di Flaminia Camilletti.
Si potrebbe dire che se ne parla da una settimana in realtà se ne parla da una vita. La Gran Bretagna è antieuropeista, non è una novità. Il Premier James Cameron aveva preparato un discorso per la settimana scorsa che però è stato rimandato al 23 Gennaio, per cause di forza maggiore. Ci si riferisce chiaramente al sequestro di ostaggi, fra cui numerosi cittadini britannici, in Algeria. Il discorso pronunciato da Cameron a Londra annuncia un referendum che faccia decidere ai cittadini se rimanere o no all’interno dell’Unione europea. Un referendum previsto entro il 2017 alla fine del mandato. Si tratterà di una domanda semplice dice Cameron: Europa sì, oppure Europa no. Avverte, anche, che se dovesse vincere il “No” dei conservatori, si tratterebbe di una decisione finale, di “un biglietto di sola andata”. Il Primo Ministro britannico ha continuato: “Abbiamo dato il nostro contributo nei momenti più bui, siamo sempre stati una potenza europea e sempre lo saremo. Però oggi – ha aggiunto – la delusione verso l’UE è ai livelli più alti di sempre. Per il futuro la Gran Bretagna vuole un’Europa attiva e impegnata.”
Cameron infatti sostiene che la sua volontà è quella di rimanere dentro un’Unione Europea competitiva e forte in grado di potersi imporre a livello globale. In questo momento però l’Europa è in crisi, e diciamocela tutta, al Regno Unito non frega nulla di rischiarsela. Anche perché anche uscendo dall’Europa sarebbero disposti a rimanere nel mercato comune, insomma, si prenderebbero solo i privilegi di questa unione. A quanto pare però la mossa di Cameron, va vista come una mossa di affari interni e non esteri. Infatti, queste dichiarazioni, potrebbero essere interpretate come la risposta al crescere del potenziale dello “United Kingdom Independence Party”, partito radicale ed euroscettico, che acquista punti percentuale in proporzione allo scontento dei cittadini. Gli ultimi sondaggi lo attesterebbero fino al 14%. Londra, oltretutto, ritiene che i costi dell’essere parte dell’Unione Europea siano superiori ai profitti e che quindi comunque vada non convenga rimanere all’interno dell’Europa senza almeno ritrattare la propria posizione. Questa è la dimostrazione che molti Paesi fra cui appunto la Gran Bretagna, vedono l’Europa come un investimento, una confederazione di stati unita solo dall’interesse finanziario – economico.
Seguendo questo ragionamento è chiaro che se una confederazione non conviene più, è giusto uscirne fuori. Anche negli accordi fra aziende quando c’è crisi, ognuno pensa a salvare la propria e i propri interessi. Ed è questo il punto: gli interessi non sono comuni. Fin quando l’Europa sarà vista come un’entità utile solo ed esclusivamente al profitto, non si avrà mai una vera potenza in grado di competere. Spesso si parla di Unione politica senza sapere bene che cosa si intenda con questo termine, la verità è che finché gli interessi europei non saranno interessi comuni di tutti, la crisi ci sarà sempre. Quello che manca a questa Europa è il senso di appartenenza, l’unione dei popoli. Mentre Cameron si chiede se convenga o meno rimanere in questa Europa che non da nulla, la Gran Bretagna tutta, fra cui più di qualche personaggio della City, dovrebbe chiedersi cosa ha dato, o non ha dato, all’Europa per far sì che si ritrovasse sull’orlo del declino.
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