venerdì 28 agosto 2009

L'inutile partita.


Ci sono momenti in cui mi sento triste. Perché mi guardo in giro e vedo indifferenza, paura, rassegnazione. Perché scorgo negli occhi della gente disinganno, dissillusione, menefreghismo. Dalla coda alle Poste, alla coda in macchina, dallo stadio ai treni, dalle scale di un condominio alla hall di un albergo, dall'ufficio comunale a Palazzo Chigi, dallo sgabello di un bar al salotto di una trasmissione televisiva c'è sempre qualcuno che fa il furbo, che se ne approfitta, che se ne frega. E c'è sempre qualcuno che subisce un sopruso.

Sono triste perché potremmo essere tutti migliori, se solo ci rendessimo conto che ci converrebbe. Che c'è un mondo intero da guadagnare. Eppure mi guardo in giro e vedo furbi e fessi, ladri e derubati, assassini e vittime. Ogni istante, ogni momento, in ogni cosa.

Non è pessimismo, il mio. Non è paranoia. Basta farsi un giro e saper guardare. Basta saper scorgere lo sguardo di sfida o di rassegnazione nella gente che si incontra.

La mia tristezza risiede fondamentalmente nel fatto di redermi conto che ci stiamo facendo male da soli. Forse è da sempre così e forse è per questo che non ce ne rendiamo conto più di tanto ed ognuno di noi, tra sé e sé, sa bene che là fuori è una guerra e per sopravvivere bisogna mostrare i denti o sapersi salvare. Forse è perchè è l'uomo in sé ad esser così. Avido, cattivo, egoista. Forse tutti sappiamo di essere animali istintivi ed è per questo che mentalmente siamo predisposti ad accettare questo stato di cose.

Poi mi capita di vedere una mamma che abbraccia il suo bambino, o una suora che regala una carezza ad un ammalato. Mi capita di scorgere la tenerezza di un padre che guarda suo figlio giocare al pallone o leggere il messaggio di un innamorato su un muro della città. Vedo l'amore ribellarsi all'odio molte volte. Scorgo la pietà umana nei gesti più semplici, nelle parole più sincere, negli abbracci, nel sorriso, nella complicità di un'emozione. Vedo la grandezza dei sentimenti, l'innocenza della bontà. Molte volte. Tante volte.

Ed è allora che la mia tristezza si trasforma in rabbia. Nella rabbia di scoprire un universo intero fatto di bene, di amore, di sincerità, di affetto, di compassione. Di umanità.

E' la rabbia per un'umanità che potrebbe diventare universale se solo ci liberassimo dalle pastoie dell'egoismo e dell'interesse personale, del denaro, del potere. E' la rabbia di sapere che molti uomini sono accecati dai miti del successo e del lusso, del consumismo e della comodità. E' la rabbia di vedere il mondo andare a rotoli solo per permettere a pochi di stravaccare, di sperperare, di comprare anche l'anima delle persone. E' la rabbia di rendermi conto di quanto sia inutile tutto questo, di quanto sia stupido.

La verità è che ci siamo venduti l'anima al demonio, molto tempo fa, e abbiamo scoperto che ci è piaciuto.

Se solo ci rendessimo conto di quanto è sconfinata la gioia dell'altruismo, della condivisione, del disinteresse. Di quanto è meravigliosa una carezza, un gesto d'affetto, un bacio e di quanto inutili e controproducenti uno schiaffo, una cattiveria, uno sputo.

Se solo ci rendessimo consapevoli di essere mortali, saremmo tutti migliori.

Viviamo la nostra vita come se fossimo immortali ed anche se vediamo la morte all'opera ogni istante vicino a noi, la scacciamo simile ad un pensiero, senza curarci del fatto che lei è lì anche per noi.

Viviamo e dimentichiamo di dover morire. Viviamo e dimentichiamo che tutti hanno diritto a farlo.

L'individualismo è la morte dell'umanità. Perchè in questo modo crediamo di esorcizzare la morte, ma in realtà la stiamo già subendo.Perchè tutti moriamo in ogni omicidio. Tutti veniamo stuprati in ogni violenza.

Siamo tutti vittime di noi stessi e del nostro modo di vivere.E il non rendercene conto ci fa ancora più stupidi e illusi.

Ecco perchè sono triste.

Perchè mi rendo conto che l'uomo ha sconfitto se stesso in una partita che non avrebbe nemmeno dovuto giocare.


(Francesco Salistrari, 2009)

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