martedì 25 agosto 2009

Crollo del sistema e fascismo.


L'analisi del fenomeno denominato "fascismo", contrariamente a quanto si è scritto e detto fin'ora, rappresenta un momento importante anche dell'attualità, economica e sociale, che stiamo vivendo. Infatti, se ci lasciassimo tentare da quel filone storico-politico che ha visto il fascimo come qualcosa di "momentaneo", di unico, nel corso della storia, rischieremmo di non comprendere fino in fondo i meccanismi e gli sviluppi del sistema socio-economico nel quale viviamo. A questo proposito appare illuminante rileggere le parole di Karl Polanyi, il grande pensatore ungherese, che nel suo "La Grande Trasformazione", forse meglio di tutti, ha tratteggiato i contorni del fenomeno fascista e ne ha descritto il suo impatto sulla società a cavallo delle due guerre mondiali. Un fenomeno che ha rappresentato oltre che un momento fondamentale della storia del Novecento, anche la risposta politica al crollo dell'economia e del sistema capitalista esistito prima della Seconda Guerra Mondiale.

"Se mai vi è stato un movimento politico che ha risposto alle necessità di una situazione obiettiva senza essere il risultato di cause fortuite, esso fu il fascismo. Nello stesso tempo era evidente il carattere degenerativo della soluzione fascista; essa offriva una scappatoia ad un blocco istituzionale che si presentava in modo sostanzialmente simile in un gran numero di paesi, e tuttavia se questo rimedio veniva sperimentato produceva ovunque la malattia fino alla morte. Questo è il modo in cui periscono le civiltà.
La soluzione fascista dell'impasse raggiunta dal capitalismo liberale può essere descritta come una riforma dell'economia di mercato raggiunta al prezzo dell'estirpazione di tutte le istituzioni democratiche tanto nel campo dell'industria che in quello della politica. Il sistema economico che era in pericolo di disfacimento venica così rivitalizzato mentre i popoli stessi venivano sottoposti ad una rieducazione destinata a snaturalizzare l'individuo e a renderlo incapace di funzionare come unità responsabile del corpo politico. Questa rieducazione, che comprendeva le norme di una religione politica che negava l'idea della fratellanza dell'uomo nelle sue varie forme, fu raggiunta attraverso un atto di conversione di massa applicato ai recalcitranti con mezzi scientifici di tortura.
L'apparizione di un simile movimento nei paesi industriali del globo e anche in diversi paesi soltanto poco industrializzati non dovrebbe mai essere attribuita a cause locali, a mentalità nazionali o a contesti storici così come è stato fatto ripetutamente [...]. [...]Questo movimento apparve in paesi sconfitti come la Bulgaria e in altri vincitori come la Jugoslavia, in paesi dal temperamento nordico come la Finlandia e la Norvegia e di temperamento meridionale come l'Italia e la Spagna, in paesi di razza ariana come l'Inghilterra, l'Irlanda o il Belgio e non ariana come il Giappone, l'Ungheria o la Palestina, in paesi con tradizioni cattoliche come il Portogallo e protestanti come l'Olanda, in comunità militariste come la Prussia e civili come l'Austria, in vecchie culture come in Francia e in nuove come gli Stati Uniti e nei paesi latinoamericani. In verità non vi era un tipo di passato, di tradizione religiosa, culturale o nazionale, che rendesse un paese immune dal fascismo, una volta che erano date le condizioni per il suo ermergere.
[...] Un paese che si avvicinava al fascismo mostrava dei sintomi tra i quali non era necessaria l'esistenza di un vero e proprio movimento fascista. Segni almeno altrettanto importanti erano la diffusione di filosofie irrazionalistiche, il culto estetico della razza, la demagogia anticapitalistica, opinioni monetarie eterodosse, critiche al sistema partitico, denigrazione diffusa del regime o di qualunque altra denominazione del sistema democratico esistente. [...] Hitler fu mandato al potere dalla cricca feudale che circondava il presidente Hindemburg, così come Mussolini e Primo de Rivera (dittatore spagnolo dal 1923 al 1930, ndr) furono mandati al potere dai loro rispettivi sovrani. Tuttavia Hitler aveva un vasto movimento che lo appoggiava, Mussolini ne aveva uno più modesto, Primo de Rivera non ne aveva affatto. In nessun caso fu intrapresa una vera rivoluzione contro l'autorità costituita. La tattica fascista fu invariabilmente quella di una falsa ribellione organizzata con la tacita approvazione delle autorità che fingevano di essere state schiacciate dalla forza.[...]
Il fascismo fu una possibilità politica sempre presente, quasi una reazione emotiva istantanea, in ogni comunità industriale dopo gli anni trenta. Si può chiamarlo una mossa piuttosto che un movimento per indicare la natura impersonale della crisi i cui sintomi erano spesso vaghi e ambigui. [...]
Ciò che per brevità abbiamo designato come situazione fascista non era altro che la tipica occasione per facili e complete vittorie fasciste. [...] Immaginare che fosse la forza del movimento che creava situazioni come queste e non vedere che era la situazione che dava origine in questo caso al movimento vuol dire non raccogliere la più importante lezione degli ultimi decenni.
Il fascismo, come il socialismo, si radicava in una società di mercato che si rifiutava di funzionare. Era quindi di portata mondiale ed universale nella sua applicazione. Esso s'irradiava quasi in ogni campo dell'attività umana sia politica che economica, culturale, filosofica, aritistica o religiosa e fino ad un certo punto esso si coalizzò con tendenze locali o del momento. Non è possibile una comprensione della storia del periodo se non distinguiamo tra la tattica fascista e le tendenze effimere che nei diversi paesi si fusero con essa.
[...]La parte svolta dal fascismo fu determinata in realtà da un fattore: la situazione del sistema di mercato. Durante il periodo 1917-23 i governi ricercarono talvolta l'aiuto fascista per ristabilire la legge e l'ordine: questo bastava per rimettere in moto il sistema di mercato. Il fascismo ancora non si sviluppava. Nel periodo 1924-29, quando la restaurazione del sistema di mercato apparve assicurata, il fascismo svanì quasi completamente come forza politica (ad eccezione dell'Italia, ndr). Dopo il 1930 l'economia di mercato era in una crisi generale. In pochi anni il fascismo diventò una forza mondiale. [...]
Nella maggior parte dei paesi, i contadini si rivoltarono contro i lavoratori urbani; in alcuni paesi ufficiali e proprietari terrieri guidavano i contadini in movimenti fascisti, in altri come l'Italia i disoccupati e la piccola borghesia costituirono la truppa fascista. Da nessuna parte fu sollevata altra questione che quella della legge e dell'ordine e nessun problema di riforme radicali venne presentato. In altre parole non apparve nessun segno di rivoluzione fascista. Questi movimenti erano fascisti solo nella forma, cioè soltanto nella misura in cui delle bande civili, cosiddetti elementi irresponsabili, facevano uso della forza e della violenza con la connivenza delle persone al potere. La filosofia antidemocratica del fascismo era già nata ma non era ancora un fattore politico.[...]
Fu nel terzo periodo, dopo il 1929, che il vero significato del fascismo divenne evidente. Il punto morto del sistema di mercato era chiaro. Fino ad allora il fascismo era stato poco più che una caratteristica del governo autoritario in Italia, il quale sarebbe stato altrimenti soltanto di poco diverso da quelli di tipo tradizionale. Ora esso si presentava come soluzione alternativa al problema di una società industriale. La Germania prese una posizione di guida in una rivoluzione di portata europea e lo schieramento fascista fornì alla sua lotta per il potere una dinamica che presto abbracciò cinque continenti. La storia era nel meccanismo del mutamento sociale.
Un avvenimento contingente ma niente affatto accidentale dette inizio alla distruzione del sistema internazionale. Un crollo a Wall Street crebbe fino a dimensioni enormi e fu seguito dalla decisione della Gran Bretagna di abbandonare la base aurea e due anni dopo da una mossa simile da parte degli Stati Uniti. [...]
Questi avvenimenti simbolici introducevano un'era di mutamenti spettacolari nell'organizzazione del mondo.[...]
Il fallimento del sistema internazionale liberò le energie della storia: i binari erano posti dalle tendenze inerenti ad una società di mercato."

Come possiamo ben vedere, Polanyi, legava l'emergere del fenomeno fascista a livello mondiale non già a qualche caratteristica nazionale peculiare o storica particolare, ma al disfacimento del sistema di mercato fino a quel momento esistito. Dopo il 1929, con il crollo dell'economia mondiale, il fascismo, diventa a livello internazionale una "mossa" con la quale i governi tentano di salvare il sistema capitalista nel suo complesso dal crollo completo e cercano di limitare e mettere fuori gioco le spinte verso soluzioni alternative come quella rappresentata dal socialismo (o comunismo), incarnate dai movimenti della sinistra mondiale. Dunque, il fascimo, lungi dall'essere un fenomeno momentaneo e unico, appare come l'estrema ratio del sistema per salvare se stesso dal crollo e dalla distruzione. La Guerra Mondiale non fu altro che la riequilibrazione delle situazioni esplose con il crollo del sistema di mercato.
Che lezione dobbiamo trarre dunque dal fascismo? Dovremmo pensare che furono semplicemente personaggi eccezionali come Hitler, Mussolini, Hiroito e gli altri a garantirne l'ascesa (e la caduta)? Oppure dovremmo guardare al fascismo come ad un momento "naturale" del sistema capitalista, come ad una sorta di sistema immunitario contro i sintomi del disfacimento?
Ai posteri l'ardua sentenza.
Una cosa è certa. Il sistema capitalistico crollerà nuovamente, anche se per motivi diversi da quelli che ne causarono il crollo dal 1929 in poi. Sarà allora che la "teoria" di Polanyi potrà trovare sconvolgente conferma o altrettanta smentita. Una cosa però si può dire fin da ora, a differenza di quella degli anni trenta, la società e la classe politica oggi ha la possibilità di sapere in anticipo cosa ci si potrebbe aspettare da un crollo economico generale. In altre parole, non ci potrà più essere un Re che col senno di poi dirà: "Non avevo compreso il pericolo rappresentato da Mussolini".

(Francesco Salistrari, 2009)

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