DI
EUGENIO ORSO
Pauper
class
Nei
tormentati anni novanta di Tangentopoli/ Mani pulite, della svendita
dell’industria pubblica al “privato emergente” e allo
straniero, del collasso dei vecchi partiti e dell’ascesa politica
della Lega, il professor Gianfranco Miglio – giurista e politico,
unico vero pensatore e ideologo che la Lega bossiana abbia mai avuto
– scrisse un bel romanzo di fantapolitica, dal titolo Italia 1996.
Così è andata a finire. L’opera in questione è stata pubblicata
nel lontano 1993, mentre si stava scatenando la tempesta sistemica
che avrebbe travolto la cosiddetta prima repubblica.
Il
romanzo di Miglio, ucronico e avvincente, preconizzava, in seguito ad
una crisi senza precedenti nel dopoguerra, la fine della repubblica
italiana nata dalla Resistenza, la nascita di nuovi assetti politici
e di un parlamento di matrice federale, con l’inedita possibilità
concessa al nord di decidere per la secessione. In quegli anni ero
appassionato di fantapolitica, fantasociologia e ucronie, e perciò
lessi avidamente il libro. Ciò che si nota, rileggendo con il senno
di poi il (bel) romanzo fantapolitico dello scomparso Miglio, è che
il suddetto ha anticipato di molti anni i disastri economici,
sociali, occupazionali che ci affliggono nel presente e che sono
destinati ad aggravarsi nei prossimi mesi. Non siamo ancora alla
cassa integrazione per mezzo milione di statali e agli scioperi
massici e continui che paralizzano un paese per settimane – come
vaticinava Miglio – ma, seguendo passo dopo passo la via crucis
percorsa dalla Grecia, è possibile che ci arriveremo in tempi brevi.
Sarà il 2013 l’anno horribilis, esattamente come doveva essere il
1996 nel romanzo fantapolitico del professore di Como? I partiti
soggetti alle Aristocrazie finanziarie (con o senza Monti)
chiederanno aiuto a Grillo, per risolvere una situazione diventata
ingestibile, così come i loro antecessori, nella fantasia di
scrittore di Gianfranco Miglio, hanno chiesto aiuto a Bossi e alla
Lega allora emergente?
Sarà
dunque il 2013 l’anno in cui si decideranno, forse per tutto il
secolo, i destini dell’Italia? Se nel 1996, nonostante la cupa
profezia di Miglio, l’Italia è stata “graziata” dallo sviluppo
del corso storico, ed ha retto all’urto della crisi, rinviando al
futuro la prospettiva del disastro, nel 2013 sarà improbabile che
ciò possa accadere ancora, e questo spiega il (curioso) titolo del
presente post, rubato a Gianfranco Miglio scrittore fantapolitico dei
primi novanta.
E’
bene, dunque, cercare di prevedere cosa accadrà il prossimo anno e
che fine farà l’Italia, senza arrivare a scrivere un romanzo
ucronico-fantapolitico su questo tema, come fece il Miglio della Lega
ai suoi tempi, ma limitandosi, in prima battuta, agli aspetti
squisitamente politici e centrando l’attenzione sulle prossime,
possibili elezioni di fine legislatura.
Possiamo
convenientemente partire dai risultati delle amministrative siciliane
di questi giorni, estendendo all’intero paese i ragionamenti
politico-elettorali con qualche (necessaria) enfasi predittiva. Come
hanno compreso anche i bimbi, sono due le tendenze più importanti
che emergono dai numeri consuntivi della predetta consultazione
elettorale: a) l’astensionismo in crescita che ha toccato e
superato la metà degli aventi diritto (se non erro, oltre il 52%,
mentre nel 2008 hanno votato i due terzi circa) e b) il risultato
delle liste di Grillo, che hanno raccolto quasi il 15% dei voti,
diventando primo partito nell’isola (con 15 seggi su 90 assegnati,
solo 14 seggi vanno al secondo, cioè il pd). Il combinato disposto
astensione ai massimi e M5S ai massimi inquieta un poco, come detto,
i difensori e i servitori del sistema, e provoca le loro reazioni. Ma
se ben guardiamo, nonostante tutto Bersani ha cantato vittoria, e
questo per lui è stato il miglior risultato storico, ottenuto dalla
sinistra, in quella Sicilia che fu prima democristiana e poi
berlusconiana. E’ chiaramente falso, se andiamo a vedere i numeri,
perché il pd ha perso più di 248.000 voti, rispetto alle regionali
del 2008, e il suo bottino elettorale si è ridotto quasi alla metà
(- 49,1%), ma intanto c’è uno della nomenclatura pidiina
dell’isola, Rosario Crocetta, nel posto di governatore e Bersani,
nonostante tutto, millanta grandi successi e si frega le mani.
Inoltre, la vittoria del pd e di Crocetta è stata resa possibile
dall’inciucio con l’udc filo-montiana, che in Sicilia pesa ancora
qualcosa. Di più, se la coalizione che sostiene Crocetta ha avuto,
ufficialmente, poco più del 30% dei consensi espressi (che non ha
consentito a Crocetta e Bersani di ottenere la maggioranza assoluta
dei seggi nel parlamento dell’isola), considerato l’astensionismo
questa pesa per meno del 15% degli aventi diritto, e il pd deve
accontentarsi di uno striminzito 7%. Lo stesso M5S, considerata la
massa degli astenuti, è posizionato fra 7,5% e 8%. Il disfacimento
del pdl berlusconiano non si arresta, ma si aggrava, stando ai
risultati delle regioni siciliane, e la perdita di voti, rispetto
alle equivalenti elezioni 2008, è addirittura superiore al 70%
(circa il 72, se non erro), pari a ben 652.000 voti.
Fatte
le poche, ma essenziali considerazioni di cui sopra, si può
trasporre la situazione sul piano nazionale, tenendo conto delle
differenze fra il sud e il centro-nord. Se l’astensione, in tutto
il meridione e nelle isole, potrà raggiungere (e forse superare,
considerato il precedente della Sicilia) la soglia del 50%, nel
centro-nord sarà in proporzione minore il numero di coloro che non
andranno alle urne, pur potendo raggiungere (e forse superare) il
40%. Ne conseguirà che l’astensione, a livello nazionale, pur in
vistosa crescita non riguarderà un elettore su due, ma sarà un po’
di meno. In Italia meridionale, isole comprese, vive circa un terzo
degli aventi diritto al voto (in rapporto a circa 20,7 milioni di
abitanti), mentre i due terzi degli elettori sono concentrati nel
centro-nord del paese (in rapporto a circa 40,1 milioni di abitanti).
L’astensione nel meridione peserà, a livello nazionale, per circa
il 17% del corpo elettorale complessivo, che si aggiungerà al 26% di
elettori astenuti del centro-nord (sempre in relazione all’intero
corpo elettorale nazionale). Perciò, è possibile che l’astensione
– se si manterrà a livelli alti, mai raggiunti in precedenza, fino
alla primavera del 2013 – riguarderà il 43% circa degli aventi
diritto, e non oltre il 50% degli stessi. Dal canto suo, il M5S di
Grillo che acquisirà per la prima volta significativi consensi in
tutto il meridione (com'è accaduto con le regionali in Sicilia),
potrà raccogliere a sud il 15% dei voti (volendo estendere a tutto
il meridione la percentuale ottenuta in Sicilia), e potrà superare
la soglia del 20% nell’intero centro-nord, fino ad arrivare al 23%
dei voti. E’ chiaro che M5S, Grillo e Casaleggio saranno
un’alternativa all’astensione elettorale, che impedirà alla
partecipazione al rito del voto liberaldemocratico di crollare ancor
più vistosamente. Ma in rapporto all’intero corpo elettorale,
astenuti compresi, la percentuale nazionale di consensi che otterrà
M5S potrà essere compresa al più fra 11 e 12%. Sommare la
percentuale di voti, sui soli votanti, ottenuta da M5S a quella
dell’astensione per andare oltre il 50% – come hanno fatto
certuni per mostrare la disaffezione nei confronti del solito sistema
dei partiti – è fin d’ora un’operazione scorretta, e non
soltanto perché la percentuale di voti a M5S dovrebbe essere
correttamente rapportata a tutti gli elettori. Tutto ciò non
potrebbe che incoraggiare individui come Monti, i quali dichiarano
che il governo non eletto che guidano è certo maledetto (e questo lo
sappiamo bene), ma è pur sempre più gradito agli italiani dei
partiti nazionali. Chi si astiene (eccezion fatta per la percentuale
fisiologica di astensione, sotto la quale non si può andare)
comunque sia, con maggior o minor coscienza, opera una scelta chiara
e si allontana dal sistema, dai suoi riti, dalla liberaldemocrazia
ammaestrata e dai partiti succubi dei poteri esterni, mentre chi vota
per le liste di Grillo e Casaleggio partecipa al rito elettorale e
“rientra nel sistema” legittimandolo. Una bella differenza!
Grillo, Casaleggio e M5S, giocando la loro partita con le mappe
fornite dal nemico (accettando cioè le regole liberaldemocratiche)
avranno elevate probabilità di perdere, o di essere usati per i suoi
scopi da quello stesso sistema che vorrebbero cambiare. Se poi
accetteranno un’ennesima legge elettorale truffa, varata in fretta
e furia per far vincere i “sinceri democratici” antipopulisti che
proseguiranno l’opera di Monti, oppure se andranno al voto con
l’attuale porcellum (che tutti, a parole, avrebbero voluto
cambiare) mostreranno la loro debolezza e la loro inevitabile
subalternità al sistema. I “sinceri democratici” antipopulisti e
pro-euro che vinceranno le prossime elezioni politiche faranno
sicuramento perno sul pd, e non è un caso che Bersani, dopo l’esito
del voto in Sicilia, si sta allontanando da un Vendola in calo di
consensi e sotto inchiesta, per stringere i rapporti con l’ambiguo
furbastro Casini e i suoi centristi. Il pd con Bersani e i dinosauri
della nomenclatura – l’arrogante giovinastro Renzi non ce la farà
alle primarie – avrà occasione di cantar vittoria perché
l’astensione, pur in vistosa crescita, non ha tracimato esondando
con percentuali superiori al 50%, e perché la sua coalizione
(riproduzione in formato un po’ ridotto del vecchio, dannato ulivo
prodiano) avrà battuto sia il centro-destra sia lo stesso Grillo,
pur potendo diventare M5S in vaste aree del paese, come è stato in
Sicilia, il primo partito. Diranno, i burocrati pidiini, che il
“populismo” non è passato e che, comunque, la maggioranza degli
italiani ha votato, non voltando le spalle al sistema. Diranno,
subito dopo, che i tempi sono difficili, la (mitica) ripresa tarda a
venire e che bisogna pensare alla crescita nel rigore dei conti
pubblici (con parole alla Merkel), e continueranno imperterriti, a
testa bassa, servi devoti del grande capitale finanziario, l’opera
iniziata da Monti. Nel frattempo, Draghi si sarà accordato ben bene
con la bundesbank e la cancelleria di Berlino, e spunterà una nuova
autorità sopranazionale che vigilerà in permanenza sui bilanci e
sui conti dei singoli stati (in particolare sulle “cicale" del
sud), a prescindere da memorandum-capestro firmati dai paesi che
chiederanno “salvataggi” (cosa che toccherà anche a noi). E così
saremo fregati per gli anni a venire, sotto il giogo di Francoforte,
Bruxelles, Strasburgo, Lussemburgo e Washington (BCE, unione europide
e FMI), con poche chance di uscire dal tunnel, al punto che soltanto
eventi imponderabili e gravi potranno cambiare il quadro della
situazione.
Ecco
perché il titolo del presente post – preso in prestito dal Miglio
fantapolitico cambiando solo l’anno di riferimento – è Italia
2013. Così è andata a finire.
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