“Uno come me ha combattuto la battaglia contro Berlusconi perché avvertivo, dal 1988, che Berlusconi, o meglio non Berlusconi in sé, ma una posizione di controllo dei media, era un pericolo per la democrazia italiana […] Dal punto di vista dell'assetto del sistema mi ha molto preoccupato questa progressiva trasformazione dell'informazione italiana in un dominio esclusivo” (Walter Veltroni, “La Bella Politica”, 1995).
Con queste parole il grande Walter descriveva la sua avversione a Berlusconi e al suo monopolio nell'informazione e alludeva a non meglio precisate battaglie con l'allora freschissimo ex premier appena “decapitato” dal Terrore Verde di Bossi. Con queste parole si cominciava l'avventura dell'Ulivo e del primo governo Prodi, esperienza che sappiamo com'è finita, cioè a tarallucci e vino nella bicamerale di D'Alema e Berlusconi. Esperienza che non ha assolutamente affrontato il conflitto di interessi, la legge sulla distribuzione delle quote nel mondo televisivo, la riforma della RAI, tutti cavalli di battaglia del neonato movimento prodiano e che aveva permesso ad un'accozzaglia di partiti di diventare squadra di governo.
E Veltroni, in quell'occasione era vicepremier, vale a dire uno degli uomini più importanti del governo. Quando rilasciava l'intervista testé richiamata a Stefano del Re, raccolta nel libro “La Bella Politica”, lui di bella politica sperava di farne molta nella nuova avventura ulivista. Niente di tutto questo. Il governo dell'Ulivo, dilaniato dalle divisioni interne e dagli occhiolini che venivano lanciati a Berlusconi, finì in manfrina e verrà ricordato solo come il governo che ha portato l'Italia nell'Euro. Anche in questo ci sarebbe molto da ridire sulla gestione del passaggio, i mancati controlli, i brogli, ma esuleremmo dal tema centrale di questo intervento. Dicevo, non verrà certo ricordato come il governo che risolse il bestiale conflitto di interessi esistente in Italia, unico caso nel mondo, in tema di informazione. Dunque la battaglia condotta da Veltroni, a parole si intuisce prima di arrivare al governo, dov'è finita quando alle parole potevano appunto seguire i fatti? E che fatti!
Le intenzioni di Veltroni erano chiare. Sempre dalla stessa intervista ecco cosa diceva l'ex comunista e kennediano convinto: “[...] l'obiettivo di fare, del futuro governo di centrosinistra […] il luogo della maggiore concentrazione di competenze e intelligenze di cui la politica italiana abbia mai disposto”.
Una tale concentrazione di intelligenze e competenze di cui durante gli 861 giorni di vita del primo governo Prodi non si vide traccia, se non nell'opera di qualche isolato ministro, come Andreatta (Ministro della Difesa) che adottò la riforma degli Stati Maggiori dell'Esercito e abolì il servizio di leva obbligatorio istituendo il servizio civile. Aldilà di questo non furono affrontati i problemi reali del paese, che vennero altresì peggiorati, ad esempio con l'adozione di quel complesso legislativo passato sotto il nome di Pacchetto Treu che di fatto istituì la precarietà a livello contrattuale nel mondo del lavoro italiano, completato e aggiornato alle esigenze aziendali come sappiamo dalla ben più sistematica e incisiva “Legge Biagi” varata dal successivo governo Berlusconi. Non fu modificata la legge elettorale sotto le minacce di Berlusconi, salvo poi permettere a quest'ultimo, ritornato al governo, di fare i propri porci comodi, appunto, con la “legge porcata” dell'amico Calderoli. Non fu varata nessuna riforma legislativa in materia di giustizia, permettendo di fare della giustizia, per scopi che tutti conosciamo, il cavallo di battaglia delle successive campagne elettorali e di manovre legislative dei futuri governi di Berlusconi. Fu invece approvata la riforma della scuola (Berlinguer) che avviò la distruzione della scuola italiana con l'istituzione della c.d “autonomia” nelle scuole e nelle università che determinò scempi a livello economico nelle scuole italiane tali da favorire l'emergere di scuole e università di serie A e serie B a seconda dei contesti economici regionali nei quali si trovano ad operare. Le successive modifiche dei governi Berlusconi (Moratti, Gelmini) nascono da lì, nel senso che, ad aver fatto una riforma seria e funzionale della scuola italiana, oggi non staremmo a discutere dei danni delle due benemerite ministre berlusconiane.
E ancora Walter, il grande, a decantare, parlando del futuro governo di centrosinistra: “Tengo a dirlo: possiamo davvero trasformare il territorio della politica in un regno trasparente in cui la gente sa che se un ministro parla di trasporti conosce ciò di cui sta parlando!”. E infatti Ministro dei Trasporti di quel governo, fu designato Antonio Di Pietro, illustre esperto internazionale in trasporti, luminare della materia. Mah!
Ma per tornare al tema centrale, a Berlusconi fu concesso di fare politica e dire, attraverso le sue televisioni e i suoi giornali, tutto ciò che voleva, preparando il gran ritorno al governo che dura praticamente dal 2001, a parte la piccola sciagurata parentesi del secondo governo Prodi, finito peggio del primo. Inconcludenza legislativa da primato, instabilità esasperata, numeri in senato ridicoli, ministro della giustizia a Mastella, pensa te!
Non solo il secondo governo Prodi non ha messo mano (e nemmeno accennato) alla risoluzione del conflitto di interessi, ma non ha nemmeno messo fine alla vergogna delle leggi personali a favore di Berlusconi e dei suoi “amici” in materia di giustizia, adottate ad hoc per evitarsi ed evitare loro il carcere, ma ha rifilato (sempre Mastella) il più grande indulto per numero di scarcerati (26000 circa) della storia repubblicana, e questo non per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri italiane, ma solo per salvare dalle galere gente come Tanzi e Cragnotti per gli scandali finanziari di Cirio e Parmalat (definiti tra i più spaventosi della storia europea) che sono costati centinaia di milioni di euro a migliaia di piccoli risparmiatori italiani che hanno visto i propri soldi evaporare come acqua o per far svanire nel nulla centinaia di processi in corso anche per reati gravi, visto che l'indulto interessò riduzione delle pene fino a tre anni!
E Veltroni in tutto questo? E' ritornato al lavoro di partito, è diventato sindaco di Roma, con esiti meno peggiori della sua esperienza al governo centrale, anche se tra qualche polemica. E la battaglia contro Berlusconi? Non era finita!
Con la sua elezione a segretario del PD, neonato partito dalla fusione dei maggiori partiti dell'esperienza ulivista, si lancia nella campagna elettorale contro Berlusconi decidendo, per non fare il suo gioco (mah!), di non nominarlo nemmeno, facendo appello ai cittadini italiani per il “voto utile”, che tradotto significa: togliere voti a sinistra e consegnare il paese a Berlusconi. Bella prova davvero Walter. Fuggito poi dai disastri elettorali del partito sotto la sua guida si è ritirato dietro le quinte, forse a vita monacale, chi lo sa.
E la battaglia contro Berlusconi? E' finita?
E' finita. E Walter ha perso di brutto.
Il problema che con lui, a perdere, è stata tutta la sinistra italiana. E si è persa anche la possibilità di creare una reale alternativa alla cricca berlusconiana, la possibilità di fare opposizione nel paese, nei luoghi di lavoro, nelle scuole. La politica del PD e di Veltroni hanno sancito l'abdicazione della sinistra a favore di una centrodestra che ha tutto della destra e poco del centro.
Poveri noi.
Povero Veltroni.
(Francesco Salistrari, 2009)
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