Il disegno neoliberista di dominio sociale che porterà all'implosione della democrazia come sistema politico.
di Francesco Salistrari
Certo, il Potere è geniale.
Dopo aver progressivamente
azzerato le conquiste operaie degli
anni ’70, spazzato via ogni velleità di cambiamento nel mondo occidentale ed
occidentalizzato (globalizzazione, sic!) l’intero pianeta, inebetito gran parte
della popolazione mondiale attraverso la distruzione della scuola, la tv e il
cinema, dopo aver convinto la maggioranza silente che è più desiderabile
possedere uno smartphone luccicante che usufruire dei propri diritti, dopo
tutto questo e molto altro, il disegno è compiuto.
Prendiamo l’Italia.
Un paese che solo agli inizi
degli anni ’80 era tra i primi 4 paesi più ricchi del mondo, seconda potenza
industriale d’Europa, come si ritrova oggi?
Con una democrazia azzerata, il
welfare state sventrato, un Parlamento e una Costituzione smantellati e un
popolo governato da tre, e dico tre, governi consecutivi NON eletti
democraticamente.
Il “Piano di Rinascita Democratica” piduista si è trasformato in
realtà, senza colpo ferire, senza la minima opposizione, in maniera scientifica
e indolore. Ed il tutto con il beneplacito della “sinistra” italiana, cioè di
quella parte politica che avrebbe dovuto rappresentare proprio l’unico baluardo
di difesa di democrazia, diritti e giustizia.
Com’è andata? Che le peggiori
riforme, quella che hanno dato avvio allo sfacelo a cui assistiamo, sono state
varate proprio da governi borghesi spalleggiati dalla nostra pseudo sinistra
politica e sindacale. E’ un caso secondo voi che il primo governo Prodi, quello
che ha dato via alla precarizzazione del lavoro nel nostro paese, distrutto
scuola e sanità, che ha smantellato il comparto pubblico a suon di privatizzazioni
(meglio dire svendite), è stato anche il governo che ha registrato il più basso numero di ore di scioperi della
storia repubblicana?
E che cos’è oggi il PD, con il suo “leader” Renzi? Non è forse un partito connotato
da politiche padronali, di destra, con quella patina di “sinistra” che gli
assicura il consenso proprio in quelle fasce sociali da cui naturalmente
sarebbe avversato?
Il disegno è geniale. Mettere un
uomo (ed un gruppo dirigente) profondamente di destra a guida del partito di
maggioranza della sinistra italiana, perseguire programmi e obiettivi delle elite finanziarie e politiche europee
ed di oltreoceano (USA) con il minimo possibile di opposizione reale.
Ma in tutto questo esiste un
aspetto sociologico davvero incomprensibile, o per meglio dire inconcepibile,
ma che pur si sta verificando e sta dipandando pienamente i suoi effetti
deleteri sulla società italiana in maniera indelebile. Tale aspetto è quello
che ha portato una fetta importante di popolazione, quella che si rifaceva alla
vecchia tradizione comunista italiana incarnata dal PCI, ad appoggiare incondizionatamente un progetto simile. Ripeto
di DESTRA.
Un intero gruppo sociale
inebetito e rimbecillito a tal punto da non rendersi conto che le politiche
portate avanti da questo PD, da
questo gruppo dirigente, imbeccato ed eterodiretto dalle elites finanziarie, bancarie e politiche occidentali, sono
esattamente le stesse politiche, gli stessi disegni e gli stessi obiettivi che
hanno combattuto per decenni a colpi di scioperi, serrate, manifestazioni,
raccolte firme, scontri con la polizia, subendo arresti, persecuzioni,
interdizioni, umiliazioni.
Tutto quello che gli anni ’70 avevano
conquistato alla classe subalterna italiana in tema di tutele, diritti e
benessere, viene oggi smantellato proprio con il benestare di chi per quelle conquiste
ha lottato duramente. Un’intera generazione di italiani, oggi, sta facendo la
figura di un branco di cerebrolesi.
E a subirne le conseguenze
disastrose saranno proprio le future generazioni. I figli dei figli di quel ’68
che verrà ricordato come l’anno in cui ebbe inizio la più grande sconfitta
della storia di quella possibilità (allora soltanto accarezzata e sussurrata) di
rendere il mondo un posto più vivibile e libero.
Mentre attraverso il Job Act, avviene il definitivo
cambiamento del mercato del lavoro italiano portandolo agli standard di quello
statunitense e tedesco, e di concerto viene completamente azzerato il ruolo e
la stessa ragione d’esistenza della rappresentanza sindacale, mentre vengono
ratificate e attuate le politiche volute e imposte dalle elites finanziarie europee e americane, ci si prepara ad entrare,
sotto la guida di questo partito
reazionario che si fregia del nome di “democratico”, in una nuova era di
rapporti internazionali ed economici attraverso la sottoscrizione del T.I.I.P, mentre quello che restava della
legittimità democratica nel nostro paese e degli strumenti di difesa sociali
nei confronti della distruttività del neoliberismo
economico vengono cancellati, il popolo italiano “dorme” sonni tranquilli.
Con quel minimo di benessere che
rimane, con la ricchezza che continua a polarizzarsi verso l’alto, con la
forbice sociale che si allarga sempre più, i segni del risveglio sociale stanno
praticamente a zero. E questo perché la stragrande maggioranza della base di
consenso del partito designato al governo del paese, appoggia in maniera
acritica qualsiasi decisione piova dall’alto.
In questo fenomeno sociologico
tanto strano, c’è sicuramente un’eco della più becera tradizione comunista
occidentale, direttamente ereditata da oriente: la dirigenza ha sempre ragione. In questo modo vengono azzerate le
discussioni e tutto viene accettato in maniera acritica.
Che manna!
Ma c’è anche un aspetto più
inquietante nella nostra situazione attuale: ed è il fatto che, tutte quelle
formazioni politiche e sociali che si schierano apertamente contro questo
disegno, contro il governo, contro i sindacati marci e filogovernativi
(nonostante la manfrina dell’ultima manifestazione di parata a contenuto politico
pari a zero), tutto quel marasma di società e di politica attiva di
alternativa, hanno due problemi fondamentali da affrontare e risolvere (e alla
luce dei fatti sono ancora molto lontani sia dalla comprensione di tali
problemi, sia ovviamente dalla loro risoluzione).
Punto uno: sono frammentarie e
non riescono a coordinarsi e unirsi in vista di obiettivi comuni non solo di
breve, ma anche e soprattutto di lungo periodo.
Punto due: non possiedono alcuna
proposta politica complessiva di reale alternativa.
Una bella fregatura.
Anche perché, nel mondo del nuovo
accordo di partnership economica che passa sotto il nome di T.I.I.P. che vedrà la luce nel 2015,
senza un’alternativa credibile, radicale e complessiva di società, di economia,
di democrazia, in una parola senza una vera prospettiva di cambiamento, le
possibilità di opporsi al disegno di dominio sociale che passa sotto il nome di
neoliberismo, saranno praticamente
nulle.
Non ci meravigliamo se poi tra
qualche decennio ci troveremo a vivere in un
sistema di caste indiane dove la parola “dittatura” sarà solo un termine obsoleto
che descriverà un vecchio e superato, quanto ingenuo, modo di gestione sociale,
ormai sorpassato in maniera brillante.