mercoledì 15 gennaio 2014

Noam Chomsky: l’attacco di Obama ai diritti civili ben oltre la fantasia.

di Olga Tamburini.

Dura denuncia del linguista e filosofo americano Noam Chomsky che, in una lunga intervista pubblicata su TruthOut.org a cura di Mike Stiver, condanna l’attacco di Obama alle libertà civili. Ben oltre la fantasia, dal National Defense Authorization Act a Guantanamo, passando per l’utilizzo dei droni per uccidere e sorvegliare gli stessi cittadini americani.

La materializzazione di un grande incubo. Dal sogno americano al pericolo della limitazione delle libertà individuali, fino alla distruzione dei diritti costituzionali contenuti nella Magna Carta. Dubbi e interrogativi che animano da mesi il dibattito americano, ma rimangono confinati senza trovare rilievo sulla stampa mondiale. In Italia più che mai. Paura di far crollare completamente l’idea di un modello americano perfetto e di annientare la visione manichea a cui siamo stati abituati per esportare guerre umanitarie. 


Ancora una volta è Noam Chomsky a venirci in aiuto, con una lunga intervista in cui tocca i punti principali della pericolosità dei provvedimenti caldeggiati da Obama. Il linguista ammette di non essersi mai aspettato grandi cambiamenti dall’elezione del presidente, fin dalle primarie del 2008. Un gioco di fumo e specchi, lo definisce l’intellettuale americano, che ha trovato l’apice dell’equivoco nella promulgazione del National Defense Authorization Act (NDAA), nel gennaio dello scorso anno. Una legge che contiene una disposizione generica sulla detenzione indefinita universale senza accuse e senza processo, la cui pericolosità è legata alla completa assenza di limitazioni di ordine temporale o geografico. La detenzione di cittadini anche al di fuori di conflitti, infatti, è una palese violazione del diritto internazionale, oltre ad essere illegale ed incostituzionale per i principi americani.

L’analisi di Chomsky tocca l’uso dei droni sia come strumenti killer che come nuova frontiera per monitorare i cittadini americani. La condanna della lotta al terrorismo portata avanti attraverso velivoli che uccidono i civili, lascia intravedere la contraddizione del loro uso: difendere la vita di ogni americano non può avvalersi dell’uccisione di innocenti o di altre persone. Ma il dibattito sui droni coinvolge anche le scelte interne all’amministrazione Obama, in particolare l’iniziativa di affidarne il controllo alle forze di polizia locali per sorvegliare i cittadini. 


Non solo violazione della privacy, ma anche uso inappropriato della stessa per intimidire e minacciare gli individui. Chomsky non esclude la criminalizzazione del dissenso verbale non violento, un ulteriore colpo alla libertà americana, soprattutto in relazione al legame tra sistemi penali e etnie oppresse, in primis la popolazione maschile nera. Il linguista ricorda come quest’ultima non ha, ancora nel 2013, diritto a un giusto processo, a volte inesistente, né può permettersi un avvocato e una difesa decenti. 

Un esempio concreto di differenza “razziale” (inaugurata da Reagan) sarebbe per Chomsky la lotta alla droga: più facile arrestare un ragazzino nero che entrare in un quartiere ricco bianco per scoprire il traffico di cocaina. L’analisi non rimane in superficie: a chi conviene tener in vita sistemi carcerari di questo tipo? La carcerizzazione viene letta nell’ottica dell’affare privato portato avanti da lobbies ben definite e relative commercializzazioni.

La chiosa sulla globalizzazione e la tortura, legami sedimentati in sistemi collaudati che hanno portato paesi dell’Europa, del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Africa a rendersi complici degli Usa, con l’esclusione dell’America Latina. Sulla scorta delle osservazioni dell’analista latinoamericano Greg Grandin, Chomsky fornisce un’ulteriore chiave per interpretare l’avversità contro Morales, Chavez e gli altri presidenti sudamericani contrari al sistema statunitense. 


La parentesi su Guatanamo e in particolare sulla storia di Omar Khadr, un ragazzo di 15 anni che, durante l’attacco al suo villaggio in Afghanistan, imbraccia il fucile e spara contro i soldati americani. Etichettato come terrorista è stato inviato alla base aerea di Bagram, notoriamente luogo di abusi e torture. Dopo un paio di anni è stato trasferito a Guantanamo e – avendo ottenuto un’udienza davanti a un tribunale militare – ha due scelte: dichiararsi colpevole e restare altri 8 anni in carcere o innocente e rimanerci per la vita. Essendo cittadino canadese, il Canada ha impugnato la causa e chiesto che sia liberato, al momento senza riscontri. 



fonte: OrizzontiLiquidi

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