lunedì 10 dicembre 2012

La verità è che non vogliamo cambiare.


di Italo Romano
Siamo in balia dei mercati. Non c’era bisogno di conferma, ma per i duri e puri del politcally correct il problema principale è altrove. In questi giorni assisteremo ad una finta ondata di sdegno e ad un’orda antiberlusconiana, che sia chiaro,  fatta di parole e vuota demagogia.
E’ necessario che il dibattito politico venga sterilizzato da populismo e tendenze mediatiche, di modo da fondere e confondere la “Politica” con le chiacchiere da bar.
L’Italia non è più una democrazia, ma un potentato della mercatocrazia mondiale. Questo, a quanto pare, non interessa a nessuno.
E lo sapete perchè? Perchè nessuno vuole cambiare veramente lo stato delle cose. Siamo consapevolmente drogati dal vuoto farfugliare, siamo conniventi di tutto questo marcio putrido e vogliamo conservare con bramosia la nostra fetta di finto benessere.
Nessuno ha le capacità e/o la voglia di analizzare oggettivamente quello che sta accadendo. Nessuno ha la possibilità e/o la necessità di andare alla fonte del problema. Siamo su una giostra da cui nessuno vuole scendere. Il nostro è un moto relativo onirico. Giriamo intorno al perno portante del ludico marchingegno pensando di essere in cammino sul sentiero del progresso e della civiltà, facciamo “chilometri”, vomitiamo fiumi di parole e pappagalliamo riflessioni precotte che non ci appartengono, ma il realtà girovaghiamo baloccandoci sempre nel medesimo recinto.
Allora ci appare lecito scaricare la frustrazione, derivata da una vergognosa ignoranza e da una scarso utilizzo della materia grigia, sul “mostro” del momento, che sia esso Berlusconi, Monti, Prodi e compagnia danzante.
Nel coltivare il nostro egoistico utilitarismo abbiamo accettato di essere rinchiusi in una gabbia. Questa prigione ci rende sicuri, dipendendti e “liberi” da responsabilità. E’ la tirannia del sistema liberista relativista, che ci vede attori non protagonisti di una sceneggiatura agghicciante, messa in scena da una regia di tecnici specializzati.
Questa è una dittatura. Viviamo nell’epoca del totalitarismo mercatocratico e plutocratico e rifiutiamo di riconoscere questa verità oggettiva.
Nell’ultimo anno questo paese è stato spolpato vivo dai curatori fallimentari del mondialismo capitalista. Hanno devastato lo “stato sociale”: dal lavoro alle pensioni , dalla sanità all’istruzione; hanno messo ai saldi il paese e tutti i suoi abitanti; hanno ceduto quote di sovranità ad entità extraterritoriali, rendendo sempre più aleatorio e centralizzatori il potere sistemico; hanno fatto terra bruciata di tutto quello a cui è stato possibile metter mano.
E noi adesso che facciamo? Ricadiamo nella trappola dell’antiberlusconismo?
Non c’è che dire, questo è un paese che si può suddividere in due macrocategoria: gli idioti vantaggiosi, fieramente convinti del nulla e gli arrivisti senza scrupoli che cavalcano l’orda a proprio uso e consumo.
Quello che ci propongono è il gioco delle tre carte, c’è il trucco!
Il ritorno di Berlusconi, le dimissioni “indignate” del premier golpista Mario Monti e tutto il paese dei balocchi a far da cornice, sono manovre contigue per schiavizzare le folle e mandare in malora l’intera nazione.
Lotte élitarie tra ras del potere che ci vedono come tifosi esagitati, convulsi e non pensanti o al massimo come spettatori belanti, ma nulla più.
Lo scopo è la centralizzazione del potere e lo svilimento dell’autodeterminazione dei popoli. Lo stesso popolo le cui nuove generazioni, da 60-70 anni a questa parte, sono state educate all’obbedienza e alla cieca fede. Noi confondiamo il caos e l’individualismo sfrenato con la libertà. Siamo stati addestrati a non concepire la critica, quindi a non mettere in discussione lo status quo e il modus operandi di chi detieni le file del potere. Siamo stati formati nell’odio verso ogni forma di reale ribellione. Abbiamo abdicato la nostra coscienza e siamo stati avvelenati dalla cultura del consumismo e della spettacolarizzazione.
Oggi ciò che conta è non fare domande, ma dare risposte su tutto.
Appare palese che non abbiamo gli strumenti logici e pratici per uscire da questo intricato labirinto.
E ora, dinanzi l’abisso, è vitale capire che per cambiare questa quotidiana catastrofe dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare e concepire il mondo. E’ doverosa una evoluzione radicale del paradigma sociale esistente.
Cambiare si può, e si deve, perchè le nostre vita  valgono di più di qualsiasi mercato e profitto.
Finchè non ritorniamo ad affermare certi valori fondanti di una civiltà realmente democratica, rimarremo su questa giostra, convinti di muoverci nella direnzione da noi scelta, mentre battiamo eternamente la stessa strada prestabilità.

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