lasciando che ognuno possa dire di aver fatto un passo in meno degli altri. Sarebbe magnifico. Però lascerebbe le cause più profonde del problema - il costante aumento del potere della Cina e una via pacifica per contenerlo- irrisolte. Questa rimane la vera sfida.

Hugh White è professore di studi strategici della ANU (Australia's national university, ndt) e socio esterno del Lowy Institute.




Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DANIELE FRAU

Titolo originale: "Una empasse in Asia per una inutile guerra"

2 commenti:

  1. Buon Anno all'autore ed ai lettori di questo ottimo blog....
    Martin Pescatore

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