Dire
che una persona è “semplice” è spesso un modo benevolo per
definirla un po’ stupida – o ignorante. È un diffuso pregiudizio
che la stupidità sia semplice e che l’intelligenza sia complicata.
È quasi sempre vero il contrario. Quando l’intelligenza si propone
in modo intricato, o difficilmente comprensibile, vuol dire che è
immatura. Per raggiungere la sua piena efficacia e chiarezza dovrà
evolversi verso la semplicità.
Complicare
è facile, semplificare è difficile. I più grandi progressi nella
filosofia, nella scienza, nella cultura, si esprimono in termini
semplici e chiari. Anche nella pratica del lavoro, o nelle piccole
esperienze di ogni giorno, le soluzioni più efficaci sono quasi
sempre le più semplici.
L’esperienza
illuminante, e spesso affascinante, della sintesi creativa – o di
un’intuizione che ci aiuta a risolvere un problema – ci porta
quasi sempre a constatare che la soluzione “col senno di poi”
appare ovvia, ma il nostro modo di ragionare e percepire si era
complicato in modo da impedirci di vederla.
Da
che mondo è mondo, uno dei problemi che ci rovinano la vita è
l’accumularsi di complicazioni inutili. In un periodo di
transizione complessa, come quello in cui stiamo vivendo, questo
fenomeno assume una particolare intensità.
Molte
cose sono diventate più semplici, rispetto a un non lontano passato,
perché abbiamo conoscenze e risorse che prima non c’erano o erano
disponibili solo a pochissime persone. Ma ci stiamo anche complicando
la vita in infiniti modi, che in parte dipendono dall’inefficienza
delle comunicazioni, in parte dal nostro comportamento e da quello
delle altre persone... e in parte da un cattivo uso
delle tecnologie...
Queste
stupide complicazioni sono una cosa molto diversa dal problema della
complessità, così come è studiato dalla “teoria del caos”. Su
questo argomento ci sono alcune brevi annotazioni (forse fin troppo
semplificate) nell’appendice.
Già
parecchi anni fa, ancora prima che si arrivasse a certe complicazioni
che imperversano oggi, tenevo appeso nel mio ufficio un cartello che
diceva KISS.
Come sanno quasi tutti, kiss in
inglese vuol dire bacio. Ma è anche una sigla, abbastanza nota, che
sta per keep
it simple, stupid (press’a
poco si può tradurre “non fare lo stupido, cerca di
semplificare”). Uno dei baci più affettuosi che possiamo dare o
ricevere è un po’ di semplificazione in qualcuna delle tante
inutili complicazioni che ci rovinano la vita ogni giorno.
C’è
un grande bisogno di semplicità. Sembra che, un po’ per volta,
questa percezione stia cominciando a diffondersi. Merita di essere
citato, per esempio, un articolo pubblicato da Gerry McGovern l’11
dicembre 2000, intitolato In
praise of simplicity.
(Una citazione più estesa, con un link al testo originale, si trova
nel capitolo
28 di L’umanità
dell’internet).
Rileva
che «viviamo
in un mondo in cui subiamo continuamente forzature di cambiamento e
complessità. Il mondo sta cominciando a reagire. C’è un crescente
desiderio di semplicità».
La
complicazione, osserva Gerry McGovern, «è
una sorta di inquinamento intellettuale che annebbia il pensiero. La
complicazione non è un segno di intelligenza, ma piuttosto il segno
di una mente iperattiva affetta da bulimia. Il vero genio e la grande
qualità stanno nella capacità di trasformare un problema complesso
in una soluzione semplice e concretamente efficace».
La
stupidità del potere, come abbiamo visto nel capitolo
10,
non nasce solo dalla complicazione. Ma spesso se ne serve per
diventare ancora più stupida – o per confondere le cose, renderle
incomprensibili, nascondere la semplice realtà dei fatti dietro una
cortina di inestricabili complessità.
Non solo la burocrazia,
ma anche altre oligarchie, consorterie o corporazioni usano spesso un
gergo complicato, incomprensibile per i “non addetti”, che serve
ad affermare il loro predominio e tenere in soggezione il resto
dell’umanità.
Anche il mondo accademico o “intellettuale”
ricorre spesso allo stesso trucco. Si esprime in modo incomprensibile
per nascondere il fatto che non sa di che cosa stia parlando. E anche
per suscitare fra i catecumeni un reverente timore – la percezione
di essere stupidi perché non riescono a capire.
L’intelligenza
è luce o lucidità – non oscurità. Lo stupido non è chi non
capisce, ma chi non si sa spiegare.
Naturalmente non dobbiamo
confondere la semplicità con il semplicismo. Una spiegazione
apparentemente semplice può essere solo un’insulsa banalità, un
infondato luogo comune, un preconcetto diffuso quanto stupido – o
una semplificazione solo apparente che ci viene somministrata per
disorientarci, per toglierci il desiderio di capire o di
approfondire.
In altre parole, la complicazione è quasi
sempre stupida, ma non sempre ciò che sembra semplice è
intelligente.
L’arte della semplicità è difficile e
sottile quanto l’esercizio dell’intelligenza. L’una e l’altro
richiedono impegno, pazienza, approfondimento, un’insaziabile
curiosità – e una perenne coltivazione del dubbio. Per quanto
chiara, nitida ed efficace possa essere una soluzione, dobbiamo
continuare a chiederci se non ce ne sia un’altra ancora più
funzionale, più lucida e più semplice.
È faticoso. Ma se
sappiamo apprezzarne il gusto può essere molto divertente. Trovare
soluzioni o spiegazioni autenticamente semplici è rasserenante,
stimolante, piacevole, allegro, talvolta entusiasmante.
La
semplicità non è solo una conquista intellettuale, è anche
un’emozione. Scoprire la chiave semplice di un problema
apparentemente complesso ha un intenso valore estetico. Ci dà una
chiara e inconfondibile percezione di bellezza e
armonia.
Innamorarsi della semplicità è un’esperienza
affascinante. Ed è uno dei modi più efficaci per coltivare
l’intelligenza.
Fonte: gandalf.it
Letto e condiviso da: La Crepa nel Muro
Eppure in poesia l'oscurita' e' quasi sempre un sintomo di qualita'!
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