di
Italo Romano
Siamo
in balia dei mercati. Non c’era bisogno di conferma, ma per i duri
e puri del politcally correct il problema principale è altrove. In
questi giorni assisteremo ad una finta ondata di sdegno e ad un’orda
antiberlusconiana, che sia chiaro, fatta di parole e vuota demagogia.
E’
necessario che il dibattito politico venga sterilizzato da populismo
e tendenze mediatiche, di modo da fondere e confondere la “Politica”
con le chiacchiere da bar.
L’Italia
non è più una democrazia, ma un potentato della mercatocrazia
mondiale. Questo, a quanto pare, non interessa a nessuno.
E
lo sapete perchè? Perchè nessuno vuole cambiare veramente lo stato
delle cose. Siamo consapevolmente drogati dal vuoto farfugliare,
siamo conniventi di tutto questo marcio putrido e vogliamo conservare
con bramosia la nostra fetta di finto benessere.
Nessuno
ha le capacità e/o la voglia di analizzare oggettivamente quello che
sta accadendo. Nessuno ha la possibilità e/o la necessità di andare
alla fonte del problema. Siamo su una giostra da cui nessuno vuole
scendere. Il nostro è un moto relativo onirico. Giriamo intorno al
perno portante del ludico marchingegno pensando di essere in cammino
sul sentiero del progresso e della civiltà, facciamo “chilometri”,
vomitiamo fiumi di parole e pappagalliamo riflessioni precotte che
non ci appartengono, ma il realtà girovaghiamo baloccandoci sempre
nel medesimo recinto.
Allora
ci appare lecito scaricare la frustrazione, derivata da una
vergognosa ignoranza e da una scarso utilizzo della materia grigia,
sul “mostro” del momento, che sia esso Berlusconi, Monti, Prodi e
compagnia danzante.
Nel
coltivare il nostro egoistico utilitarismo abbiamo accettato di
essere rinchiusi in una gabbia. Questa prigione ci rende sicuri,
dipendendti e “liberi” da responsabilità. E’ la tirannia del
sistema liberista relativista, che ci vede attori non protagonisti di
una sceneggiatura agghicciante, messa in scena da una regia di
tecnici specializzati.
Questa
è una dittatura. Viviamo nell’epoca del totalitarismo
mercatocratico e plutocratico e rifiutiamo di riconoscere questa
verità oggettiva.
Nell’ultimo
anno questo paese è stato spolpato vivo dai curatori fallimentari
del mondialismo capitalista. Hanno devastato lo “stato sociale”:
dal lavoro alle pensioni , dalla sanità all’istruzione; hanno
messo ai saldi il paese e tutti i suoi abitanti; hanno ceduto quote
di sovranità ad entità extraterritoriali, rendendo sempre più
aleatorio e centralizzatori il potere sistemico; hanno fatto terra
bruciata di tutto quello a cui è stato possibile metter mano.
Non
c’è che dire, questo è un paese che si può suddividere in due
macrocategoria: gli idioti vantaggiosi, fieramente convinti del
nulla, e gli arrivisti senza scrupoli che cavalcano l’orda a
proprio uso e consumo.
Quello
che ci propongono è il gioco delle tre carte, c’è il trucco!
La
telenovela politca, tra piddini, rottamatori, grillini, sellini,
berlusconiani , e tutto il paese dei balocchi a far da cornice, sono
manovre contigue per schiavizzare le folle e mandare in malora
l’intera nazione.
Lotte
élitarie tra ras del potere che ci vedono come tifosi esagitati,
convulsi e non pensanti o al massimo come spettatori belanti, ma
nulla più.
Lo
scopo è la centralizzazione del potere e lo svilimento
dell’autodeterminazione dei popoli. Lo stesso popolo le cui nuove
generazioni, da 60-70 anni a questa parte, sono state educate
all’obbedienza e alla cieca fede. Noi confondiamo il caos e
l’individualismo sfrenato con la libertà. Siamo stati addestrati a
non concepire la critica, quindi a non mettere in discussione lo
status quo e il modus operandi di chi detieni le file del potere.
Siamo stati formati nell’odio verso ogni forma di reale ribellione.
Abbiamo abdicato la nostra coscienza e siamo stati avvelenati dalla
cultura del consumismo e della spettacolarizzazione.
Oggi
ciò che conta è non fare domande, ma dare risposte su tutto.
Appare
palese che non abbiamo gli strumenti logici e pratici per uscire da
questo intricato labirinto.
E
ora, dinanzi l’abisso, è vitale capire che per cambiare questa
quotidiana catastrofe dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare e
concepire il mondo. E’ doverosa una evoluzione radicale del
paradigma sociale esistente.
Prima
di rivoltarsi fuori, dobbiamo fare i conti con noi stessi, e fare la
rivoluzione dentro di noi. Acquisire consapevolezza per rendere le
nostre azioni logiche e naturali.
Cambiare
si può, e si deve, perchè le nostre vite valgono di più di
qualsiasi mercato e profitto.
Abbiamo
da sempre l’illusione del moto mentre siamo fermi come macigni.
Finchè
non ritorneremo ad affermare certi valori fondanti di una civiltà
realmente democratica, rimarremo su questa giostra, convinti di
muoverci nella direnzione da noi scelta, mentre battiamo eternamente
la stessa strada prestabilita.
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