I mezzi di comunicazione, sono, assieme al monopolio della forza
(esercito e polizia), gli strumenti principali attraverso cui il potere
esercita la propria egemonia su una società, vale a dire i modi attraverso i
quali viene espressa la sovranità.
Il meccanismo che ha dato vita al capitalismo finanziario globalizzato
odierno, sarebbe stato impensabile senza il sistema di comunicazione mondiale
utilizzato oggi.
di Francesco
Salistrari
Il controllo dell’informazione e il dominio totalitario del mondo.
L’avvento della modernità
capitalistica è stato favorito da una serie imprecisata di fattori concomitanti
che, nella loro interazione reciproca, hanno reso possibile un’accelerazione
senza precedenti della potenza produttiva mondiale, dando un impulso impressionante
all’avanzamento materiale della società nel suo complesso.
La tecnica, la medicina,
l’osservazione astronomica, la fisica, la chimica, le scienze in generale,
tutte, ebbero uno sviluppo straordinario, contribuendo e allo stesso tempo
essendo favorite, dallo sviluppo capitalista del modo di produzione mondiale.
Uno di quei progressi che, grazie
al (e favorendo lo) sviluppo capitalista, più di tutti contribuirono al
progresso generale della società, fu senza dubbio quello della “comunicazione”.
L’invenzione della stampa, dei primi telegrafi, dei primi strumenti di
comunicazione radio a distanza, grazie alla scoperta delle onde
elettromagnetiche, del magnetismo della terra, dell’elettricità ecc, furono
fattori propulsivi del sistema economico mondiale e da questo furono
potentemente favoriti in relazione simbiotica.
La comunicazione, è uno degli
elementi essenziali del progresso di una civiltà ed è per questo che l’analisi
della qualità, dei modi, degli usi e della cultura che si sviluppa intorno alla
comunicazione, di un determinato periodo storico, diventa essenziale per
comprendere “lo stato dell’arte” di tale civiltà.
Comunicazione significa
innanzitutto informazione, circolazione di informazione, quindi di idee,
soluzioni, applicazioni, capacità, possibilità. Più un sistema di comunicazione
permette la circolazione e la condivisione delle informazioni, più tale sistema
può dirsi efficiente e soprattutto evoluto.
E’ per questo motivo che oggi,
con il sistema di comunicazioni di cui disponiamo, in cui la velocità
dell’interconnessione planetaria e la mole di informazioni a cui si può
attingere sono straordinarie, capire i funzionamenti dei cosiddetti “media”
diventa cardinale per comprendere a che punto è la nostra civiltà ed
eventualmente cominciare a comprendere dove, come e perché intervenire.
Abbiamo analizzato fin qui tutta
una serie di cambiamenti che hanno stravolto il mondo moderno rispetto a pochi
decenni fa e se guardiamo al mondo di fine anni ’60 e lo paragoniamo a quello
di oggi, da un punto di vista politico, economico e sociale, ci rendiamo conto
della distanza siderale che separa questi due mondi. In questo cambiamento
spaventoso, l’esplosione dell’informatica e della comunicazione in generale,
con l’avvento della televisione e dei moderni mezzi di comunicazione di massa,
aggiungendo tutto il complesso sistema di comunicazione satellitare (prima
militare e poi civile), il mondo non solo è cambiato, ma è stato completamente
stravolto.
Non dissimilmente da altri
importanti settori che hanno contribuito allo sviluppo generale della società
moderna, così anche i mezzi di comunicazione rientrano nell’ambito e nelle
logiche dei settori sociali dominanti. Differentemente però da altri settori,
lo sviluppo dei mezzi della comunicazione hanno di pari passo contribuito
all’affermazione e sono stati utilizzati da settori di classe subalterni che,
senza per altro riuscire sempre ad utilizzarli in maniera adeguata, hanno
comunque beneficiato dei vantaggi derivanti dalla condivisione delle informazioni
necessari alla difesa dei propri interessi specifici.
Questo perché, lo sviluppo della
tecnologia, ha comunque assunto carattere di massa e con essa i mezzi di
comunicazione in particolare. Ciò, seppur funzionalmente alle logiche del
profitto proprie del sistema, ha comunque favorito spazi di autonomia e di
influenza mediatica anche per settori subalterni della società, rendendo più
semplice l’organizzazione della difesa di quegli interessi.
Attraverso la stampa, ad esempio,
in occidente, venne forgiata quella che da quel momento in poi sarebbe stata
conosciuta come “l’opinione pubblica”, favorendo la diffusione delle idee
rivoluzionarie della borghesia in ascesa. Dall’interno delle logge massoniche,
espressione viva della politica borghese del tempo, le idee fuoriuscirono come
un fiume in piena che invase ampli strati della società. Ma per poter affluire
in maniera efficace, proprio come un fiume in piena, aveva bisogno dei canali
giusti e questi canali furono individuati nei “quotidiani”, ma soprattutto nei
“pamphlet” e nella stampa politica in generale.
La società borghese si affermò
grazie ad una serie di fattori storici ed economici e non solo grazie alla
forza delle armi della rivoluzione. Uno dei segreti di quel successo storico,
fu proprio la capacità di trascinare il popolo verso i cambiamenti auspicati da
quella che in quel momento era la classe sociale più dinamica, favorendo un
cambiamento complessivo della cultura generale dell’epoca e garantendo l’ascesa
al potere degli interessi incarnati dalla borghesia.
Questo solo per dare un esempio
di come la comunicazione sia influente e lo è sempre stata, nel corso della
storia e nel condizionare in un modo o nell’altro i processi storici.
Tutta la storia umana, se
vogliamo allargare il nostro orizzonte, è storia di comunicazione. Le grandi
dinastie del passato, come ad esempio gli Egizi, uno dei più prosperi imperi
dell’antichità, capace di sviluppare la propria economia in modi che per i
tempi erano assolutamente spettacolari e avanzatissimi, si resse per millenni
grazie alla “comunicazione religiosa”. Una vasta e complessa teologia, espressa
attraverso una dottrina sofisticata e di grande impatto che, comunicata al
popolo suddito e lavoratore (in maggioranza schiavo), permise l’alternarsi al
potere di specifiche dinastie.
E’ la storia di tutti gli imperi.
Ed è la storia della politica.
Lo sviluppo moderno ha solo
sofisticato i mezzi attraverso cui il potere ha comunicato la propria ideologia
e il proprio “credo”, determinando un mutamento radicale delle logiche della
comunicazione, ma non la sostanza.
I mezzi di comunicazione, sono,
assieme al monopolio della forza (esercito e polizia), gli strumenti principali
attraverso cui il potere esercita la propria egemonia su una società, vale a
dire i modi attraverso i quali viene espressa la sovranità. Non esistono altri
sistemi.
I “media”, mediano, dal latino
“medium”, fanno da tramite, tra il mondo dell’élites al governo e il popolo
suddito. E questo che ci si trovi in un antichissimo impero del passato o che
ci si trovi nella più moderna delle società contemporanee.
Un salto di qualità estremo,
rispetto all’utilizzo degli strumenti di comunicazione di massa, si ebbe a
cavallo degli anni ’20 e ’30 del ‘900, allorquando l’avvento della radio
rivoluzionò completamente il modo con cui la comunicazione di massa veniva
espressa.
Nell’Europa sconvolta dalle
ferite della guerra e dalle conseguenze potentissime della rivoluzione russa,
l’invenzione della radio rappresentò un evento fondamentale. Fu attraverso
l’uso sapiente e via via più sofisticato ed ingegnoso che i vari regimi di
quegli anni in Europa seppero fare della radio, che i destini del mondo furono
decisi.
L’adesione popolare al regime
fascista in Italia e l’utilizzo sapiente e scientifico da parte del regime
nazista in Germania della cosiddetta “propaganda”, furono immensamente favoriti
dalla radio e dai mezzi di comunicazione. La manipolazione delle masse, da quel
momento in poi divenne una scienza che nei successivi decenni si perfezionò
progressivamente ed in maniera impressionante, molto tempo dopo che quei regimi
dittatoriali che più di altri erano stati capaci di elevare le capacità e i
metodi d’utilizzo degli strumenti di comunicazione di massa, erano ormai seppelliti
sotto le ceneri della distruzione della seconda guerra mondiale.
La televisione, rivoluzionò
nuovamente il mezzo, ma la logica era ormai acquisita e si era compresa molto
bene, sull’esempio nazista, la potenza manipolativa sulla coscienza collettiva
degli strumenti di comunicazione moderni. Fu così che il mondo dei media, oltre
che per ragioni strettamente economiche, divenne una vera e propria industria.
Il cinema, la televisione, la
radio, i giornali, gli spettacoli, la musica, divennero pienamente integrati alle
logiche mercatistiche che il potente sviluppo economico della ricostruzione
post bellica stava portando.
C’era bisogno di creare “un sogno
americano”, un “sogno europeo”, e in misura diversa non nei fini ma nei
contenuti ideologici, un “sogno socialista”. Il potere, seppur da logiche
apparentemente opposte e distanti, sfruttò alla perfezione la macchina
mediatica che si era messa in moto favorendo l’avvento del “consumismo” e
creando una visione del mondo e della società, plasmando i valori della modernità,
condizionando vasti processi di cambiamento sociale che, come abbiamo visto,
hanno tutti insieme portato a determinati sviluppi storico-economici.
Oggi, più che in passato,
l’importanza della comunicazione e dei “media” appare spaventosamente estesa. I
moderni ritrovati della tecnologia della comunicazione, dai satelliti alla rete
internet, ha aperto possibilità di interconnessione inesplorate, allargando a
dismisura le capacità di collegamento di ogni angolo del mondo con il resto. Da
questo punto di vista il mondo non è mai apparso così unito.
Alcuni autori hanno visto nelle
potenzialità della “rete globale” di interconnessione, una grande opportunità
per il genere umano di promuovere un colossale avanzamento della coscienza
collettiva globale. I nuovi strumenti di comunicazione con cui praticamente
tutti, oggi, possono comunicare con chiunque in qualsiasi parte del mondo,
potrebbero diventare lo strumento per la nascita di una vera coscienza globale
unificata, creatrice di nuovi valori condivisi e di nuove opportunità per la
cooperazione umana, divenendo fattore potente di eliminazione delle barriere
linguistiche, culturali, nazionali, militari e religiose, quindi
delle divisioni politiche che potrebbe indirizzare il mondo vero l’unificazione dell’umanità.
Se solo consideriamo le capacità
di calcolo dei computer moderni e a questo affianchiamo l’innervatura della
rete di comunicazione globale (Internet), appare evidente come il meccanismo di
valorizzazione del valore e l’estrazione di profitto (plusvalore) dalla
società, ha assunto dimensioni e connotati mai sperimentati. Il meccanismo che
ha dato vita al capitalismo finanziario globalizzato odierno, sarebbe stato
impensabile senza il sistema di comunicazione mondiale utilizzato oggi.
I cambiamenti intervenuti nel
modo di allocare le risorse (circolazione dei capitali) e nella velocità di interconnessione
(mercati finanziari computerizzati) hanno permesso un duplice effetto:
- l’espansione dei profitti;
- la trasformazione dei connotati del lavoro;
Il pallone aerostatico che ha
tenuto su il sistema capitalistico nell’ultimo trentennio, può a ragione essere
individuato nella “finanza”, che ha permesso livelli di profittabilità
altrimenti irraggiungibili. Ma la finanza moderna è talmente innervata con i sistemi
di telecomunicazioni, che appare assolutamente inscindibile (e imprescindibile)
da essi, così come gli stessi livelli di profitto.
Dall’altra parte, le
modificazioni intervenute nell’ambito della comunicazione, hanno permesso non
solo una nuova configurazione della divisione mondiale del lavoro (spazialmente
e geograficamente, nei metodi e nelle metodologie del lavoro
industriale/produttivo), ma anche la comparsa di figure e tipologie del lavoro
tali da trasformare l’intera società nel suo complesso. In altre parole, la
società contemporanea diviene “totalmente produttiva” e questo grazie anche al
sistema delle comunicazioni che ha favorito (insieme ad altri fattori
sistemici) l’insorgenza del cosiddetto “general intellect”, nuovi strumenti e
tipologie di lavoro sociale (lavoro intellettuale, creativo, collaborativo) e
nuovi modi di interagire delle forze produttive mondiali.
Questo ha determinato un’enorme
espansione della produttività sociale complessiva ed una capacità “estrattiva”
(sistemica) del valore assolutamente inconcepibile nelle vecchie e superate
forme di capitalismo keynesiano/fordista/taylorista.
Ma il sistema di comunicazioni
globale, appare decisivo anche da un altro punto di vista.
Attraverso l’interconnessione planetaria
non si muovono soltanto denaro, dati, informazioni, ma anche (e in maniera
decisiva) idee, modi di pensare, modelli di consumo. In una parola, attraverso
la rete di telecomunicazioni (intesa nella sua totalità) viaggia l’ideologia
del sistema.
Le multinazionali, infatti,
grazie anche ai nuovi strumenti telematici (social media, blogsfera, social
network ecc.) hanno potuto raccogliere una tale quantità di dati e informazioni
sugli utenti della rete che ciò, non solo ha permesso l’elaborazione di sempre
più efficaci tecniche di marketing, ma soprattutto ha consegnato nelle loro
mani il potere di indirizzare e di creare, in maniera ininterrotta, i desideri
stessi dei consumatori, forgiando i modelli di consumo globali immanentemente.
L’ideologia, che già con la Tv
commerciale, aveva volato sulle frequenza elettromagnetiche delle trasmissioni
televisive, plasmando il boom degli anni Sessanta e veicolando il consumismo
come nuova religione secolare, viaggia oggi sulle velocissime autostrade
informatiche, dove il meccanismo di “creazione del desiderio” non ha più un
andamento univoco, ma multidirezionale, essendo connaturato dall’interazione
sociale che la rete incarna.
Dunque, i cambiamenti operati
dalla comunicazione massificata, nel mondo a capitalismo finanziario
globalizzato, non solo hanno favorito l’insorgenza di meccanismi nuovi di
formazione del desiderio consumistico, ma hanno d’altra parte instaurato nuove
forme di sfruttamento del lavoro e della produzione sociale complessiva,
altrimenti nemmeno pensabili.
L’integrazione dei mercati,
impensabile in assenza dell’interdipendenza della rete telematica, è un
processo che ha segnato in maniera profonda gli ultimi 30 anni di storia del
mondo, permettendo la strutturazione e l’affermazione di questa forma
totalitaria e onnipervasiva di capitalismo il cui apice sociale va rintracciato
nei nuovi rapporti di proprietà internazionali sorti nei “marosi” della fine
della Guerra Fredda.
La manipolazione globale
organizzata e la veicolazione ideologica dei principi e dei valori sistemici, si
esprime pertanto oggi attraverso le bocche di fuoco multipolari della rete,
della televisione, della stampa, del cinema, della radio, in modo sempre più
sofisticato e raggiungendo livelli stupefacenti di efficacia. Ogni “media”
viene infatti contemporaneamente funzionalizzato a:
- creazione del consenso;
- formazione dei desideri consumistici;
- omologazione culturale;
La comunicazione politica,
espressa attraverso le forme più disparate, dal talk show televisivo all’uso
del social network (specialmente Twitter), veicola la stessa omologante visione
del mondo, ipostatizzando ed eternizzando il presente, feticizzando l’economia
(e le merci), proponendo un orizzonte di senso che, nella finta pluralità delle
opinioni, in realtà impone il pensiero unico del mercato come universo naturale
imprescindibile ed eterno, in cui la società viene letteralmente dissolta
nell’atomistica individualista del consumatore compulsivo. La macchina
infernale della pubblicità che, incredibilmente sottile, sofisticata e
subliminale, permea la comunicazione collettiva, eternizza lo stile e il
modello di consumo imposto dalle multinazionali della produzione globale,
manipola attivamente e continuativamente l’orizzonte sociale per la prima volta
nella storia in modi così efficaci e funzionali alla riproduzione sistemica. La
società dello spettacolo, come qualcuno ha definito la società contemporanea, è
la realizzazione del capitalismo assoluto (nel senso di ab solutus, sciolto da vincoli, attraverso il piano liscio dello
scorrimento delle merci e della comunicazione) e lo spettacolo, come rapporto
sociale mediato da immagini, permette all’ideologia (l’unica rimasta) di
impossessarsi delle coscienze, creando de
facto, la dittatura totalitaria della forma merce (mercificazione
dell’esistente) innestata sul sostrato finanziario del sistema (denaro).
Il mito del denaro, del self made man, della scalata sociale,
proprie del primo affermarsi del consumismo come religione della modernità post
bellica del mondo occidentale, si declinano oggi in maniere del tutto originali
e onnicomprensive, surrettizialmente, determinando una mutazione antropologica
complessiva che si esprime attraverso la figura dell’homo consumens, atomizzato, individualista, anticomunitario.
Le culture (multiculturalismo)
vengono spazzate via dalla visione monoculturale dell’imperativo mercatistico,
della crematistica assolutizzata e dell’economia feticizzata, in cui l’essere
umano, merce tra merci, vive la propria esistenza rifuggendo la socialità che
non sia quella istituita dal nesso liberoscambista, ricreando perciò stesso una
“società senza socialità”, in cui gli stessi problemi sociali collettivi
(disoccupazione, sottoccupazione, miseria) vengono percepiti come fallimenti
individuali e non già come manifestazioni proprie del sistema delle
ineguaglianze promosso dal classismo capitalistico.
In questo meccanismo psicologico
di massa, la comunicazione e la cultura in generale, com’è ovvio, giocano il
ruolo cruciale che hanno sempre giocato nella storia dell’essere umano. Il
sistema di manipolazione globale della coscienza collettiva, funziona a pieno
regime e permette la standardizzazione dei modelli di consumo e dei
comportamenti collettivi, funzionalmente alla illimitata valorizzazione del
valore che trova nella categoria “teologica” della crescita (illimitata,
appunto) il suo corollario automatico.
Un altro aspetto su cui influisce
la macchina possente della manipolazione mediatica planetaria è il processo che
sfocia in ultima battuta nella “feticizzazione dell’economia” che viene
percepita collettivamente come sistema naturale di funzionamento della società
e non già come momento politico (dunque discrezionale) della distribuzione
della ricchezza.
E’ in questo modo che le “crisi
economiche”, la disoccupazione, la devastazione ambientale, le crisi sanitarie,
descritte nelle giaculatorie del nuovo clero della comunicazione attraverso
sempre più l’uso massiccio della neolingua
(l’inglese imposto a livello globale come lingua unica), vengono percepiti
dalle masse come fenomeni naturali, assimilabili ai terremoti e agli uragani,
cioè come eventi imprevedibili e imprescindibili con i quali si è nostro
malgrado costretti a fare i conti.
La “naturalizzazione” dei
fenomeni economici (che restano tuttavia sempre e comunque determinati da
scelte collettive di classe) è la manifestazione evidente di quanto profonda
sia la distorsione ideologica veicolata dai “media” controllati dai grandi
potentati economici della finanza mondiale.
Il controllo della comunicazione,
attraverso il possesso dei grandi quotidiani nazionali (stampa), dei network
televisivi internazionali e delle emittenti nazionali e locali (Tv e rete
satellitare), nonché il controllo dei colossi del Web, da Google ad Amazon, da
Microsoft a Yahoo!, per fare alcuni esempi (Internet), configurano un sistema
integrato di comunicazione mondiale di immane potenza mediatica. Se a questo
aggiungiamo le grandi case di produzione cinematografica e pubblicitaria, la
sottomissione degli atenei e della produzione/ricerca scientifica
universitaria, appare chiaro e cristallino come il controllo della cultura
generale, la sua espressione, i principi e i valori veicolati e quelli
censurati/ostracizzati, configura in assoluto il sistema più totalitario che la
storia abbia mai sperimentato.
L’apparente libertà individuale di scelta
(sempre quasi esclusivamente limitata a quella del consumo in base alle proprie
possibilità di spesa), l’apparente pluralità delle opinioni (ma che suonano
tutte la stessa canzone rideclinata secondo i più svariati arrangiamenti), l’apparente
pace armata (contraddistinta da innumerevoli scenari di guerra regionali
settorialmente limitati), l’apparente libertà di pensiero (ma che svilisce,
umilia e marginalizza ostracizzando il pensiero divergente e antiadattivo), l’apparente
caduta delle ideologie (che lascia in piedi un’unica e totalizzante ideologia
che si autodefinisce a-ideologica), l’apparente libertà del lavoro (ma che si
esprime attraverso forme di sfruttamento e di estrazione del valore semmai più
barbare e più pregnanti), l’apparente democrazia (ma che alle varie latitudini
del mondo è sostanzialmente scomparsa o non è mai esistita), nel mondo dell’apparente
che appare, è attraverso la proprietà e il controllo dei media, della
produzione, della governance politica (sovranità) che la cuspide della piramide
sociale governa l’intero pianeta e costruisce giorno dopo giorno il dominio
totalitario delle coscienze, delle risorse e della vita. Un dominio, denominato
da molti autori, e non a torto, biopolitico.
Viviamo il mondo dell’immagine,
consensuale e televisivo, flessibile, ma per sua essenza totalitario,
oligarchico e antidemocratico. Il mondo della Classe Possidente Globale, della
sua ideologia e della sua ricchezza ostentate.
(continua)
Nessun commento:
Posta un commento