La battaglia della discarica di Celico (Cs): un esempio di rivendicazione popolare autonoma.
di Francesco Salistrari.
Nato dalla sinergia e dalla
collaborazione di diverse componenti politiche e sociali attive in Presila, come
i gruppi dei Giovani Democratici, le associazioni territoriali dei vari Comuni
e dalla volontà e dall’azione di singoli cittadini, si è posto immediatamente
come centro di aggregazione e di proposta politica intorno alle tematiche
ambientali. Tematiche fortemente sentite per un territorio, come il nostro,
devastato da decenni e decenni di politiche insulse e criminali.
L’esempio più evidente e più
drammatico, sicuramente rappresentato dall’apertura della discarica di
proprietà della Mi.ga srl individuata dalla Regione come valvola di sfogo per
le annose problematiche di smaltimento degli RSU calabresi, ha rappresentato il
momento cementificante di tutta una serie di sensibilità presenti da decenni
nei nostri territori ed ha visto l’insorgere di un nuovo protagonismo sociale
inedito per la Presila.
La battaglia sulla discarica di
Celico, cominciata anni fa, raggiunge quest’anno il suo picco, proprio grazie
all’azione e alle iniziative del Comitato Ambientale Presilano. Dopo l’affronto
della Regione, che ha individuato il sito di Celico come sbocco dell’emergenza
rifiuti esplosa ad inizio anno, affronto, va sottolineato, perpetrato ai danni
di un territorio che registra le più alte percentuali di raccolta differenziata
in Calabria, il Comitato Ambientale Presilano diventa il motore pulsante della
battaglia di opposizione alle ordinanze regionali.
Una folla di migliaia di
cittadini provenienti da tutta la fascia presilana si riunisce in uno storico
incontro ai piedi del ponte della SS107 che taglia il Comune di Celico, la sera
del 16 febbraio. Una folla pronta a tutto, pur di fermare l’ennesimo scempio ai
danni del nostro territorio. Un territorio devastato da scelte scellerate che ne
hanno completamente annientato il possibile sviluppo in direzione del silvopastorale,
dell’agriturismo, dei prodotti doc, e che ne hanno trasformato invece i centri
abitati in dormitori della periferia cosentina, senza alcuno sbocco, se non per
i rifiuti. Un territorio in cui ci si ammala di cancro sempre di più, grazie
proprio a quell’opera sistematica di inquinamento e devastazione ambientale
portata avanti dalle nostre amministrazioni nel corso del tempo. Discariche incontrollate,
che hanno inquinato per decenni e continuano a farlo.
Ecco. Il 16 febbraio del 2014,
per la prima volta, la gente della Presila dice basta a tutto questo!
Il movimento cresce e si avvia
quella notte stessa il presidio, permanente, della strada di accesso in
discarica, determinando di fatto il blocco dello sversamento. Si organizzano
assemblee pubbliche continue, iniziative, incontri, si spingono le
amministrazioni a fare la loro parte nelle sedi istituzionali preposte al fine
di bloccare la gestione intollerabile dell’emergenza da parte della Regione. Si
grida forte un NO! all’ennesimo attacco alla salute e al futuro del nostro
territorio, in maniera civile, sempre più organizzata e consapevole. Le
discussioni, la solidarietà di un’intera popolazione, cementificano amicizie,
legami, rapporti, prassi politiche, conoscenze, competenze collettive, che si
riverberano su tutti e in poco tempo il presidio diventa un laboratorio.
Un’esperienza di riappropriazione sociale inedito per la Presila.
Da quel momento si porta a
maturazione, forse inconsapevolmente, un percorso lungo decenni, in cui le
battaglie sulle discariche, sull’avvelenamento dei suoli, sui disboscamenti
selvaggi, sulla cementificazione scellerata, su uno sviluppo sempre promesso
dalla politica e mai realizzato, tutte cose che avevano visto una
consapevolezza atomizzata, frutto dell’iniziativa di piccole realtà associative
o di singole personalità, il 16 febbraio arrivano a un punto di sublimazione
sociale mai sperimentato. E per la prima volta questi temi entrano
prepotentemente nel dibattito pubblico, dando spazio a tutte quelle realtà
sociali e politiche soffocate da decenni di imposizione partitica e
affaristica.
I giorni passano e il presidio
resiste, tra incontri in Prefettura, promesse non mantenute, dietrofront,
giochi politici e pressioni, minacce, intimidazioni. Se ne vedono di tutti i
colori. Ma la gente, insieme, determinata, va avanti per la sua strada e il
motto “non passeranno”, tanto caro ai rivoluzionari spagnoli del ‘36, diventa
un leit motiv del presidio.
I contributi arrivano un po’ da
ogni dove. Si avvicinano i ragazzi dei collettivi autonomi di Cosenza, gli
studenti dell’hacklab dell’università che in breve installano una rete wifi
mobile che permette al presidio di essere aggiornato e comunicare in tempo
reale, si avviano i primi contatti con gli altri comitati presenti nella Regione
che portano avanti le stesse battaglie e ben presto si rivivifica il
coordinamento regionale dei comitati che aveva egregiamente funzionato in
passato nelle battaglie di Amantea sulle “navi dei veleni” e sui referendum
sull’acqua e il nucleare. La rete si attiva e il Comitato Ambientale Presilano,
comincia a rappresentare un esempio e uno sprone per tutti quelli che lottano
per le stesse cause.
Inevitabilmente si arriva allo
scontro con le istituzioni.
Vengono inviate le forze di
polizia che hanno l’ordine di sgomberare i manifestanti.
Quando i reparti Celere inviati
dalla Prefettura arrivano a Manco Morelli, non si trovano davanti black block e
violenti, terroristi e teste calde, né quattro ragazzetti illusi che strillando
si possa cambiare il mondo. No. Ad aspettarli, compatti, impauriti, trovano
ragazzi e ragazze, padri di famiglia, mamme, bambini.
Trovano, in una parola, quel
popolo che non appare mai davvero sui giornali se non quando qualche vetrina va
in frantumi. Trovano un territorio a testa alta che sa, comprende, capisce che
quello che la Regione pretende, altro non è se non un’illegalità, una palese
violazione delle più elementari regole a tutela della salute pubblica. Quelle
stesse leggi che le istituzioni emanano e a parole dicono di tutelare, vengono
sovvertite e paradossalmente il presidio assume anche un’altra valenza politica
fondamentale: diventa presidio di legalità.
La forza messa in campo dalle
istituzioni, come sempre fa contro i deboli e mai con i forti, è spropositata.
La gente ha paura. Tentenna.
Media. Dialoga.
Dopo ore di trattativa, alle
minacce di cariche da parte dei funzionari di Polizia, si arriva a un
compromesso.
Viene concesso lo sversamento del
“tal quale” per “soli” dieci giorni a patto che vengano controllati da parte di
membri del Comitato, sia lo sversamento in discarica, sia dei camion in
transito e del loro contenuto e che tutto venga filmato dalla Polizia
Scientifica. Sembra una sconfitta. Di certo è una mezza vittoria.
Per la prima volta, cittadini e
cittadine vengono autorizzati all’accesso in discarica. Per la prima volta
avviene un fatto importantissimo: i cittadini si sostituiscono alle forze
preposte ai controlli.
Sembra una banalità, ma non lo è.
Per il semplice fatto che, senza la presenza di quelle persone, senza
l’opposizione di quella massa di gente, quei controlli non sarebbero mai stati
fatti e lo sversamento sarebbe avvenuto ugualmente.
Passano 10 giorni in cui più
volte viene bloccato lo sversamento per irregolarità, decine di camion tornano
indietro. Sui giornali, ogni giorno, se ne parla con grande risalto.
L’importanza del lavoro che viene svolto, viene colta immediatamente.
Ma passati i dieci giorni, la
Regione forza di nuovo la mano. Rinnega le promesse della Prefettura e rimpolpa
lo sversamento attraverso tre successive ordinanze che autorizzano fino a
giugno il conferimento in discarica del rifiuto “tal quale” di ben 39 Comuni.
A quel punto il Comitato e i
cittadini serrano le fila e bloccano nuovamente l’accesso in discarica. Dopo
qualche giorno di stasi, le forze di Polizia si presentano nuovamente con
l’ordine di sgombero forzato, ma nessuno indietreggia e l’8 marzo, il giorno
della festa delle donne, con le donne presilane in prima fila, si resiste alle
cariche della polizia e i camion tornano indietro. Il 10 marzo, stessa scena. I
funzionari di Polizia ordinano la forzatura del blocco pacifico e, usando un
autocompattatore di EcologiaOggi come ariete, tentano di sgomberare le persone.
La cosa ha eco nazionale. La notizia viene riportata anche dal Fatto Quotidiano
online e la Presila resiste. Non si passa!
Nel frattempo tre Sindaci (solo
tre su tutti quelli della fascia) riescono ad ottenere un incontro al
Dipartimento Ambiente della Regione con il funzionario responsabile
dell’emanazione delle scellerate ordinanze, l’emerito e ormai famigerato
Gualtieri. Con la pressione e la determinazione dei ragazzi e delle ragazze,
degli uomini e delle donne presilane, al freddo e alla pioggia, attraverso il
messaggio di determinazione messo in campo in quella storica mattinata del 10,
la Regione fa marcia indietro e ritira le ordinanze.
Una vittoria parziale certo,
perché il conferimento viene vincolato al pretrattamento dei rifiuti, ma si è
riusciti quantomeno ad evitare lo sversamento diretto in discarica, che oltre
che contro la legge è dannosissimo alla salute.
Il blocco viene interrotto e la
Polizia se ne va.
Da quel momento il presidio comincia
a vivere di una frenetica attività di informazione, vengono proposte
iniziative, eventi culturali, incontri. Membri del Comitato partecipano
puntualmente alle riunioni congiunte del Coordinamento Regionale con gli altri
Comitati territoriali. Viene indetta una manifestazione regionale per il 10
maggio a Cosenza.
E il 10 maggio, la Calabria che
non ci sta, la Calabria che dice basta allo scempio, quella che propone un
modello alternativo alle logiche affaristiche e criminali sottese al ciclo dei
rifiuti, non solo scende in piazza con una delle più belle manifestazioni
calabresi di sempre, ma reclama dignità e ascolto alle istituzioni, ma anche e
soprattutto agli indifferenti. A tutti coloro che credono che il problema non
li riguardi.
Il corteo festante e colorato,
denso di significati, sfila tra le case della città bruzia al suono dei tamburi
e al rombo dei trattori dei contadini di Bisignano, allo schiamazzo dei tanti
bambini presenti, alle grida di tanti giovani che si sentono minacciati,
esclusi, il cui diritto al futuro appare negato.
La manifestazione del 10, in cui
il Comitato Ambientale Presilano ha avuto un ruolo organizzativo
importantissimo, diventa il punto di inizio di un cammino collettivo che
porterà lontano.
Il Coordinamento Regionale sta
già lavorando ad una legge di iniziativa popolare sui rifiuti che implementi
nella nostra Regione il modello strategico “Rifiuti Zero” ed in questo senso il
Comitato ha avviato un progetto per le scuole all’avanguardia che prevede delle
lezioni itineranti nelle scuole secondarie di primo grado al fine di istruire i
bambini ad una nuova cultura del rifiuto.
Il futuro parte da qui. Dai
bambini. Espressione vivente del futuro a venire.
Il “Laboratorio Scuola ZERO – Il
futuro non è un rifiuto” è già partito in un progetto pilota nelle scuole
secondarie di primo grado di Rovito e Magli e dall’anno prossimo interesserà
diverse scuole della provincia. Anche gli altri Comitati territoriali si stanno
attivando in tal senso, proponendo nei propri territori, l’idea.
Un’idea che vede in prima fila le
future generazioni, affinchè comprendano l’importanza di una nuova concezione
del consumo, della produzione dei rifiuti, dello smaltimento. Una nuova
concezione che modifichi radicalmente le abitudini sociali dal basso,
modificando di riflesso i metodi e i principi produttivi a monte. Introducendo
una nuova visione del mondo, del rispetto dell’ambiente e della Vita.
L’unico vero valore per il quale
è necessario combattere uniti.
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