di Francesco
Salistrari.
Che l’epoca in
cui viviamo sia un’epoca straordinaria, ormai è chiaro.
Il mondo vive
una crisi economica talmente
profonda da essere considerata da molti esperti ancora peggiore di quella del
1929 che portò il mondo alla distruzione della Seconda Guerra Mondiale. E le tensioni internazionali odierne, non
lasciano certo presagire nulla di buono. Basta dare uno sguardo un po’ meno
superficiale alle dinamiche in atto in Medioriente
o in Africa, alle rivolte dei paesi
maghrebini, alla Nigeria, al Mali. Solo per fare alcuni esempi.
Il mondo è in
subbuglio. E la crisi economica non è che lo specchio di uno sconquasso
sociale, politico e militare che rischia di esplodere completamente.
La notizia di
oggi, che Papa Benedetto XVI abdica dal Soglio
Pontificio, è l’ennesima riprova della gravità di questa crisi profonda che
investe il mondo da un capo all’altro. Perché aldilà di qualsiasi
considerazione sulla salute del Pontefice (cosa peraltro perfettamente logica,
vista l’età), la scelta di abdicare proprio in questo momento e all’inizio di
un anno così importante per una svariata serie di ragioni, fa molto pensare.
La cosa che mi
lascia sgomento è proprio che in una situazione del genere il Pontefice
abbandoni il suo posto di comando nelle gerarchie ecclesiastiche e si faccia da
parte, probabilmente per lasciare posto ad una figura politica di più alto
spessore. Evidentemente il Vaticano,
in questo momento, non può permettersi una “vacatio” così determinante. Questo
lascia pensare che la situazione sia davvero complicata.
E analizzando le
cose, così, a caldo, di volata, come non pensare alla difficoltà del mondo
occidentale di uscire dal pantano economico nel quale è piombato? Come non
pensare al fatto che il 2013 vedrà arrivare al pettine molti dei nodi economici
legati ai cosiddetti “derivati” e ai “debiti sovrani”? Come non pensare alla
situazione africana, dal Mali alla Nigeria, alle tensioni potenti che
agitano Siria, Iran, Israele e Palestina? Come non pensare che di fronte
al più grande attacco alle libertà democratiche in occidente dal dopoguerra ad
oggi (la crisi economica è anche questo), il Vaticano abbia pensato di “sostituire”
un Papa “debole” con uno più forte politicamente e più in salute proprio in
vista delle scadenze dinnanzi alle quali il mondo si trova?
E’ una
considerazione peregrina?
Dal mio punto di
vista, assolutamente no.
Ammettiamo per
un attimo che il Papa sia davvero malato e non abbia la forza fisica e mentale
per sostenere il peso del pontificato. Per quale motivo dovrebbe dimettersi
scegliendo di farsi da parte, proprio quando potrebbe comunque continuare a
rivestire la sua “carica” solo formalmente lasciando il potere reale in mano ai
suoi collaboratori più stretti, scegliendo in definitiva una “condotta” che è
stata comunissima nelle “cose Vaticane” da 600 anni a questa parte?
La possibile
risposta a questa domanda, probabilmente nasconde la verità su queste
incredibili “dimissioni”.
Infatti, se
analizziamo la cosa , sembra davvero strano che un Papa si dimetta in questa
maniera. Woytila morì malato e lentamente, per fare l’esempio a noi più vicino
nel tempo. Perché Ratzinger non dovrebbe fare altrettanto?
La scelta
potrebbe avere eminentemente carattere personale, certo, ma il Vaticano non
avrebbe acconsentito a una scelta simile, senza ragioni politiche
fondamentali. E tali ragioni politiche, secondo me, vanno ricercate proprio
nel fatto che in Vaticano in questo momento hanno assoluta necessità di avere alla propria guida una figura politica di
primo piano, capace di inserirsi nella dialettica politica mondiale con
quella forza e quel peso necessari di cui c’è assoluto bisogno in una
situazione così delicata.
Dinnanzi allo
scivolamento della popolazione occidentale (a maggioranza cristiana) nelle
difficoltà della crisi che morde diritti acquisiti, benessere e sicurezza
sociale, nonché mette in discussione lo stesso impianto democratico dell’occidente,
di fronte al possibile e probabilissimo esacerbarsi dello scontro sociale, di fronte agli impegni che anche l’Italia, ma
soprattutto l’Europa, dovranno assumersi, anche militarmente, in questo
frangente storico, un papa “debole” e “malato” avrebbe pochissimo spazio di
intervento e di influenza e questo, il Vaticano, oggi, non può proprio
permetterselo. Se consideriamo anche l’arretramento che storicamente la
religione cattolica ha subito come presa sociale negli ultimi decenni, ecco che
le dimissioni di Benedetto XVI appaiono decisamente sotto un’altra luce.
La mia opinione
è che, visti gli sviluppi che ci si attende, sia dal panorama internazionale,
sia da quello interno (europeo), il Vaticano abbia urgente necessità di
rinsaldare la propria guida e affidarla ad una figura di spessore politico
decisamente superiore a quella di Papa Ratzinger.
Per poter
comprendere appieno quello che sta avvenendo dovremo certo attendere di
conoscer il nome del nuovo Papa (prima di Pasqua, hanno dichiarato vari
cardinali, il che fa pensare ancora una volta alla volontà di “tappare” il buco
che si è venuto a creare nel più breve tempo possibile). Di certo, ad oggi,
assistiamo ad un fatto di una gravità politica senza precedenti e i cui effetti
e conseguenze devono ancora essere pienamente valutati e compresi.
Quello che
possiamo fare è aspettare e sperare che dietro queste dimissioni non ci sia
qualcosa di più grave e preoccupante delle semplici condizioni di salute del
Papa, che, non lo scordiamo, aldilà di Ratzinger, rimane una delle figure politiche
più importanti del panorama mondiale.
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