Se c'è qualcosa che possa davvero far sentire realizzato un uomo di potere, questo qualcosa è la consapevolezza che le proprie scelte abbiano sortito l'effetto voluto.
Quando, intorno ad un tavolo importante, vengono prese determinate decisioni, soprattutto se sofferte, ciò che sempre si spera è che quelle stesse decisioni raggiungano lo scopo. Sono le reazioni del corpo sociale ad essere davvero importanti, perchè è precipuamente sul calcolo ipotetico di esse che si gioca la partita.Il se la società assorbe o meno ed in che misura le decisioni prese dopo lunghe ore di colloqui e ripensamenti, è il vero problema che si pone allo stratega del potere, è il quesito fondamentale al quale esso deve cercare di dare risposta tentando (e il più dlle volte, azzardando) un'ipotesi. L'ipotesi a volte gioca un ruolo più importante della decisione stessa ed è proprio il saper formulare l'ipotesi esatta che fa la differenza tra chi è stratega del potere e chi non lo è. Gli insuccessi di scelte politiche fondamentali e le conseguenti marcia indietro, hanno dunque la propria ragione in ipotesi sbagliate, in calcoli errati, in conseguenze e reazioni della società non considerate.
E' da qui, e da qui soltanto, che deriva l'orgoglio, pieno, sincero, sentito, dell'uomo di potere. L'orgoglio di detenere il potere e saperlo usare, l'orgoglio di essere capace di sapere cosa la gente penserà e come reagirà alle proprie scelte, se le condividerà o se ne lagnerà, soprattutto se pesanti e drammatiche.
Quando un capo di stato dichiara guerra deve essere pronto a considerare che essa possa concludersi con una sconfitta e con pesanti perdite per la popolazione. Una decisione del genere, deve quindi essere preceduta da un esame attento di tutte le possibili conseguenze sulla popolazione del proprio paese affinchè si possa organizzare al meglio una campagna propagandistica adeguata capace in qualche modo di convincere la gente delle ragioni della guerra stessa, della sua necessità e di prepararla mentalmente alla sofferenza e alla disfatta. L'ipotesi, ancora una volta, gioca un ruolo determinante. Prevedere in qualche modo gli scenari futuri pensando alla peggiore delle conseguenze è ciò che rende possibile la preparazione della migliore campagna propagandistica a favore della guerra. Saper cosa dire al proprio paese, a prescindere dai reali interessi economici e militari che possano celarsi dietro una guerra, dipende principalmente da un'ipotesi il più aderente possibile alla realtà in merito alle conseguenze della guerra stessa.
Si è parlato di guerra, una delle decisioni più sofferte e pericolose per un uomo di potere, ma potrebbe parlarsi di qualsiasi altra scelta politica che in qualche modo possa avere delle reazioni a doppio taglio nei confronti proprio del potere da parte di una società che la subisce.
La società deve essere quindi analizzata, studiata, controllata per essere governata nel migliore dei modi. Le spinte al cambiamento debbono saper essere incanalate nelle direzioni volute e perciòstesso non possono travalicare alcuni confini ben definiti. E' questa la lezione più importante che la storia abbia potuto impartire agli uomini di potere di tutto il mondo. Finchè ci sarà controllo sociale, il potere resterà saldo, malleabile ed in ultima analisi a misura d'uomo, accettabile. Sfuggito il controllo sociale, esso può divenire altresì brutale, spietato e soprattutto vulnerabile.
Negli anni '70 in America (e in seguito in tutto il mondo occidentale), le spinte prepotenti da parte della società al cambiamento, imposero alcune tra le decisioni politiche da parte del potere più drammatiche della storia ed è proprio in quegli anni che il potere sperimentò tecniche e strategie mai tentate prima, ma non per questo inefficaci. Alla propaganda (strumento per eccellenza utilizzato negli anni duri dell'anticomunismo), vengono infatti affiancati alcuni fra gli espedienti più ficcanti della storia della politica. La c.d. strategia della tensione, sperimentata in Italia negli anni del terrorismo rosso, ma soprattutto l'utilizzazione delle sostanze stupefacenti, il cui mercato nero veniva lasciato quasi completamente libero da parte delle forze di polizia, come demoralizzatore sociale, sono tra i ritrovati più geniali delle élites di potere per controllare le spinte rinnovatrici e rivoluzionarie provenienti dalla società. Il potere, infatti, se da una parte concedeva spazio e maggiori libertà in determinati ambiti, per conservarsi praticamente intatto ed uscire dallo scontro rafforzato, dall'altra restringeva e aumentava il controllo sociale.
L'inizio del nuovo millennio, da questo punto di vista, registrò una svolta. Se, infatti, negli anni '70 il traffico di stupefacenti veniva lasciato praticamente libero solo come estremo rimedio nei quartieri delle grandi città ritenuti più pericolosi ed eversivi e praticamente impossibili da controllare, il duemila vide questa scelta divenire l'apice di un più vasto programma di controllo sociale che faceva di internet e delle nuove tecnologie comunicative i meccanismi più efficaci. Il nuovo millennio è infatti il millennio dell'informatica e della globalizzazione. Ed è il l'epoca che ha consacrato la televisione come lo strumento principe per il controllo sociale, catalizzatore di consenso e propaganda non solo politica ma anche commerciale. L'era televisiva, avviata negli anni '50 ha cambiato per sempre il modo di rapportarsi delle élites alla società ed ha consegnato in mano alle prime un formidabile strumento per orientare l'opinione pubblica. La proprietà o il controllo dei network televisivi è diventato dunque il programma politico di riferimento di tutte le élites dominanti del mondo.
“Questo paese non lo governiamo con i carabinieri, ma con la televisione” (dal film “SUD” di Gabriele Salvatores).
Oggi appare fin troppo evidente l'importanza della televisione nello spostare quote elettorali, consensi, opinioni sui problemi che investono il paese, sui gusti commerciali, sugli usi e costumi sociali, sui modelli di vita che le persone inseguono e sui cui basano la propria strategia di vita. La televisione è diventata il punto di riferimento per intere generazioni e solo da alcuni decenni, l'avvento di internet ne ha messo relativamente in crisi la presa. Sebbene ancora i fruitori di internet rispetto alla popolazione complessiva di un paese sono relativamente pochi, il controllo di questo meraviglioso strumento di comunicazione mondiale diventerà, come lo è stato in passato per la televisione, il programma e l'ossessione di tutte le élites politiche del mondo.
Starà alla società e alle persone consapevoli evitare che un mezzo di propagazione della conoscenza e dell'informazione così efficace ed immediato, venga fagocitato da interessi diversi e opposti. Dagli stessi interessi che hanno fatto della televisione il teatrino dei propri fatturati.
La partita è aperta. Sta a noi saperla e volerla giocare.
(Francesco Salistrari).
Quando, intorno ad un tavolo importante, vengono prese determinate decisioni, soprattutto se sofferte, ciò che sempre si spera è che quelle stesse decisioni raggiungano lo scopo. Sono le reazioni del corpo sociale ad essere davvero importanti, perchè è precipuamente sul calcolo ipotetico di esse che si gioca la partita.Il se la società assorbe o meno ed in che misura le decisioni prese dopo lunghe ore di colloqui e ripensamenti, è il vero problema che si pone allo stratega del potere, è il quesito fondamentale al quale esso deve cercare di dare risposta tentando (e il più dlle volte, azzardando) un'ipotesi. L'ipotesi a volte gioca un ruolo più importante della decisione stessa ed è proprio il saper formulare l'ipotesi esatta che fa la differenza tra chi è stratega del potere e chi non lo è. Gli insuccessi di scelte politiche fondamentali e le conseguenti marcia indietro, hanno dunque la propria ragione in ipotesi sbagliate, in calcoli errati, in conseguenze e reazioni della società non considerate.
E' da qui, e da qui soltanto, che deriva l'orgoglio, pieno, sincero, sentito, dell'uomo di potere. L'orgoglio di detenere il potere e saperlo usare, l'orgoglio di essere capace di sapere cosa la gente penserà e come reagirà alle proprie scelte, se le condividerà o se ne lagnerà, soprattutto se pesanti e drammatiche.
Quando un capo di stato dichiara guerra deve essere pronto a considerare che essa possa concludersi con una sconfitta e con pesanti perdite per la popolazione. Una decisione del genere, deve quindi essere preceduta da un esame attento di tutte le possibili conseguenze sulla popolazione del proprio paese affinchè si possa organizzare al meglio una campagna propagandistica adeguata capace in qualche modo di convincere la gente delle ragioni della guerra stessa, della sua necessità e di prepararla mentalmente alla sofferenza e alla disfatta. L'ipotesi, ancora una volta, gioca un ruolo determinante. Prevedere in qualche modo gli scenari futuri pensando alla peggiore delle conseguenze è ciò che rende possibile la preparazione della migliore campagna propagandistica a favore della guerra. Saper cosa dire al proprio paese, a prescindere dai reali interessi economici e militari che possano celarsi dietro una guerra, dipende principalmente da un'ipotesi il più aderente possibile alla realtà in merito alle conseguenze della guerra stessa.
Si è parlato di guerra, una delle decisioni più sofferte e pericolose per un uomo di potere, ma potrebbe parlarsi di qualsiasi altra scelta politica che in qualche modo possa avere delle reazioni a doppio taglio nei confronti proprio del potere da parte di una società che la subisce.
La società deve essere quindi analizzata, studiata, controllata per essere governata nel migliore dei modi. Le spinte al cambiamento debbono saper essere incanalate nelle direzioni volute e perciòstesso non possono travalicare alcuni confini ben definiti. E' questa la lezione più importante che la storia abbia potuto impartire agli uomini di potere di tutto il mondo. Finchè ci sarà controllo sociale, il potere resterà saldo, malleabile ed in ultima analisi a misura d'uomo, accettabile. Sfuggito il controllo sociale, esso può divenire altresì brutale, spietato e soprattutto vulnerabile.
Negli anni '70 in America (e in seguito in tutto il mondo occidentale), le spinte prepotenti da parte della società al cambiamento, imposero alcune tra le decisioni politiche da parte del potere più drammatiche della storia ed è proprio in quegli anni che il potere sperimentò tecniche e strategie mai tentate prima, ma non per questo inefficaci. Alla propaganda (strumento per eccellenza utilizzato negli anni duri dell'anticomunismo), vengono infatti affiancati alcuni fra gli espedienti più ficcanti della storia della politica. La c.d. strategia della tensione, sperimentata in Italia negli anni del terrorismo rosso, ma soprattutto l'utilizzazione delle sostanze stupefacenti, il cui mercato nero veniva lasciato quasi completamente libero da parte delle forze di polizia, come demoralizzatore sociale, sono tra i ritrovati più geniali delle élites di potere per controllare le spinte rinnovatrici e rivoluzionarie provenienti dalla società. Il potere, infatti, se da una parte concedeva spazio e maggiori libertà in determinati ambiti, per conservarsi praticamente intatto ed uscire dallo scontro rafforzato, dall'altra restringeva e aumentava il controllo sociale.
L'inizio del nuovo millennio, da questo punto di vista, registrò una svolta. Se, infatti, negli anni '70 il traffico di stupefacenti veniva lasciato praticamente libero solo come estremo rimedio nei quartieri delle grandi città ritenuti più pericolosi ed eversivi e praticamente impossibili da controllare, il duemila vide questa scelta divenire l'apice di un più vasto programma di controllo sociale che faceva di internet e delle nuove tecnologie comunicative i meccanismi più efficaci. Il nuovo millennio è infatti il millennio dell'informatica e della globalizzazione. Ed è il l'epoca che ha consacrato la televisione come lo strumento principe per il controllo sociale, catalizzatore di consenso e propaganda non solo politica ma anche commerciale. L'era televisiva, avviata negli anni '50 ha cambiato per sempre il modo di rapportarsi delle élites alla società ed ha consegnato in mano alle prime un formidabile strumento per orientare l'opinione pubblica. La proprietà o il controllo dei network televisivi è diventato dunque il programma politico di riferimento di tutte le élites dominanti del mondo.
“Questo paese non lo governiamo con i carabinieri, ma con la televisione” (dal film “SUD” di Gabriele Salvatores).
Oggi appare fin troppo evidente l'importanza della televisione nello spostare quote elettorali, consensi, opinioni sui problemi che investono il paese, sui gusti commerciali, sugli usi e costumi sociali, sui modelli di vita che le persone inseguono e sui cui basano la propria strategia di vita. La televisione è diventata il punto di riferimento per intere generazioni e solo da alcuni decenni, l'avvento di internet ne ha messo relativamente in crisi la presa. Sebbene ancora i fruitori di internet rispetto alla popolazione complessiva di un paese sono relativamente pochi, il controllo di questo meraviglioso strumento di comunicazione mondiale diventerà, come lo è stato in passato per la televisione, il programma e l'ossessione di tutte le élites politiche del mondo.
Starà alla società e alle persone consapevoli evitare che un mezzo di propagazione della conoscenza e dell'informazione così efficace ed immediato, venga fagocitato da interessi diversi e opposti. Dagli stessi interessi che hanno fatto della televisione il teatrino dei propri fatturati.
La partita è aperta. Sta a noi saperla e volerla giocare.
(Francesco Salistrari).
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