mercoledì 30 maggio 2012

La rabbia che sale dallo stomaco.


 Provo rabbia.
Una rabbia profonda. Viscerale. Incontrollabile.
Scrivo, ma le mani tremano.
Tremano come l'Italia.
Come la Calabria. Come la Basilicata.
Ma soprattutto come l'Emilia.
Trema e porta via con sé vite umane. Sogni, speranze, aspettative, progetti.
Trema e porta via il piacere di vivere. Porta via le certezze. Annichilisce il coraggio.
Provo rabbia.
Perchè non si deve morire per un terremoto in questo modo.
Non si può morire schiacciato mentre stai facendo il tuo lavoro in un capannone costruito da 2 anni.
Non è accettabile.
Come non è accettabile che l'80% delle abitazioni italiane siano a rischio crollo in caso di sisma.
Non è possibile accettare che si costruiscano ancora le case con le tecniche e i materiali degli anni '50. Solo per consentire ai cementifici di fare miliardi, alle ditte del movimento terra della ndrangheta di scavare fondazioni in zone non adatte alla costruzione, per garantire ai politici che danno le licenze e truccano i controlli di intascare qualche mazzetta.
Una mazzetta, un appalto, può valere la vita di una persona?
Ma ci rendiamo conto in che mondo viviamo?
Ma ci rendiamo conto che la nostra vita vale zero?
Che la nostra salute, il nostro diritto alla sicurezza, il nostro diritto a costruirci una vita senza rubare nulla a nessuno, valgono meno di una scavatrice di una ditta mafiosa?
Provo rabbia, ma piango.
Piango per loro. Ancora sepolti, forse vivi, forse in fin di vita. Forse ormai morti.
Piango per le loro famiglie, per la loro disperazione nel guardarsi intorno a osservare il proprio mondo distrutto.
Dall'avidità, dall'ingordigia e non dalla natura. Almeno non solo.
E voglio anche dire una cosa a coloro che si sono macchiati le mani negli affari loschi di questo paese!
Arriverà, arriverà anche per voi il giorno in cui sconterete caro e amaro il male che ci avete fatto!
Statene certi.
Non è una minaccia.
E' semplicemente una certezza.


©Francesco Salistrari


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